Genere: Introspettivo.
Pairing: Tom/Bill.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Angst, Incest, Language, Slash.
- Dopo l'uscita del terzo album dei Tokio Hotel ed alla conclusione di un tour mondiale che avrebbe effettivamente potuto portare risultati migliori, dalla Universal giunge per Bill la possibilità di lavorare ad un album solista. Bill accetta. E il mondo di Tom crolla sotto gli occhi di David Jost - un testimone che avrebbe volentieri fatto a meno di questo ruolo.
Note: Tendo ad essere sempre piuttosto sincera ma poco obiettiva, nelle note finali delle mie storie, perché in genere le scrivo a caldo non appena conclusa la storia. Stavolta è diverso perché, appena finito di scrivere, ho chiuso ed inviato la storia a chi di dovere (dato che partecipava alla quarta Disfida dei Criticoni) concedendomi il tempo giusto di un paio di riletture alla ricerca di errori di battitura. Poi l’ho chiusa con una certa furia e l’ho lasciata decantare un paio di giorni, prima di riprenderla in mano.
Il fatto è che la sensazione, dopo due giorni, è la stessa di due giorni prima. Sono arrabbiata con questa storia e sono arrabbiata con me stessa per questa storia è___é La trama originaria – spero la si intuisca nello schifo – era bellerrima. L’ascesa ed il declino di Bill e dei Tokio Hotel erano un argomento di riflessione intrigantissimo ed avrei davvero voluto analizzare anche il rapporto che legava Bill a Brian, oltre che rendere in maniera di gran lunga più decente la strana relazione dei gemelli.
Purtroppo, il risultato finale non è che una bozza. Ebbene sì, questa è la bozza di ciò che avrebbe dovuto essere. E siccome io sono fisicamente incapace di riscrivere, sono perfettamente consapevole di aver sprecato una buona idea ed una buona trama per qualcosa che ritengo di gran lunga sottotono rispetto alla mia produzione e che ho finito per odiare proprio per questo. Anche perché la scena finale dei gemelli – quella dello strusciamento – era nella mia testa (ed è ancora, ma solo in potenza) veramente ma veramente bella. L’ho sprecata, del tutto. È una cosa abbastanza imperdonabile, ma cercherò di passarci sopra e fine XD
Alla fine, l’unica cosa mi piaccia davvero di questa fanfiction – oltre il concetto che ci sta dietro – è il titolo. Licorice vuol dire liquirizia, e l’ho scelto quando ho scoperto che le foglie di liquirizia hanno proprietà cicatrizzanti. Visto che questa storia parla di una frattura e della sua faticosa guarigione, mi è sembrato appropriato :)
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
LICORICE

~I grandi eroi, quelli che vengono ghermiti da me, dalla Gloria, non sono mai esseri imperfetti.
Knockin' Hills, di Keiko

Tom non l’aveva presa bene, ma d’altronde nessuno si era mai aspettato che lo facesse, nemmeno per un secondo, perciò la cosa non stupì né David né i ragazzi né tantomeno Bill, che la reazione di suo fratello l’aveva prevista con una precisione così millimetrica da lasciare sconvolti. David, quantomeno, che pure era abituato a momenti di telepatia gemellare che sfioravano il fantascientifico, era rimasto profondamente turbato quando, dopo aver parlato con Bill dei piani dell’Universal nei suoi confronti, il ragazzo aveva sorriso tristemente ed aveva commentato “Tom darà di matto… non sarà mai d’accordo, si chiuderà a riccio e non mi lascerà mai fare senza un’assicurazione”.
Il copione si era dipanato seguendo pedissequamente quella traccia, in effetti: Bill aveva chiesto a David di non dirlo a Tom, di lasciar fare a lui, e David non aveva trovato nulla da ridire, a parte una punta di preoccupazione del tutto giustificata della quale però, col cantante, non aveva affatto parlato. Bill e Tom erano grandi, dopotutto, e si trattava di questioni di lavoro. Avrebbero dovuto adattarsi.
Quando Bill aveva rivelato a Tom che la Universal voleva lanciare la sua carriera da solista, Tom aveva effettivamente dato di matto. David l’aveva saputo per primo perché la prima cosa che il chitarrista aveva pensato di fare era stato mettere mano al telefono, chiamarlo ed informarlo che non se ne parlava nella maniera più assoluta.
“Non puoi rifiutare, Tom, la faccenda non riguarda te.”, aveva risposto lui, cercando di mantenersi serio e impassibile di fronte a quella che era palesemente la furia di un ragazzino ferito, frustrato, deluso e spaventato.
“Senti, David, la faccenda mi riguarda eccome. I Tokio Hotel-”
“I Tokio Hotel non hanno nulla a che vedere con tutto questo.”
“La Universal sta rompendo il cazzo perché l’album e il tour non sono andati bene, ma Bill non è pronto a-”
“Bill”, l’aveva interrotto lui con un sospiro esasperato, “ha già firmato un contratto.” S’era interrotto, dando modo a Tom di respirare pesantemente nella cornetta e cercare, probabilmente, di far spazio nei polmoni per accogliere la notizia. “Individuale”, aveva precisato dopo una lieve esitazione.
“…e quindi è così.”, l’aveva sentito continuare, ma la sua voce era lontana e gelida. Soprattutto, non stava parlando con lui. David sapeva che Bill si trovava lì, proprio al suo fianco, che c’era rimasto per tutto il tempo, e come sapeva questo sapeva che in quel momento stavano parlando fra loro. “Ci molli così?”.
E la voce di Bill era arrivata, lontana e metallica e spezzata.
“No, Tomi. È solo un album. Poi torniamo subito in studio.” E la telefonata si era interrotta.
David aveva evitato di precisare l’ovvio – cioè che dopo un album da solista sarebbe servita della promozione da solista, un tour da solista e dopo, probabilmente, anche un fottuto periodo di riposo da solista, se non volevano perderselo per esaurimento da stress – e si era semplicemente preparato ad affrontare il seguito.
Quando “il seguito” era arrivato, avvolto in un cappotto color crema e decorato di un sorriso sicuro e cordiale, a nessuno era sembrato che per Tom potessero esistere ulteriori motivi per prendersela.
Però era successo. Quando aveva posato gli occhi su quell’uomo, per qualche motivo, Tom se l’era presa di più.
*
Bill si dondolò sulla sedia, stringendo le ginocchia fra le dita intrecciate. Sorrideva ma il suo era un sorriso lontano. Eppure c’era nei suoi occhi la scintilla di chi è felice per davvero. David si chiese per quale motivo, se era davvero così felice, non lasciava che la gioia affiorasse al sorriso.
Si rispose da solo ricordandosi che i sorrisi di Bill tendevano ad essere perfino più sinceri dei suoi occhi.
- Quindi è lui… il mio produttore.
David annuì, sospirando appena.
- Bill, se per qualche ragione-
- Brian Molko… - lo interruppe lui, dondolando ancora un po’, - Hai idea di quanto… non lo so. È una cosa surreale.
- Non è mica la prima volta che lo vedi. – sbuffò il manager, stringendosi nelle spalle.
- No, ma… sapere che dagli studi di registrazione uscirà entro l’anno qualcosa di mio e suo… non è esaltante?
David ridacchiò.
- Solo per un fanboy ossessionato come te, Bill. – lo prese in giro, - Ricordati che è lavoro. Solo lavoro. Lo sai come funziona in questo mondo, non ci sono amici, solo colleghi.
Bill arricciò le labbra in un broncio offeso ed incrociò le braccia sul petto.
- Devi essere sempre così cinico?
- Maturo.
- Vecchio.
David rise e scosse il capo.
- Okay, okay. – concesse alzando le mani, arreso, - L’importante è che tu stia tranquillo.
Anche se non capisco perché non sei felice.
Bill sospirò e stese per bene le gambe, sgranchendosi un po’.
- Secondo te dovrei fargli vedere i testi che ho scritto?
David fece una smorfia.
- Quelli scartati per l’album dell’anno scorso, Bill?
- No, no! – rise il ragazzo, lievemente imbarazzato, - …altri.
- Che non ho visto?
- Mh. – annuì lui.
- Ed io non li ho visti perché…?
Bill scrollò le spalle.
- Conservati per un’occasione speciale.
L’uomo roteò gli occhi e si grattò la nuca. Poi porse la mano.
- Ora posso vederli?
Bill sorrise e ficcò le mani in quel suo enorme valigione d’alta moda che continuava a chiamare borsa. Ne riemerse con un taccuino sgangherato la cui copertina, sotto gli schizzi e i disegni senza senso di cui l’aveva ricoperta, non era più neanche identificabile.
David prese fra le mani quel plico di fogli e ne lesse qualche riga.
- …sembrano buoni. – ammise con non poco stupore. Erano davvero per un’occasione speciale. – Sì, penso che dovresti mostrarglieli, Bill.
*
Tom si stava aggirando attorno alla sua scrivania con la furia di un animale in gabbia. Gli brillavano gli occhi e le labbra erano talmente contratte e sottili da non riconoscersi neanche più sul viso. Praticamente scomparse.
La sua agitazione faceva da contrasto in maniera quasi disturbante con la cupezza priva di espressività di Georg e Gustav, seduti sulle poltrone proprio di fronte a lui. Con loro, David aveva parlato. Sapeva che la situazione non li turbava quanto invece turbava Tom.
Forse era proprio quello, il punto. Tom continuava ad insistere sulla fine annunciata dei Tokio Hotel. Georg e Gustav, però, non ne avevano paura. E non perché non fossero interessati all’eventualità, semplicemente perché non la credevano possibile nel momento specifico.
C’era decisamente un altro motivo, dietro alla rabbia di Tom.
- Le vendite non sono più costanti?
Tom non si era mai interessato del versante economico della carriera dei Tokio Hotel. Gli era sempre bastato, fondamentalmente, avere i soldi per concedersi i propri capricci e fare musica. Lì si fermava il suo raggio d’azione mentale. Lì s’era sempre fermato, almeno.
Adesso che Bill stava chiuso in sala di registrazione con Brian Molko per buona parte delle ventiquattro ore della giornata, però, improvvisamente tutto assumeva importanza più rilevante.
- No, Tom. – rispose David, sistemando sulla scrivania gli ultimi resoconti perché, passandogli alle spalle, il ragazzo potesse dal loro un’occhiata e non capirne comunque un accidenti.
- Che vuol dire questa linea? – chiese il rasta, puntando il dito su uno dei grafici.
- È il grafico dei profitti derivati dalla vendita dell’ultimo album.
- Va verso il basso.
David sospirò.
- Non tanto in basso. È un calo, è fisiologico, prima o poi succede con tutti i dischi. Pensi che, non lo so, Let It Be venda tanto oggi quanto ha venduto nel millenovecentosettanta? – Tom ringhiò e ricominciò ad orbitare attorno alla scrivania. – Oltretutto, il vostro indice di gradimento è stabile. Non sta salendo, ok, ma è stabile. Ti ho rassicurato?
Era buffo ritrovarsi a rassicurarlo per una cosa simile. Il suo compito avrebbe dovuto essere non esattamente quello contrario, ma quasi. In effetti, un calo di vendite dopo l’uscita di un album era fisiologico, ma non quando la linea dei profitti cominciava ad inabissarsi già a metà del tour promozionale. I tempi erano un po’ troppo ristretti. Abbastanza da preoccupare la Universal, almeno. Il nuovo contratto di Bill non era esattamente piovuto dal cielo. Come niente mai piove dal cielo nello show business.
- Voi non dite niente? – chiese Tom, abbattendosi con un salto sulla scrivania e sedendosi praticamente di fronte a lui.
Georg e Gustav non dissero niente davvero.
*
Bill continuava a sorridere in maniera sospetta e David non sapeva come estrarre la verità da quel suo visino da Sfinge.
- Sta andando tutto bene, sì? – chiese, passandogli il Big Mac.
Bill annuì ed addentò il panino con voracità felina. Un morso enorme e giù dritto in gola, come non avesse neanche bisogno di masticare.
- Dio, avevo una fame assurda! – commentò il ragazzo, lasciandosi andare contro la sedia e sospirando sollevato, - Ero chiuso in studio dalle sette del mattino, sai? Allucinante!
David sorrise e sorseggio la propria coca cola.
- Mi racconti un po’?
- Brian è… è fantastico. – partì subito Bill, con aria sognante, - Non so come faccia, mi legge nel pensiero, se io sono lì che mi sto agitando perché non riesco a venire fuori da un verso, lui me lo sbroglia subito! È meraviglioso!
David sorrise ed annuì comprensivo.
- Hai difficoltà a comporre direttamente in inglese?
Bill si strinse nelle spalle.
- Odio quella fottuta lingua. – commentò distrattamente, - Ma Brian è bravo ad usarla.
- E le canzoni che avevi già scritto in tedesco? Gliele hai poi fatte vedere?
- Sì. – annuì Bill, - Ma Brian le ha trovate un po’ infantili. L’idea andava bene, mi ha detto, ma andavano scritte in maniera più consapevole. Sai che ha addirittura ascoltato tutta la nostra discografia per farmi notare che ripetevo le cose un po’ troppo spesso…? È meraviglioso.
David annuì ancora.
- Quindi va… tutto bene, no?
Bill sorrise. Un sorriso piccolo.
Come può andare tutto bene se i tuoi sorrisi sono solo questi? Non sorridevi così, quando registravi con noi. Non sorridevi così a Tom. Questo sorriso è davvero troppo troppo piccolo per contenere la gioia che sei in grado di esprimere quando sei veramente felice.
- Tomi come...?
- È un po’… - esitò, cercando la parola meno allarmante, - turbato.
Bill si morse un labbro.
- Le vendite-
- Non parliamo di questo. – sorrise David, conciliante, - Il tuo panino si fredda.
Bill annuì.
*
Quella rivista scandalistica, Tom gliela gettò sulla faccia. Senza il minimo rispetto.
David annaspò, strinse gli occhi per il dolore assurdo che l’aveva inebetito quando la costina rigida del magazine gli aveva colpito la radice del naso e poi, quando la fottuta rivista ricadde inerme sulla sua scrivania, si ritrovò a fronteggiare un paio d’occhi talmente infuocati da fare male più del dolore stesso.
- Cosa cazzo vuol dire.
E non era una domanda.
David prese la rivista fra le mani, forzandosi di ignorare lo slogan che, già in copertina, attirava gli sguardi su un cerchio fuxia all’interno del quale faceva bella mostra di sé uno scatto che ritraeva Bill e Brian al tavolino di un bar poco distante dagli studi di registrazione. Niente di compromettente, ma David lo sapeva: la roba veramente succosa sta nascosta all’interno, di modo che tu debba per forza comprare per averla.
Pagina dopo pagina, trovò l’articolo. Supposizioni, insinuazioni, basate più che su Bill sulle voci che vedevano Brian in rotta con la propria compagna, slogan offensivi che facevano pressione sulla differenza d’età e sulla palese ammirazione sconfinata che legava Bill all’uomo più maturo.
La Universal avrebbe dovuto muoversi con cautela. Le foto c’erano, ma non erano pericolose come David aveva tenuto. Un abbraccio un po’ tenero e Brian che apriva la portiera a Bill.
Tutto e niente, come al solito quando si parlava di gossip.
- Cosa devo dirti, Tom? – chiese esasperato, stringendosi nelle spalle.
- Devi dirmi cos’è questa merda. E perché è su questo schifo di giornale del cazzo.
Il manager sospirò pesantemente.
- È merda. Ed è questo il motivo per cui sta su questo giornale. Perché è un giornale del cazzo. Contento?
Tom non fu contento, naturalmente.
- Stanno insieme?
- Tom!
- Li hanno visti. Si abbracciano. Perché escono dal cazzo di studio di registrazione? Non dovrebbero.
- Hanno ancora diritto ad una pausa di quando in quando. – protestò lui, aggrottando le sopracciglia.
- Non ce l’hanno, cazzo, no! – ritorse Tom, battendo una mano sulla scrivania, - Devono finire il prima possibile, noi abbiamo un album da realizzare!, e loro perdono tempo al bar, porca troia-
- Tom, calmati! – lo riprese il manager, scattando in piedi e fronteggiandolo da una posizione lievemente meno svantaggiosa, nonostante i numerosi centimetri di cui Tom lo superava in altezza. – Ed, a proposito del prossimo album dei Tokio Hotel-
L’espressione sul volto di Tom lo terrorizzò. Lo vide letteralmente trasfigurare, da furioso a terrorizzato e sconvolto e perso.
- …ci hanno silurati?
Spalancò gli occhi.
- Ma cha cazzo… Tom?! Ma chi ti ha messo in testa quest’idea assurda?
Il ragazzo si morse un labbro, guardando altrove.
- Le vendite-
- La Universal non è sul punto di scindere il contratto, Tom. Dimenticati quest’idea del cazzo e prenditi una vacanza, visto che non avere niente da fare e restare qui ti sta palesemente facendo perdere la testa!
- Non posso andarmene! – sbottò lui, tornando a guardarlo, - Devo… tenerli d’occhio.
David lo fissò, incredulo.
- Non ho idea di cosa tu stia dicendo, Tom. Sono molto preoccupato per te. Parla con Bill, fatti rassicurare, non lo so, qualsiasi cosa. Non puoi essere davvero così geloso.
Ed era quella la parola. Era quello il motivo. David osservò gli occhi di Tom farsi enormi e liquidi e confusi, e se ne rese conto. Finalmente. Il motivo. Gelosia.
- …Tom?
Il ragazzo scosse il capo.
- Io non sono geloso. – rispose seccamente, - Sono preoccupato. Per i Tokio Hotel. Cristo, David, sono la cosa più importante che ho, è naturale mi preoccupi dell’eventualità possano essere silurati!
Il ragionamento filava, tutto sommato.
La falla alla base, però, impediva a David di prenderlo sul serio: la cosa più importante per Tom non erano i Tokio Hotel. Era Bill.
*
Bill non sorrideva neanche più. Il brillio nei suoi occhi restava ma David cominciava a sospettare fosse la maschera che usava per tranquillizzarlo. A guardare Bill negli occhi non si sarebbe affatto detto fosse triste: perché gli occhi erano vivi e ardenti e brillavano in un modo tutto loro, nel modo esaltato in cui brillano quando sei in mezzo ad un progetto cui tieni e che sta andando a gonfie vele.
A guardarlo solo negli occhi, lo si sarebbe detto felice.
Il sorriso, però, s’era spento del tutto.
- Hai parlato con tuo fratello di recente, Bill?
Il ragazzo rise e lo fissò come fosse un nonnetto un po’ scemo che dimentica le cose.
- David, io e Tom viviamo insieme…
- E parlate?
Bill guardò altrove.
- …quanto alto dev’essere il volume della voce perché dal “parlare” si passi al “litigare”? – chiese con aria afflitta.
David scosse il capo.
- Non c’è neanche bisogno di urlare davvero, per litigare, Bill.
Il manager lo osservò abbattersi contro la scrivania e nascondere la testa fra le braccia, sospirando dolorosamente.
- Allora litighiamo. – mugolò, - Non capisco perché, David. Con Brian va tutto così assurdamente bene ed invece con Tom mi sembra di vivere in un disastro. Mi sento male alla sola idea di tornare a casa, perché so che ci sarà lui, là dentro, che mi guarderà come se lo stessi tradendo e… - si interruppe, probabilmente realizzando la portata di ciò che stava per dire. O che forse, fra le righe, aveva già detto. – Noi non siamo tanto normali. – concluse, tornando a rimettersi dritto sulla sedia.
David sorrise conciliante.
- Forse non dovreste realizzare un altro album coi Tokio Hotel, subito dopo il tuo da solista, non credi? – propose esitante, lasciandogli un’amichevole pacca sulla spalla.
Bill spalancò gli occhi.
- Tom mi ucciderebbe.
- E tu prendi e te lo porti alle Maldive, lo infili in una piscina piena più di ragazze seminude che d’acqua e risolvi il problema, no?
Gli occhi di Bill si fecero ancora più grandi, e le sue labbra si piegarono in una smorfia di puro disgusto.
Risolvere il problema? Evidentemente no.
*
David non stava facendo niente di particolare, quando il problema si palesò in tutta la sua enormità. Proprio perché non aveva niente di particolare da fare, anzi, s’era ritrovato testimone involontario di quanto stava accadendo dentro ai gemelli. E pressava per venire fuori.
Girovagava per gli studi senza una meta, alla ricerca di un distributore automatico di caffè che non fosse il solito, dato che era fuori uso, quando notò qualcosa di strano agitarsi in un angolo e gli sembrò di riconoscere quel qualcosa come l’onda morbida e scura dei capelli di Bill.
Ed un mugolio.
Un angolo, un mugolio, i capelli di Bill.
Pregò perché dietro quell’angolo non ci fosse Brian Molko, ma quando si mise a spiare – dandosi a bere la scusa del bravo manager che tiene d’occhio i propri pupilli – ciò che vide gli fece rimpiangere l’altra opzione.
Perché con Bill c’era Tom.
Non stavano facendo niente, ma non era necessario.
Bill era schiacciato contro una parete. Suo fratello era schiacciato contro di lui. Si guardavano.
- Mi stai facendo impazzire, cucciolo. – disse Tom, a due centimetri dalle sue labbra, - Perché mi stai facendo questo?
Bill guardò altrove ma suo fratello non glielo lasciò fare: lo afferrò per il mento e lo riportò occhi nei suoi.
- Non ti sto facendo niente, Tom. – si forzò a rispondere il moro, gli occhi socchiusi, - Sei tu che-
- Non ti ci voglio vedere più, con quel tipo.
- Stiamo lavorando insieme.
- Tu sei mio.
Un attimo di esitazione, un respiro strozzato.
- …lo so.
Tom sospirò e poggiò la fronte contro quella del fratello.
- Le registrazioni stanno andando bene? È un bell’album?
Bill chiuse gli occhi ed aggrottò le sopracciglia, lasciandosi sfuggire un lamento di puro dolore quando Tom si mosse contro di lui.
- Sì. – rispose a bassa voce, stringendo le dita attorno alla maglietta di Tom.
Il rasta annuì.
- Rescindi il contratto. – disse poi, seccamente.
Bill spalancò gli occhi.
- Tomi-
- Rescindi il contratto. Non voglio che tu finisca quest’album. Non voglio vederlo nei negozi e non voglio neanche vederlo completo. Non voglio sentirlo, non voglio pensare che esista e ti rivoglio con me. Nei Tokio Hotel. Adesso.
Bill scosse il capo.
- Non posso, Tom.
- Tu non capisci. – strinse la presa attorno ai suoi fianchi, pressandoselo contro. – Stanno solo preparando il terreno. Se le vendite del tuo disco andranno bene… - sollevò una mano ad accarezzargli una guancia, - …e lo faranno, cucciolo… - scosse il capo, - se succederà, dei Tokio Hotel non rimarrà niente. Niente di niente. Ti prego, Bill, rescindi il contratto e torna a cantare con noi. Sarà un album meraviglioso, non dovrai pentirtene, ho già un mucchio di idee, ti prego, Bill, ti scongiuro.
Bill deglutì e chiuse gli occhi, sfiorando la guancia di Tom con le labbra.
- Io non lo capisco perché fai così… - sussurrò ad un centimetro dalla sua pelle, arreso ed estenuato.
Tom si mosse contro di lui ed il gemito di Bill diede a David tanti e tali brividi da costringerlo a pressarsi una mano sulla bocca per non rantolare qualcosa.
- Sì che lo capisci, cucciolo. Lo sai perfettamente. Non fartelo dire.
Bill chiuse gli occhi e chinò il capo.
Poi, semplicemente, annuì.
*
Solo in ufficio, David rimase a lungo ad aspettare l’arrivo di Bill. Cercò di capire dove avesse sbagliato, mentre attendeva. Se avesse sbagliato nello scegliere proprio due gemelli come cavallo di battaglia, o se avesse sbagliato dopo, quando li aveva uniti per sempre con un contratto più restrittivo di un accordo prematrimoniale. O se, infine, il suo errore non fosse stato quello di avallare una separazione che in fondo nessuno dei due voleva.
Bill non riusciva a sorridere perché non era per Brian che voleva cantare.
Tom non faceva che pensare alla morte dei Tokio Hotel perché erano i Tokio Hotel l’unica cosa che gli interessava mantenere in piedi. Per Bill, solo per lui. Non per le fan, non per la musica, ma perché era lì che Bill voleva cantare.
Quando il moro entrò in ufficio, si sedette alla scrivania e sciorinò la propria vacua sequela di giustificazioni e lamentele – aveva ragione Tomi, David, io non sono pronto, quest’album non mi convince, non voglio avviarmi come solista, possiamo per favore riportare tutto com’era? Tu puoi, giusto, David? – lui non trovò niente da obiettare. Non perché non potesse: avrebbe potuto rimproverarlo fino alla fine del mondo battendo sull’irresponsabilità palese che dimostrava, sull’impossibilità di fidarsi di lui per progetti alternativi e così via fino a stordirlo di chiacchiere.
Ma lui non aveva voce in capitolo, per quanto riguardava quella decisione.
Lui ne era l’esecutore materiale e lo scomodo testimone.
- D’accordo, Bill. Vedrò cosa posso fare.
Bill sorrise. Sorrise davvero.
- E quello che avete già prodotto? – chiese il manager, inarcando un sopracciglio.
Il ragazzo si strinse nelle spalle.
- Ricicleremo.
E tu, Bill? E Tom? Riciclate il non-detto che continuate a ripetervi da anni o passate al livello successivo?
Evitò di chiederlo. Sospettava che, così esplicitamente, non ne avessero mai discusso neanche gli stessi gemelli. La cosa importante, al momento, era che la frattura si fosse ricomposta. Fosse grazie alle strusciatine dietro un angolo agli studi o grazie all’insistenza di Tom o alla resa di Bill, non l’avrebbe probabilmente mai saputo.
E non era neanche così importante.
Sospirò. Il grafico delle vendite dell’ultimo album dei Tokio Hotel continuava a scendere.
Palesemente non erano i Tokio Hotel, quelli che si sarebbero salvati, alla fine di quella storia.
back to poly

Vuoi commentare? »

your_ip_is_blacklisted_by sbl.spamhaus.org