Fandom: Originali
Genere: Introspettivo, Drammatico.
Rating: R/NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Lime, Dub-Con, Drug Use, Death.
- Una bella serata per una passeggiata al mare.
Note: Ciao, sono Liz e ho scritto una storia che, tanto per non ripetere sempre le stesse cose, mi piace XD Non succedeva da un po' che mi trovassi di fronte a una storiella che, pur nella sua brevità, mi soddisfacesse così completamente, e quindi ne sono molto felice XD E' anche la prima shot che ho scritto quest'anno per lo storico e meraviglioso P0rn Fest #5 indetto dalle sempre splendide admin di fanfic_italia ♥ Il prompt, ORIGINAL Sconosciuto/Ragazzo, let's go for a long ride I'll show you places you won't ever want to leave the stranger's candy takes you where you ought to be (Dillinger Escape Plan, Setting Fire To Sleeping Giants), era stupendo, e mi ha dato subito delle immagini molto suggestive sulle quali lavorare. Io mi sono limitata a seguirle, e questo è ciò che ne è venuto fuori :)
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LET ALL THE HURT INSIDE OF YOU DIE

Let's go for a long ride
I'll show you places you won't ever want to leave
The stranger's candy takes you where you ought to be

Lo sconosciuto ferma la macchina e si sporge ad aprire lo sportello dal lato passeggero. Ale nota subito i suoi capelli biondo scuro, e gli occhiali da sole. “Strano,” si dice, visto che è sera. Ma per la strada, a quell’ora di notte, si vedono tipi perfino più assurdi, perciò a quella stranezza non dà poi troppo peso. Si stringe nella sua coperta lurida e strappata, comunque, e si nasconde dietro l’onda un po’ unta della frangetta nera che gli cade davanti agli occhi. Domani, se riesce, si infila in un McDonald’s e prova a lavarsi i capelli un’altra volta, sperando che i tizi delle pulizie non lo buttino fuori di nuovo. Ha davvero bisogno di ripulirsi un po’. E di passare mezz’ora almeno a riscaldarsi le mani con gli asciugatori automatici. Fa un cazzo di freddo fottuto per le strade, in questo periodo dell’anno. Che uno a guardare tutte le luci accese si fa sempre un sacco di fantasie, e si immagina che anche la strada possa riscaldarsi un po’, diventare un minimo più accogliente, ma non è mai così.
«Sali» dice lo sconosciuto, «Ti do un passaggio.»
«Non sto andando da nessuna parte» risponde Ale, stringendosi in un abbraccio protettivo.
«Sì invece» risponde quello. E abbassa gli occhiali sul naso.
I suoi occhi sono normalissimi, castani e scuri e profondi e misteriosi. Così normali da fare un po’ paura. Le sue labbra sono piegate in un sorriso sereno e rilassato. Dall’interno della macchina giungono folate di calore verso le quali il corpo di Ale si tende naturalmente.
Va con lui.
Lo sconosciuto guida per ore, parla di cose. Stronzate, per lo più. “Fa freddo, d’inverno,” e grazie al cazzo, “ha piovuto tanto, in questi giorni,” ma non mi dire, “ti stai annoiando terribilmente, vero?”, Ale neanche risponde. Scrolla le spalle, guarda fuori dal finestrino. È una bella serata, gelida ma serena. Non c’è neanche vento. Ale non conosce la strada che stanno attraversando. Sicuramente porterà da qualche parte, ma lui non è sicuro di volerci andare.
«È qui» dice lo sconosciuto fermandosi dopo un tempo indefinito. Ale non sa dove si trovi “qui”, ma sa che c’è la spiaggia, e il mare, che dalla banchina, così immobile nella notte, sembra una colata di cemento. Roba da volerci annegare dentro, è perfetto, bellissimo.
Le labbra gli si piegano automaticamente in un sorriso contento. È il primo che fa in un sacco di tempo, e gli spacca le labbra fino a farle sanguinare. “Bella merda,” si dice, “essere felici fa schifo al cazzo.”
«Guarda le stelle» gli dice lo sconosciuto, fermandosi al suo fianco. Ale gli lancia una breve occhiata, e poi punta il naso contro il cielo, proprio come sta facendo lui, e guarda la miriade di puntini bianchi che ne illuminano la volta.
«Sono più belle, da qui» commenta rapito.
«Perché non ci sono luci» risponde lo sconosciuto. «Volevi venire qui, vero?» gli domanda quindi. Ale annuisce lentamente.
«Come facevi a saperlo?» gli chiede. Lo sconosciuto sorride brevemente, scrollando le spalle.
«Io so sempre tutto» risponde, «Ho organizzato un viaggio per te.»
«Un altro?» Ale ridacchia, guardandolo di traverso, «Mi hai già portato fino a qui.»
«Questo ti porterà più lontano ancora» dice lui, tirando fuori dalla tasca una pillola bianca. È piccola e anonima, potrebbe essere qualsiasi cosa. Ale però la riconosce subito. Se la sente nelle vene, nella testa, nello stomaco. Se la sente nelle gambe, nel modo in cui le fanno tremare, e se la sente nelle dita, nel modo in cui si stringono in un pugno convulso.
«Le conosco, queste qui» risponde con un po’ d’amarezza, sentendo già i primi spasmi di voglia contrargli lo stomaco, «Non portano così distante, dopotutto.»
«Fidati di me» lo rassicura lo sconosciuto con un sorriso, «Questa ti porta in un posto dove non ti ha mai portato nient’altro.»
Ale non ha bisogno di sentirsi dire altro, per la verità non aveva bisogno di sentirsi dire nemmeno questo. Manda giù la pillola come una caramella, e se ne avesse altre manderebbe giù anche quelle, ma visto che non ne ha, se la fa bastare. Chiude gli occhi e si stende sulla sabbia, allargando le braccia e lasciandosi scivolare i granelli fra le dita. Sorride, mentre le stelle in cielo diventano tantissime, e poi cominciano ad unirsi l’una con l’altra tramite fasci di luce sottilissimi, un po’ come quando era piccolo e rubava la Settimana Enigmistica a sua nonna e ignorava tutti i cruciverba per arrivare al gioco in cui dovevi unire i puntini dall’uno al— non ricorda nemmeno il numero, per scoprire la figura nascosta. Con le stelle, adesso, è uguale. Vede tutte le costellazioni esistenti, e dove non le conosce ne inventa di nuove. E si sente scoppiare il cuore di gioia.
Lo sconosciuto si inginocchia al suo fianco, gli sbottona i pantaloni, gli infila una mano oltre l’orlo degli slip. Perso fra l’Orsa Maggiore e la Cintura di Orione, Ale ha la chiara impressione di vivere in una realtà parallela. Lo sconosciuto lo tocca, lo accarezza, ed Ale si lascia sfuggire dalle labbra un gemito roco e disperato, ma è come se lo sconosciuto non stesse toccando proprio lui, ma un ragazzo in tutto e per tutto uguale a lui, steso sulla spiaggia mentre lui viaggia a cavallo di comete che fa partire ad alta velocità con un calcio o due.
Lo sconosciuto si sistema fra le sue gambe, ed Ale vorrebbe sorridergli, accarezzargli il viso, scostargli quella gran massa di capelli biondi dalla fronte e dirgli “mi dispiace, amico, non sono un granché come scopata, però grazie del viaggio, grazie davvero,” ma non riesce, sta giocando a nascondino fra i pianeti e lo sconosciuto sta penetrando un corpo che non gli appartiene, si sta muovendo ritmicamente contro e dentro un ragazzo che non è lui, e le fitte di dolore, come quelle più rare e confuse di piacere, sono così distanti che Ale le percepisce solo sotto forma di piccole scariche elettriche. Gli scorrono sulla pelle rendendolo caldissimo, infuocandogli le dita. Accende cento nuove stelle solo toccandole, mentre lo sconosciuto spinge e spinge e si riversa dentro di lui.
Ale sorride, perso nel cosmo. È il viaggio più bello della sua vita.
Sfiora la guancia dello sconosciuto, e si stupisce di trovarla bagnata sotto le lenti degli occhiali. «Perché piangi?» gli chiede, sinceramente curioso, sentendosi le viscere sconvolte e spostate, anche se non fa ancora male.
«Mi dispiace» risponde quello, singhiozzando, «Mi dispiace, cazzo.»
Ale non riesce a capire perché. Segue con distrazione la lama, quando lui la tira fuori dalla tasca. La segue solo perché per un secondo brilla del bagliore della luna, ed Ale pensa “cazzo, la luna, è vero. Ho passato una serata intera fra le stelle, e non ho fatto nemmeno una passeggiata sulla superficie lunare. Che delusione.”
La sensazione calda e liquida del sangue che gli scivola via dallo squarcio aperto sul ventre è la prima che percepisce quando comincia a ritornare in se stesso. Chiude gli occhi prima di riuscire a sentire il dolore. Non fa in tempo a dire grazie, e di questo gli dispiace.
Guarda se stesso abbandonato su quella spiaggia, allontanandosi verso le stelle. Lo sconosciuto corre via, raggiunge la macchina, parte sgommando, il rombo del motore si perde nella notte. Sospeso, Ale si guarda intorno, si sente nuovo, si sente vivo.
La luna è vicinissima. È una splendida serata per fare quattro passi al mare.
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