Genere: Introspettivo, Drammatico.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Angst, Gen, Violence, Flashfic.
- "Sono le cose piccole che contano di più, le cose piccole sono quelle importanti, anche i centimetri di spazio che li separano."
Note: Questa storia è uno di quei piccoli miracoli che si verificano una volta ogni tanto. Quelle cose che non hanno niente di straordinario di per sé, ma che sono sempre il risultato di una combinazione di eventi tali da risultare poi miracolose, in ultima istanza XD Qui, di base, c'era un pensiero martellante (quello riguardo le piccole cose, che poi la storia si trascina dietro per tutta la sua durata) e la voce di una donna che mi parlava in testa. Ho voluto darle ascolto.
Scritta per la settima ed ultima settimana del COW-T @ maridichallenge (Missione 3, prompt: nome/i con prima lettera della storia e del di lei titolo uguale alla prima lettera del nick dell'autore - nel mio caso, L).
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Angst, Gen, Violence, Flashfic.
- "Sono le cose piccole che contano di più, le cose piccole sono quelle importanti, anche i centimetri di spazio che li separano."
Note: Questa storia è uno di quei piccoli miracoli che si verificano una volta ogni tanto. Quelle cose che non hanno niente di straordinario di per sé, ma che sono sempre il risultato di una combinazione di eventi tali da risultare poi miracolose, in ultima istanza XD Qui, di base, c'era un pensiero martellante (quello riguardo le piccole cose, che poi la storia si trascina dietro per tutta la sua durata) e la voce di una donna che mi parlava in testa. Ho voluto darle ascolto.
Scritta per la settima ed ultima settimana del COW-T @ maridichallenge (Missione 3, prompt: nome/i con prima lettera della storia e del di lei titolo uguale alla prima lettera del nick dell'autore - nel mio caso, L).
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LE PROPRIETÀ MAGNETICHE DELLA MATERIA
La prima cosa che fa è cominciare a dormire sul divano. Sono le cose piccole quelle che contano di più, se lo ripete anche con una certa ansia mentre pianifica, riflette, crolla a piangere in un angolo e poi si rialza e si infila in cucina di corsa per preparare la cena, cercando di darsi qualcosa da fare per non pensare a quanto sembri senza speranza questa situazione di merda.
Sono le cose piccole, sì, sono quelle che contano di più, per cui quella è la prima cosa che deve fare. Cominciare a mettere distanza fra loro, cominciare a dare ad ogni cosa il proprio nome. Cominciare a chiamare la solitudine ad alta voce, cominciare a rendersi conto di non avere niente, niente a parte quel poco di lei che le rimane intrappolato sotto le unghie mentre cerca di scavarsi una nicchia sicura nella realtà troppo tagliente e invadente per poter essere ignorata.
Comincia a dormire sul divano, e lui non ne è contento, ma d’altronde non lo è mai, riguardo a niente. Forse un tempo lo è stato, forse un tempo era felice, forse quello che è diventato adesso è solo il risultato di una serie di sfortunati eventi, forse non è nemmeno colpa sua, sicuramente, in ogni caso, non è più il tempo di porsi delle domande. Non lo è più se tutte le risposte che si ricevono, puntualmente, sono portate con violenza sul palmo della mano o sulle nocche appuntite del pugno chiuso.
Lei dorme sul divano, lui non ne è contento, glielo notifica con la solita educazione, parlandole piano, a bassa voce, mentre le fracassa il naso contro il lavandino in cucina. Poi la lascia lì, lei solleva lo sguardo sul proprio riflesso nella finestra, il suo viso fa capolino a metà da dietro la tendina color lavanda accuratamente stirata ed appesa perché non faccia pieghe, e capisce il significato dell’espressione “lacrime di sangue”.
Ma non torna a letto con lui. Sono le cose piccole che contano di più, le cose piccole sono quelle importanti, anche i centimetri di spazio che li separano, perciò lei continua a dormire sul divano, nonostante gli avvertimenti, le proteste, i rimproveri, le innumerevoli superfici appuntite contro le quali finisce per sbattere, la quantità ridicola di volte in cui le tocca mentire – a chiunque, in ospedale, ai suoi familiari, sul posto di lavoro.
Sono le cose piccole quelle che contano di più, sono i dettagli. Allontanarsi da lui è il primo passo. Un passo dopo l’altro, si allontanerà abbastanza da uscire da quell’appartamento dalla porta principale, per non tornare più indietro. Non è una questione di capacità, sa che può farcela, e non è una questione di tempo, sa che gli anni non rimettono a posto le cose, ma neanche le peggiorano, se tu impedisci loro di farlo; è tutta una questione di paura, ed anche lei deve imparare a chiamarla col proprio nome. Perché si può avere paura di un pugno chiuso contro il viso tanto quanta se ne può avere di un mondo in cui non devi svegliarti ogni giorno con un livido da qualche parte, e lei lo sa bene.
È tutta una questione di paura. Di potere, anche. Ma il potere si affievolisce con la distanza, come certi magneti che continuano ad attirarsi finché restano l’uno nel raggio d’azione dell’altro, ma finiscono inesorabilmente per perdere ciò che li tiene legati quando la distanza si fa troppo grande perché quel legame invisibile possa continuare a tenerli uniti. È tutto lì, è tutta una questione di forze, una questione puramente fisica. Una questione di centimetri. Di cose piccole. Di cose minuscole. Di magnetismo, di forze in gioco, di spazio.
Ecco, sì, è solo una questione di spazio. Di quanto ne hai intorno. È tutta lì la differenza fra cattività e libertà. Centimetro dopo centimetro, non è così difficile abbandonare la prima per conquistare l’altra.
È tutto molto più semplice, una volta che si riesce ad inquadrare le cose dalla giusta prospettiva. Sdraiata sul divano, mentre cerca di ignorare il dolore al fianco – alla schiena, alle gambe, alla testa, a tutto il corpo, in realtà – con la luce azzurrina della notte che filtra dalla finestra ed illumina la superficie riflettente del tavolino da caffè disegnandole addosso il contorno rotondo e rassicurante della luna, lei quella prospettiva la vede benissimo.