Genere: Romantico/Drammatico
Pairings: Itsuki/Ichitaka, Iori/Musashi/Sword(OC)
Rating: R
AVVISI: OC.
- Itsuki torna dall'America, convinta di trovare Ichitaka che ha coronato il suo sogno d'amore con Iori, ma troverà una gradita sorpresa... in più arriverà un bimbo, a rendere caotiche le vite dei nostri protagonisti.
Commento dell'autrice: Una delle storie di cui vado più orgogliosa. Innanzitutto perché la coppia principale è Itsuki+Ichitaka ^_^ Scherzi a parte, scrivere una fic su di loro per me era FONDAMENTALE. Ed infatti l'ho fatto ^_^ Comunque uno dei motivi di fierezza della fic sono, ovviamente, gli OC. Primo fra tutti Musashi Shiyoko/Sword, l'assassino mercenario che poi si innamora di Iori. Mi pare di essere riuscita a creare un pg dalla personalità (e dalla storia, soprattutto) complessa ed interessante... se fossi uno psicologo mi divertirei da morire a studiarlo ^_^ Stessa cosa dicasi per Kunaku Mashimura, il bambino che Itsuki ed Ichitaka accolgono ed allevano come figlio^_^. Secondo me è un bambino che fa una tenerezza unica ^_^ Lo adoro, semplicemente^_^. E poi di questa fic mi piace la storia, l'intreccio delle vite dei personaggi, la scena di Iori ed Itsuki che parlano di Musashi (fidanzato con Iori) senza che nessuno si accorga che quello è proprio Sword, l'uomo che ha attentato alla vita di Kunaku... insomma ^_^ Leggetela e ditemi ^_^
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Quindi, di nuovo lì. Era tornata di nuovo in Giappone. Ma perché? No, non si voleva pentire di quello che aveva fatto... era stata debolezza, di sicuro, ma non poteva più rimanere in America. Aveva bisogno di sentire la sua voce, di guardarlo di nuovo in faccia... non le importava nulla se adesso stava con Iori o con chiunque altro, Itsuki si accontentava anche di essere sua amica, purchè lui le fosse davanti e fosse felice. Che casino... ma perché gli aeroporti a Tokyo dovevano essere sempre così dannatamente incasinati? In America non era mica così... lì era tutto organizzato, tutto perfetto... Bè, anche in Giappone, non è che scherzassero con l’organizzazione, però... Itsuki non avrebbe saputo dire perché, lì si sentiva comunque a suo agio. Ed il pensiero di rivedere lui le metteva addosso un’eccitazione non normale. Chissà se era cambiato. Sarebbe stato diverso? Forse più bello? Più intelligente? Meno insicuro (Seeeeeeeeee, aspetta e spera... ma non lo conosci Ichitaka? :-P NdLisa)? In ogni caso non le importava come fosse diventato. Per ora voleva solo vederlo. O sarebbe morta.
*

- SETO! TU SEI UN IDIOTA!!!
- Fa silenzio, Teratani!
- MA... scusa, ma sei impazzito? Hai presente quella ragazza che è arrivata poco fa? Quell’angelo dai capelli rossi e gli occhi azzurri che ti ha chiesto di uscire con lei? La ragazza della seconda con le curve perfette?
- Certo che ce l’ho presente, Teratani, le ho appena parlato...
- NO IDIOTA!!!
- Ti ho detto di non urlare, dannazione!
- Si, si, scusa, scusa... tu non le hai appena “parlato”, tu l’hai appena rifiutata!
- Sì ed allora?
- Va bene, ho capito, sei senza speranza...
- Ascoltami bene, Teratani...
Ichitaka aveva la faccia scura... forse Teratani cominciava a campire perché il ragazzo aveva rifiutato l’invito della stratosferica bellezza di prima.
- Io non me la sento proprio di fare entrare qualche altra ragazza nel mio infinito vortice di sentimenti. Ricordi? Iori, Izumi, e poi Itsuki... sono state tutte male per colpa mia. Non voglio che succeda a qualche altra ragazza...
- E allora vuoi rimanere scapolo per sempre?
- Può darsi...
I due ragazzi parlavano ancora mentre a scuola non c’era già più nessuno. La campanella era suonata da molto, ed era uno dei primi giorni di giugno... fra poco ci sarebbero state le vacanze, e nessuno teneva a rimanere a scuola oltre l’orario, con quel caldo. Ma Nanako, la ragazza di 2°G, aveva chiesto a Ichitaka di parlare, e Teratani lo aveva aspettato, quindi adesso i due si trovavano a parlare proprio di questo. La situazione di Ichitaka era grave: non parlava praticamente più con Iori, Izumi aveva cambiato liceo, per non vederlo più... lei lo aveva fatto con la scusa che vederlo distoglieva la sua attenzione dallo studio, ma Teratani immaginava che fosse perché vedere Ichitaka fosse troppo doloroso, per lei, anche se adesso stava di nuovo con Kensuke. Tra l’altro, da quando Itsuki se ne era tornata in America, Ichitaka non l’aveva più sentita. Nemmeno una telefonata. Teratani era davvero in pena per il suo amico: si preoccupava del suo futuro sessuale! Probabilmente il poverino sarebbe rimasto vergine per la vita! Povero Ichitaka... sì che era un idiota, ma la verginità eterna era esagerata come punizione per la sua stupidità! Teratani alzò gli occhi e si voltò verso Ichitaka, forse per dirgli qualcosa, e fu lì che vide il miracolo. Fu lì che la vide. Una visione! Strattonò Ichitaka per la manica della maglietta e cercò di balbettare qualcosa, che però non voleva saperne di uscire dalla sua bocca. Lui si voltò verso l’amico per vedere cosa avesse.
- Ma insomma, Teratani! Qual è il problema?
Dopo anche lui seguì lo sguardo dell’amico. E ci mancò poco che si incantasse anche lui. Una bellissima bionda, non molto alta, coi capelli che le incorniciavano il viso in maniera perfetta, non molto lunghi stava lì in piedi, e lo guardava. Nonostante fosse molto più femminile ed avesse i capelli non più con le punte in fuori, ma lisci ed un poco più lunghi non gli fu difficile riconoscerla.
- I-Itsuki...
Lei si limitò a sorridere. Un sorriso bello, sincero, anche se un po’ timido, in quel momento. Un sorriso che non le vedeva fare da molto tempo. Un sorriso anche felice. Lui fece qualche passo verso di lei. Ogni passo sembrava durare un’infinità di tempo. Tempo che Ichitaka impiegò pensando ad ogni momento che aveva vissuto con Itsuki prima che se ne andasse. Il quasi - bacio del suo compleanno, quando l’aveva vista scolpire la propria mano, la gelosia verso lo scultore famoso, la prima volta che erano usciti insieme, la statua che lei gli aveva costruito, l’incendio a casa sua... ogni ricordo era un’emozione. Bellissima. Itsuki in quel momento gli sembrò un angelo. Appena fu arrivato alla distanza giusta le sfiorò la guancia con una mano. Sussurrò ancora una volta il suo nome, e poi l’attirò a se per abbracciarla.
- Avevo paura che non ti saresti più fatta vedere...
- Ichitaka...
La ragazza non riusciva più a trattenere le lacrime. Affondò il viso nel petto di Ichitaka e pianse per molto tempo. Teratani, sebbene volesse correre incontro alla “sua” Itsuki, capì l’importanza del momento e rimase in disparte un po’, prima di andarsene e lasciarli soli definitivamente. Dopo circa un quarto d’ora di pianti disperati e carezze da parte di Ichitaka per calmare la bellezza che aveva fra le braccia, Itsuki, finalmente, smise di piangere, e si staccò da lui. Peccato... avrebbe voluto tenerla così ancora per un poco. Era strano, ma sembrava che in quel momento ad Ichitaka non interessasse niente altro. Né Iori, né la scuola, né tantomeno che gli altri lo guardassero mentre la abbracciava. Gli interessava solo lei, solo Itsuki.
- Come va, Icchan?
Lui sorrise nel sentire di nuovo quel nome. Era incredibilmente piacevole, sentirsi chiamare in quella maniera.
- Abbastanza bene, Itsuki...
Sembrava molto cambiata, almeno a vederla così... era molto, molto più femminile. E sembrava più tranquilla, anche. Ma forse era solo l’emozione del momento.
- Come mai sei tornata in Giappone?
- Ti dispiace?
- Al contrario.
Ichitaka era così dannatamente sicuro di sé. Ad Itsuki faceva quasi paura. Ma per una volta almeno nella sua vita Ichitaka era sicuro di qualcosa. Ichitaka era davvero SICURO di volere lì Itsuki. Con lei si sentiva così al sicuro... così tranquillo... proprio come quando erano solo bambini e giocavano felici. Lei a quel tempo era la sua “fidanzata”. Bei tempi. Ichitaka non si meravigliò poi tanto, nell’ammettere che non gli sarebbe dispiaciuto stare insieme ad Itsuki. Seriamente. Ma quando lei gliene aveva dato la possibilità lui era ancora accecato da Iori. Non aveva capito che cosa aveva e se l’era lasciata scappare. Chissà se adesso, ancora, dopo tanto tempo, lei lo amava ancora... Lui le pose allora una domanda fondamentale.
- Cosa vuoi fare adesso?
Itsuki sembrava stupita. Non si era fatta nemmeno lei questa domanda. Quando la sua amica Melany le aveva detto che lei non poteva andare in vacanza in Giappone per via del lavoro e le aveva proposto di andare lei, non ci aveva pensato più di una volta. Il solo pensiero di potere rivedere Ichitaka la eccitava così tanto che non aveva pensato a quello che avrebbe dovuto fare “dopo”. Ichitaka la vide così assorta nei suoi pensieri. Era bellissima. Sorrise un po’. Poi le rifece la domanda.
- Allora?
Lei lo guardò tristemente.
- Volevo solo vederti... adesso suppongo che andrò in un albergo dove starò fino a domattina e poi ripartirò...
- Ma che stai dicendo?
Ichitaka la guardò con un’espressione interrogativa sul volto.
- Io mi chiedevo solo se avevi intenzione di venire a stare da me o avevi già dove andare!
Itsuki si dimostrò un po’ confusa dalle parole di Ichitaka. Che cosa le voleva dire?
- Tu adesso non ci torni affatto in America, ma sei pazza? Hai idea di cosa ho passato quando sei andata via? Forza, dammi la valigia ed andiamo a casa, su!
Così le prese la valigia dalle mani e con un braccio le circondò le spalle, spingendola ad andare verso casa sua. Questo soprattutto perché lei era ancora in stato di confusione mentale dopo la sua ultima dichiarazione. In che senso cosa aveva passato? In che senso mai più in America? In che senso adesso dovevano andare a casa? Itsuki sembrava non ci fosse, si era persa tra i suoi pensieri, ma Ichitaka sembrava non accorgersene, felice com’era. Lei lo guardò in volto, e finalmente vide quell’espressione. L’espressione che di solito Ichitaka faceva mentre era con Iori, la stessa che con lei non poteva fare. Lo vide finalmente felice di stare con lei. E non si stava sforzando, non era un sorriso nervoso, era un sorriso sincero! Itsuki si sentì presa anche lei da una forte felicità, guardandolo in volto. In quel momento sembrò come se Itsuki fosse cambiata di nuovo. Regredita a quando era solo una bimbetta. Si liberò dall’abbraccio e prese Ichitaka nella sua “morsa d’acciaio” che non perdona mai, cingendogli il collo con le braccia.
- Che bello vedere che sei felice, Icchan!
- Sono contento che sei felice anche tu Itsuki!
E camminarono così per tutto il tempo fino a casa.
*

- Itsuki! Che felicità rivederti!
- Buongiorno, signora Seto!
- Sei tornata per sposare quel testone di mio figlio, vero? Hahahahaha!
- Caro, non li scocciare!
- Buongiorno anche a lei signor Seto...
- Santo cielo, papà, non cambierai mai... Itsuki, dai, vieni su... andiamo a preparare la tua stanza...
- Mi raccomando, non fate porcate!
- Caro! Finiscila!
Incredibile! Per una volta che Itsuki era qui loro dovevano fare così! Ichitaka la guardò un attimo, per assicurarsi che lei l’avesse presa bene.
- Scusali...
- Hey, non sono un’estranea, li conosco...
- Lo so, ma adesso è diverso... non vorrei che ti mettessero in imbarazzo...
- Naaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa! Ma che discorsi fai?
Disse lei dandogli una spinta.
- AAAAH! La mia stanza!
La ragazza si precipitò alla porta della sua vecchia stanza e la spalancò. Incredibile! Era perfetta! Praticamente come l’aveva lasciata quando era andata via, tranne per le statue, che invece erano andate tutte distrutte nell’incendio. Lei si voltò verso il ragazzo, con un sorriso un po’ malizioso ed un po’ contento dipinto sul volto. Un’espressione stupenda.
- L’hai pulita tu, vero?
Lui era imbarazzato. Si voltò dall’altro lato per cercare di non incontrare i suoi occhi sinceri. Per lei quella fu una risposta sufficiente.
- Grazie... non sapevo di esserti mancata sul serio...
Lui a sentire quelle parole si sentì stranamente irritato. Si voltò di nuovo verso di lei e le afferrò le spalle, in modo da guardarla dritta negli occhi.
- Tu mi sei mancata un casino Itsuki!
Lei sorrise di nuovo.
- Anche tu.
Un bel momento.
- A TAVOLAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!
Cazzo! Sua madre era sempre così inopportuna...
- Si! Stiamo arrivando, mamma!
Itsuki stavolta rise di gusto. Decise di torturarlo un poco, perciò, oltrepassandolo per scendere le scale che l’avrebbero portata in sala da pranzo si lasciò scappare una frase.
- Peccato, se tua madre non ci avesse interrotto ci sarebbe potuto scappare un bacio... sul serio...
Ed era la verità. Ichitaka passò il resto del pranzo a rimproverare i suoi genitori, tra le risate divertite di Itsuki.
*

- Testa di zucca, devi svegliarti! Fra poco comincia la scuola e tu sei ancora qui!
- Itsuki, lasciami dormire, ho mal di testa...
- BALLE! IMPIEDI!
- Grr...
Stanco ed affaticato, Ichitaka si alzò dal letto. Quella notte aveva fatto un sogno assolutamente folle. No, non era una delle sue solite fantasie sessuali... Aveva sognato che c’era un bambino in braccio ad Itsuki, solo che non gli vedeva la faccia. La guardò un attimo. Era già vestita. Chissà come mai, dato che lei non aveva scuola... fra poco anche lui avrebbe smesso di andarci, per le vacanze, e sarebbe rimasto con lei tutto il tempo. La guardò ancora e si rese conto che era diventata una specie di droga, guardarla. Non poteva resistere più di dieci minuti senza fissarla un po’. Ancora una volta pensò che fosse bellissima e cominciò a contare mentalmente tutte le volte che lo aveva pensato di lei da quando era tornata. Almeno una decina. Ichitaka sperò che rimanesse ancora per molto.
- IDIOTA!!! Che ci fai così imbambolato??? Forza, muoviti!
- Si, si... ho capito...
Ichitaka cominciò ad uscire dalla stanza. Fu trattenuto da Itsuki.
- Aspetta.
Quando si voltò per vedere cosa volesse rimase a dir poco stupito. Ed estasiato. Lei lo guardava, con degli occhi indecifrabili. Un sorriso malizioso sul volto.
- Icchaaaaaaan...
Si avvicinò e gli circondò il collo con le braccia. Ichitaka si sentì imbarazzato, in un primo momento, ma subito dopo quella sensazione lasciò il posto a qualcosa di molto più bello. Era una sensazione che Ichitaka ancora non riusciva a spiegarsi bene, ma era molto, molto piacevole. Itsuki avvicinò il suo viso al suo. Sembrava che lo volesse baciare. Il profumo di Itsuki invase le narici di Ichitaka rendendolo come ipnotizzato, incapace di intendere e di volere. Sentiva quasi il respiro della ragazza sul volto, per quanto erano vicini, ormai...
- Ichitakaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa! Non ti sei ancora alzato???
L’urlo della signora Seto ebbe effetti devastanti. Itsuki arrossì e si staccò immediatamente da ichitaka, mentre lui... fu come svegliarsi di soprassalto. Non sentiva più il profumo di Itsuki, ed era spiacevole. Imbarazzato anche lui, distolse lo sguardo. Balbettò un ciao ed uscì velocemente da quella stanza. Itsuki triste. Un’espressione insoddisfatta sul volto. La ragazza si girò ed aprì la finestra. Stava quasi per baciarlo prima. Ma cosa le era preso? Non lo vedeva da così tanto che la voglia di baciarlo era stata più forte di lei. Fece entrare un po’ di sole in quella stanza, ed anche nei suoi pensieri. Era meglio che gli rifacesse il letto. Poi avrebbe pensato a come occupare il tempo, in attesa del suo ritorno.
*

- Sei grande Seto!!!
- Teratani, oggi ti vedo più rincoglionito del solito, è possibile?
- Ma non capisci??? È palese dal tuo viso che te la sei portata a letto!!!
- Allora impara a leggere meglio sul mio viso, perché non abbiamo fatto proprio un bel niente...
- Tu sei bugiardo perché non vuoi che io sappia... ma io so...
- Tu non puoi sapere un bel niente, perché non è successo un bel niente!!!
Appena arrivato a scuola Teratani aveva cominciato a complimentarsi con lui, assalendolo letteralmente. Era davvero convinto che tra lui ed Itsuki fosse successo qualcosa, ma dalla faccia e dalla serietà dell’amico si sarebbe detto proprio di no.
- Dici davvero?
Ichitaka non disse niente, ma assunse un’espressione triste che bastò a fare capire a Teratani che non scherzava.
- Incredibile...
- Disturbo qualcosa?
Iori si avvicinò proprio in quel momento. Ichitaka spalancò gli occhi. Dannazione, si era completamente dimenticato di lei, con tutto quello che era successo con Itsuki. Si voltò dal lato della voce e lei apparve, in tutta la bellezza della sua divisa scolastica che non lasciava niente all’immaginazione.
- Oh, ciao Yoshizuki!
Disse Teratani. Seto balbetto qualcosa. Forse solo un grugnito. Iori comunque lo prese per un saluto.
- Buongiorno Seto! Qualcosa non va?
- No, è tutto a posto...
- Non credergli Yoshizuki!
L’uscita di Teratani stupì molto Ichitaka, che alzò lo sguardo. Il ragazzo continuò.
- In verità Ichitaka è molto deluso perché non è riuscito a portarsi a letto Itsuki!
Imbarazzo generale. Iori arrossì leggermente e si voltò verso Ichitaka, che invece era diventato paonazzo.
- Ma... che... Teratani!
Iori conosceva Teratani. Sapeva che tutta la sua vita era un eterno prendere in giro Ichitaka, perciò lo prese come uno scherzo e si mise a ridere. Questo tranquillizzò lievemente Ichitaka. Non impedendogli però di mollare un tremendo calcio nelle palle a Teratani che in questa maniera non avrebbe più parlato per almeno un paio d’ore.
- Quindi Itsuki è tornata in città, no?
- Si...
Rispose debolmente Ichitaka.
- Oh, puoi anche smettere di essere imbarazzato, Seto! D’altronde è normale che due ragazzi che stanno insieme facciano l’amore, no?
Lo diceva con una leggerezza infinita. Come se non le importasse. Questo fece soffrire un pochino Ichitaka. Ma possibile che lei fosse ancora convinta, dopo tanto tempo, che lui ed Itsuki stessero insieme? Ma, ancora più importante: lui ed Itsuki stavano insieme? Si erano quasi baciati quella mattina, e l’abbraccio davanti alla scuola... Ichitaka non aveva mai preteso di capire i sentimenti delle donne. Non era il suo forte. Perciò lasciò perdere: la testa aveva già cominciato a pulsargli, e non era un bene. Proprio in quell’istante suonò la campanella. Un bene, così Ichitaka avrebbe avuto un pretesto per smettere di pensare. Magari avrebbe anche potuto fare una dormitina in classe...
*

- Allora, che ne dite di andare tutti da qualche parte a mangiare? D’altronde manca poco alle vacanze!
La giornata scolastica era appena finita, e come al solito Nami aveva provato ad organizzare un’uscita insieme. Ma era possibile che questa ragazza non avesse niente altro da fare? Insomma, cercava sempre di organizzarsi con loro, come se fosse sempre sola... Ma un’altra donna da capire era l’ultima cosa a cui Ichitaka aspirasse, perciò lasciò perdere l’argomento, prima che cominciasse ad interessargli.
- Per me va bene!
Disse Teratani.
- Però solo se usciamo io e tu soli, Nami cara...
- Non ti mettere strane idee in testa, Teratani... non voglio uscire con te. Dovrai accontentarti di un’uscita in gruppo!
- Tutto pur di starti accanto!
Era da qualche tempo che Teratani ci provava spudoratamente con Nami. Ed aveva smesso di provarci con le altre, malgrado fosse sempre il solito pervertito. Questo a dimostrare che ogni uomo ha bisogno di mettere la testa a posto, ad una certa età. Cosa che ovviamente, Ichitaka non aveva ancora fatto.
- Tu che fai, Iori?
- Perché no... non ho niente altro da fare.
Iori era sempre così gentile con tutti.
- Koshinae?
- Va bene. Io sono con voi...
- Ottimo!
Esordì Nami.
- Un esperto karateka come te ci farà comodo!
Evidentemente la faccenda della Torre Bubble aveva fatto il giro della scuola. Malgrado Koshinae fosse gay, per questo motivo era sempre attorniato dalle ragazze, ma lui aveva occhi solo per il professor Higemi.
- Tu che fai, Seto?
- Io?
Ichitaka pensò un po’. Poi, con una sicurezza disarmante...
- Io sono occupato. Devo tornare a casa.
Fece dietro-front e lasciò tutti lì come dei fessi. Stupiti dal suo comportamento. Ma che diavolo aveva da fare???
*

- Signora Seto! Adesso basta, per favore!
- Ma non capisci Itsuki? Per una donna è importante che il vestito del matrimonio sia perfetto!
- Lei rimprovera sempre suo marito, ma è peggio di lui...
- Oh, non dire così! Guarda che bello questo qui!
Itsuki abbassò lo sguardo, solo per fare contenta la signora e magari fare terminare quel supplizio. Ma rimase letteralmente incantata. La modella nella fotografia indossava uno splendido abito da sposa lungo bianco, con una sottana di pizzo molto lunga, che usciva all’estremità della gonna. Era un vestito abbastanza scollato, e senza maniche, ma le braccia potevano essere coperte da uno scialle di seta sempre bianco, ma trasparente, e con riflessi tendenti all’azzurro. E poi in testa un velo, attaccato ad un cerchietto fra i capelli, che scendeva fino alle spalle. Si immaginò un attimo in quei panni, in una bella chiesa. Era il suo matrimonio. Lei stava attraversando la navata quando si sarebbe voltata verso il suo sposo: Ichitaka. Sarebbe stato fantastico, se fosse stato vero. Ma Itsuki lo vedeva più che altro come un sogno irrealizzabile da tenere nascosto. Uscì dal mondo dei sogni giusto in tempo.
- Sono tornato!
La signora Seto scattò in piedi per accogliere suo figlio. Anche lei si alzò in piedi.
- Ciao Itsuki!
- Ciao Ichitaka.
Entrambi sorrisero.
- Vado subito a prepararvi qualcosa da mangiare, ragazzi!
- No, mamma, lascia perdere...
- Perché?
- Itsuki, ti va di andare a mangiare fuori?
- Certo, perché no?
- Bene. Allora aspetta un attimo che mi tolgo la divisa e mi cambio e sono da te.
- Va bene...
Ichitaka sembrava cambiato. Più sicuro di sé, forse... non che la cosa dispiacesse alla ragazza! E poi l’aveva invitata a mangiare fuori, quindi non doveva pensare a nulla. In pochi minuti lui discese di nuovo le scale.
- Allora, possiamo andare?
- Certo!
Lo prese sottobraccio e si avviarono verso un ristorante. Fu un pranzo ottimo.
*

- Buoooooooooooooono!!!
- Ti è piaciuto il pranzo?
- Se mi è piaciuto??? Quello yakiniku era ottimo!!! ( Lo yakiniku sarebbero fettine di manzo e fegato marinate e poi cotte a fuoco vivo. A me piace un casino!!!^___^)
- Davvero? È piaciuto anche a me...
- A proposito... perché hai preso i miei stessi piatti???
- Hehehehehe... mi sono voluto fidare di te...
- Hahahahahahahaha! Ma non dire stupidaggini!
Itsuki gli diede un leggero pugno in testa. Avevano passato due ore stupende. Quando erano usciti da casa erano andati subito al ristorante, ma si erano persi, così ci era voluto più di mezz’ora per raggiungerlo. Itsuki era così felice... Ichitaka era al settimo cielo: la poteva vedere così! In quel momento niente gli passava per la testa. Niente altro se non fare felice Itsuki.
- Allora, che ne dici, dove andiamo adesso?
- Tu che avevi pensato, Icchan?
- Mah, qui vicino c’è un parco... pensavo potessimo andare a fare una passeggiata, no?
Itsuki sorrise.
- Ma potrebbero prenderci per fidanzatini, non credi?
Ichitaka arrossì un attimo a quel pensiero, ma aveva previsto che Itsuki se ne sarebbe uscita con una frase del genere, quindi aveva preparato anche una risposta.
- Ti darebbe fastidio?
- Eh?
- Ti darebbe fastidio se ci prendessero per fidanzati? La verità, Itsuki...
La ragazza fece di nuovo quel sorriso adorabile.
- Io mi sentirei onorata, se mi prendessero per la tua ragazza...
Anche Ichitaka sorrise. Pensò un attimo a cosa fare. Dopodiché la prese per mano e la condusse al parco. Era un giardinetto, abbastanza grande, con molte aiuole ed anche alberi sparsi qua e là. In più, appartato, c’era un piccolo gazebo (avete presente il parco di Kodocha? Ecco immaginatelo così... ^_^).
- Checcarino!!!
Itsuki aveva notato la piccola costruzione in un angolino del parco. In verità era davvero un gazebo molto carino. Piccolo, anche se non troppo, con una panchina ed un grazioso tetto a punta lilla, mentre il resto della costruzione era bianco. Un luogo molto romantico, non c’è dubbio. La ragazza vi entrò subito dentro e si sedette sulla panchinetta in pietra. Poi sbatté un paio di volte la mano accanto a lei, come per fare segno ad Ichitaka di sedersi accanto a lei. Lui raccolse l’invito. Stettero in imbarazzo un paio di minuti, l’uno accanto all’altra. Itsuki si voltò casualmente verso Ichitaka. Era preoccupata, ed un po’ imbarazzata per quello che sarebbe successo... Rimase letteralmente incantata. Il ragazzo aveva un beato sorriso in stampato in faccia, e benché fosse rosso dall’imbarazzo ed avesse lo sguardo fisso in terra era palese che fosse felice. Lui si sentì osservato e si voltò, incontrando così gli occhi di lei. A sorpresa, non si voltarono imbarazzati dall’altra parte, ma scoccò come una magia fra i due: quella magia che non ti permette di staccare gli occhi da quelli della persona che ami di più al mondo. Ichitaka sussurrò debolmente il nome di Itsuki e poi i loro visi presero ad avvicinarsi, involontariamente ma tutt’altro che inconsapevolmente. Sempre più vicini, tanto che si sfiorarono per un paio di secondi, e poi...
- Che cosa state facendo???
I due ragazzi arrossirono in tempo record. Si voltarono verso il punto d’origine della voce ad una velocità mai vista, convinti di trovarci chissà chi, e trovarono... un bambino. Non avrà avuto più di quattro anni. Aveva i capelli neri corti e scompigliati e due meravigliosi occhi azzurri. Lo vestiva una tuta malconcia. Come se avesse solo quella da mettersi. Itsuki ed Ichitaka si alzarono in piedi.
- E tu chi sei?
- Non fate i finti tonti, voglio sapere cosa stavate facendo a casa mia!
Il bimbetto era tosto, eh?
- Casa tua?
Intervenne Itsuki.
- Tu abiti qui?
- Certo che abito qui! Forza, fuori da casa mia!
E così dicendo cominciò a spingere Ichitaka fuori dal gazebo.
- Hei, aspetta, che fai?
Itsuki era troppo curiosa per lasciare perdere.
- Scusa, dove sono i tuoi genitori?
Il bambino si fermò subito.
- Non sono affari vostri, lasciatemi in pace!
Anche Ichitaka ormai si stava incuriosendo parecchio.
- Perché non sono affari nostri?
Itsuki sentì il bimbo singhiozzare. Era voltato, quindi non sapeva se piangeva o meno. Gli mise una mano sulla spalla, e cercando di rincuorarlo gli disse.
- Coraggio... ci siamo noi qui...
Il bambino si voltò immediatamente, gettandosi su Itsuki abbracciandola e piangendo rumorosamente.
- Io... sigh... non lo so dov’è la mia mamma!
- Coraggio, non fare così... raccontami tutto dall’inizio...
Ichitaka guardava Itsuki alle prese con quel bambino. Le vedeva in viso un’espressione dolce e delicata. Per la prima volta, Ichitaka pensò ad Itsuki come una possibile madre. Eh, già... sarebbe stata una madre perfetta...
- Con la mamma eravamo entrati in un negozio di giocattoli... lei era tanto gentile, mi aveva detto che potevo scegliere il giocattolo che mi piaceva di più! Io però... sigh... ero indeciso perché c’erano tanti bei giocattoli... mi sono messo a guardare in giro, poi mi sono voltato, quando ho scelto, e... la mamma... non c’era più!!! Waaaaaaaahhh!!!
- Avanti, non fare così...
Itsuki lo prese in braccio e si voltò verso Ichitaka, che tra le fantasie su Itsuki che gli affollavano la testa, stava cercando di mantenere un aspetto serio e la mente lucida.
- Che facciamo?
Chiese lei. Anche il bimbo si voltò verso Ichitaka, come in attesa di qualcosa. Lui rifletté un attimo. Poi Ichitaka alzò lo sguardo.
- Come ti chiami?
Il bambino arrossì. Sembrava imbarazzato. Abbassò lo sguardo verso terra, come se non sapesse la risposta.
- Allora?
Ci provò anche Itsuki.
- Su, come ti chiami?
Il bimbo scosse la testa.
- Non lo so. Non so come mi chiamo. La mia mamma mi ha sempre chiamato Kukuchan, ma io non credo che sia il mio vero nome.
Un paio di minuti di silenzio.
- Probabilmente non lo è.
Il piccolo stava già ricominciando a piangere. Ichitaka sentì il bisogno di intervenire.
- No, no, non fare così! Sai che ti dico? Che adesso lo andiamo a scoprire, come ti chiami!
Al bimbo si illuminò il viso.
- Davvero? E come?
- Andiamo alla polizia, è logico! Se la tua mamma non ti trova più è probabile che sia andata lì a denunciare la tua scomparsa!
- Grazie!
Disse il bambino.
- Però voi come vi chiamate?
- Io sono Ichitaka, e lei è...
- Sono Itsuki, la sua ragazza!
- Voi siete fidanzati? Ecco perché poco fa stavate per baciarvi!
- Ma no! Che gli dici Itsuki?
Risero per un po’. Poi lasciarono che il piccolo prendesse le poche cose che aveva con se ed Itsuki lo riprese in braccio, per velocizzare il passo verso la stazione di polizia.
*

- Teratani, secondo me non è una bella cosa, quello che stiamo facendo...
- Oh, Yoshizuki, non ti devi minimamente preoccupare di Ichitaka, sarà felicissimo di vederti...
- Probabilmente aveva qualcosa da fare con Itsuki, non vorrà che noi andiamo a casa sua mentre non c’è!
- OH MIO DIO!
- Che succede?
- Yoshizuki, non guardare al giardinetto.
Non si dovrebbero dire certe cose. Immediatamente Iori alzò lo sguardo verso l’uscita del piccolo parco e... quasi svenne! Ichitaka ed Itsuki camminavano accanto chiacchierando del più e del meno, ma la cosa strana era che Itsuki portava UN BAMBINO IN BRACCIO!!! Teratani e Iori rimasero lì sconvolti, fino a quando Ichitaka ed Itsuki, avendoli visti, li raggiunsero.
- Ciao ragazzi!
Esordì Ichitaka. Poi notò le loro facce.
- Ma che vi succede?
Itsuki allungò un pizzicotto alla schiena di Ichitaka. Lui si voltò e lei gli mostrò Kukuchan. Ichitaka si voltò nuovamente verso i suoi due amici.
- Ah, siete stupiti per lui, vero? Bene, lui è...
- AAAAAAAAAAAAAARGH!!! Ichitaka, così non ti fidi del tuo unico amico!!!
- Unico amico? Ma che stai dicendo, Teratani?
- Potevi anche dircelo che Itsuki era tornata in Giappone perché era incinta!
Segue svenimento di Iori, ceffone da parte di Itsuki e calcio da parte di Ichitaka.
- Idiota! Ma che stai dicendo? Io non ho messo incinta Itsuki!
- Ma io non parlavo mica di te!
Disse Teratani riprendendosi.
- Infatti il bimbo non ti somiglia affatto! Io mi riferivo, forse, al maestro di Itsuki.
Iori si risvegliò dal suo svenimento proprio in tempo per sentire l’ultima affermazione di Teratani e partecipare anche lei al pestaggio dello sventurato (ma ve la immaginate voi Iori che picchia qualcuno??? ^_^NdLisa).
- Bestia inumana!
Se ne uscì Itsuki.
- Non osare più dire bestialità del genere o ti lincio!
- Bestia inumana?
Ichitaka e Iori erano sconvolti. Da dove cavolo veniva un insulto del genere?
Itsuki intuì la domanda che frullava in testa ai due.
- Me lo sono inventato io adesso... forse è eccessivo, vero (NOOOOOO! Io chiamo sempre così il mio “cugi” a scuola quando fa o dice bestialità!^_^NdLisa)?
- Un tantinello...
Disse Iori ancora visibilmente scossa (Dddai! Sapete com’è Iori, si sconvolge facilmente! NdLisa Ma che stai dicendo?NdIori). Teratani, nel frattempo, si era ripreso dal secondo attacco alla sua persona, e fece una domanda molto intelligente (una volta tanto!!! NdLisa^_^Ma che dici, idiota???NdTera).
- Allora, questo bimbo da dove viene?
Per la prima volta, Kukuchan parlò.
- Senti scemo, io non sono “bimbo”. Se proprio devi chiamarmi in un altro modo, chiamami col mio nome!
Teratani, non c’è dubbio, si sentì ferito nell’orgoglio: un moccioso di forse quattro anni aveva *osato* rispondergli!
- E, di grazia, sarebbe?
Il piccolo arrossì un attimo, distolse lo sguardo e poi rispose.
- Kukuchan...
Per Teratani quel nome fu come la manna dal cielo.
- HAHAHAHAHAHAHAHAHAHA! CHE NOME RIDICOLO! HAHAHAHAHAHAHAHAHAHA!
Stava ridendo già da molti minuti, quando gli altri ragazzi, compreso Kukuchan, decisero di procedere al terzo pestaggio, per riportare la situazione alla normalità. Non ci volle molto ad Ichitaka per spiegare la faccenda a Iori e Teratani: avevano trovato Kukuchan nel parco e gli avevano promesso di portarlo alla polizia, per cercare di ritrovare sua madre. Teratani faceva segni di approvazione con la testa, mentre Iori aveva preso in braccio il bambino, che si era subito abituato alla situazione di privilegio in cui si trovava: in meno di mezz’ora era stato in braccio a due ragazze splendide!
- Ora capisco...
Disse Teratani.
- In effetti mi sembrava strano che qualcuno potesse mettere incinta una donna rozza come te (perdonami Ranma, ho fatto plagio di frase!!!é_èNdLisa)...
- Vuoi morire?
Fu la placida risposta di Itsuki.
- Ok, ho capito... ritiro tutto...
- Bravo...
- Ragazzi, per favore, non avevamo detto di occuparci di Kukuchan?
- Hei, signorina, io non mi chiamo davvero Kukuchan, così mi ci chiamava la mia mamma... tu come ti chiami, invece?
Iori mise il bimbo a terra.
- Io sono Iori...
Disse lei facendo un sorriso dolce.
- E a me, puoi chiamarmi Teratani!
- Nessuno te lo aveva chiesto...
All’espressione del bambino, i tre ragazzi scoppiarono a ridere, escluso Teratani, che invece si era ritirato in un angolo a fare i cerchietti per terra, pensando “Basta, è un nemico troppo forte per me...”. Itsuki prese di nuovo in braccio Kukuchan.
- Adesso andiamo alla polizia, ok?
Tutti annuirono. In un momento, i cinque erano già in marcia.
*

- Lei non capisce, siamo qui da quasi un’ora!
- Senta, sa quante denunce come le sue ci fanno ogni giorno? Non possiamo certo eliminare tutti i procedimenti burocratici per lei!
- Ma io non voglio procedimenti burocratici! Volevo solo parlare con un suo superiore!
- Non possiamo fare muovere il comandante dalla sua stanza per ogni denuncia di un bambino smarrito che ci arriva in centrale!
- Senta, quel bambino...
- COOOOOOOOOSA???
Erano arrivati in centrale da quasi un’ora. Non c’era stato modo di riuscire a parlare con qualcuno per riuscire a capire di chi fosse quel bambino. Avevano fatto la denuncia, ma si era parlato di una settimana, per trovare la madre di Kukuchan! Però forse qualcosa aveva cominciato a muoversi. Quando il poliziotto aveva visto il viso di Kukuchan aveva fatto una faccia incredibile.
- L’avete trovato voi! Mi dispiace per come mi sono comportato poco fa con lei! Vado subito a parlare col comandante!!!
- Ah... bene...
Ichitaka raggiunse gli altri.
- Allora?
Chiese preoccupata Iori. Ichitaka rispose un po’ tentennante.
- Bè... il poliziotto ha fatto un po’ di storie, ma quando ha visto la faccia di Kukuchan sembrava come se lo conoscesse già...
- Forse perché la madre ha già denunciato la sua scomparsa!
Ipotizzò Teratani.
- Visto Kukuchan?
Gli disse Itsuki.
- Mi sa che ritroveremo tua madre prima del previsto!
- Bene!
Disse il piccolo, con un sorriso gigantesco in volto.
- E’ lei quello che l’ha portato qui?
Un uomo gigantesco con una folta barba nera e corti capelli dello stesso colore si parava davanti ad Ichitaka con sguardo interrogativo.
- S-Si, s-sono io...
Caspita. Quell’uomo metteva quasi soggezione.
- Bene.
L’uomo assunse uno sguardo serio.
- Mi segua. Devo parlarle di qualcosa di serio.
Ichitaka forse era un giocherellone, ma non era stupido. Capì immediatamente che non c’era nulla su cui scherzare in quella situazione. Perciò si adeguò alla situazione (cambiando la faccia da “modalità idiota” a “modalità seria”^_^NdLisa) e seguì l’uomo nel suo studio, tra gli sguardi stupefatti di Iori, Teratani e Kukuchan, e quello un po’ preoccupato di Itsuki. Una volta arrivati là, l’uomo si sedette, e fece segno anche ad Ichitaka di accomodarsi, ma lui, mantenendo uno sguardo serio, rifiutò con un cenno del capo.
- Come preferisce. Dunque, lei ha idea di chi sia quel bambino?
- Non sappiamo nemmeno come si chiami veramente. Il suo soprannome è Kukuchan.
L’uomo fece un leggero sorriso.
- Quel bambino è stato lasciato in un negozio di giocattoli da sua madre.
- Come pensavamo, infatti.
Ichitaka aveva uno sguardo sollevato.
- Pensa di potere ritrovare quella donna in tempi utili?
- Non ho finito di parlare.
Quello era un cattivo presagio.
- Pochi minuti dopo, la donna è stata accerchiata da un gruppo di uomini della yakuza, e subito dopo le hanno sparato dieci colpi tutti al petto. È morta.
- Cosa?
Ichitaka non trovò nemmeno le parole per dire qualcosa. Quindi, Kukuchan era orfano? E adesso? L’uomo, vedendo che Ichitaka non parlava, continuò a sborsare informazioni.
- Lei era... la moglie di un pentito. La volevano morta. Volevano morta tutta la famiglia, e lui l’hanno già ucciso. Probabilmente lei l’ha lasciato nel negozio nella speranza di salvarlo. Ma questo non significa che Kunaku sia lontano da ogni pericolo. Dovrebbe andare...
- Quindi si chiama Kunaku, no?
Ichitaka. Un uomo. Per la prima volta sembrava veramente un uomo cresciuto. Chi lo avesse visto, in quel momento, non lo avrebbe riconosciuto.
- S-Si... Kunaku Mashimura...
Anche l’uomo sembrava stupito dal comportamento di Ichitaka. Insomma, quello doveva avere si e no diciassette anni, ma... quello sguardo responsabile... non sembrava certo quello di un ragazzo della sua età.
- Perfetto.
Disse Ichitaka con una freddezza infinita.
- Non abbiamo più nulla da dirci.
- Ma, per il bambino? È in pericolo, e...
- Starà con noi. Non corre alcun rischio. Addio.
L’uomo era così sconvolto che non ebbe nemmeno la voglia di rispondere.
*

Ormai erano più di dieci minuti che Ichitaka stava là dentro. Chissà di cosa stavano parlando. Itsuki e Iori non avevano saputo dirsi niente in quel breve seppur infinito lasso di tempo. Forse erano un po’ imbarazzate dalla situazione. Insomma, Ichitaka non aveva ancora fatto chiarezza tra le due, e questo si sentiva nell’aria. Itsuki era seduta sulla spalliera del divano, mentre Iori era compostamente seduta su una poltrona. Teratani era in piedi ed osservava minaccioso Kukuchan, il quale, dal canto suo, stava impassibile a fissare la porta dell’ufficio dell’uomo con il quale era andato via Ichitaka. Quando quella porta si aprì tutti ebbero un sussulto. Itsuki e Iori raggiunsero velocemente Ichitaka, mentre Teratani rimase appoggiato al muro dove prima si trovava. Kukuchan non accorse. Notò per primo l’espressione del volto di Ichitaka. Non prometteva nulla di buono. Era solo un bambino, si, ma certe cose le capiva: la sua era la classica faccia da cattiva notizia. Kukuchan aveva già intuito qualcosa. Anche il piccolo fece una faccia grave. Ichitaka si liberò dal cerchio in cui era costretto da Itsuki e Iori. Quest’ultima cercò di andargli dietro, ma anche Itsuki, ormai, sembrava aver capito, e la fermò afferrandole la manica della maglietta. Ichitaka si avvicinò al bambino. La differenza tra i due era molta. Almeno un metro e mezzo di altezza, ma sembravano così simili, in quell’istante... forse per l’espressione del volto, che era la stessa.
- Ti chiami Kunaku Mashimura.
- Kunaku Mashimura... cercherò di ricordarmelo.
Un pesante silenzio si diffuse in tutta la stanza, che era praticamente vuota, ad esclusione di una donna abbastanza anziana che sonnecchiava su una panca. Kunaku fino a quel momento aveva fatto a gara con se stesso, ripromettendosi di non piangere. Ma doveva sapere. Doveva avere quella risposta che già in cuor suo sapeva fosse affermativa. E doveva saperlo subito. Abbassò lo sguardo. Ancora non piangeva ma fece quel gesto come se non volesse farlo vedere agli altri, in caso si fosse messo a piangere sul serio. Aprì la bocca per parlare. In un primo momento non ne uscì alcun suono. Gli ci volle un po’ per trovare il coraggio di chiedere.
- E’ morta, vero?
Iori si coprì la bocca, nel vano tentativo di strozzare il verso che le era salito alla gola. Itsuki voltò il viso da un altro lato, per cercare se non di dimenticare, almeno di non vedere la scena straziante che si svolgeva proprio davanti ai suoi occhi. Perfino Teratani sgranò gli occhi. Per quanto quello scricciolo pestifero gli potesse stare antipatico, quello che gli era successo non era certo da poco. Perdere la madre così piccolo... Teratani provò un impetuoso moto di tenerezza per il piccoletto che aveva quasi di fronte. Ma la risposta di Ichitaka non era ancora arrivata. E non arrivò mai. Ichitaka non poteva dire quel si. Non ce l’avrebbe fatta a pronunciare quella parola. Forse era un vigliacco, ma non se la sentiva. Si limitò a mettere una mano sul capo di Kunaku e carezzargli un po’ la testa. E fu allora che sentì il suo pianto. Il pianto di un bambino. Era molto, molto tempo che non sentiva un bimbo piangere. Non era proprio un ricordo che avesse voluto far riaffiorare. Fu come una scena già vista (chi ha letto il manga mi capirà NdLisa). A sentire quei singhiozzi gli occhi di Ichitaka si riempirono di lacrime, e si chinò ad abbracciare Kunaku cercando di dargli conforto. Kunaku piangeva sommessamente, cercando di non fare rumore. Ma i singhiozzi non sono facili da nascondere per nessuno. Figuriamoci per un bambino di quattro anni.
- Mi piacerebbe...
Continuò Ichitaka.
- Se tu venissi a vivere con noi... non voglio vederti in uno squallido orfanotrofio...
Kunaku si limitò ad annuire con la testa ed a passarsi una mano sugli occhi cercando di smettere di piangere.
- No, no... non devi smettere...
Disse Ichitaka con un debole sorriso paterno.
- Sfogati.
E così dicendo rafforzò l’abbraccio. Kunaku si sentì triste e depresso, ma al contempo commosso da uno slancio di affetto tale, dopo solo poco tempo. Si strinse ad Ichitaka e continuò a piangere. Teratani abbassò lo sguardo e si pentì di essere stato presuntuoso. Iori ormai era sprofondata in un mare di lacrime ed Itsuki, malgrado avesse gli occhi chiusi, non riusciva a frenare il copioso flusso di lacrime che le inondava le guance. Forse era passato troppo poco tempo, forse erano avvenuti soltanto fatti spiacevoli, ma quel bambino ormai era entrato nei cuori dei quattro amici. Ma purtroppo, i guai erano appena cominciati. Eh, già. Ichitaka aveva qualche sospetto, perché malgrado fosse preso da molti pensieri, non aveva ignorato le parole del comandante: “Volevano morta tutta la famiglia... Probabilmente lei l’ha lasciato nel negozio nella speranza di salvarlo. Ma questo non significa che Kunaku sia lontano da ogni pericolo.”.
*

- Un bambino? L’avete adottato?
- Una specie, mamma...
- In che senso?
- Nel senso che...
- Signora! Suo figlio finalmente ha deciso di sposarmi!
- COOOOOOOSA???
All’uscita dalla stazione di polizia, quando Kunaku aveva smesso di piangere, Iori e Teratani se n’erano andati, ed il piccolo si era addormentato in braccio ad Itsuki. I due erano tornati a casa nel più tetro silenzio, senza minimamente discutere su quello che avrebbero dovuto dire ai genitori di Ichitaka. Certo, non potevano nascondere il piccolo, ma nemmeno potevano raccontare loro tutta la verità! Si sarebbero preoccupati troppo, e sarebbe stato sconveniente. La storia del matrimonio era stata la prima che ad Itsuki fosse venuta in mente. Ichitaka non ebbe il tempo di proferire parola.
- Si, e per sigillare il nostro accordo abbiamo adottato questo bambino!
- Ma è adorabileeeeeeeee! Kawaii! Ichitaka, non ti facevo capace di azioni dolci di questa portata! Mi sembravi un duro come tuo padre! Oh, che piacevole rivelazione!!!
- Si mamma, evita di fare tutto questo casino, avanti... invece, lasciaci andare, che portiamo Kunaku a letto e poi ci corichiamo anche noi...
- Kunaku??? Si chiama così? Oh, che nome graziooooosoooo! Gliel’avete dato voi?
- No signora... buonanotte!
- Buonanotte!
La signora Seto si ritirò nella sua stanza, dove ormai il signor Seto dormiva da un pezzo.
- Uff... mia madre...
- Naaaa... è una donna simpatica!
- Ma sei impazzita? Addirittura il matrimonio...
- E cosa avrei dovuto dirgli, di grazia? Che era il figlio di un famoso pentito mafioso assassinato dalla yakuza poco tempo fa?
- Si, però potevi...
- Potevo niente! È stata la prima cosa che mi è venuta in mente!
La prima cosa? Ichitaka sgranò gli occhi. In che senso “la prima”? il ragazzo si voltò verso Itsuki e la guardò. Lei intuì qualcosa. Arrossì immediatamente.
- N-Non pensare male! Non intendevo dire...
- Cosa?
- Mmh...
Kunaku aveva fatto un verso. No! Itsuki non voleva che si svegliasse! Non sarebbe stato giusto, quel piccolino aveva passato una giornata terribile, ed era sicuramente molto stanco.
- Ne parliamo dopo... prima mettiamo a letto Kukuchan...
- Si...
Disse lui.
- In che stanza?
- Nella mia, non ti preoccupare...
- Ok, itsuki...
Portarono Kunaku nella stanza di Itsuki, sistemarono il letto e lo poggiarono lì, coprendolo con una leggera coperta. Non lo spogliarono neanche, per paura di svegliarlo. Ad opera finita, si rimisero in piedi, osservando con un leggero sorriso, ma con sguardo triste, il piccolo tesoro che avevano trovato. Era piombato nelle loro vite in maniera repentina, e senza avvisare, ma, Itsuki ed Ichitaka lo sapevano (e speravano), non se ne sarebbe andato tanto presto. Spensero la luce del comodino e poi uscirono chiudendo la porta leggermente. Appena fuori, Itsuki arrossì: e adesso dove sarebbe andata a dormire??? Anche ad Ichitaka balenò in mente lo stesso pensiero. Anche lui arrossì, e poi entrambi si voltarono a guardarsi.
- Ehm...
- Itsuki, se vuoi posso andare a dormire sul divano di giù!
Disse Ichitaka immediatamente. Itsuki pensò un po’. Era vero che non avrebbe dovuto sentirsi imbarazzata, si conoscevano da troppo tempo, ma era anche vero che in quella particolare situazione, dopo quello che era successo tra loro negli ultimi tempi...
- No, non ti preoccupare! Non è mica la prima volta che dormiamo insieme!
Malgrado fosse vero Ichitaka si sentì tremendamente imbarazzato. Adesso era diverso dalle altre volte. Adesso avrebbe dormito con Itsuki al suo fianco, stretta a lui, nel suo letto ad una sola piazza... no, no! Non doveva cominciare con le sue solite scene immaginarie erotiche! Non sarebbe stato giusto. Però lei era così bella...
- Vado... a farmi una doccia, ok?
- O-Ok...
E adesso cosa significava quella doccia? Che cosa avrebbe dovuto pensare Ichitaka ora? Accidenti, perché non riusciva a pensare ad altro che a lei? Ma una volta tanto, non era al suo corpo che pensava. Cioè, si, anche, sarebbe stato un bugiardo a dire di no, ma questa volta... se avessero fatto sesso questa volta, sarebbe stato come avere Itsuki tutta: la sua anima, il suo spirito, il suo amore, e naturalmente anche il suo corpo. Ichitaka si ritrovò a pensare di non volere fare sesso con Itsuki perché aveva un bel corpo, anche se era vero, ma soprattutto perché lei ERA Itsuki! Una qualsiasi non sarebbe andata bene. Non più. Nemmeno, ed Ichitaka si fece paura da solo nel pensarlo, Iori sarebbe andata bene. Si fece paura da solo, pensando al cambiamento avvenuto in lui. Forse anche lui, come Teratani, stava cominciando a mettere la testa a posto, per quanto possibile. Il ragazzo si andò a coricare sul letto, con solo i boxer addosso, come sempre. Ad un tratto, il rumore dell’acqua che fino a quel momento aveva sentito si interruppe. Evidentemente, Itsuki aveva terminato la sua doccia. Altri rumori perfettamente riconoscibili. La porta del bagno che si apre e dopo si richiude, passi di piedi nudi sulla moquette del corridoio, poi la serratura della sua stanza che ruota, e la sua porta che si apre. E poi, una sola emozione: Ichitaka era estasiato. Davanti alla porta c’era Itsuki, ancora con i capelli bagnati, che le ricadevano, incorniciandole il viso come fosse stata un angelo, e coperta solo da un asciugamano arancione, abbastanza sottile. La ragazza sembrava imbarazzata, ma non più di tanto. Si voltò e chiuse la porta. Ora, perché presentarsi ad Ichitaka in quelle condizioni? Voleva forse che lui le saltasse addosso? Quali erano le sue intenzioni? No, perché fondamentalmente, ad Ichitaka stava venendo davvero voglia di saltarle addosso. Rimase ferma lì, davanti alla porta per un numero incalcolabile di secondi. Ichitaka stava a guardarla, dal letto.
- Non mi guardare così...
Ichitaka rimase scioccato: come non guardarla così???
- Scusa, come ti dovrei guardare? Sei nuda sotto l’asciugamano?
Lei si limitò ad annuire con un cenno del capo.
- Perché?
Chiese lui con l’imbarazzo nella voce. Lei non rispose. Lo guardò dritto negli occhi, con uno sguardo un po’ triste, un po’ imbarazzato ed un po’, perché no, spaventato. Lui ripeté la domanda ancora una volta.
- Perché?
Successe in una manciata di secondi. Itsuki si avvicinò ad Ichitaka, gli prese il volto fra le mani e lo baciò. Ma, come mai un bacio così incredibilmente lungo? Ichitaka non lo capì fino a quando non sentì Itsuki togliersi l’asciugamano e lasciarlo cadere in terra. Gli stava chiedendo forse di... fare sesso??? Ok, va bene che Ichitaka aveva cominciato a mettere la testa a posto, ma in una situazione del genere davvero non avrebbe resistito! Finalmente il bacio fu interrotto. Da Itsuki, che diede lui un’ultima carezza, prima di coricarsi sul letto accanto a lui. Ichitaka era affascinato da ogni sua mossa. La grazia con cui aveva lasciato cadere per terra l’asciugamano, quella con cui l’aveva guardato sorridendo, mentre era nuda, ormai per nulla imbarazzata, dopo avere interrotto il bacio. E poi il modo in cui lo stava osservando adesso, accanto a lui, sul letto. Era così sexy. Ichitaka era così inebriato che decise di lasciarsi andare ai suoi impulsi. Si voltò verso di lei, piegandosi sul fianco. Lei chiuse gli occhi. Incredibile, sembrava una di quelle sue fantasie, solo che quella volta era tutto vero. Il suo profumo, le labbra che adesso lui sfiorava con le sue, no... non erano false. Non erano fantasie. Ichitaka ne ebbe la riprova definitiva quando la baciò di nuovo. Un altro bacio passionale e lungo, durante il quale lei gli mise la mani attorno al collo e lui si dedicò ad accarezzarle il corpo in ogni dove. Posti che prima nemmeno sognava di potere toccare adesso erano lì, per lui. Itsuki si stava dando completamente a lui, ed anche lui voleva essere completamente suo.
- Ti amo, Itsuki...
- Icchan... anche io...
Queste le ultime parole che i ragazzi dissero quella sera. Ormai erano più che decisi a portare la cosa fino in fondo, e non si sarebbero più potuti fermare. Se non altro per la smisurata eccitazione sessuale, che ormai li aveva presi entrambi. Non ci volle molto, ad Itsuki, per togliere i boxer ad Ichitaka. Lui la guardò un’altra volta, poi la baciò di nuovo, ancora più intensamente, e la fece finalmente sua. Una notte che né Itsuki né Ichitaka poterono più dimenticare.
*

La calda luce del mattino sfiorò il viso Ichitaka, svegliandolo. Lui aprì gli occhi lentamente. Era in uno stato di torpore che non avrebbe mai voluto sciogliere. Sentiva ancora su di lui il dolce peso di Itsuki. Abbassò lo sguardo e la vide lì. Col viso appoggiato al suo petto ed una mano non molto distante. Gli sembrò di nuovo bellissima. In un attimo, gli tornarono alla memoria le immagini della sera prima. Di quanto gli era piaciuto, di quanto era stato dolce, e della dichiarazione ad Itsuki. Già, adesso non ci sarebbero più state scuse, lei sapeva perfettamente quello che lui sentiva nei suoi confronti. Questo era un peso in meno. Sapere che Itsuki sapeva (passatemi il gioco di parole, sorry...é_èNdLisa) e che era addirittura ricambiato rendeva Ichitaka di una felicità difficilmente descrivibile. È come quando sei bambino, ed aspetti per tanto tempo il Natale, perché il papà ti ha fatto capire, senza dirtelo, che avrai il regalo da sempre sognato, e poi finalmente il Natale arriva e tu scarti il pacco, e trovi il regalo, e senti di essere la persona più felice del mondo, perché una persona che ami ti ha fatto un regalo così grande. Itsuki era ancora vergine, come lui del resto, eppure non aveva avuto nemmeno un attimo di esitazione a fare l’amore con lui, quando si erano ritrovati rapiti dalla passione. L’amore di Itsuki era il regalo più bello, ed Itsuki glielo aveva dato spontaneamente, senza che lui facesse niente di particolare per meritarlo. Ichitaka si soffermò un attimo a pensare a questo punto della questione: fondamentalmente, lui non aveva mai trattato Itsuki come una possibile fidanzata. Solo nell’ultimo periodo prima che tornasse in America aveva cominciato a pensarla, a vederla come un “donna”. Prima era solo un’amica, ed un’amica solitamente non la si considera come una possibile futura fidanzata. Anzi, non aveva mai tenuto conto dei suoi sentimenti, era stato parecchie volte egoista con lei, non si era accorto di quanto lei lo amasse... insomma, era stato davvero tremendo. Eppure lei lo amava davvero. Un’altra prova di quanto l’amore sia cieco, pensò Ichitaka con un leggero sorriso sulle labbra. Ichitaka pensava fosse presto, ma si voltò comunque a guardare l’orologio, più per ingannare il tempo nell’attesa che Itsuki si svegliasse. Guardò un attimo la sveglia. Di sfuggita. Erano le dieci e mezza. COOOOOSA??? LE DIECI E MEZZA??? Ichitaka ebbe un sussulto. Dannazione, c’era scuola quel giorno! Era uno degli ultimi giorni, non poteva mancare! Ma ormai era ovviamente troppo tardi per pensare alla scuola. Forse fu il sussulto di Ichitaka a destare Itsuki. Lui rimase a guardarla mentre alzava la testa, si strofinava una mano sull’occhio destro e si grattava i capelli tutti arruffati. Ichitaka sorrise di nuovo. Come la sera prima gli era sembrata la donna più sexy nell’universo, adesso gli sembrava la ragazza più dolce e carina che avesse mai visto. L’atteggiamento di Itsuki appena svegliata era molto bambinesco. Faceva parte della sua natura questo “rimanere sempre un po’ bambina”. La ragazza si voltò verso Ichitaka. In un primo momento, accorgendosi di essere nuda, provò un leggero imbarazzo, salvo poi ricordarsi quello che era successo la sera prima, e rendersi conto che in fin dei conti era un imbarazzo inutile, in quanto lui l’aveva vista come nessuno l’aveva mai vista. Gli sorrise.
- Ciao Icchan...
Anche lui sorrise.
- Ciao amore...
Aveva sentito male? No! Aveva detto proprio AMORE!!! Itsuki la sera prima aveva pensato che la sua fosse stata una frase di circostanza, quel “Ti amo, Itsuki...”. Ma lui... adesso... l’aveva salutata in quella maniera! Allora era vero che la amava! Itsuki si commosse, senza un apparente motivo si mise a piangere silenziosamente.
- No, non fare così! Tutto a posto? Ti sei pentita, forse?
Lei gli gettò le braccia al collo e lo strinse con amore.
- Pentita? Non potrei mai pentirmi della cosa più bella della mia vita!
Ichitaka sorrise di nuovo. Stare con Itsuki gli dava così tante soddisfazioni. Erano stati insieme pochissimo tempo, ma già lui si sentiva come se non avesse bisogno d’altro. Proprio in quel momento, a distruggere quelle sensazioni, ci pensò qualcuno, che aprì la porta della stanza.
- AAAARGH!!! Che diavolo state facendo??? Non avete pensato che potevo sentirvi? Insomma, sono ancora un bambino!
Itsuki ed Ichitaka si voltarono verso la porta. Kunaku. Il primo istinto di Itsuki fu quello di coprirsi immediatamente. Ichitaka si limitò a guardarlo male.
- Kunaku, non si entra nelle stanze altrui senza bussare.
- Io ho bussato, ma voi eravate troppo presi dalle vostre porcherie che non mi avete sentito. Ho pensato che steste dormendo e sono entrato per svegliarvi.
- Noi non abbiamo fatto porcherie... mentre tu stavi per entrare.
- Noooo, certo, e lei è nuda perché tu le stavi facendo un ritratto. E poi, in qualità di vostro figlio onorario dovreste essere più responsabili.
- A-Aspetta un attimo...
Disse Ichitaka.
- Figlio onorario?
- Si, ho sentito il discorso che avete fatto con tua madre. A proposito, avete davvero intenzione di sposarvi?
Itsuki rise un po’. Poi guardò di nuovo Kunaku.
- Non ti abbiamo ancora adottato, però penso lo faremo, prima o poi... per quanto riguarda il matrimonio... bè, vedremo...
- Non mi avete ancora adottato??? E quando pensate di farlo? Tra mille anni?
Stavolta Ichitaka ed Itsuki risero assieme della buffa faccia stupita che aveva il piccolo in quel momento.
- Siete crudeli a ridere! Vabbè, io torno a mangiare le mie belle trenta frittelle alla Nutella... voi finite di spupazzarvi (indovinate da dove viene lo “spupazzamento”? Un centesimo di € per chi ci azzecca! NdLisa), vestitevi e scendete. E poi non dovreste andare a scuola?
- Mi sa che ormai è tardi per andare a scuola, Kukuchan...
- Va bene... ci vediamo. Ah... ancora una cosa...
Itsuki sorrise dolcemente.
- Si?
- A parte... gli spupazzamenti... sareste dei bravi genitori.
Arrossì un po’ nel dire questa frase. E poi sparì nel corridoio. Sia Itsuki che Ichitaka si lasciarono sfuggire un sorrisino commosso. Certo che quel piccolino sarebbe stato un figlio fantastico...
*

- Ah! Buongiorno Itsuki! Ciao Ichitaka!
- Mamma, perché non mi hai svegliato stamattina? Io dovevo andare a scuola...
- Oh, ma veramente io pensavo che dopo quello che era successo stanotte voi foste stanchi...
Ichitaka sgranò gli occhi.
- Co-Come lo sai, scusa...
- Bè... eravate al piano di sopra... certe cose si sentono, vero amore?
- Si.
Disse il signor Seto con un soddisfatto sorriso sul volto.
- E poi né tu né Itsuki sapete stare zitti mentre fate queste cose!
I ragazzi arrossirono mentre il padre di Ichitaka diceva queste cose. Imbarazzo. Insomma, erano pur sempre i suoi genitori, quelli! Non era piacevole che sapessero queste cose. Entrambi si sedettero a tavola osservando un immenso piatto con un mucchio di frittelle al cioccolato sopra. Ichitaka stava contandole (30! Kunaku è goloso di frittelle!!!^_^NdLisa) quando si accorse che dietro a quella montagna di cibo c’era un bambino.
- Hei, Kunaku... riuscirai a mangiarle tutte?
- Mpfmntisjkfsljdjbrufksk!
- Cosa?
Il piccolo ingoiò quello che stava mangiando.
- Ho detto, certo che riuscirò a mangiarle tutte! Io non le avevo mai assaggiate, tua madre me le ha fatte provare...
- Oh, piccolino, su... chiamami NONNA!
Il caffellatte che Ichitaka stava bevendo improvvisamente venne versato tutto sul tavolo (ed un po’ anche in faccia a Kunaku, che si rivelò particolarmente contrariato a questo). Voleva essere chiamata nonna? E adesso? Kunaku le avrebbe detto la verità e sarebbe scoppiato il finimondo!
- Va bene, nonna!
Invece no. Era un “mocciosetto” davvero intelligente quello. Un sospiro di sollievo.
- Itsuki, oggi che facciamo?
- Mh... non so, Kukuchan... Ichitaka?
- Kunaku non ha vestiti di ricambio, o sbaglio?
- E’ vero! Come ho fatto a non pensarci io??? Allora, Kukuchan, se per te va bene oggi andiamo a fare shopping!
- Shopping? Ma è una cosa da femmine!
- Ok, come vuoi...
Disse Ichitaka.
- Vuol dire che rimarrai senza vestiti per tutta la vita!
- Ma no!!! Ok, va bene, andremo a fare shopping.
Itsuki sorrise soddisfatta, come Ichitaka. I ragazzi si sentivano come se quel bambino fosse davvero loro figlio. Perciò erano soddisfatti per ogni cosa che riuscivano ad inculcargli in quella zucca dai capelli arruffati.
- Posso venire pure io a fare shopping con voi???
- Mamma, lascia perdere...
- Oh, oh... scusate... avete ragione... ok, non m’intrometto più!
- Meglio così...
- Ma tua madre fa sempre così?
- Sempre. E tu sei arrivato adesso... pensa fra tre anni...
- Avete intenzione di tenermi così a lungo?
Itsuki fece un sorrisino e lo guardò rassicurante.
- Non hai capito proprio niente, vero? Noi intendiamo tenerti possibilmente a vita!
Kunaku sorrise anche lui, e rispose allo sguardo, con uno un po’ mortificato, ma anche sollevato.
- Lo avevo capito. Ma volevo una conferma... sapete com’è, è la prima volta che finisco quasi adottato...
Ichitaka rise un po’.
- Va bene, adesso basta chiacchiere, mangia le tue frittelle, o non finirai mai!
Kunaku non rispose nemmeno, ma affondò la faccia nel cioccolato e riprese a divorare la sua colazione. Avete presente la sensazione che le bambine hanno quando giocano alla mamma e danno da mangiare al loro pupo – bambolotto? Io ce l’ho presente. Soddisfazione. Ed era questo che provavano i due “novelli genitori” a vedere quel piccolo tanto affamato che mangiava alla grande. Tutti e due avevano un sorriso idiota stampato in faccia, e chi li avesse visti in quel momento sicuramente li avrebbe presi per pazzi. O quantomeno scemi. Ma loro avrebbero comunque continuato a sorridere.
*

- Avanti Itsuki! Kunaku! Vi volete muovere, io sono già sulla porta!
- Oh, dannazione, Ichitaka! Il tempo! Kukuchan, infilati le calze!
- Ma perché? Le calze mi danno fastidio ai piedi!
- Avanti, non ti comportare come un bambino di quattro anni e metti le calze!
- Ma io SONO un bambino di quattro anni! Non si vede?
- OOOOH! Adesso basta!
Ichitaka si voltò verso di loro e gli andò incontro.
- Possibile mai che ci vogliano le maniere forti?
Prese Kunaku in braccio e lo mise a testa in giù.
- Che diavolo mi stai facendo??? Ti denuncio!
- Si, certo... al WWF...
- Io non sono un animale!
- No, è vero... semplicemente una bestia... Itsuki, mettigli queste maledette calze ed usciamo, sto perdendo la pazienza.
Itsuki sorrise.
- Grazie, adesso finisco di vestirlo...
- Ma non mi considerate proprio, vero?
- Oh, non è così... forza, sei pronto!
Ichitaka rimise il bambino in terra e poi sorrise.
- Visto? Non è cos tremendo stare con le calze ai piedi...
- Già...
Kunaku si stupì di quanto fosse vero quello che diceva Ichitaka. A primo impatto le calze gli avevano dato abbastanza fastidio, come una sensazione di appiccicoso, ma adesso che ci stava camminando...
- Bene, andiamo!
- Ok...
Itsuki prese il bimbo in braccio ed uscirono.
- Itsuki, guarda che se continui a tenerlo in braccio tutto il tempo, si scorderà come si fa a camminare...
- Oh, non dire stupidaggini... tu ti ricordi come si fa a camminare, vero Kukuchan?
- Ma certo! Mi avete preso per un idiota?
Itsuki rise, mentre Ichitaka mise un po’ il broncio. Era tosto davvero, il piccolino. Eppure c’era qualcosa che non gli quadrava... Insomma, Kunaku aveva perso la mamma il giorno prima ed il padre da poco tempo, ma comunque sembrava felice e spensierato... Certo, era un po’ scorbutico, ma rideva, stava in braccio ad Itsuki, non aveva più pianto... Insomma era troppo normale. Ichitaka non potè pensarci per molto, perché in dieci minuti furono nel centro della città. Quel posto era strapieno di negozi di ogni tipo, calzature, profumerie, giocattolerie, negozi di vestiti di ogni tipo e per ogni età... Eccolo! Era lì! Il più costoso negozio di abbigliamento per l’infanzia. Forse di tutta la città. I genitori di Ichitaka avevano sborsato fior di quattrini...
- Ichitaka, prendi questi soldi, compra a Kukuchan quello che vuole!
- Ma MAMMA!!! Hai idea di quanti soldi mi hai dato?
- Oh, non farti problemi...
...
- Icchan?
- Mh?
- A che stai pensando???
- No, a niente...
- Sentite, che dobbiamo fare? Vogliamo sbrigarci a comprare questi vestiti? È ridicolo, io a fare shopping...
- Kukuchan, non ti lamentare più... va bene, lì c’è il negozio, ci entriamo?
- Io no! Non ci voglio entrare!
- Ok, Itsuki, torniamo a casa, Kunaku non ha voglia di comprare vestiti...
- OK, OK! Ho capito! Entriamo...
- Itsukiiiiiiiiii!!! Setooooooooo! Kukuchaaaaaaaaaaaaaan!!!
I tre si voltarono. Videro improvvisamente Iori, ancora in divisa scolastica, che correva loro incontro. Ichitaka guardò l’orologio che portava al polso, accorgendosi solo in quel momento che era già mezzogiorno passato, e con l’uscita anticipata, ormai erano già tutti usciti da scuola. Iori li raggiunse.
- Ciao! Oggi non ti ho visto venire a scuola, così mi sono preoccupata... sono venuta a cercarvi a casa, ma tua madre mi ha detto che eravate andati in centro a fare compere, e allora...
- Iori, Iori, ok... abbiamo capito.
Disse Ichitaka interrompendo il flusso di parole che usciva dalla bocca di Iori.
- Ah, ok... senti perché non sei venuto a scuola, oggi?
- Hahem... mi sono svegliato tardi...
- Ah si? E come mai?
- Io...
- Itsuki ed Ichitaka hanno passato tutta la notte e tutta la mattinata a spupazzarsi, altroché!
Iori fece per un attimo una faccia stupita. Era un po’ strano sentire queste cose da un bambino così piccolo quale era Kunaku. Poi però, riprese subito il controllo.
- Aaaaaaah, ho capito... ma potevate anche dirmelo!
Iori sembrava tranquilla, ma contemporaneamente aveva anche un’espressione triste... Ichitaka non se lo seppe spiegare. Ma perché gli interessava sapere cosa provava Iori per lui? Lui adesso stava con Itsuki, ed avrebbe fatto meglio a darsi una regolata, se non la voleva perdere di nuovo. Poi fu Itsuki stessa a parlare.
- Allora, vogliamo andare al negozio?
- Va bene!
Rispose Iori.
- Ti dispiace se prendo io in braccio Kukuchan?
- No, certo! Se non dispiace a lui...
- A me dispiace solo di dover entrare là dentro.
Ichitaka, diciamocelo (democraticamente... no, io non sono Ignazio La Russa... perdono^_^NdLisa), si era un po’ rotto delle resistenze di Kunaku ad entrare nel negozio. Come se per lui fosse meno imbarazzante andare a comprare vestiti per un bimbetto assieme a due donne! Perciò passò all’azione.
- Iori, ti dispiace?
E così dicendo prese Kunaku in braccio è se lo mise sulle spalle in modalità “sacco di patate”.
- Adesso entriamo là dentro e tu non parlerai più per tutta la giornata, ok?
- Lasciami andare!!! Ti denuncio, sai?
- Accidenti con queste denuncie, sono il tuo chiodo fisso, sai? Hai visto troppe stazioni di polizia, tu...
Itsuki e Iori sorrisero. Ichitaka si voltò verso di loro e sbuffò col naso.
- Allora? Ci muoviamo? Questo teppistello mi sta dando fastidio!
Insieme, i quattro si avviarono verso il negozio, col sorriso sulle labbra. Non immaginavano minimamente quello che sarebbe successo.
*

- Kawaii!!!
Iori ed Itsuki stavano girando da una mezz’oretta dentro al negozio, soffermandosi a fare esclamazioni di stupore e di carinerie praticamente ad ogni scaffale. Tutto questo tra Ichitaka e Kunaku che le guardavano imbarazzati e poi si guardavano intorno: tutti quanti erano voltati verso di loro che facevano le pazze tra i vestitini per gli under-12.
- Kukuchan, che ne dici di questo? Non è un amore ???
Itsuki era più che entusiasta: al settimo cielo.
- Allora?
- Si, si... prendimi tutto quello che vuoi, basta che mi vesti...
- E guarda qua Itsuki!!! Questi pantaloni e questa magliettina!!! Sono così cariiiiiiiniiiii!!!
- Giààààààà!!! Kukuchan?
- Vi ho già detto di fare quello che volete...
- Tzè... mi dispiace doverlo ammettere, Kunaku, ma avevi ragione tu...
- Allora è colpa tua se adesso siamo in questa situazione!
- Non ti allargare troppo, sei ancora un poppante!
- Chi è poppante???
- Tu sei poppante!
- Ehi, la smettete di dare spettacolo? Cretini!
- Itsuki, non parlare così, ti prego...
- E così saremmo noi che diamo spettacolo, eh? Non voi due che urlate “carino di qua, carino di là” in ogni momento, eh?
- Ichitaka!
- Seto!
- Non ti permettere di parlare così a noi due sai???
Mentre i quattro litigavano allegramente successe l’impensabile. E qui Ichitaka si pentì tremendamente di non aver pensato a quello che gli aveva detto il comandante della stazione di polizia. In pochi secondi accadde l’inferno. Una raffica di proiettili sfondò la vetrina, e tutti coloro che erano nel negozio abbassarono la testa impauriti. Ichitaka, per riflesso, senza pensarci, prese Kunaku sottobraccio e si gettò su Itsuki e Iori, come a volerle proteggere dalle scaglie di vetro. Poi, tutto fu silenzio, per qualche secondo. Dopo poco si sentirono dei passi schiacciare il vetro, pesantemente, come stivali. Una risatina crudele. Poi una voce.
- Accidenti, non siamo riusciti ad ammazzare nessuno...
- Non era necessario fare questo, Falco!
- Che c’è, Musashi, paura delle conseguenze?
- Io non ho paura di niente, e non mi chiamare più col mio nome. Ricorda che adesso io sono Sword (significa spada... no, lo dico perché dopo Falco fa una battuta che non si può capire se non si sa che sword significa spada... NdLisa^_^)
- Va bene, va bene, spadone (ecco quello che doveva dire^__________^ Sono un’idiota...NdLisa)... troviamo lo scricciolo ed ammazziamolo, adesso...
- Datti una calmata, Falco! È un bambino!
- Si, ma il capo ha detto di ucciderlo, ed io non ho il cuore tanto debole da lasciarlo in vita!
- Io non ho il cuore debole!
- Fa silenzio...
Ichitaka sentì senza volerlo la discussione tra i due. Intuì che per forza stavano parlando di Kunaku, e istintivamente lo nascose ancora di più sotto di lui, assieme a Iori ed Itsuki, per evitare che succedesse qualcosa di sgradevole, in ogni caso. Preso da una strana curiosità, tra l’altro nettamente fuori luogo in una situazione come quella, alzò il capo, attento a non fare rumore con i pezzi di vetro che aveva fra i capelli, per guardare i due uomini. Il primo non era molto alto, ma neanche bassissimo... insomma, un giapponese nella media. Aveva uno ghigno crudele stampato in faccia ed un paio di piccoli occhiali da sole rotondi sul naso. In più portava un’assurda bandana fucsia e bianca in testa, che cercava invano di coprire i lunghi capelli neri. L’altro, invece, era molto, molto alto, per essere un giapponese. Non aveva occhiali da sole, né niente che potesse nascondergli la faccia. Portava un lungo cappotto nero e sotto una maglietta bianca ed un paio di jeans ed alle mani un paio di guanti senza dita. I corti capelli castani erano tenuti dritti sulla testa, ed aveva un orecchino abbastanza piccolo ma visibile all’orecchio destro. Sembrava avere un’espressione meno sadica dell’altro, ma doveva essere altrettanto pericoloso... (Ragazze, immaginatevelo come un figo spaziale Sword, oki^_^?NdLisa) Per quanto riguarda gli armamenti, Ichitaka notò che quello che avrebbe dovuto chiamarsi Falco aveva due pistole nelle mani come fosse stato un cowboy, ed un coltellino a serramanico che sporgeva dalla tasca degli attillati pantaloni di cuoio, peraltro assurdi come lui stesso, mentre l’altro, presumibilmente Sword, aveva solo una pistola in tasca. Ichitaka era praticamente paralizzato dalla paura. Che avrebbe dovuto fare? Kunaku era in pericolo, e lui non poteva fare assolutamente niente! Che razza di genitore sarebbe stato, una volta che Kunaku fosse diventato suo figlio a tutti gli effetti? Abbassò di nuovo la testa, convito che ormai tutto fosse perduto e Kunaku stesse per essergli tolto ed ucciso. Lo strinse forte una volta. Poi, il miracolo. Dalla strada arrivarono voci di persone.
- La polizia! È arrivata!
Dopo poco, si sentirono i rumori delle sirene delle volanti della polizia. Ichitaka tirò un sospiro di sollievo ed alzò di nuovo la testa. Solo che questa volta Sword lo vide. Vide che aveva alzato la testa e vide chi c’era sotto di lui. Ma la polizia stava arrivando, e lui non poteva fare più niente. Si limitò a guardarlo in cagnesco, per pochi attimi, che però ad Ichitaka fecero gelare il sangue nelle vene: Sword aveva due occhi glaciali, di un celeste vitreo tale da farli sembrare finti. Ma l’odio che emanavano li faceva veri. Veri come mai. Sword sussurrò qualcosa al compagno, che ghignò, guardandoli. Poi lo stesso Falco si avviò verso il retro del negozio, dal quale probabilmente sarebbero usciti. Sword si trattenne pochi secondi. Giusto il tempo per sorridere in maniera leggermente maligna e fare ad Ichitaka il segno della pistola che spara con le mani. Ichitaka provò un brivido di sana paura come, forse, non ne aveva mai provata. Poi, anche Sword si avviò verso l’uscita posteriore. Solo quando i due criminali furono spariti Ichitaka osò alzarsi. Teneva ancora Kunaku sottobraccio, ed Itsuki e Iori erano ancora un po’ stordite, quindi prima di alzarsi si sedettero per terra.
- Maledizione... la mia testa...
- Tutto a posto Itsuki?
- Si, grazie Ichitaka mi fa solo un po’ male la testa...
- Iori?
- Tutto ok...
- Bene... Kunaku? Tutto ok?
- Se tu mi lasciassi andare io respirerei... allora starei bene!
- Non perdi mai il tuo senso dell’umorismo tu, eh?
- Va bene, ok, non è il momento...
Dopo le domande di rito, Ichitaka si guardò intorno. Una tragedia. Almeno una ventina di persone erano distese per terra, ferite dalle schegge di vetro. La vetrina era distrutta. Attaccato al muro non c’era nemmeno un frammento di vetro. Sembrava che la vetrina non ci fosse neanche mai stata. Itsuki, Iori e Kunaku stavano alla perfezione: nemmeno un graffio. Al contrario, lui sentiva le scaglie di vetro bruciargli nelle ferite che avevano provocato sulla schiena. Ichitaka si voltò per osservare il momento in cui sarebbero arrivate le macchine della polizia.
- AAAAAAAAAAAARGH!!!
Itsuki aveva urlato. Ichitaka spaventato si voltò immediatamente per vedere cosa avesse.
- Che c’è ancora???
- La tua schiena!
Itsuki si portò dietro di lui.
- Guarda qua che disastro... sei tutto tagliuzzato... ti brucia?
- Un po’... ma non è niente di grave...
- Ma che stai dicendo? Ti devo disinfettare!
- Magari vuoi farlo qui?
Itsuki fece una finta faccia offesa e si voltò.
- Sentite ragazze, non mi va di parlare con la polizia... per di più quei tipi non mi sembrano affatto rassicuranti. Usciamo dal retro.
Nessuno li vide uscire, più che altro perché erano ancora quasi tutti svenuti o occupati con i feriti, quindi fu facile raggiungere la porta sul retro. Appena furono fuori, finalmente Ichitaka si decise a lasciare che Kunaku camminasse con i suoi piedi.
- Iori, adesso è meglio che tu torni a casa, e se puoi dimentica tutta questa storia...
Iori annuì e, ancora visibilmente stordita, si avviò verso casa sua. Kunaku, nel frattempo, si era già addormentato in braccio ad Itsuki. Ichitaka sorrise un attimo nel guardarlo. Poi pensò a Sword, ed il sorriso svanì subito. Itsuki lo guardò, accorgendosi del suo cambiamento di espressione.
- Qual è il problema? È stata una semplice rapina, no?
- Quelli volevano Kunaku...
- Cosa?
Itsuki era più stupita che spaventata, in quel momento.
- Chi potrebbe volere uccidere un bambino?
- Gli stessi che hanno ucciso i suoi genitori, suppongo...
Itsuki rifletté un po’.
- Ma tu come fai a sapere queste cose?
- Ho sentito il loro discorso, e poi... il capo della polizia mi aveva avvertito...
La ragazza si fermò e gli diede una spinta.
- E tu lo sapevi? E non mi hai detto nulla?
- Non volevo farti preoccupare...
- Non ci sono scuse! Tu sapevi che poteva essere pericoloso uscire! Avremmo potuto morire tutti quanti!
Ichitaka non ebbe il coraggio di protestare. Fondamentalmente, Itsuki aveva ragione da vendere. Ed adesso non era in pericolo solo Kunaku, ma tutti loro. Se quelli erano mafiosi come lui pensava, era probabile che se la sarebbero presa anche con i suoi familiari, o i suoi amici... che fare? Lo sguardo di Itsuki si addolcì dopo la sfuriata.
- Vedrai...
Lo abbracciò.
- Ne usciremo.
- Lo spero...
*

- OH SANTO CIELO!!! ICHITAKA, ITSUKI, KUKUCHAN! STATE BEEEEEEENE!!!
- Si mamma, è tutto a posto, ma non urlare... Kunaku dorme...
- Si, hai ragione Ichitaka... ho sentito della sparatoria alla tv, e voi avete anche fatto tardi, mi sono preoccupata, visto che sapevo che dovevate andare da quelle parti! Voi siete stati coinvolti?
Ichitaka parlò prima che Itsuki potesse dire o fare qualcosa che avrebbe potuto spaventare sua madre.
- No, quando è cominciata la sparatoria stavamo già tornando a casa... abbiamo fatto tardi perché siamo tornati indietro a vedere...
- Ah, meno male...
I lineamenti del volto della signora Seto si rilassarono, e la donna si voltò.
- Coprimi la schiena mentre saliamo su.
Sussurrò Ichitaka ad Itsuki.
- Mamma, noi andiamo a mettere a letto Kunaku, e poi ci andiamo a coricare anche noi, non abbiamo fame...
- Andiamo, abbiamo... parli come se foste già davvero sposati...
La donna sorrise.
- Va bene, buonanotte.
Ichitaka si avviò verso le scale, con in braccio Kunaku, seguito da Itsuki che cercava, per quanto possibile, di coprire col suo corpo le ferite della sua schiena, dalle quali il sangue continuava lento ad uscire. Poi la signora si voltò e si diresse verso la sua stanza da letto. Il signor Seto uscì dalla cucina.
- Non si cena?
La donna scosse il capo, un sorriso triste sul volto.
- Non mi piace quello che combinano quei due... e non mi riferisco a quello che fanno la notte!
La signora Seto guardò suo marito un po’ triste un po’ preoccupata.
- Se non ce ne vogliono parlare sarà di sicuro qualcosa di poco grave. Non ci pensare più!
Poi entrambi i coniugi si andarono a coricare.
*

Ci era voluto poco per mettere Kunaku a letto, perché già dormiva profondamente. Dopo Itsuki si era recata in bagno a prendere il necessario per disinfettare le ferite di Ichitaka mentre lui era andato dritto nella sua camera da letto ad aspettarla.
- Avanti, togliti la maglietta...
Itsuki era appena tornata. Subito aveva aperto il cofanetto con bende, cerotti e disinfettanti vari e si era inginocchiata sul letto. Ichitaka si era seduto proprio davanti a lei, con la schiena rivolta verso il suo viso e senza maglietta, in attesa del bruciore del disinfettante sulle ferite, che arrivò dopo una manciata di secondi.
- Sei stato coraggioso a proteggerci dalle scaglie di vetro...
- Non potevo fare diversamente.
Fu la secca risposta di lui. Itsuki finì presto, anche perché una volta tolto il sangue che ormai copriva interamente la schiena del ragazzo, rimanevano solo tre o quattro tagli non troppo profondi. Fortunatamente le schegge erano già uscite da sole, così Ichitaka non dovette subire la straziante operazione di rimozione dei pezzi di vetro dalle ferite. Dopo avere disinfettato tutto, Itsuki guardò l’espressione di Ichitaka, e notò una smorfia di dolore che sicuramente il ragazzo aveva cercato di trattenere, non riuscendoci. Nel tentativo di lenire il suo dolore cominciò a dargli piccoli bacetti attorno alle ferite e lungo tutta la spina dorsale. Il contatto delle labbra di Itsuki con la sua schiena fece rabbrividire Ichitaka. Cercò di ripetersi che quello non era il momento per pensare a certe cose, ma lei continuava inesorabile a baciarlo dappertutto, ed Ichitaka non poteva lasciarla fare senza provare niente.
- Itsuki...
La ragazza sentendosi chiamare si portò davanti a lui, in tempo perché lui, con uno slancio in avanti, la baciasse appassionatamente. Lei rimase un po’ sorpresa dalla sua mossa, ma si abituò presto, e ricambiò il bacio, accarezzandogli i capelli con le mani. Itsuki sapeva che se avessero di nuovo fatto sesso sarebbe stato più importante che la prima volta. Avrebbe significato un legame ormai sancito. Non che Itsuki non credesse che Ichitaka le volesse bene, ma fare sesso una volta non è una conferma. Mentre se lui voleva rifarlo una seconda volta allora voleva dire che... la amava? Mentre Itsuki ragionava così, Ichitaka aveva cominciato a toglierle la maglietta, e stava armeggiando col suo reggiseno cercando di toglierlo. Non ci mise molto, effettivamente, come se si fosse allenato a farlo (Vi immaginate???^_____^NdLisa), e poi, liberato dall’impaccio delle bretelle del reggiseno aveva cominciato a baciarle le spalle. Le labbra di Ichitaka erano calde, ed ogni suo bacio faceva sobbalzare Itsuki e la faceva respirare un pochino più forte. Ichitaka doveva avere indovinato che Itsuki aveva un luogo particolarmente sensibile alla base del collo, e stava insistendo abbastanza su quel punto baciandolo e poi passando con le labbra su tutto il collo fino ad arrivare ai lobi delle sue orecchie, per mordicchiarli un po’. Il tutto mentre con una mano la reggeva dietro la schiena, e con l’altra le sbottonava i jeans che avrebbe poi provveduto a sfilarle con leggerezza. Tra l’altro, la presa forte di Ichitaka dietro la schiena di Itsuki era fondamentale, più che altro perché senza di essa la ragazza, che già non capiva più niente dall’eccitazione, sarebbe caduta a peso morto sul letto. Ichitaka lo capiva, ed anzi, lui era abbastanza lucido. Ma c’era un motivo anche per questo. La prima volta che avevano fatto l’amore, entrambi erano così presi dal momento, che non avevano fatto nemmeno un minuitino di preliminari. Dritti al dunque. Ichitaka non voleva che la secondo volta fosse diretta e veloce come la prima. Per questo adesso le dava tutti quei baci e quelle carezze. Itsuki teneva gli occhi chiusi: si era completamente lasciata andare. Adesso era nelle mani di Ichitaka. D’altronde, i preliminari non devono essere troppo brevi, né esageratamente lunghi (E se non avete idea di cosa significhi preliminari lunghi, andate a leggere “An Inuyasha to Remember X” che potete trovare su questo stesso sito nell’apposita sezione dedicata ad Inuyasha: quelli sono preliminari lunghi! La povera Kagome esce quasi pazza mentre Inuyasha la tormenta! Eh già, non trovo un’altra parola adatta quanto tormento... Purtroppo, io non sono brava a scrivere scene di sesso come Kagome autrice della fic di cui sopra... me meschina...-_-“NdLisa), per cui, quando Ichitaka capì che Itsuki non ce la faceva più, la adagiò sul letto e le sfilò i pantaloni. Lei non era più in grado di fare niente, quindi dovette provvedere lui stesso a finire di spogliarsi e di spogliare anche lei. Ma l’attesa non fu inutile: la seconda volta fu anche migliore della prima...
*

- Icchaaaaaaan...
Ichitaka aprì lentamente gli occhi. Sentiva ancora la bocca impastata dal sonno e per di più si sentiva stanco come non lo era mai stato.
- Mh...
- Ben svegliato! Come ti senti oggi?
Lui si alzò sui gomiti, mettendosi seduto con la schiena appoggiata al muro.
- Mah... potrei stare meglio... ho sonno...
- E invece mi sa proprio che ti devi alzare...
Ichitaka si voltò a guardarla in viso. Aveva un sorriso così dolce! Dovette sorriderle anche lui.
- Come sei bello stamattina...
- Stavo pensando la stessa cosa di te...
E poi le loro labbra si unirono in un altro bacio d’amore. Proprio in quel momento, suonò la sveglia. Incredibile! Le cose e le persone ultimamente sembravano fare girare la loro vita attorno allo scopo di interrompere i due innamorati nei momenti salienti della loro relazione. Ichitaka sorrise mentalmente, sebbene il fatto fosse tutto tranne che divertente. Almeno per lui. Già, perché Itsuki aveva ancora quel meraviglioso sorriso in volto e sembrava trovare l’intera situazione parecchio comica. Solo allora Ichitaka si accorse che, al contrario di lui, Itsuki si era già vestita.
- Da quando sei sveglia?
- Una mezz’oretta... ma non ti preoccupare di me, tu vestiti, devi andare a scuola...
- Ah, già... la scuola...
Con tutto quello che era successo, Ichitaka si era quasi dimenticato del fatto che doveva andare a scuola. Si alzò di malavoglia ed andò a cercare un paio di mutande nel cassetto della biancheria intima. Fu un’impresa particolarmente ardua: Itsuki aveva messo la sua biancheria insieme alla sua, nello stesso cassetto. Ora, a parte l’imbarazzo di Ichitaka, peraltro ingiustificato, mentre toccava la sua roba, bisogna dire che Itsuki aveva davvero un mucchio di biancheria! Le sue mutande erano state relegate in un angolino. Appena le trovò se le mise. Poi aprì l’armadio, si mise la camicia, i pantaloni, e poi provò a mettersi la cravatta. Itsuki rise forte e si alzò in piedi. Lo raggiunse e poi gli annodò la cravatta come solo una moglie sa fare. Lui la guardava stupito.
- Dove hai imparato a farlo?
Lei rise di nuovo.
- Quando vivevo col maestro lui mi ha insegnato molte cose...
Ichitaka arrossì immediatamente.
- C-Che genere di cose???
Lei lo guardò negli occhi, con uno sguardo un po’ malizioso.
- Questo ad esempio...
E lo baciò con passione. Il bacio lo lasciò sconvolto.
- Davvero ti ha insegnato queste cose???
Lei rise di nuovo. La sua risata era così piacevole...
- Baka di un Icchan che non sei altro... stavo scherzando...
Ichitaka emise un lieve sospiro di sollievo, e lei rise di nuovo.
- Forza, ora sbrigati! La scuola ti aspetta!
- Ok, vado...
Ichitaka uscì dalla stanza con un’espressione beata sul volto. In mente una sola frase: “Se è un sogno, non svegliatemi...”.
*

- Accidenti, siete solo due idioti! Vi siete lasciati sfuggire il bambino!
In una stanza buia molto somigliante ad uno scantinato, tre uomini discutevano animatamente. Uno dei tre era seduto su una poltrona in penombra, il suo viso non si vedeva. Gli altri due erano in piedi. Si riconoscevano bene Falco e Sword. Falco tremava, le gambe erano leggermente piegate, e si era tolto la bandana; un’espressione di puro terrore in faccia. Sword invece era impassibile. Lo sguardo era rivolto verso il basso, ma più per un fatto di orgoglio personale: l’uomo seduto davanti a lui gli suscitava poco più che indifferenza. Se avesse voluto avrebbe anche potuto uccidere, ma non ne vedeva il motivo. Non ancora. Non voleva uccidere una persona senza motivo. Aspettava una sua mossa falsa, un pretesto. Quell’uomo era uno sciocco, presto l’occasione sarebbe arrivata. Cercò di ricordarsi perché adesso lui li stava rimproverando. Ah, già... non avevano ucciso il bambino... personalmente non aveva niente contro di lui. Non conosceva la sua famiglia, non conosceva lui... però gli assassini possono anche essere assoldati. Lui era stato assoldato da quel boss della yakuza per uccidere quel bambino. L’ultimo di quella famiglia. Ed il compenso era alto, molto alto. Almeno una decina di milioni di dollari. Certo, era denaro sporco, ma lui conosceva una persona che l’avrebbe riciclato volentieri, fornendogli almeno il doppio di denaro pulito. Stava andando tutto alla perfezione. E poi finalmente avrebbe potuto operarsi agli occhi. Dannazione, quegli occhi gli davano sempre più problemi. Diventavano sempre più chiari, e malgrado lui ci vedesse ancora, riusciva ad avvertire che i gradi dovevano essergli scesi abbastanza. In più quegli assurdi mal di testa che lo prendevano ogni tanto erano insopportabili... Con quei soldi avrebbe provveduto anche a questo.
- Ci dispiace, signore, ma adesso sappiamo con chi è, lo troveremo presto e lo uccideremo, non si preoccupi!
Falco dava l’impressione di doversi fare la pipì addosso da un momento all’altro. Che uomo ridicolo. Così lo giudicava Sword, ed effettivamente non aveva tutti i torti. Falco uccideva solo per il piacere di uccidere. Non pretendeva compensi e non gli importava del motivo per il quale doveva uccidere la vittima. Era sadico, probabilmente. Sembrava non avere paura di nulla, ma ogni volta che era davanti a quell’uomo si trasformava in un agnellino pauroso.
- Non mi dovete più deludere, ok?
- Si, certo, signore...
- Tu hai capito Musashi?
Eccolo, il pretesto! Sword scattò in avanti, tirando fuori un coltellino a serramanico da una tasca dei jeans e puntandolo alla gola dell’uomo.
- Il mio nome è Sword! Ci siamo capiti?
- S-Si...
Sword poteva leggere la paura nei suoi occhi. La cosa lo riempì di soddisfazione.
- Azzardati di nuovo a chiamarmi in quel modo e morirai.
Dopodiché si girò e se ne andò. Nessuno! Nessuno doveva più azzardarsi a chiamarlo col suo vero nome. Aveva smesso di pensare alla sua vita prima di diventare un assassino... Washu... ogni volta che sentiva il suo vero nome pensava a lei... non voleva, era un ricordo troppo triste. Gli tornò il mal di testa. Mentre si dirigeva barcollando fuori da quel posto che gli dava la nausea pensò di nuovo a quel bambino. Era tanto simile alla sua Washu... Una lacrima si affacciò al suo occhio destro, ma non pianse: non avrebbe dato ai suoi assassini questa soddisfazione.
*

- Hei, che diavolo ci fate qui?
Ichitaka era appena uscito da scuola, ed ora era assieme a Iori, Teratani e Koshinae. Nami era assente, perché aveva ricevuto in regalo dai suoi genitori un viaggio alle Bahamas ed era partita il pomeriggio prima. Per Ichitaka, la sorpresa era stata grande quando, all’uscita dalla scuola, aveva trovato Itsuki e Kunaku ad aspettarlo. Koshinae era rimasto un pochino stupito da quella nuova conoscenza, ma appena gli altri gli ebbero spiegato la situazione, inclusi gli avvenimenti alla giocattoleria, comprese immediatamente. Tra lui e Kunaku scattò subito una simpatia reciproca.
- Stai meglio, Iori?
Chiese Itsuki ricordandosi di quanto la ragazza fosse scossa il giorno precedente. Lei sorrise.
- E’ tutto ok, non ti preoccupare... ieri ero solo un po’ spaventata...
- Meno male...
Ichitaka era strano, molto più felice del solito.
- Dunque, dove si è cacciato MIO FIGLIO?
Disse le ultime parole soffocando le risate. Anche gli altri ridevano. Era un po’ strano immaginarselo come padre, ma per Ichitaka era una sensazione estremamente piacevole. Kunaku, a sorpresa, sentendosi chiamare in quella maniera, si voltò subito verso Ichitaka, e con voce strafottente disse:
- Bè, vediamo cosa vuole MIO PADRE...
Ichitaka fece una faccia buffa, ma irritata dalla risposta, allo stesso tempo.
- Oh bè, se MIO FIGLIO si comporta così con me, non gli darò il regalo che gli ho comprato...
L’espressione di Kunaku divenne felice ed emozionata. Ed anche curiosa, ed il bambino aveva un sorriso di pura felicità stampato sul viso.
- Davvero mi hai comprato un regalo???
- Hahahahahahaha! E che non si dica che non ti do nulla!
- Cos’è? Cos’è? Cos’è?
Kunaku saltò al collo di Ichitaka e guardò oltre le sue spalle nella speranza di individuare qualcosa, ma non vide nulla.
- Bè? Dov’è?
- Abbi pazienza...
Ichitaka posò nuovamente il bambino per terra ed aprì il suo zaino, dal quale tirò fuori un pacco regalo rosso.
- WOW!
Disse Kunaku, e si avventò sul regalo. In pochi secondi l’aveva già tirato fuori.
- IL GAMECUBE!!!!!!!!!!!! Grazie!!!!!!!!!!!!!
E urlando così saltò di nuovo al collo di Ichitaka e lo strinse forte.
- Ti sarà costato un occhio! Non dovevi!
- Come vedi gli occhi li ho ancora tutti e due, quindi puoi giocarci senza farti venire sensi di colpa.
Tutti erano quasi commossi nel vedere la scena. In fondo, Kunaku aveva solo quattro anni, ed aveva tutto il diritto di vivere come gli altri bambini della sua età. Ichitaka si voltò verso Itsuki, e lei gli sorrise in segno di approvazione. Anche lui sorrise. Il parere di Itsuki doveva essere sempre fondamentale, nella loro relazione e nel ruolo di “genitori” di Kunaku. Insomma, erano o no una coppia?
*

- Bene, usciamo fuori da questo nascondiglio e facciamoli fuori tutti quanti, ok Sword?
- Sta fermo dove sei idiota. Non è ancora il momento...
- Come no?
In realtà il momento sarebbe stato propizio per ucciderli. Intorno non c’era nessuno e quelli erano solo ragazzi... in due se ne sarebbero potuti liberare in fretta, ma si da il caso che, guardando la scena di poco prima, Sword si era di nuovo intenerito. Accidenti... possibile che un assassino avesse ancora emozioni, dopo anni di abitudine alla morte? A quanto pare si. Lui le provava in quel momento. Nostalgia, per i tempi in cui era ancora un padre impeccabile ed un marito affettuoso. Rammarico, per dovere privare una famiglia nascente del regalo pi bello: un bambino. Incredibile che lui fosse finito a fare l’assassino, dopo che aveva giurato odio eterno contro chi, appunto da assassino, aveva ucciso sua figlia. Il piccolo che doveva uccidere gliela ricordava molto. Per questo aveva sempre esitato ad ucciderlo. Anche nel negozio, dopo averlo individuato avrebbe potuto ucciderlo immediatamente. Il problema non era la polizia che stava arrivando. Il problema erano le sue emozioni, i suoi sensi di colpa, che stavano riaffiorando da tempo. Molto disdicevole e sconveniente per un assassino. Già si immaginava, le voci di corridoio nell’ambiente. “Ah, lo sai, Sword si fa scrupoli ad ammazzare la gente, ma che razza di assassino è?”, oppure “Che codardo quello Sword, avere paura di uccidere un bambino è proprio da stupidi...”. Bè, era probabile che lui lo fosse. Guardò il resto dei ragazzi che stavano intorno al bambino. Un ragazzo alto, vigoroso, dai capelli neri arruffati sulla testa, probabilmente il padre. Poi una bionda dai capelli corti. Probabilmente la madre. Poi uno brutto, con l’aria da sfigato, che col bambino non voleva avere nulla a che fare e si teneva a distanza. Poi un bel ragazzo coi capelli lunghi e biondi, con l’aria timida. Probabilmente era omosessuale, pensò Sword. E poi c’era anche un’altra ragazza, nascosta dietro il ragazzo biondo. In un attimo lei venne fuori. E lui la guardò in viso. Washu Lan!
*

- Papi, dai! Svegliati! Mi avevi promesso che saremmo andati al mare stamattina!!!
- Mh... Washu... ma è presto!
- No! Mamma mi ha detto di venire a svegliarti, o non ci andremo mai!
- Lei vuole venire con noi???
- Si!!! Non è fantastico???
- Ma, nelle sue condizioni...
- Sto bene, Musashi...
- Washu Lan, sei sicura?
La donna sorrise. Era bellissima, dai tratti tipicamente cinesi, come d’altronde era. Occhi castani e capelli neri lunghi alle spalle raccolti in una coda. Era già vestita per il mare, con un corto prendisole senza maniche che lasciava intravedere il bikini azzurro ed il suo corpo praticamente perfetto. La piccola l’avevano chiamata Washu in onore della madre, che invece si chiamava Washu Lan. Era praticamente uguale alla donna, ma aveva gli occhi del padre. Purtroppo. In lei, il processo di schiarimento dell’iride e della cornea era più veloce che negli occhi del padre. Era una malattia ereditaria, purtroppo. Per questo i due neo sposini Shiyoko non volevano farle mancare niente. Il medico era stato chiaro: altri tre anni massimo e sarebbe diventata cieca. Allo stato attuale, i suoi occhi erano del colore del cielo in estate. E dire che era nata con gli occhi castani della madre. Incredibile. In tre anni erano già di quel colore. Washu Lan, già da un po’ di tempo soffriva di dolori continui al basso ventre. Era anche andata dal medico, ma non sapeva esattamente cosa lui le avesse detto. Lei aveva riferito soltanto che non era niente di grave, e sarebbe guarita presto. Però continuava a stare male. Lo aveva giustificato più volte con la terapia che stava seguendo, ed aveva concluso ogni discorso con un sorriso che voleva dire “Andrà tutto a posto”, e lui a quel sorriso non sapeva proprio resistere. Era una delle sue debolezze. Così entrambi, quel giorno erano andati a mare. Poco tempo dopo sarebbero successe delle catastrofi che sconvolsero profondamente la vita dell’uomo chiamato Musashi Shiyoko. I giornali ne parlarono, ne parlarono molto. Ma lui riuscì a sparire come se non fosse mai esistito, dopo quella storia. La donna morì dopo poco tempo. Forse nemmeno un mese. Morì dormendo, in un letto di ospedale, dopo essere stata ricoverata per un’emorragia interna causata dal tumore che si stava espandendo a vista d’occhio. Stava facendo kemioterapia da quasi un anno, e lui non ne aveva saputo niente. Lei glielo aveva sempre nascosto. Tumore alle ovaie... ecco i dolori al basso ventre. E la terapia dolorosa era la kemio... e lui non aveva potuto fare niente per fermarlo... La bambina non aveva avuto nemmeno il tempo di diventare cieca a causa della malattia ereditaria trasmessale da suo padre. Poche settimane dopo la morte della madre, mentre tornava da scuola, era stata presa da due ex criminali accusati di pedofilia già in precedenza, che l’avevano portata in un capanno degli attrezzi poco fuori città, legata ed imbavagliata, e che prima se ne erano serviti sfogando la loro frustrazione sessuale su di lei violentandola e deturpando il suo corpo fanciullesco, e poi l’avevano uccisa. Avevano tolto a quell’uomo qualsiasi voglia di vivere. Musashi avrebbe voluto solo morire, seguire i suoi più grandi amori in paradiso. Ma questo non gli fu concesso. Purtroppo ogni uomo ha dentro di se un assurdo istinto di conservazione, che non gli permette né di suicidarsi né tantomeno di lasciarsi morire. Nel frattempo i suoi occhi avevano cominciato a dargli parecchio fastidio. Non aveva un soldo, ma aveva bisogno di cure. Istinto di conservazione, modalità on. Un uomo molto potente e ricco lo aveva assoldato per un assassinio. I primi soldi gli servirono per un intervento rovinoso, che se non altro peggiorò la situazione. Musashi aveva bisogno di garanzie per quegli occhi, perciò diventò assassino mercenario per la yakuza. Almeno lì avrebbe avuto una sottospecie di “reddito” costante. Un assassino, e chi l’avrebbe mai detto che lo sarebbe diventato proprio lui... ma non voleva infangare il suo nome oltre. Decise che si sarebbe chiamato Sword. Spada.
- Papà, cos’è quella?
Era in un museo, con sua figlia e sua moglie.
- Quella è la spada del grande spadaccino Musashi Miyamoto...
- Si chiama come te, papà!!!
- Hai ragione, è un onore, vero?
La bimba accennò ad un si con la testa.
- Mi piacciono tanto le spade papi! Me ne compri una? Mi compri questa?
La piccola Washu aveva uno sguardo così desideroso che probabilmente Musashi avrebbe ceduto se Washu Lan non fosse intervenuta prendendola in braccio. Lei sorrise.
- Vedremo cosa si potrà fare un altro giorno, ok?
L’uomo le guardava affascinato: possibile che due creature potessero essere così meravigliose? Così eteree? Come due angeli... il sorriso di una bambina può dare tanto. Il sorriso della donna amata può dare altrettanto, soprattutto se la donna mantiene quella purezza, quel candore che solo una bambina può avere... Musashi sognò molto in seguito, di riuscire a sorridere almeno una volta come un bambino, ma gli omicidi tolgono prima l’onore, poi la purezza ed infine il sorriso. Di quello rimane solo una traccia, un ghigno che spunta sempre nei momenti meno opportuni, quando uccidi un uomo o quando, per caso, ti ritornano alla memoria i rari bei momenti della tua vita. Perché, parliamoci chiaro, uno sano di mente non diventa assassino senza motivo. Ci vogliono gli stimoli. I pretesti. Lui non aveva niente, si è creato uno scopo per cui vivere, i suoi occhi. Capita a molti, nella vita. Fortunatamente ce ne sono solo pochi che per riuscire a sopravvivere diventano assassini. All’improvviso, il mal di testa sparì.
*

Sword sgranò gli occhi. Il mal di testa era sparito, ma quella ragazza era ancora lì. L’unica differenza con Washu Lan erano i capelli, che lei aveva castani. Come faceva ad essere così uguale a lei? Era una pazzia, una cosa incredibile. Sword non avrebbe immaginato mai, nemmeno per un minuto, di potere ancora provare sensazioni e sentimenti simili. Il cuore in tumulto, la pelle d’oca dovunque ed uno strano tremore diffuso per tutto il corpo. Cosa gli succedeva guardandola? Doveva sapere il suo nome. Se avesse risposto “Mi chiamo Washu Lan, piacere!”, gli sarebbe potuto venire un infarto. L’uomo si abbandonò ancora ai ricordi. Si rivide diciassettenne, ormai erano passati più di sette anni, al mare con i suoi amici. Stavano prendendo in giro un loro compagno al quale avevano appena fatto un gavettone, quando gli cadde del liquido sulla testa. Coca cola, a giudicare dal sapore e dal bruciore che provocava.
- Accidenti! Chi mi ha fatto cadere ‘sta roba addosso???
Era stato sgarbato, ma rimase più che incantato quando vide chi era davvero stato.
- Scusami, sono stata io!
Una bellezza stratosferica con un adorabile costumino intero sgambato grigio e dorato si era appena inginocchiata davanti a lui per asciugarlo.
- Ah... non fa nulla, non ti preoccupare.
Poco gli importava dei compagni che dietro le spalle di lei gli facevano il verso. La ragazza sorrise.
- Bene! Mi chiamo Washu Lan, piacere!
Sword si svegliò ancora una volta da quella sottospecie di trance e si alzò in piedi.
- Andiamo ad ammazzarli?
- Falco, fa silenzio. Andiamo via.
- Ma... e cosa diremo al boss?
- Che non li abbiamo trovati... a meno che tu non voglia essere punito...
Falco deglutì.
- Va bene, andiamo via...
Disse, e poi strisciò via come un verme. Sword lo guardò avviarsi con uno schifo malcelato negli occhi. Lui si alzò in piedi e fissò ancora una volta la ragazza. Poi andò via.
*

Si era voltata per un attimo. Solo per un millesimo di secondo ma questo non le aveva impedito di vedere l’uomo castano che, da dietro un cespuglio, li stava osservando. Anche se a parecchia distanza aveva visto bene quei due fari luminosi che aveva al posto degli occhi. Erano di un azzurro innaturale, quasi vitrei. Impressionante. Ma quello che più l’aveva stupita era stata l’espressione che gli aveva riconosciuto in volto. Triste. Pentita. Non aveva capito bene se stava guardando lei o qualche altro del gruppo, ma sapeva per certo che quell’uomo l’aveva impressionata come nessuno aveva mai fatto. Cercò con gli occhi Ichitaka, come se la cosa avesse potuto darle una conferma. Ed effettivamente una conferma lui gliela diede. Ovvero quell’uomo l’aveva colpita più di quanto lui l’avesse mai colpita. La cosa le fece un po’ paura, ma lasciò perdere, perché sentiva già Koshinae che parlava.
- E allora, che facciamo, andiamo a pranzo insieme?
Ichitaka ed Itsuki si guardarono un attimo negli occhi.
- Lasciamo perdere...
Disse lui.
- Non la prendere come una cosa personale!
Continuò Itsuki.
- E’ che dopo quello che ci è successo ieri abbiamo ancora un po’ paura di uscire... perché invece non venite voi a pranzo a casa nostra?
- Hei, è un’ottima idea! Così potremo provare il nuovo regalo dello scricciolo!
Disse Teratani.
- Io non ti ci faccio giocare col mio Gamecube!!! Antipatico!
- Ed io non ti do il regalo che IO ti ho fatto!
- Anche tu mi hai fatto un regalo???
Teratani fece un sorriso soddisfatto.
- Hehehehehe! Tieni...
E gli porse un pacchettino azzurro. Kunaku l’aprì subito, tirandone fuori un joystick nuovo fiammante. Non ci aveva pensato, ma effettivamente gli serviva anche quello per giocare.
- Grazie! Ah e...
Il piccolo arrossì.
- Scusa per prima...
- Dall’alto della mia bontà ti perdono... ma devi farmi giocare un po’!
- Ma non ho giochi!
- Per voi è pericoloso uscire! Manda me, il prode Teratani a comprarne due o tre!
- A proposito di giochi...
Si intromise Iori.
- Quand’è il tuo compleanno, Kukuchan?
Il bimbo imbarazzato non rispose subito. Prima arrossì ed abbassò lo sguardo.
- Non lo so...
Un attimo di silenzio, durante il quale Koshinae pensò a qualcosa, che poi rese noto a tutti.
- Ho un’idea! Visto che non sappiamo quand’è il tuo compleanno, perché non lo facciamo diventare oggi?
La proposta lasciò tutti un po’ confusi al momento, ma vene accettata di buon grado. E così il 6 giugno divenne il giorno del compleanno di Kunaku.
*

- Ma cosa diavolo sto facendo?
Iori si stupì di se stessa. Guardò l’orologio, lentamente, come se avesse paura di vedere che ore fossero. Mezzanotte passata. Incredibile! Avrebbe già dovuto essere a casa da un pezzo!
[Due ore prima]
- Yoshizuki, sicura di non volere che ti accompagni a casa? È tardi...
- No, grazie Seto, posso tornare a casa anche da sola! Lo sai che sto qua vicino!
- Come vuoi... allora ciao!
- A domani!
...
E invece no! Era proprio un’idiota... Ma cosa le era saltato in testa di stare da sola tutto quel tempo, fino a quell’ora, poi! E poi in cerca di che? Bè, almeno questo lo sapeva... Quel ragazzo... Forse aveva venticinque anni... non di più... accidenti... le era proprio rimasto impresso nei pensieri, se l’aveva portata a cercarlo fino a lì! Guardò di nuovo l’orologio di sfuggita quando decise di optare per il ritorno a casa. Anche se aveva detto ai suoi che sarebbe tornata tardi, la mezzanotte era esagerata. Si voltò verso una delle traverse e cominciò ad incamminarsi quando successe il miracolo. Lui era lì!
*

- Accidenti...
Sword girava già da un paio d’ore per i vicoli vicino alla scuola. Era finito in quella strada senza pensarci minimamente. Uno dei suoi soliti mal di testa l’aveva preso, ed aveva deciso di fare una passeggiata per cercare di farselo passare. All’improvviso ripensò alla ragazza che aveva visto davanti alla scuola quella mattina. Come era simile a Washu Lan... Incredibile... Avrebbe voluto rivederla ancora una volta, solo una, per potere capire. Caspita, se avesse avuto i capelli neri, Sword avrebbe potuto cominciare a credere nella reincarnazione, seriamente. Ma il desiderio di vederla era ancora lì. Più che per una curiosità personale voleva vederla perché qualcosa di lei lo aveva affascinato. Forse i suoi movimenti, il suo sguardo dolce... insomma, non sapeva spiegarselo, ma voleva, DOVEVA vederla. O probabilmente sarebbe morto. Tra l’altro doveva vederla da solo, senza il ragazzo che lo aveva visto nel negozio di giocattoli, perché avrebbe potuto riconoscerlo. E lui aveva voglia di parlare con lei solo. Il perché? Mistero. Tirò su il colletto dell’impermeabile. Cominciava a fare freddo. Doveva essere tardi. Ricordò che doveva esserci un orologio sulla facciata della scuola, e siccome lui non ne aveva uno da polso decise di guardare quello. E fu lì che la vide. Sembrava circondata da una strana aura. Bellissima. Sembrava un miraggio, tanto che Sword dovette strofinarsi gli occhi per essere sicuro che fosse vera. Senza capire cosa facesse, si lanciò di corsa nella sua direzione, e la raggiunse in pochi secondi. Ansimando le si fermò davanti. E le vide un’espressione incredibile in volto. Stupita, ma felice, anche. Possibile?
*

Stavano così. L’uno davanti all’altra, già da un paio di secondi. Senza potere di dire niente. Lui la guardava negli occhi. Occhi castani e profondi, come quelli di Washu Lan. Anche lei lo guardava negli occhi. Strani occhi. Sembravano innaturalmente schiariti, di quell’azzurro vitreo, quasi trasparente. Incredibili. Lei ci si perse dentro. Lui si avvicinò. Un passo, due passi, tre passi... sempre più vicino. Lei non aveva la forza né la voglia di scappare da lui. Voleva parlare... in un attimo le passarono per la testa pensieri che non aveva mai avuto per nessuno. Lui si avvicinò ancora. Adesso che le stava vicino, la voglia di vederla e di “parlarle” non era più semplice curiosità o voglia di capire perché fosse così uguale a lei, ma si accorgeva che lei lo aveva stregato! Non c’era nulla da spiegare, come non c’era nulla da capire. Erano fatti! E non si può resistere a certe “attrazioni”. Gli passarono davanti agli occhi certe fantasie che avrebbero fatto arrossire il più esperto uomo in fatto di sesso. Quella ragazza lo attraeva come una calamita attrae un pezzo di ferro. Lui le posò una mano sulla guancia. Lei si sentì immediatamente strana. Come... felice, appagata. Lei stessa sembrava non capire più niente. Come guidata da uno spirito invisibile anche lei posò la mano su quella di lui, e la strinse forte, prima di chiudere gli occhi. Lui rimase stordito. Era così bella che il solo guardarla la metteva in confusione. INCREDIBILE. Possono due sconosciuti provare un’attrazione tale l’uno per l’altra? Si, evidentemente. Lei posò la mano ancora libera sul petto di lui avvicinandosi ancora un po’. E poi successe l’impensabile. Lui l’abbraccio stretta, e lei non si ritrasse certo da quella dolce presa! Un abbraccio dolcissimo, che li aveva portati entrambi in un’altra dimensione, su un altro pianeta, in cui loro si conoscevano da sempre e si amavano da sempre. Una stupenda fantasia. Si staccarono un attimo dall’abbraccio, per guardarsi negli occhi. Lui sorrise, ed a Iori il suo viso parve bellissimo, ora come mai. Ed arrossì.
- Incredibile...
Disse Sword espirando.
- E non so nemmeno come ti chiami...
- A questo possiamo porre rimedio anche subito!
Disse Iori ancora con quel dolce sorriso sul volto.
- Io mi chiamo Iori Yoshizuki!
Disse tendendogli la mano.
- E tu sei...?
- Musashi Shiyoko. Piacere!
Non aveva avuto un attimo di esitazione a dirle il suo vero nome per intero. Avrebbe potuto essere pericoloso, ma lui non ci fece caso più di tanto. Con quella ragazza si sentiva così al sicuro... forse era quel sorriso che, insomma... lo rendeva tranquillo e rilassato. Ecco. Ma che cosa stava succedendo? Si stava innamorando con uno sguardo ed un abbraccio? Follia pura! Eppure era successo esattamente così con Washu Lan... uno sguardo a mare ed era sbocciato l’amore. Più da parte sua che da parte di lei. Washu Lan gli aveva sempre raccontato che la prima volta che l’aveva visto, con la coca cola tutta versata in testa, aveva pensato che fosse un idiota. Lui invece se ne era innamorato subito, all’istante. Chissà se anche con Iori sarebbe stato così... improvvisamente Sword si sentì insicuro. E se lei non avesse provato per lui quello che lui in quel momento provava per lei? Anche se tutto lasciava supporre che anche lei fosse interessata a lui, Sword aveva imparato a capire, col tempo, che le donne sono tutte un meraviglioso mistero. Dolce quanto pericoloso. Estremamente pericoloso. Doveva stare attento se non voleva concludere il primo incontro con un ceffone. Il primo incontro? Perché, pensava che ce ne sarebbero stati altri? Oh, Dio... stava cominciando a confondersi... Mentre lui rifletteva ed aveva lo sguardo perso nel vuoto, però, successe ciò che lui non si sarebbe mai aspettato. Iori si avvicinò, si alzò sulla punta dei piedi e posò un leggero bacio sulla sue labbra. Bastò questo a farlo tornare coi piedi per terra dalla trance. La guardò stupito per un attimo. Lei stava in piedi, con le braccia dietro la schiena, leggermente rossa in viso. Era così bella... e quel bacio innocente dato da lei non aveva fatto altro che fare ripresentare alla sua testa tutte le fantasie di qualche minuto prima, solo raddoppiate di intensità. Sword doveva baciarla. Ma seriamente, e come diceva lui. Era certo che anche lei lo volesse. Si avvicinò quanto bastava e poi posò le labbra sulle sue. Delicatamente. Si doveva fare piano. Poi, leggermente, spinse con la lingua, in modo da farle socchiudere la bocca. Lei non se lo fece ripetere due volte. Sembrava inesperta, ma era una brava allieva, e non ci volle molto ad insegnarle ciò che doveva fare. I successivi incontri tra le loro lingue furono degni della telecronaca di un incontro di arti marziali. La passione che ne usciva era altamente eccitante, talmente tanto che Sword dovette fermarsi prima di eccitarsi sul serio, o sarebbero stati guai. Lei lo guardò dispiaciuta per un secondo. Ancora ansimando.
- Perché? Perché ti sei fermato?
Lui sorrise di nuovo e lei arrossì nuovamente.
- Non è ancora il momento di andare oltre.
Disse posandole un dito sulla labbra e provando quasi pentimento per essersi fermato, accorgendosi di quanto fossero morbide.
- Ma promettimi che ci rivedremo!
Continuò lei con uno sguardo sempre più ansioso.
- Certo, ma non possiamo vederci normalmente. Ci vedremo qui davanti alle undici e mezza, puoi?
- Tutto quello che vuoi!
Lui sorrise di nuovo. Quella ragazza aveva il potere di farlo sorridere di gusto.
- Ottimo...
Sword le posò un ultimo, fugace bacio sulle labbra, e poi Iori lo vide sparire di corsa nell’ombra, con le mani sul petto ed un dolce sorriso in faccia, come se fosse stata la cosa più bella che avesse visto nella sua vita. Iori stava provando un mucchio di sensazioni, già provate con un altro, ma rafforzate, rinvigorite, rinnovate dallo sguardo del “suo” Musashi. Questo nuovo sentimento che stava nascendo in lei era un cosa meravigliosa, e Iori era decisa a provarlo fino in fondo. E poi, santo cielo, domani lo avrebbe rivisto!!!
*

- Avete notato che oggi è una giornata bellissima???
Iori era su di giri da tutta la giornata. Quel giorno, il sette giugno, era l’ultimo giorno di scuola, ed erano tutti molto felici, ma Iori lo era particolarmente. Era come se le fosse successo qualcosa di meraviglioso ed esaltante, Ichitaka lo aveva capito al primo sguardo. Non era facile che Iori esprimesse con libertà i suoi sentimenti ed il suo stato d’animo. Era molto introversa da questo punto di vista, ma Ichitaka da un po’ di tempo, precisamente da quando aveva cominciato a capire come ragionano le donne grazie ad Itsuki, aveva iniziato a comprenderla meglio di quanto non facesse prima.
- Iori, ma che ti è successo? Come mai così felice?
Itsuki stava cercando di indagare. Tipico della sua curiosità un po’ bambinesca.
- Non posso dirtelo qui...
- Perché?
Insistette lei. Iori lanciò uno sguardo imbarazzato verso Ichitaka, Kunaku, Teratani e Koshinae. Poi rispose con un filo di voce.
- Troppa gente...
Itsuki guardò indemoniata i ragazzi.
- Siete più intriganti degli scarafaggi!
Ichitaka e Koshinae si irrigidirono un attimo per il paragone, mentre Kunaku sembrava addirittura non sentire, occupato com’era a scambiarsi pareri su Fifa 2002 con Teratani.
- Insomma, volete sparire? Io e Iori dobbiamo parlare!!!
Koshinae propose di andare tutti a casa sua, ma Kunaku e Teratani si opposero, perché a casa di Koshinae non c’era un Gamecube con cui giocare, perciò si optò per andare a casa di Ichitaka, di nuovo. Era il secondo giorno che si andava lì a pranzo, ma ad Ichitaka faceva piacere, soprattutto perché vedeva Kunaku distrarsi. Era una liberazione, dato che la situazione era abbastanza pesante da sostenere, soprattutto per un bambino così piccolo. Insomma, non è normale essere nel mirino della mafia a quattro anni e mezzo! Ichitaka si avvicinò ad Itsuki, e le baciò leggermente le labbra, facendole cambiare espressione da accigliata a felice e rilassata, poi salutò Iori e disse loro che le avrebbero aspettate a casa, se non avessero fatto tardi. Appena gli altri si furono allontanati Itsuki assunse un’espressione maliziosa e curiosa e guardò Iori.
- C’è di mezzo un ragazzo, vero?
Iori sorrise con un leggero imbarazzo sul volto e fece qualche passo quasi saltellando per la felicità.
- Si...
Disse voltandosi verso la bionda ragazza alle sue spalle.
- Avanti!
Continuò Itsuki.
- Parlami di lui!
Iori assunse un’espressione sognante e si sedette su una panchina, presto imitata anche da Itsuki. Il sole splendeva forte, e le due si erano messe sotto un albero dalle ampie fronde, per non essere disturbate dal sole fin troppo caldo.
- Lui è castano, alto, slanciato, con un corpo perfetto, almeno a quanto ho visto...
- Wow, dev’essere uno bellissimo...
- Lo è... ma la cosa più stupefacente in lui sono i suoi occhi! Chiari come il cristallo, di un azzurro quasi trasparente. Così profondi, malgrado siano così chiari...
- Mh... credo di avere inquadrato il tipo d’uomo. Anni?
- Non lo so... credo venticinque... ma non di più...
- E come si chiama???
- Musashi... Musashi Shiyoko...
- Musashi, eh? Nome importante!
- Già, un samurai!
Disse Iori ridendo. Itsuki continuò l’interrogatorio.
- E dimmi un po’... avete già fatto... quello?
Iori si voltò un attimo, non capendo. Poi realizzò improvvisamente ciò di cui Itsuki parlava ed arrossì.
- No, ancora no...
Riacquisì il controllo di se stessa.
- Ma non ti nascondo che non mi sarebbe dispiaciuto...
- Ti capisco Iori...
Poi entrambe le ragazze sospirarono. Iori si alzò e si sistemò la gonna della divisa.
- Adesso andiamo. Credo ci aspettino.
- Hai ragione, ma promettimi che me lo farai conoscere, prima o poi!
- Ma è ovvio che te lo farò conoscere!!!
Disse lei. Già, glielo avrebbe fatto conoscere presto! D’altronde, forse poteva già considerarlo il suo ragazzo...
*

La giornata era rimasta bella per tutto il tempo, ed era una serata tiepida senza umidità e con una adorabile brezza che scompigliava leggermente i capelli della bella ragazza castana che stava in piedi davanti alla scuola. Guardò l’orologio.
- E’ tardi... chissà dov’è...
Ad un certo punto si sentì chiamare, alle spalle. Riconobbe subito la voce, e si voltò per correre tra le braccia di Musashi, che ancora aveva il fiatone per la corsa che aveva fatto. Lei, appoggiata com’era a lui, sentiva il suo petto alzarsi ed abbassarsi al ritmo del suo respiro, ed era una cosa stranamente rilassante.
- Scusami, è tardissimo, sono imperdonabile...
Iori alzò il viso, sorridendo.
- Stupido...
Disse toccandogli il naso con l’indice. Rimasero abbracciati per un po’. Poi si staccarono, anche perché cominciavano a sentire caldo. Lui la guardò.
- E adesso che facciamo?
Iori rimase stupita dalla domanda. Era vero! Che cosa dovevano fare, adesso, a mezzanotte passata, soli per le vie della città? Musashi le prese la mano, vedendola confusa, e così cominciarono a passeggiare per le strade. Di notte era tutto molto bello, completamente diverso dal giorno. Molto meglio. C’era una strana luce azzurra che circondava ogni cosa, ed i pochi lampioni che c’erano illuminavano lo stretto indispensabile per vederci. Per il resto, totale oscurità. Una strana sensazione si era impadronita di Iori. Inquietudine, ansia, ma allo stesso tempo felicità, emozione... Si strinse un po’ d i più a Musashi, nel tentativo di calmare i battiti del suo cuore, che altrimenti sarebbe uscito fuori dal petto. Camminavano in silenzio, e senza accorgersene finirono davanti ad uno strano posto... che cosa diavolo era? Musashi venne attratto dall’insegna luminosa rosa, e si voltò a guardare, sgranando gli occhi un po’ per la sorpresa, un po’ per l’imbarazzo. Iori lo vide e seguì il suo sguardo, stupendosi anche lei ed arrossendo leggermente. Davanti a loro c’era un Love Hotel!!! (Per chi non lo sapesse, i Love Hotel sono alberghi molto diffusi in Giappone, nei quali giovani coppie in cerca di “privacy” affittano una stanza per una notte... sono muniti di tutto, perfino i preservativi ^_______^NdLisa Ma tu come lo sai, ci sei stata? NdIchi Fatti i cavoli tuoi! NdLisa) Iori si voltò verso Musashi, scoprendogli uno sguardo stupito sul volto. Abbassò gli occhi e poi arrossendo gli fece una domanda.
- Vuoi entrare?
Musashi sembrò cadere dalle nuvole.
- Che? Ma cosa stai dicendo? Io... non ti farei mai una cosa del genere, e poi... insomma è solo la seconda volta che ci vediamo! Non sarebbe giusto nei tuoi confronti!
- Fisicamente, non ti piaccio?
Iori aveva sempre lo sguardo basso.
- Ma che stai blaterando??? Lo sai che mi piaci da impazzire!
- Allora vuoi entrare?
- M-Ma, ti ho già detto che...
- Io ci voglio entrare!
Disse Iori alzando lo sguardo, con una fierezza di cui si stupì lei stessa.
- Cosa?
Chiese lui ancora stralunato.
- Mi hai sentito benissimo! Ora noi due entreremo là dentro ed affitteremo una stanza, a costo di trascinarti con la forza!!!
Musashi sgranò gli occhi. Poi sorrise in maniera maliziosa.
- E va bene, come vuoi...
La prese per mano e la portò dentro l’edificio. Subito si diresse al bancone, dove un uomo gli chiese se avessero prenotato.
- No, è stata una decisione improvvisa...
- Aspettate che controllo... non so se abbiamo una stanza libera... dunque, dunque, dunque...
Mentre l’uomo cercava, Iori sentiva crescere dentro di se l’eccitazione mista ad un po’ di paura che rendeva il tutto magnifico.
- Ha! Siete fortunati! Ne ho trovato una!!!
Iori si sentì morire dentro. Adesso non poteva più tirarsi indietro, avevano affittato una stanza, e sarebbero finiti a fare sesso, era naturale. La ragazza provava sentimenti contrastanti. Da un lato non vedeva l’ora di fare l’amore con lui, perché ne aveva una voglia matta, ma dall’altro lato la paura della prima volta era già molto forte, e sentiva che sarebbe aumentata con l’avvicinarsi del momento fatidico. Musashi sembrava più che tranquillo. Sorrideva e le teneva la mano.
- Dunque, la stanza è la 122, si trova al primo piano. Se pensate di passare l’intera notte qui pagherete domattina, se invece fate qualcosa di veloce siete pregati di pagare adesso.
- Paghiamo adesso, non si sa mai cosa ci viene in testa di fare...
- Bene, vi accompagno alla stanza...
- Ok!
Velocemente i tre salirono sull’ascensore e si diressero verso il primo piano. All’interno dell’abitacolo, l’uomo parlò ancora.
- Dunque, è la prima volta che vi vedo qui, quindi devo parlarvi di un po’ di cose. Non distruggete niente, cercate di non sporcare ed in caso lo faceste lasciate comunque la stanza pulita e in ordine. In stanza c’è tutto quello che potrebbe servirvi, completini sexy, sadomaso, di tutti i tipi.
Iori arrossì alle parole dell’uomo. Ma presto si sarebbe dovuta abituare. Insomma, forse lei era l’unica adolescente a provare ancora imbarazzo per certe parole.
- I preservativi sono nel primo cassetto nel comodino a sinistra, e ce n’è una scatola intera. Nel caso però vi dovessero finire, anche se ne dubito dato che sono trentanove, c’è un distributore in fondo al corridoio. Inoltre siete pregati di non fare troppo rumore, perché non siete soli nell’albergo. Vediamo, ho altro da dire? Ah, si non vi portate a casa le saponette/i portacenere/le tovaglie, perché costano soldi. Molti.
L’ascensore si fermò, le porte si aprirono ed i tre uscirono. L’uomo li accompagnò fino davanti alla camera.
- Ecco le chiavi, mi raccomando!
Musashi sorrise ironicamente salutando con la mano l’uomo e poi aprì la porta. Iori rimase letteralmente stupita dalla stanza in cui avrebbe passato la notte.
- Fantastico...
Disse entrando. Le luci erano soffuse. Al centro della stanza c’era un letto dalla montatura nera e le coperte bianche come la neve, immacolate. Il lampadario era molto sobrio e carino, ed ai lati del letto c’erano due adorabili comodini rettangolari neri. A destra c’era un armadio a muro bianco come le pareti, coi pomelli neri. Accanto all’entrata c’era un’altra porta, che conduceva al bagno. Iori la aprì. Il bagno era nello stesso stile della stanza, e lateralmente c’era un grande vasca a idromassaggio nera, che poggiava sul pavimento di mattonelle dello stesso colore, in netto contrasto con le bianche mattonelle delle mura. Musashi si era seduto sul letto. Iori uscì dal bagno e si diresse verso l’armadio. Aprendolo trovò di tutto. Dalle classiche vestaglie in seta alla biancheria di pizzo di ogni tipo, e poi era vero che c’erano anche attrezzi sadomaso, oltre ai completini: borchie, catene, chiodi, fruste... una follia. Iori rise e si voltò verso Musashi.
- Giurami che non useremo mai roba simile...
Disse ancora ridendo.
- No...
La rassicurò lui avvicinandosi e baciandola sul collo.
- Stai tranquilla, quelle cose fanno impressione anche a me... però...
Lui la lasciò e tirò fuori dall’armadio un completino in pizzo nero ed una vestaglia di seta dello stesso colore, semi-trasparente.
- ... però questa te la devi mettere assolutamente!
Lui e Iori risero di nuovo.
- Mi vado a fare un bagno, ok?
- Perché non lo facciamo insieme?
Propose Musashi. Iori accettò, seppure con un notevole imbarazzo, rappresentato dal suo viso con quel rossore che la rendeva tanto bella. Si spogliò, e poi fu la prima ad entrare in acqua, sopraffatta dall’imbarazzo. Lui invece era tremendamente tranquillo e rilassato. Si spogliò con lentezza, dando modo a Iori di osservare rapita il suo corpo che rasentava la perfezione. Poi si infilò in acqua anche lui. Stavano l’una da un lato e l’uno dall’altro della vasca. Senza toccarsi. Iori rifiutava il contatto, soprattutto per via dei continui brividi freddi che le prendevano il corpo ogni benedetta volta che lui la guardava, o le parlava, o sussurrava il suo nome, o la baciava. Non era una sensazione spiacevole, ma provarla la metteva a disagio. Soprattutto perché per la prima volta nella sua vita si sentiva disposta a fare qualunque cosa per qualcuno. Per lui, avrebbe fatto pazzie.
- Allora, non accendi l’idromassaggio? È la parte migliore del bagno!
- Oh, si... se solo sapessi come...
- Aspetta, deve esserci un pulsante, da qualche parte...
Da seduto che era, Musashi si mise in ginocchio, e poi in piedi, anche se piegato, e si sporse oltre le spalle della ragazza in cerca del fatidico pulsante dell’idromassaggio. Se non che il fondo della vasca era abbastanza scivoloso, e Musashi cadde in avanti addosso a lei. Iori si sentì tremendamente in imbarazzo. Ma nello stesso tempo, nel sentire il suo corpo nudo su di lei, un’ondata anomala di eccitazione le partì dalla punta dei piedi risalendole fino ai capelli. Musashi notò che il suo respiro non era più regolare come prima. Adesso lei stava quasi ansimando. Incredibile. Lui le mise una mano sulla spalla e l’altra sotto il mento, e poi la baciò con passione. In un secondo, tutte le paure, le ansie, le insicurezze di Iori sembravano essere sparite nel nulla. In quel preciso istante desiderava solamente essere sua, finalmente. Ah, quanto lo aveva desiderato di riuscire a provare tali sentimenti per qualcuno... Gli cinse il collo con le braccia, e questo bastò a Musashi per capire che era arrivato il momento di portare al termine ciò che avevano iniziato. La prese in braccio. Era così leggera e morbida... Quando il bacio si interruppe, lei ancora con gli occhi chiusi nascose il viso sul suo petto. Lui sorrise guardandola. La posò sul letto. Immediatamente il copriletto di cotone si bagnò di una chiazza d’acqua. Infatti non si erano nemmeno asciugati prima di distendersi lì. Iori, accorgendosene, pensò all’omino che li aveva accolti nell’albergo, ma cancellò subito il pensiero non troppo piacevole. Avrebbero pensato dopo a come asciugare il copriletto. Musashi cominciò a baciarle la bocca, leggermente, per poi scendere lungo il collo, le spalle, il petto, i suoi bellissimi seni, la sua pancia... e poi scese ancora, fino ad arrivare con la bocca alla sua femminilità, cominciando a giocare anche con quella, facendo sussultare Iori ad ogni movimento della sua lingua. La ragazza adesso ansimava forte, e chiamava il suo nome quasi sussurrando, cosa che fecce eccitare ancora di più Musashi. Il ragazzo sentì chiaramente di non potere più resistere, e si staccò da lei, alzandosi e camminando verso il comodino. Iori sentì il distacco ed aprì gli occhi, la fronte imperlata di sudore. Lui aprì il cassetto e tirò fuori un preservativo, mettendoselo. Iori serrò le labbra. Accidenti, la paura stava tornando a galla. Lui la guardò serio. Poi sorrise tristemente. Si avvicinò e la baciò di nuovo. Poi avvicinò le sue labbra ad un orecchio di lei e le sussurrò
- Scusa...
Dopodiché la penetrò. Iori urlò subito di dolore, ed una o due lacrime si affacciarono ai suoi occhi chiusi, ma seppe resistere, chiudendo la bocca quasi immediatamente. Lei aprì gli occhi e gli sorrise, mentre ancora piangeva.
- Tutto ok?
Chiese lui.
- Tutto ok...
Sussurrò la ragazza. Dopo poco tempo anche lei si abituò a quella nuova presenza all’interno del suo corpo, e riuscì a godere di quella meravigliosa nottata, assieme a lui, assieme all’unico uomo a cui si era concessa senza alcun ripensamento, per quanto potesse avere paura. Iori lo amava davvero, ma purtroppo, non era così semplice.
*

Iori sgranò gli occhi. Dove diavolo si trovava? Lentamente focalizzò l’ambiente attorno a sé. Strana sensazione di umido addosso. Freddo, come se non avesse niente addosso. Un respiro regolare accanto a lei. Sorrise nel buio. Ora ricordava. Musashi... avevano fatto l’amore... poi si erano addormentati come bambini... Iori guardò la sveglia. Le sei e mezza. Le finestre erano tutte coperte dalla tende, ma sottili spiragli di sole già entravano. Dovevano trovare un modo per asciugare il copriletto, o il proprietario dell’hotel li avrebbe spennati vivi. Si alzò ed andò verso l’armadio, in cerca di qualcosa che non fosse né sexy né eccitante. Alla fine trovò una lunga vestaglia bianca, di seta morbida che le cadeva perfettamente sul corpo. Si avvicinò a Musashi e lo scosse un po’.
- Musashi? Mucchan, ti vuoi svegliare?
La suono di quel nome Musashi sgranò gli occhi.
- NO! Mucchan NO! Per favore! È ridicolo! Sembra il soprannome di una mucca!
Iori sfoderò la sua risata argentina.
- Hai ragione, Musashi... Allora, che dobbiamo fare?
Lui si mise seduto sul letto. Andò verso il bagno e recuperò le mutande che poi si mise. Tornando nella stanza, accese la luce e guardò Iori. Accidenti... se possibile era ancora più bella del giorno prima. Si rese conto che non era il momento di pensare a certe cose e le sorrise.
- Dunque... il letto è fradicio... aspetta.
Entrò di nuovo in bagno e cominciò ad aprire cassetti e sportelli buttando tutto all’aria sotto lo sguardo attonito di Iori. Poco dopo ne uscì fuori con un enorme phon rosa a cuoricini.
- Proviamo con questo?
Iori scoppiò a ridere. Aveva quasi le lacrime agli occhi e si rotolava sul letto come se avesse avuto pochi anni. Musashi rideva anche lui. Si, era questo che voleva. Voleva ridere. Voleva vivere. Rivoleva la sua vita. Non voleva più fare l’assassino. Per lei. Per Iori, e per la memoria di Washu e Washu Lan, lui avrebbe vissuto come è giusto che si viva. Musashi cercava di non pensare a come avrebbe riottenuto l’onestà, per adesso vederla ridere sul letto era troppo bello, e gli bastava.
- Santo cielo, perché ogni singola cosa in questo albergo è assurda...
- Non so, veramente... ma è l’unica cosa con la quale possiamo asciugare questa chiazza d’acqua.
- Colpa tua... potevi aspettare che ci asciugassimo, no?
- Ma... Ma io... Ma tu... Ma noi...
- Ma, ma, ma, ma... avanti, smettila, sto scherzando...
Si avvicinò e lo baciò.
- Ok, adesso asciughiamo.
Ci vollero tre ore.
*

Itsuki sgranò gli occhi.
- ACCIDENTI, HO CAPITO CHI E’!!!
Ichitaka saltò in aria, mandando le lenzuola del letto dall’altro lato della stanza.
- Chi? Cosa? Chi è CHI???
- Io... non potrei dirtelo... ma forse...
La ragazza era rimasta a pensare a quel nome per tutto il giorno, e durante la notte aveva continuato a farlo rimanere al centro dei suoi pensieri, se aveva trovato la soluzione. Musashi Shiyoko. Da subito non l’aveva convinta. Poi ci aveva pensato. Musashi Shiyoko era un uomo di cui i giornali avevano parlato molto davvero, tempo prima. La moglie era morta di cancro e la figlia era stata violentata ed uccisa. Poi lui era sparito. Alcuni giuravano che fosse diventato uno della mafia, un assassino mercenario. E se fosse stato vero? Accidenti, Iori poteva essere in pericolo! (Santo cielo, la storia si sta complicando parecchio, nevvero? Allora, facciamo mente locale: Iori non sa nulla del passato di Musashi, tantomeno il fatto che lui era stato assoldato per uccidere Kunaku. Itsuki sa del passato di Musashi ma non sa ancora che lui è quello che deve uccidere Kunaku. Per quanto riguarda Ichitaka, lui non sa come si chiama, sa soltanto che quello vuole uccidere Kunaku. Sono stata abbastanza chiara? NdLisa Ma perché io non sono annoverato fra questi nomi? NdTera). Ichitaka stava seduto accanto a lei, sul letto, in attesa di una spiegazione.
- Iori oggi mi ha detto che sta con un ragazzo. Appena mi ha detto il suo nome io mi sono stranizzata, perché lo conoscevo di già, ma non mi ricordavo perché. Poi stanotte mi è venuto in mente. A te ricorda nulla il nome Musashi Shiyoko?
Lui riflettè un attimo. Poi gli si illuminò il viso.
- Ma certo! Dovrei avere ancora quel giornale!
Si alzò in piedi ed andò a rovistare in una cesta che c’era in un angolo della stanza.
- Mi aveva fatto una pena infinita la sua storia, ed avevo deciso di conservarlo...
Poi tirò trionfante un foglio fuori dalla cesta.
- Eccolo qui!
Si mise a leggerlo ad alta voce.
- Un'altra vittima della pedofilia. Piccola, di appena tre anni, è stata violentata e poi uccisa in un magazzino degli attrezzi non molto lontano dal centro della città. Il nome della piccola era Washu Shiyoko, e viveva sola col padre da quando la madre, Washu Lan Chu-sa, questo il suo cognome da signorina, era morta di cancro. Tornava da sola da scuola quando è stata aggredita da due uomini con precedenti penali pedofili, ed i due sono fuggiti dopo avere commesso l’orribile crimine. Il padre, Musashi Shiyoko, ha assistito al funerale della piccola, e poi è sparito volatilizzato nel nulla senza rilasciare nemmeno una dichiarazione. Alcuni in città dicono di sapere che è diventato un assassino mercenario per la mafia, ma dell’uomo, con una tremenda malattia agli occhi che li schiarisce fino a renderli non vedenti, non si è fatto vedere nemmeno in un ospedale. Per adesso l’ipotesi più concreta è che sia morto anche lui, forse suicida. La polizia sta procedendo con le ricerche della salma, ma i risultati per ora sono nulli.
Ichitaka alzò lo sguardo, e venne colpito dall’immagine dell’uomo, sopra l’articolo, con una scritta sotto: “Se avete visto quest’uomo siete pregati di segnalarlo alla polizia.” Dove aveva visto quell’uomo? Dove aveva già visto quella faccia. Immagini gli arrivarono agli occhi per ordine del cervello. Un negozio di giocattoli, una vetrina distrutta, un uomo che fa finta di sparare con una mano... Era SWORD! Così adesso Iori stava con quest’uomo? Ichitaka venne preso da un leggero giramento di testa ed alzò lo sguardo verso Itsuki, che lo guardava preoccupata.
- Cosa è successo?
Lui rispose con un filo di voce. La preoccupazione e la paura, miste alla sorpresa gli avevano fatto venire il fiato corto.
- E’... Sword... è quello che vuole uccidere Kunaku...
Itsuki sgranò gli occhi. Cosa???
*

- Ok, allora ci vediamo domani alla stessa ora, va bene?
- Ok, amore...
Musashi e Iori si erano lasciati con queste parole. Adesso lei stava tornando a casa, cercando di inventare una scusa plausibile per l’assenza di quella notte. Avrebbe potuto dire che aveva dormito da Ichitaka ed Itsuki, si. Era la soluzione perfetta, anche perché sicuramente Itsuki avrebbe retto il suo gioco. Ah, era arrivata. Girò veloce la chiave nella serratura dopo avere controllato che erano quasi le undici meno un quarto.
- Ciao mamma, sono a casa!
Senza che potesse capire niente uno schiaffo le arrivò velocemente al viso. Iori sentì la guancia colpita diventare calda immediatamente.
- Dove sei stata tutta la notte, Iori?
- Mamma!
La signora Yoshizuki stava davanti alla figlia. Si sarebbe detta sui trent’anni, invece ne aveva già quaranta. Era una donna davvero bellissima, questo è sicuro. I lunghi capelli castani erano raccolti dietro la nuca, con due ciocche che le scendevano ai lati del viso, ed era vestita con un completo giacca-gonna azzurro e con decorazioni porpora. Le scarpe col tacco con gli stessi colori delle decorazioni della giacca la rendevano più alta di quanto già non fosse, e questo faceva sembrare Iori insignificante davanti a lei.
- Capisco che tu possa essere preoccupata, mamma, ma la verità è che sono stata a dormire dai signori Seto, assieme a Seto ed Itsuki! C’era Kunaku che stava male, ed allora non ho potuto avvertirti.
La donna era rimasta ad ascoltare la figlia con uno sguardo severo e le braccia incrociate, ed alla fine della spiegazione il suo sguardo si era indurito ancora di più. La prese per il polso, e trascinandola verso il soggiorno continuò a gridarle contro.
- Non mentirmi, Iori! So bene che non eri dai Seto!
Iori venne letteralmente gettata nella stanza da sua madre.
- Seto! Itsuki! Cosa... perché siete qui?
- Iori!
Urlò Itsuki correndole incontro e guardandola attentamente in cerca di ferite o roba del genere.
- Stai bene, allora! Santo cielo, eravamo così preoccupati!!!
- Ma Itsuki, cosa stai dicendo?
Anche Ichitaka si alzò.
- Yoshizuki, l’uomo con cui stai, non è quello che pensi.
Iori fece un sorriso spaventato.
- Ma... ma... io non capisco...
Ichitaka andò verso la signora Yoshizuki e le chiese, sottovoce, di lasciarli soli con la figlia, perché avrebbero dovuto parlarle in privato. La donna annuì col capo e prima di andarsene guardò sua figlia duramente, salvo poi mutare il suo sguardo in preoccupato ed andare via. Appena furono soli, Ichitaka ed Itsuki si voltarono a guardare duramente Iori, che per tutta risposta mise le braccia dietro la schiena ed abbozzò un sorriso mortificato.
- Avanti, Yoshizuki, dicci dove sei stata stanotte, anche se già lo sappiamo.
Iori si voltò, ed inarcò le sopracciglia, stizzita. Andò verso la finestra e, specchiandosi, vi posò una mano sopra.
- Se lo sapete non è necessario che io ve ne parli...
- Iori, non fare la stupida!
Disse Itsuki. Ichitaka la calmò.
- Sappiamo che eri con Sword, Yoshizuki...
Lei si voltò, improvvisamente sollevata.
- Sword? Ma vi state sbagliando, io non sono stata con nessuno che avesse questo nome... mi avevate fatto preoccupare, sapete?
Iori incominciò una debole risata, ma si accorse fin troppo presto che i visi dei suoi amici erano tutt’altro che rilassati o sollevati.
- Che c’è? Che avete ancora?
- Yoshizuki, guarda qua...
Ichitaka porse il foglio di giornale alla ragazza che stava di fronte a lui.
- Ma... ma questo è Musashi...
- Già, Musashi Shiyoko... lo stesso uomo che, assieme ad un altro della yakuza, è stato ingaggiato per uccidere Kunaku.
Ci mancò poco che Iori non svenisse. Itsuki, vedendola confusa, si prodigò per farla sedere su una poltrona, nel tentativo di farla stare meglio, tra l’altro con risultati tutt’altro che soddisfacenti.
- No, non ci credo...
- Yoshizuki, in quel negozio di giocattoli, l’ho visto io! Con i miei occhi! Non mi vuoi credere?
- No, assolutamente! Posso anche accettare il suo passato, ma non crederò mai che lui sia un assassino. Questo l’avete fatto vedere anche a mia madre?
- No, Iori, ma se sarà il caso faremo anche questo.
- Ma siete impazziti?
Itsuki continuò.
- Faremmo qualsiasi cosa per allontanarti da quell’individuo.
A sentirlo chiamare in quella maniera, Iori si infuriò.
- Accidenti a voi! Stava andando tutto così bene prima che vi intrometteste! Io lo amo, lo capite questo? E voi adesso volete portarmi via da lui! Ma con che coraggio potete anche solo pensare una cosa del genere?
Mentre urlava piangeva, e questo fece quasi venire i sensi di colpa ad Itsuki ed Ichitaka. Probabilmente le avrebbero anche permesso di rimanere con lui, tanta era la pena che faceva loro, ma non volevano perdere di vista il loro obiettivo principale: salvare Iori da un uomo potenzialmente pericoloso, che avrebbe anche potuto usarla per arrivare a Kunaku.
- Iori, ti prego, mettiti nei nostri panni, Kukuchan è in pericolo!
- Io voglio bene a Kukuchan, ma non intendo rinunciare a Musashi solo perché voi pensate che potrebbe essere lui a volerlo uccidere!
- Noi non lo pensiamo, Yoshizuki! Ne siamo certi!
Iori era così infuriata che non si rendeva più nemmeno conto di quello che diceva. Non era mai stata così... così... grintosa. Né così loquace. Tutte le sue forze stavano uscendo fuori per proteggere l’uomo che amava. E ne era inconsciamente fiera.
- L’hai visto solo tu, Seto, ci sei solo tu come testimone! Come potrei credere solo a te?
- Ma che motivo avrei di mentirti? Io ti voglio proteggere, Yoshizuki!
- E che ne so io? Potresti anche essere geloso del fatto che adesso mi piace un altro, e non più tu!
Iori si sentì bruciare l’altra guancia. Un altro schiaffo. Non vi era abituata, le pulsava la testa.
- Adesso hai proprio passato il limite.
Itsuki le stava davanti, e la guardava con occhi di ghiaccio. Dopo averle dato lo schiaffo, poi, si era girata ed era uscita dalla porta, subito seguita da Ichitaka, lasciando Iori sola a piangere e disperarsi per il suo amore condannato.
- Itsuki, sei stata troppo dura...
- Lo capirà da sola, quando sarà lui a confessarglielo, se la ama davvero...
*

Oh, si! Adesso sarebbe andato da quell’idiota del boss che voleva il suo aiuto per uccidere quel bambino e gli avrebbe detto che non se ne sarebbe fatto più niente, che si ritirava da quel lavoro. Anzi, che si ritirava da tutto quel casino infernale che era la mafia assieme agli omicidi, ai furti ed a tutte le altre schifezze che giravano loro attorno. Incontrò Falco per il corridoio.
- Ah, Sword, il boss ha cercato di rintracciarti in tutti i modi, ma dannazione eri sparito! Non ti si trovava più! Guarda, il capo ha detto che se non ammazziamo il bambino entro tre giorni al massimo ci fa fuori tutti e due, capito? Io non voglio andarci di mezzo per colpa delle tue stramberie, quindi noi adesso usciamo ed andiamo ad ammazzare quel furbetto, ok?
Musashi lanciò all’uomo uno sguardo che avrebbe fatto congelare l’inferno.
- Lasciami in pace, stupido idiota! Voglio solo parlare con quell’uomo!
Falco ingoiò l’offesa, ripensando allo sguardo precedente: quello non era un uomo con cui scherzare. Aveva saputo del suo passato, ed anche dei suoi passati omicidi... roba da fare venire paura a Jack lo Squartatore in persona.
- Il capo adesso è occupato, non puoi entrare nella sua stanza!
- Non me ne frega niente di quello che sta facendo. Devo parlargli!
- No, aspetta...!!!
Falco si ritrovò senza capire niente addosso al muro, con una pistola puntata alla tempia. Accidenti, era stato velocissimo...
- Vorresti provare a fermarmi?
Poi lasciò la presa e ricominciò a dirigersi verso la stanza alla fine del corridoio.
- Aspetta Sword, ragiona!!!
Ma lui già non lo ascoltava più. Pensava a cosa avrebbe dovuto dire a quell’uomo per spiegarsi chiaramente senza bisogno di ripetersi. Appena aprì la porta della stanza trovò una scena spaventosa. Una ragazza dai capelli rossi era stata spogliata a forza, tanto che aveva tutti i vestiti strappati, ed adesso era tenuta ferma da due uomini, mentre il “boss”, un uomo orrendo, la violentava senza pietà, schiaffeggiandola e lasciandole ferite profonde nella carne con una lametta tagliente che teneva in mano. La ragazza urlava come una pazza.
- Fermati, lurido maiale!
Ma l’uomo non lo sentiva nemmeno, tanta era la foga che metteva nei suoi schifosi passatempi. Musashi sparò un colpo in aria, e l’uomo finalmente si fermò. Si ricompose in fretta ed ordinò agli altri due di portare via la ragazza.
- Con te mi divertirò ancora, più tardi, quindi vedi di non raffreddarti...
Aveva commentato con un ghigno mentre la portavano via.
- Allora, Sword, a cosa devo questa tua inaspettata e soprattutto indesiderata visita?
- Vedi di fare meno lo spiritoso, porco schifoso. Io ne sono fuori.
- Cosa? Scusa, le mie orecchie sono piuttosto malate in quest’ultimo periodo di tempo, potresti ripetere cosa hai detto?
Musashi ghignò.
- Vedo che vuoi giocare...
Sparò un altro colpo, che per miracolo non colpì l’imponente uomo ai testicoli.
- Guarda, fai schifo anche ai proiettili della mia pistola... non vogliono colpirti... ma io potrei vedere di convincerli in qualche maniera...
- Aspetta, Musashi, non comportiamoci da bambini, ragioniamo assieme per un po’, ti va?
Attorno a Musashi era come se si fosse formata un’aura azzurra, glaciale. Alzò lo sguardo, ed i suoi occhi brillarono di una luce diabolica.
- Come mi hai chiamato?
Uno sparo. Un singolo sparo. Centrato alla fronte. Bè, Musashi si poteva vantare di essere un ottimo tiratore. L’uomo era disteso a terra. Un filo di sangue usciva dal buco della pallottola, e scivolava lungo la fronte fino ad aggiungersi alla chiazza di sangue della ragazza che già era per terra. Musashi sapeva bene come ragionavano in fatto di gerarchie gli uomini della yakuza. Lui aveva ucciso il capo... ed adesso, come per un branco di animali, il capo era lui. Non che ne andasse fiero... ma quello sarebbe stato il suo ultimo omicidio. Se l’era ripromesso. Uscì dalla porta e trovò Falco ancora appoggiato al muro, con una faccia sconvolta. Evidentemente aveva sentito lo sparo. Musashi sorrise malignamente.
- Chiama tutti gli uomini a rapporto qua davanti.
In poco tempo tutti gli appartenenti alla cosca mafiosa furono riuniti davanti alla stanza nella quale giaceva il corpo esanime del loro ex capo.
- Ho ucciso il vostro vecchio boss.
Tutti avevano un’espressione a dir poco esterrefatta. Come da copione, due uomini andarono a controllare la veridicità delle affermazioni di Musashi. Quando uscirono annuirono, in segno di conferma.
- Adesso statemi a sentire... innanzitutto portatemi la ragazza che ho visto prima nella stanza.
Pochi minuti dopo, la rossa era davanti a lui, in ginocchio. Tutti si aspettavano che avrebbe continuato il lavoro precedentemente iniziato dall’altro, compresa la poverina che già tremava e cercava di coprirsi con le mani ed i pochi brandelli di vestiti che le erano rimasti addosso. Lui si mise in ginocchio sui talloni davanti a lei e le alzò il viso con una mano. Fece un’espressione dolce.
- Come ti chiami?
- N-Nanako... (Si, è la stessa che aveva chiesto ad Ichitaka di uscire all’inizio della fic!!!^_^NdLisa Quanto sei squallida!!! NdTutti Perdono!!! NdLisa)
Rispose lei con un filo di voce. Lui si alzò di nuovo in piedi, con uno scatto, cambiando di nuovo espressione.
- Liberatela immediatamente, rivestitela e se qualcuno di voi osa farle del male se la vedrà con me!
Dopodiché la aiutò a rialzarsi.
- Non ti preoccupare, Nanako, andrà tutto bene...
Quando la ragazza venne riaccompagnata fuori sotto il suo sguardo, Musashi potè continuare il discorso.
- Bene, detto questo... dichiaro ufficialmente lo scioglimento della cosca. Non siete più obbligati ad obbedire agli ordini di nessuno, potete fare quello che volete, anche cambiare città. Che so, fatevi una famiglia, cercatevi un lavoro... non importa.
La cosa venne accolta abbastanza bene da quasi tutti. Bè, effettivamente era una bella liberazione non dovere più seguire alla lettera gli ordini degli altri. Tutti videro la speranza di potere cambiare vita. Poco importa se la maggior parte di loro rimase comunque nel giro criminale. In quel momento una luce nuova si propose alle vite di tutti. I pochi che ancora rifiutavano l’idea vennero immediatamente zittiti da Musashi con un perentorio
- Non tollererò insubordinazioni a questo mio ultimo ordine, di nessun genere!
Ci volle poco tempo per sgombrare tutti i locali. Musashi rimase un po’ a guardare quello scenario vuoto, la stanza dietro di lui, ormai inondata dal sangue, il corpo morto di quell’uomo. Quelle erano tutte le cose che voleva dimenticare. Guardò l’orario. Le undici di sera... bene... era in tempo per l’appuntamento con Iori.
*

Bè, aveva sentito bene quello che le avevano detto Itsuki e Seto, ed allora? Le importava quacosa? Per riuscire ad uscire quella sera aveva fatto una guerra.

[Flashback]
- Dove credi di andare, signorinella! Non ho ancora ricevuto alcuna spiegazione da te, riguardo all’assenza di stanotte, quindi non uscirai anche questa sera!
Nel dire così la signora Yoshizuki aveva preso la figlia per un polso e la stava strattonando verso la sua stanza. Iori era ancora parecchio scossa da quello che le avevano detto i ragazzi, e soprattutto era scossa dalle cose assurde che aveva detto ad Ichitaka. Sua madre che voleva impedirle di uscire la fece tornare con la mente nel mondo dei vivi.
- Lasciami andare!
- No, ti ho detto! Non mi contraddire! Non disubbidirmi!
Iori spinse lontano sua madre, con uno sforzo che andava al di fuori delle sue capacità, e di molto.
- TU NON CAPISCI NIENTE! TU NON HAI MAI CAPITO NIENTE! NON SAI NULLA DI QUELLO CHE PROVO, VUOI LASCIARMI ANDARE VIA?
[Fine flashback]

Piangeva, mentre urlava queste cose a sua madre. Non che fosse piacevole dire certe cose alla persone che ti ha tirato su, che ti ha voluto bene. Ma in quel momento Iori non capiva. Era convinta che più nessuno al mondo le volesse bene. Anzi, no, qualcuno ancora la amava: Musashi. Controllò l’orario. Undici e mezza... probabilmente lui era già davanti alla scuola... Decise di affrettare il passo, per evitare di farlo aspettare molto. Pensò che gli avrebbe raccontato tutto, dato che lui era l’unico con il quale lei potesse sfogarsi. Focalizzò di nuovo nella sua mente il discorso con Itsuki ed Ichitaka. Ripensandoci adesso, si faceva schifo da sola, anche solo per avere insinuato che lui potesse essere geloso del fatto che lei adesso amava un altro. E poi, proprio davanti ad Itsuki! Se l’era meritato in pieno, lo schiaffo della ragazza. Ah, ecco la scuola. Guardò un po’ in giro. Eccolo! Era proprio davanti all’entrata ormai chiusa. Faceva molto caldo, ma l’impermeabile che aveva addosso non se lo sarebbe mai tolto... Iori sorrise debolmente. Non sarebbe mai riuscita a capirlo...
- Musashi!!! Sono qui!
Appena la sentì, lui le corse incontro. Si abbracciarono.
- Sei un po’ in ritardo che è successo?
- Ah sapessi! Una giornata assurda!
E Iori cominciò a raccontargli tutto quello che aveva sentito dai suoi amici. Del fatto di sua moglie e sua figlia, del fatto che fosse diventato un assassino... insomma, tutte cose assurde, a suo parere! Musashi era rimasto ad ascoltare con interesse, senza tradire un’emozione. Alla fine del racconto, aveva gli occhi fissi a terra.
- Bè, le stupidaggini che la gente può inventare sono incredibili, vero?
Lui non parlava, ed a Iori questo non piaceva per niente.
- Vero?
Ancora silenzio da parte dell’uomo seduto sul muretto della scuola.
- Musashi...?
Lui alzò lo sguardo svelto.
- Iori, quello che sto per dirti non ti piacerà, perciò te lo dirò tutto d’un fiato (Non ricordo dove ho sentito o letto questa frase, ma ricordo perfettamente che in quel contesto mi colpì molto. Sono sempre rimasta affascinata da queste parole, per quanto crudeli... zob... NdLisa Ma non essere ridicola!!! NdTutti Eddai, non si può fare nemmeno un po’ di prosa elegante in questa fic??? NdLisa). Non me la sento di mentire anche con te.
Musashi le raccontò la sua storia. Era la prima volta che si apriva così con qualcuno. Lo trovò estremamente liberante, il peso della sua coscienza si alleggerì parecchio durante quella confessione, nel silenzio di lei. Ed in pochi minuti lei venne a conoscenza di Washu Lan, Washu, i suoi occhi, i suoi omicidi... e si, anche del fatto che lui era quello che avrebbe dovuto uccidere Kunaku. Iori rimaneva zitta. Sguardo basso, la frangetta che le copriva gli occhi, dai quali, solo alla fine del preciso racconto di Musashi, scesero calde ed amare lacrime.
- Però poi ho conosciuto te... ed allora tutto è cambiato. La somiglianza che avevi con Washu Lan era davvero impressionante, e se devo dire la verità all’inizio ti ho avvicinata soltanto per questo, ma poi... insomma, tu sei tu e nessun’altra, e ti amo perché sei Iori, non perché somigli a Washu Lan. Allora ho deciso di porre fine alla mia vita da criminale, e...
- Basta così, grazie.
- Cosa?
Musashi la osservò attentamente. Le guance rigate di bagnato non lasciavano dubbi: piangeva copiosamente da molto.
- Vorrei conservare un bel ricordo di noi, per quanto possibile.
Lei alzò il viso verso di lui, e lo guardò negli occhi.
- Cosa intendi dire, Iori?
Lei gli sorrise tristemente, ancora quel dolce sorriso, che Musashi cercò di imprimere nella sua memoria e che non avrebbe più dovuto dimenticare. Poi lo baciò delicatamente sulle labbra. Staccandosi, sussurrò una piccola parola. Piccola si, ma che contiene tutta l’amarezza dell’animo umano.
- Addio...
Poi la vide sparire dalla strada. La vide sparire dalla sua vita. Per sempre. Non si rividero più.
*

Mia madre e mio padre mi parlano molto di questa storia ancora oggi che sono passati ben dieci anni. Lo ricordano sempre con dolcezza. Una frase che disse Iori quando venne a casa nostra subito dopo averlo lasciato mi è rimasta impressa nella memoria.
- Mi dispiace, non riesco a non amarlo...
Solo un paio di anni dopo sapemmo che cosa lui davvero avesse fatto, ovvero dello scioglimento della cosca, della liberazione della ragazza... Iori ha passato un periodo molto brutto, ma anche lei adesso ricorda solo le cose migliori del suo rapporto con Musashi. Ah, prima che me lo scordi, alla fine quei due matti mi hanno adottato sul serio! E si sono anche sposati! Assurdo... io non credevo che sarebbe durata... in ogni caso adesso noi tre viviamo soli in questa grande casa... Papà lavora in banca, mentre mamma ha continuato a frequentare la scuola di scultura ed adesso vende le sue creazioni in tutto il mondo! Impressionante quanto riesca a guadagnare in un anno...
- Kukuchaaaaaaaan!!! C’è Iori, su! Non avevi detto che volevi andare in pizzeria, stasera?
- Arrivo mamma!
Adesso devo andare, vi saluto, grazie per avere ascoltato questa storia. Sapete per quanto i miei genitori mi abbiano raccontato spesso questa storia, io non l’avevo mai raccontata a nessuno. Probabilmente lo farò anch’io quando avrò dei figli.
- Accidenti, adesso vado a prendere su mio figlio con la forza!!!
- Non c’è bisogno papà!!! Ho detto che sto arrivando!!! Accidenti!
Bè, vi saluto davvero adesso. Sennò poi chi li sente quelli!
*

Cara Iori, come stai? Spero che sia tutto a posto, e che tu ti sia rifatta una vita, anche se sinceramente io avrei tanto voluto farne parte. Ma ti auguro comunque ogni bene. Spero solo che ogni tanto anche tu mi pensi come io faccio. Adesso sono lungo le coste della Sicilia settentrionale, vicino Palermo, penso che stasera attraccheremo lì. Già, sono diventato proprio un marinaio. Incredibile, vero? Tra l’altro ho rivisto anche Falco, ultimamente. Si è sposato, ha due figli e vive contento in Inghilterra. Fa il cuoco per un ristorante davvero di lusso, mi ha anche offerto la cena! Come si cambia, vero? Sai a cosa pensavo ultimamente? Che se noi, quella notte, avessimo fatto l’amore senza preservativo, adesso forse, tu avresti almeno un figlio che ti ricorda me! Ma poi penso che non sarebbe stato giusto costringerti per una vita con un bambino: avrai un figlio da chi riterrai più giusto, e probabilmente non mi ritieni abbastanza giusto, per ora. Se tornerò in Giappone passerò a trovarti. Forse non mi vorrai vedere, e ti capirò, in quel caso. Ma se mi vorrai vedere sarò l’uomo più felice del mondo, credimi... Bè, adesso ti lascio, torno a lavoro. Sappi che ti amerò sempre. Tuo
Musashi

Musashi piegò il foglio in quattro e lo mise dentro una busta. Ogni tanto si chiedeva a cosa servisse scrivere lettere che poi puntualmente non spediva, ma poi pensava che era comunque una cosa che lo tirava su di morale, quando ne aveva bisogno. E quando era nella sua cabina, di notte, in mezzo al mare, magari in tempesta, l’unico ricordo che gli era di conforto era il suo dolce sorriso. Quello che probabilmente non avrebbe più rivisto. Pensò che forse, una volta attraccati in città, avrebbe potuto spedirla, questa lettera. Solo questa. Poi abbandonò l’ipotesi. Forse un giorno l’avrebbe fatto, ma non ancora. Pensò divertito che se avesse aspettato ancora un po’, probabilmente sarebbe morto: dieci anni erano già abbastanza per avere “aspettato”. Bè, tanto valeva non pensarci. Si alzò ed andò verso la poppa della nave. Guardando il mare ripensò un’ultima volta a lei. Poi tornò a lavoro.
- Tornerò, prima o poi... spero che mi accetterai. Spero che mi amerai di nuovo. Perché io ti amo, Iori...

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