Genere: Introspettivo/Malinconico
Rating: PG13
AVVISI: Girl's love.
- Rita e Virginia si lasciano dopo tanti enni, e Rita si ritrova imbalsamata in un odioso blocco creativo da cui non riesce a uscire...
Commento dell'autrice: Una storia fondamentalmente catartica XD Insomma, essendomi trovata in mezzo a una brutta situazione, avevo bisogno di scrivere un racconto in cui si sentisse che si poteva andare avanti, che bastava avere la mente chiara e puntata sui giusti obiettivi. Proprio per questo, è possibile che i personaggi e la storia siano poco consistenti o interessanti, semplicemente perché tutto il fatto è un pretesto per raggiungere la fine, in cui avviene, appunto, la catarsi auspicata fin dall'inizio. In ogni caso, ci tenevo venisse fuori carino, e spero sia così. Grazie Caska, as usual :*
Rating: PG13
AVVISI: Girl's love.
- Rita e Virginia si lasciano dopo tanti enni, e Rita si ritrova imbalsamata in un odioso blocco creativo da cui non riesce a uscire...
Commento dell'autrice: Una storia fondamentalmente catartica XD Insomma, essendomi trovata in mezzo a una brutta situazione, avevo bisogno di scrivere un racconto in cui si sentisse che si poteva andare avanti, che bastava avere la mente chiara e puntata sui giusti obiettivi. Proprio per questo, è possibile che i personaggi e la storia siano poco consistenti o interessanti, semplicemente perché tutto il fatto è un pretesto per raggiungere la fine, in cui avviene, appunto, la catarsi auspicata fin dall'inizio. In ogni caso, ci tenevo venisse fuori carino, e spero sia così. Grazie Caska, as usual :*
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Malaluna
Sbuffa e si massaggia le tempie, chiudendo gli occhi. Il monitor del computer brilla davanti a lei, il foglio bianco di word è talmente candido che le brucia gli occhi.
È bloccata, a quanto pare. Lo è ormai da un paio di settimane. Strana cosa, e la infastidisce, perché i suoi ritmi di scrittura solitamente sono velocissimi. Ma è un fatto, e non può aggrapparsi a nessuna scusante; sa che la causa del blocco è una e una sola: non c’è più Virginia, la sua ragazza, che vaga per la casa e le si appende alla spalla cercando di sbirciare ciò che scrive mentre lei chiude frettolosamente il documento per impedirle di riuscire nel suo intento.
È un’angoscia questa immobilità mentale, perché è circoscritta giusto alla cosa più importante per lei al momento, ovvero il romanzo che dovrebbe finire di scrivere al più presto. È infatti ancora carichissima d’ispirazione quando si tratta di scrivere raccontini brevi e autoconsolatori in cui qualcuno che viene lasciato riesce in qualche modo a riprendersi dalla sua depressione.
“Proprio brava sono a far riuscire i miei personaggi in qualcosa in cui non riesco io.”
Ultimamente pensa spesso a Virginia. Pensa a lei e si sente disorientata perché ci sono momenti in cui non ricorda affatto il motivo per cui si sono lasciate.
Il telefono squilla, lei risponde. È Marina, un’amica, che le chiede di uscire. Ed esce.
Il locale è piccolo, pieno e puzzolente. Nel momento in cui lo pensa, ridacchia fra sé per l’allitterazione della p, e le torna in mente sua madre, buon’anima, che quando la beccava accucciata sul divano, una copertina sulle spalle e il quadernetto sulle ginocchia, sospirando e roteando gli occhi le diceva “Non puoi smetterla di essere scrittrice per un secondo?!”. Povera mamma. Le mancava. Anche se le aveva sempre reso la vita difficile, anche se non approvava la sua scelta in ambito lavorativo, le mancava. Era stato brutto sapere che era morta così, per un infarto improvviso, lontano da casa. Per un certo periodo era stata parecchio depressa. Soprattutto perché c’era uno strano sentimento di sollievo che le si insinuava nel cervello assieme alla tristezza, ed era quello che la faceva sentire una merda di figlia degenere. In quell’occasione, non ci fosse stata Virginia a tirarla su, sarebbe finita proprio male.
Solleva lo sguardo, a proposito di Virginia, e la cerca nel posto in cui si mette di solito, appollaiata su uno sgabellino di fronte al bar. Per un attimo, le sembra di non vederla. Poi mette meglio a fuoco, e la becca. Con i soliti capelli biondi raccolti in una coda stretta e alta e un graziosissimo vestitino bianco e rosso.
Marina, al suo fianco, capisce che l’ha vista e la tira per un braccio, impedendole di imbambolarsi.
- Che stronza è!
- Eh?
- Dico, che stronza a venire proprio qui!
Scrolla le spalle e fa la superiore.
- Mica puoi impedire alle persone di andare nei locali.
- Sì, ma che cazzo, ottomila locali ci sono, a Palermo, proprio qui doveva venire?
- Eh, se le piace…
- Ma va’, pure tu, che hai capito cosa intendo…
Sì che ha capito cosa intende. Intende quel mucchio di cose tipo “è il posto del vostro primo incontro, del vostro primo bacio, di quella volta che avete ballato ed eravate entrambe così sexy che non c’era una sola cazzo di lesbica intorno alla pista che non fosse intenzionata a saltarvi addosso alla prima occasione favorevole”, e così via. Tutte stronzate. E poi, francamente, le fa piacere rivedere Virginia proprio lì, anche se non le parlerà e nemmeno si accorgerà di lei.
- Che hai ora?
- Mh?
- Non parli…
Ride.
- Che devo dire?
- Senti, se vuoi andiamo al No Logo.
Ride ancora.
- Ma smettila! Il Malaluna non ha niente che non va!
- A parte una macchiolina su quello sgabello là sotto…
- Ma dai… non c’è proprio motivo di odiarla tanto…
- Certo che c’è, dopo due anni e mezzo ti molla senza un motivo…
- Guarda che il motivo c’era… - anche se non saprebbe dirlo.
- Intendevo un motivo valido.
Sbuffa.
- Io invece intendevo passare una bella serata.
- Va bene, scusa! È che mi scoccia che tu stia così male!
- Chi sta male? Guarda che è già passato un mese, mi sono ripresa…
- Sì, e io sono la fatina turchese…
- Semmai la fata turchina… e piantala! Sto bene!
- Ok… oh, vado a prendermi una birra. Tu che vuoi?
- Corona condita, grazie.
- Oki, arriva subito.
- Ma non parlare come una cameriera, per carità!!!
Ridacchia, osservando Marina allontanarsi verso il bancone.
È d’improvviso molto depressa. Se vedere Virginia ancora la mette di buonumore, parlare di lei la manda col morale sotto le scarpe. E non capisce per quale oscuro motivo i suoi amici invece la istighino a confidarsi con loro ogni volta che ne hanno l’occasione, millantando scuse del tipo “vedrai, sfogarti ti farà bene!”, quando invece è chiarissimo sia l’ultima cosa di cui ha bisogno.
Torna a guardare Virginia, e capisce che s’è accorta di lei perché è tutta irrigidita sulla sedia e ha smesso di sorseggiare la sua vodka.
Quando la vede prendere la vodka viene sempre assalita da un ricordo piacevolissimo, quello di un bacio che sapeva di alcool e pesca.
Marina torna con una splendida Corona con sale e limone, e lei si concentra tutta sulla birra.
Cosa cazzo stai pensando, di alzarti e andarla a salutare? Toglitelo dalla testa, per carità! Avanti, sii adulta e matura come dici sempre. È finita. Accettalo. È stato lungo, è stato piacevole, ma basta. Mettiti il dannato cuore in pace. E smettila, una buona volta, di infilare un pezzo di lei in ogni cosa che scrivi, e stai attenta, perché adesso devi concludere il romanzo breve sui due tizi che divorziano, e guai a te se ci infili particolari del modo in cui vi siete lasciate voi, che poi li scrivi male s si capisce che sono riferimenti personali e poi l’editor deve toglierli e ci impazzisce dietro.
- Minchia, Rita, ho visto una ragazza troppo bona.
- Mh? Dove?
- Quella là che è entrata ora, coi capelli corti blu elettrico.
- Tipa riservata, direi. – commenta ridacchiando, - Comunque, carina è carina.
- Già. Oh, se a te non dispiace, ci vado a provare.
Ride.
- Vai!
- Tanto a te non va di parlare e di provarci meno che mai. In caso ti scocci e decidi di tornartene a casa, poi ci si sente domattina, ok?
- Seh… cia’.
La saluta con la mano e per un po’ la osserva abbordare la bella sconosciuta. Poi, sorridendo, riporta gli occhi su Virginia e la scopre mentre a sua volta la guarda. Lei, appena si accorge di essere stata vista, ha un momento di incertezza, e poi abbassa gli occhi e fissa il pavimento, imbarazzata. Per un attimo, Rita viene sommersa dalla tenerezza. Poi, forse per dimostrare agli altri e a sé stessa che ha superato il trauma, si alza e va da lei.
- Tutto ok? – le chiede appena le arriva accanto.
Lei si alza.
- Scusa, non sapevo che saresti venuta stasera. Vado via subito.
- Occristo, mi spieghi per quale motivo non dovremmo essere in grado di coesistere nello stesso luogo? Eddai!
- …hai ragione…
- Ecco, brava. Posso sedermi qui accanto?
- Ma non eri con Marina…?
- Mi ha mollato appena ha visto quella ragazza. – la indica con un cenno del capo.
- Ah, carina…
- Bah, l’avrei fatto pure io…
- No, dico, carina la ragazza.
- Ah. Sì.
Sorseggiando ognuna dal proprio bicchiere, trovano il tempo per un minuto di imbarazzato silenzio.
- Perciò… che mi dici di te?
Virginia scrolla le spalle.
- Sempre le solite cose. E tu? Poi l’hai finito, quel romanzo a cui stavi lavorando?
- No… mi sono bloccata. Però ho scritto un bordello di raccontini, saranno almeno una trentina. Infatti stavo pensando di vedere se mi pubblicano una raccolta.
- Sarebbe la tua prima, vero?
- Già. Sarebbe fantastico.
- Mh. E questi raccontini di cosa parlano?
- Mah, argomenti vari. - ride nervosamente, - L’unico denominatore comune è che uno dei personaggi viene lasciato.
Può quasi sentire il cuore di Virginia fare un salto e poi tornare al suo posto.
- A parte il fatto che personalmente non comprerei mai un libro con una tale quantità di mollati… - riprende Virginia dopo un po’, lentamente, a fatica, - non sei granché imparziale.
- Eh?
- Dico solo che se vedi la situazione esclusivamente dal punto di vista del mollato, rischi di far sembrare piatta la figura di chi molla, no?
- Io l’ho sempre detto che avresti dovuto pensare meglio all’eventualità di una carriera di scrittrice…
- Ma smettila!
Ridono.
- Il punto è che non avrei saputo scrivere altro…
- No, va bè, sì, chiaro, lo capisco…
Ritornano a bere, e per qualche minuto non si guardano neppure. Poi, Rita posa la birra sul bancone e incrocia le mani in grembo.
- Sai… poco fa, mentre parlavo con Marina, per un attimo mi è sembrato di dimenticare… quali erano i motivi per cui ci siamo lasciate.
Non sta dicendo completamente la verità, ma non importa. Adesso pende solo dalle sue labbra, e sta pregando perché i motivi non li ricordi neanche lei. Oppure perché glieli sputi in faccia senza ritegno, così potrà finalmente cancellarla.
Virginia la guarda. Sembra sconvolta.
- Stai scherzando, Rita? Litigavamo continuamente per ogni cosa. Non c’era più modo di andare avanti.
- …ah, sì.
In un attimo, ricorda tutto con molta chiarezza. Ricorda per esempio che ogni giorno il pensiero di tornare a casa e rivederla, sapendo perfettamente che avrebbero finito per litigare e dormire in due camere diverse, s’era fatto pesante. E poi ricorda anche di aver pensato spesso che se non avesse fatto Virginia la prima mossa per troncare… beh, ben presto l’avrebbe fatta lei.
Le sembra di uscire da una trance. Non è una situazione spiacevole, nonostante lo stordimento; si sente più completa.
Ridacchia.
- Va bè, io vado.
- Appuntamento?
- Nah. Torno a casa a scrivere.
- Un altro raccontino di qualcuno che viene piantato da qualcun altro?
- No… vado a finire il romanzo.