Genere: Comico.
Personaggi: Matthew Bellamy, Brian Molko, Tom Kirk.
Pairing: MattxBrian
Rating: R, più o meno XD
AVVISI: Boy's Love, CrackFic, RPS.
- Sembra una mattina tranquilla, come mille altre. Matthew Bellamy si alza dal letto. Si guarda allo specchio. E per poco non sviene per la sorpresa: è diventato un omino lego!
Commento dell'autrice: Ok, idiozia portami via X’D Non ho limiti.
Dunque, questa storia – venuta fuori indicibilmente lunga, soprattutto rispetto alla stupidità folle del soggetto che la regge – è nata in seguito ad alcune considerazioni fatte a proposito di Matt (principalmente, ma anche del suo degno compare XD) assieme alla Nai e all’Happyna. Qui ci sono molte delle assurdità con le quali occupiamo intere mattinate di chat <3
E se non avete ancora visto il video di “Invincible”, be’, fatelo, perché è UN AMORE *w*
A parte questo, i più attenti fra voi si saranno accorti del fatto che questa fic si ispira allo stesso temino di “Dettagli!” X3 Questo perché ho deciso che le “strange diseases” di Bri e Matt saranno tre ù_ù (nyah, una trilogia *-*). Quindi aspettatevene presto un’altra! XD (E, a proposito, grazie a tutti coloro che hanno recensito quella cretineria ç_ç Mi avete commossa ç_____ç Spero di non deludervi mai ç_ç!)
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LA METAMORFOSI
Song #86 – Strange disease Pt.2


Sarebbe stata una mattina normalissima, come tante altre, se nel tentativo di far scivolare una mano fra le lenzuola alla ricerca di un po’ di refrigerio dalla calura estiva non avesse sentito il tocco gelido e fastidioso della plastica, sotto ai polpastrelli.
Spalancò gli occhi all’improvviso e cercò di tirarsi su, ma nel momento esatto in cui lo fece si rese conto che il suo bacino sembrava… come immobilizzato. Si sentiva una vecchia porta in ferro arrugginito. Si sentiva come se non lo oliassero da tanto tempo.
Complessivamente, si sentiva parecchio strano.
Con una fatica sovrumana, strizzando gli occhi per lo sforzo, riuscì a sedersi sul bordo del letto.
Quando poi li riaprì e incontrò il suo riflesso nello specchio sulla parete di fronte, quasi scivolò sul pavimento per la sorpresa.
Era appena diventato un omino lego.
*

Immaginava che essere un omino lego potesse avere i suoi bravi pro.
Mentre cercava di infilarsi una camicia – che strappò – e un paio di jeans – che non riuscì ad abbottonare – pensò che dovevano esserci, altrimenti nessun giocattolo avrebbe scelto di diventare un omino lego. Si sarebbero tutti trasformati in Barbie ed Action Man, e per gli omini lego non ci sarebbe stato più modo di riprodursi.
Quindi, dei pro dovevano esserci.
Dovevano.
Era colpa sua, se non riusciva a vederli!
Evidentemente era troppo ottuso, la sua mente non era abbastanza aperta, c’era qualcosa in lui che non andava…
…Dovevano!!!
Squillò il telefono.
Muovendosi così lentamente che gli sembrava di essersi reincarnato in una tartaruga – caduta sulla schiena, peraltro – raggiunse l’apparecchio e lo sollevò.
Primo dilemma.
Non aveva orecchie.
- Pronto? – disse la voce di Tom dall’altro lato della cornetta, e lui subito si tranquillizzò: magari non aveva orecchie, ma poteva ancora sentire.
In qualche modo.
E non gli andava di approfondire.
- Tom? – chiese, con una vocetta stridula tirata fuori da chissà dove, - Stai bene?
Tom grugnì.
- Tu stai bene, Matthew? – gli chiese, invece di rispondere, con voce melliflua che terrorizzò il frontman.
- Io… uhm… sono stato meglio, in effetti. – confessò, incerto.
- Be’, questo non ti impedirà di venire in ufficio da me, spero.
- Ecco… in realtà…
- No, perché ho cose importanti di cui parlarti.
- Io veramente-
- Avanti, Matt! – insistette Tom, ormai sul piede di guerra, - A meno che tu non sia orribilmente deformato, non ti lascerò restare tappato in casa tutto il giorno.
Stava per rispondere che in effetti “orribilmente deformato” non rendeva ancora bene la sua condizione, ma Tom si affrettò ad aggiungere che anche in quel caso probabilmente l’avrebbe obbligato ad uscire comunque, quindi prese un gran sospiro e disse che sarebbe stato da lui in un quarto d’ora.
Dopodiché guardò indietro, al grande armadio di fronte al letto, e decise di trovare qualcosa che lo proteggesse nel breve tragitto che lo separava dal suo appartamento all’ufficio del manager.
Veloci, gli occhi corsero all’enorme arsenale di cappottini colorati, appesi tranquillamente alle loro grucce, come se il mondo fosse al loro servizio.
Allungò tremando una mano giallina dall’impossibile forma… tenagliosa – perché mai avrebbe dovuto utilizzare delle parole esistenti, se poteva creare? – ma la ritrasse quasi subito, spaventato dall’eventualità di distruggere uno di quegli adorabili e costosissimi capi solo provando a indossarlo – come già era successo alla sua povera camicia a righine rosse e bianche.
Meditò per qualche secondo se non fosse il caso di dipingersi i vestiti addosso, da bravo omino lego qual era.
E poi, scuotendo il capo con un gesto che avrebbe voluto essere fluido e naturale ma risultò più che altro un’impresa titanica durante la quale la tua testa finì rigirata sul suo collo di trecentosessanta gradi, optò per uno sciallino dal disegno scozzese che lo coprisse interamente come i mantelli degli hobbit.
Dopo neanche tre secondi, era già per strada. E lì, mentre camminava spedito – per quanto le ridicole gambette che la Lego gli aveva dato in dotazione gli permettessero – si accorse che lui sembrava l’unico al mondo ad essere affetto da quella strana malattia. Tutte le altre persone continuavano a portare avanti la loro tranquilla vita di carne e ossa, e si voltavano a guardare lui, questa specie di nano mummificato in un kilt, come fosse un extraterrestre.
Arrivò in ufficio di Tom pensando che gli sarebbe scoppiato il cuore per l’ansia, ma si accorse che in effetti non aveva un cuore, anche se la cosa stranamente non lo tranquillizzò.
- Matt! Sei qui!
Secondo dilemma.
Perché la voce di Tom sembrava tanto simile alla sua?
Si voltò a guardarlo – faticando immensamente per trattenere la testa dal roteare ancora come una girandola – e sarebbe svenuto, se avesse avuto un cervello e delle palpebre da chiudere.
Tom era un omino lego esattamente come lui.
Stava lì, tutto impettito, sollevando le braccina e facendole ruotare sui loro cardini fino a far compiere loro un’intera circonferenza.
- Tom! – strillò, inorridito, - Che è successo?!
Una manina tenagliosa gli si abbatté sulla testa.
- È sicuramente colpa tua!
- Eh?!
- Sei stato tu ad avere quest’idea cretina degli omini lego per il video di “Invincible”! Io te l’avevo detto! Lascia perdere, che la riproduzione in digitale è costosa e poi è un’idea stupida! Lascia stare, che è molto meglio se vi mettete un paio di abitini carini e fate finta di cantare! Ma tu no, non hai voluto ascoltarmi! E ora guarda!!!
Frastornato, Matt guardò.
Intorno a lui, ogni cosa sembrava essere uscita da un kit di costruzioni.
- Vuoi vedere la mia sedia, Matt? La vuoi vedere?
Il tono del manager non sembrava esattamente quello di un uomo gentile che gentilmente chiede qualcosa, perciò Matthew chinò il capo e lo seguì mentre lui lo afferrava per un sottilissimo polso e lo strattonava dietro la scrivania.
Un bozzo di forma cilindrica largo almeno trenta centimetri fuoriusciva dalla superficie legnosa della poltroncina girevole che faceva da trono a Tom.
- Lo vuoi sapere in che buco si infila questo dannato coso, ogni volta che mi siedo?
Se avesse avuto della saliva, avrebbe deglutito.
- N-No, Tom, credo di non volerlo sapere.
- Ecco, bravo. – sbottò l’uomo, inviperito, reso ancora più impressionante dal fatto che, essendo un omino lego, la sua faccia avesse una sola espressione, quella del sorriso, - Quindi adesso cerca un modo per sistemare le cose, prima che accada qualche altro cataclisma!
In quell’esatto momento, si sentì un enorme rombo provenire dal piano di sotto. Matthew non ebbe neanche il tempo di pensare “L’uragano?”, che la porta dell’ufficio si aprì e sulla soglia apparve Brian.
…e anche lui era un omino lego.
- Per carità di Dio! – strillò Tom, sollevando le braccia come volesse portare le mani ai capelli, senza riuscirci perché incapace di piegarle, - A proposito di cataclismi!
- MATTHEW BELLAMY! – strillò Brian, avanzando minaccioso, con una tenaglietta bellicosamente puntata verso il suo viso liscio e giallo, - Da quanti mesi stiamo insieme? Dieci? Undici? Non ti ho mai lasciato, anche se spesso ne avrei avuto motivo, ma questa volta non lascerò correre!
- Brian! – lo chiamò lui, altrettanto preoccupato di vederlo in quelle condizioni, - Anche tu sei un omino lego?!
Una seconda mano si abbatté sulla sua testa, e se non cadde a terra fu solo perché le gambe erano ancora troppo rigide per piegarsi.
- NO, sono uno dei mini pony, quello rosa e viola!!! Cosa ti sembra che sia, eh, Bellamy? Non ti sembro il mini pony rosa e viola?!
- …veramente mi sembri un omino lego…
Un’altra manata lo mandò definitivamente K.O., mentre Brian si allontanava da lui e, con immensa goffaggine, si arrampicava sulla scrivania di Tom per sedercisi… finendo per scivolare a sua volta a terra come fosse stato sull’olio.
- Cosa diamine…?! – sbraitò, irritato, mentre si tirava in piedi e passava una mano sulla superficie liscissima della sua testa.
Tom sospirò.
- Non puoi sederti senza usare uno di quei pirulli. – confessò con dolore, indicando il bozzo sulla sedia.
Brian rabbrividì.
- Giammai! Niente entrerà dentro di me, a meno che io non lo voglia, e sicuramente non mentre ho ancora i pantaloni addosso!
Matthew, appena ripresosi dallo svenimento, annuì decisamente, avvicinandosi al suo uomo e fissando la sedia bozzuta con aria truce. Brian, per tutta risposta, gli diede un pugno sul naso, ricordandogli che non bastava cercare di difendere la sua virtù dalle avances di una sedia vogliosa per tornare a farsi amare.
Cadendo a terra, Matthew batté forte la testa contro il pavimento, col risultato che quello che avrebbe dovuto essere “i suoi capelli”, e che era in realtà una parrucca di plastica collegata alla testa tramite un bozzo in tutto e per tutto uguale a quello della sedia, che andava a inserirsi in un buco delle stesse dimensioni proprio al centro della sfera, rotolò sulla moquette fin quasi alla porta dell’ufficio.
- Ew! – inorridì Brian, tirandosi indietro, - Matt! Ricomponiti!
Imbarazzato – ma sempre sorridente – Matthew si mise in ginocchio e si allungò per recuperare la sua zazzera.
E questo diede modo a Tom di sbirciare all’interno del suo cranio.
- ODDIOMIO! – strillò, sollevando le braccina e perdendone il controllo, tanto che quelle cominciarono a roteare vorticosamente creando dei piccoli tornadi colorati – Matthew, sei vuoto!!!
- Eh? – chiese Matt, cadendo dalle nuvole, sollevando lo sguardo in direzione del manager, - Che intendi, Tom?
- Che all’interno della tua testa non c’è un cervello. – spiegò freddamente Brian guardando altrove e provando ad incrociare le braccia sul petto con scarsi risultati, - Ma questo non stupisce nessuno.
- Brian! – si lamentò Matt, scattando in piedi, ormai dimentico dei suoi capelli perduti, - Come puoi dirmi una cosa simile? Quando ci siamo conosciuti hai detto che pensavi fossi molto intelligente!
- Stavo cercando di portarti a letto!
- Briiiii! – continuò a piagnucolare Matthew, cercando di avvicinarglisi.
- Sta’ lontano da me! – intimò Brian, indietreggiando fino a schiacciarsi contro la scrivania, - Così pelato mi fai impressione!
Matt si congelò sul posto, abbassando lo sguardo e prendendo a bisbigliare “moan moan” mentre faceva ideali cerchietti nell’aria con un indice che non possedeva.
Esasperato, Brian gli si avvicinò, poggiandogli una tenaglietta sulla spalla.
- Avanti, adesso. – disse, cercando di sembrare paziente, - Non fare così. Si sistemerà tutto.
- Davvero? – chiese Matt, speranzoso, facendo ruotare la testa dopo averne perso il controllo mentre cercava di sollevarla.
Impressionato da tutto quel movimento, Brian indietreggiò ancora, e poi, stufo dell’idiozia di tutta la situazione, sbuffò.
O almeno ci provò.
Perché dal momento che la sua testa non era che una sfera di plastica del diametro di una ventina di centimetri, e dal momento che non possedeva fori sulla superficie, l’aria non aveva da dove uscire.
E dal momento che non aveva da dove uscire…
…pensò bene di spingere contro ogni parete esistente e farla staccare dal collo con un piccolo pop di giubilo.
Matthew tremò.
Tom smise di far girare le braccia.
La testa di Brian rotolò ai suoi piedi e poi prese ad allontanarsi verso un angolo come fosse animata di vita propria.
- Bri… - mormorò Matt, allibito, - Brian, cosa…?
Un urlo si sollevò dall’angolino in cui la testa aveva terminato la sua corsa, facendo tremare le pareti.
- BEEEEELLAMY!!! Prendi subito la mia testa e rimettile al suo posto!!! ORA!!!
- S-Subito! – scattò l’uomo, azzardando un passo verso la sfera ormai non più rotolante.
Ma quando arrivò nei pressi del corpo decapitato, il quale ancora si muoveva istericamente come se fosse integro, non riuscì a frenare la curiosità.
E sbirciò all’interno.
- Briaaaaaan!!!
- Cosa?!
- Sei vuoto anche tuuuuu!
- …piantala di perdere tempo in cazzate e AGGIUSTAMI!!!
Quando la testa fu nuovamente al suo posto, Brian cercò di riprendere le redini della situazione.
- Dunque, immagino che essere vuoti sia naturale. In fondo, siamo omini lego.
- Quello che non capisco… - inquisì Tom, sperando di riuscire a grattarsi il mento con fare pensoso e abbandonando l’idea quando si accorse dell’impossibilità di compiere il movimento, - è: perché proprio omini lego? Perché non esseri deformi come nel video di “Supermassive”? Erano ugualmente di cattivo gusto!
- Esatto. – asserì Brian, reggendosi la testa mentre cercava di annuire, - Perché proprio i lego?
- È elementare, Brian Molko! – tuonò una voce, apparendo dal nulla.
I tre omini lego alzarono gli occhi al cielo, e videro che una grossa nuvola di fumo bianco stava velocemente prendendo forme vagamente umane, appena sotto il soffitto.
- Oddio, cosa sta succedendo?! – strillò Tom, cercando di nascondersi sotto la scrivania ma ritrovandosi impossibilitato a piegarsi senza spaccarsi la testa.
Brian si preparò ad affrontare qualunque nemico fosse in via di avvicinamento, e Matthew si posizionò coraggiosamente al suo fianco, per essergli il più possibile di supporto.
Poi, l’Essere apparve.
E ci fu un momento di silenzio attonito.
In seguito al quale Brian dischiuse le labbra. Spalancò gli occhi. E lo indicò.
- …Steve. – esalò sconvolto.
- Non sono Steve! – tuonò l’Essere, infuriato.
Ma non c’era alcun dubbio che lo fosse.
Era in tutto e per tutto uguale al batterista dei Placebo! Stessi capelli, stessa ciccia cicciosa fuoriuscente dai jeans, stessi occhi piccoli e scuri!
L’unica cosa che lo differenziava dallo Steve reale e in carne ed ossa era probabilmente il fatto che fosse un omino lego anche lui.
Brian si grattò la testa e trattenne un sospiro che l’avrebbe fatta nuovamente voltare via.
- Stevey. Tesoro. – disse, condiscendente, - È vero, ultimamente io e Stef siamo stati un po’ duri, con te. Con tutto il fatto della dieta e la palestra e il resto. Ma non devi pensare che-
- Brian Molko, piantala di parlarmi come se fossi il tuo dannato batterista! – strepitò l’Essere imbufalito, e, per dare maggior prova della sua rabbia, materializzò un enorme masso di granito sopra la testa del frontman dei Placebo, che ovviamente non trovò di meglio da fare che strillare e correre a nascondersi dietro le spalle di Matthew, col risultato che la pietra lo seguì nel movimento e si ritrovò a pendere sulle teste di entrambi.
- Cosa vuoi?! – chiese Matthew coraggiosamente, proteggendo il suo uomo con tutta la rettangolare ampiezza del suo corpo di plastica.
L’Essere lo guardò dall’alto in basso, il sorriso disegnato sul volto che nascondeva in realtà grande disgusto e disapprovazione.
- Parlare con te, Matthew Bellamy. – disse in tono grave.
- Parlare con me…? Ma tu chi sei…?
L’Essere si gonfiò come un palloncino, e il fumo bianco che ancora lo circondava prese a vorticare attorno a lui.
- Certuni mi chiamano Colui Che È, certi altri Colui Che Tutto Può, altri ancora Grande Padre o Pinco Pallo. Voi mi conoscerete sicuramente come Buon Gusto, ma io preferisco essere chiamato Tanya.
- Tanya?! – strillò istericamente Brian, rispuntando da dietro le spalle di Matt, - Che razza di nome è Tanya?!
L’Essere – cioè, Tanya – rispose facendo avvicinare il macigno di qualche centimetro alle teste dei due, e Brian si tappò la bocca, ma non senza prima aver mormorato qualcosa del tipo “E comunque io preferivo i Bratz Boyz”.
- Cosa vuoi dirmi? – chiese Matthew, cercando di riportare la conversazione su un argomento utile.
Tanya scese di qualche metro, piazzandosi esattamente di fronte a lui.
- Matthew Bellamy! Durante la tua carriera hai infranto non solo qualsiasi regola dettata dal sottoscritto, ma anche tutte le regole dettate dalla decenza e dalla dignità personale, nonché dal raziocinio e dall’educazione!
- …ma cosa ho fatto?! – si lamentò Matt, evidentemente ignaro delle sue colpe.
- Devo farti un elenco? Devo davvero elencare tutte le mise disgustose con le quali ti sei presentato ai concerti, alle esibizioni live in televisione, alle interviste, ai servizi fotografici, alle occasioni pubbliche, a-
- Ok, ok, ho capito! – lo fermò, mentre nella sua memoria cominciavano ad affollarsi immagini di cappellini brillantati e mogliettine sdrucite che sembravano essere uscite direttamente dai sacchetti della spazzatura sotto casa sua e – ehm – lo erano, - Prometto che non farò mai più sciocchezze del genere! Adesso puoi, per favore, trasformarci di nuovo com’eravamo prima e andartene?
Il masso si fece ancora più minaccioso sopra le loro teste.
- Credi che a me non piacerebbe, Matthew Bellamy?! Credi che io sia felice di vivere imprigionato in questo corpo? Di apparire così?
Brian e Matt guardarono Tanya con immenso stupore.
- Generalmente non sei così? – chiese il primo, sottovoce, sperando di non farlo adirare.
- Certo che no, Brian Molko! – strepitò Tanya, disgustato, - Generalmente sono una bellissima bambola in plastica e silicone, ho i capelli lunghi, lisci e biondi, gli occhi azzurri, il sederino più sodo del mondo e gli abitini più fashion che esistano!
- E allora perché non torni quello che eri e basta?!
Il volto Steve-forme di Tanya si imporporò di imbarazzo.
- Ho… ho sbagliato qualche calcolo, mentre procedevo alla vostra trasformazione.
- …?
- …e ho trasformato anche me.
Seguì un silenzio attonito.
Sì, un altro.
- …stai forse cercando di dirci… - azzardò Brian, tremando, - che non hai le facoltà per riportare tutto com’era…?
- Certo che no! – sbottò Tanya, irritato da tale mancanza di rispetto, - Io posso tutto! Ma prima di sistemare la situazione ho bisogno di sapere che tu, Matthew Bellamy, non combinerai più schifezze quali quelle che ho elencato prima!
- Va bene! Promesso! – disse Matt, tutto d’un fiato, sollevando un braccio e bloccandolo proprio un momento prima che cominciasse a girare.
- Oh, no. - disse Tanya, e avrebbe sogghignato se la sua espressione non fosse stata bloccata in un sorriso, - Questo non può bastarmi. Devo sottoporti a un test.
Brian deglutì terrorizzato, seguito a ruota da Tom, che ancora stava nascosto sotto la scrivania.
- D’accordo! – disse invece Matt, sicuro di sé.
Tanya volteggiò un paio di volte davanti a lui, pensando a cosa chiedergli. Poi, il suo volto giallino sembrò illuminarsi come il sole.
- Ci sono! Allora, Matthew Bellamy, ascoltami attentamente: hai un servizio fotografico in agenda. Devi scegliere come vestirti. Apri l’armadio e vedi un elegantissimo completo gessato nero. Il problema è: cosa metti sotto la giacca?
- Ma è ovvio! – esplose Matt, sentendosi già vincitore, - Una canott-
Brian e Tom gli saltarono addosso, staccandogli la testa dal collo e mandandola a raggiungere la parrucca vicino alla porta.
- Indosserà una camicia bianca! – disse Tom, - Lo prometto! Lo giuro! Lo obbligherò!
Tanya fece il gesto di incrociare le braccia, ma non ci riuscì, cosa che lo riempì di disappunto.
- Stai cercando di dirmi che non posso fidarmi di lui ma posso fidarmi di te, Tom Kirk?
- Assolutamente sì!
- E non gli permetterai più di tingersi i capelli di blu?
- Assolutamente no!
- E di biondo platino?
- Neanche se ne andasse della mia vita!
- E i cappellini brillantati?
- Li brucio!
Tanya si prese un secondo per riflettere e infine, reggendosi la testa, sbuffò.
Non sembrava molto convinto.
- Se può servire a qualcosa – disse Brian, fingendo di stringersi nelle spalle e provando a incrociare le braccia dietro la schiena, col risultato che un arto quasi gli volò via, - garantisco io per lui.
Tanya lo guardò con disapprovazione.
- Non credere che la tua parola rappresenti per me una qualche assicurazione, Brian Molko! In effetti, verrà il giorno in cui anche tu dovrai pagare per le tue malefatte!
L’omino lego tremò di terrore e tornò a rintanarsi dietro le spalle di Matthew.
- Ma fino ad allora – continuò Tanya, - posso ritenermi soddisfatto. Che tutto torni com’era!
D’improvviso la stanza fu invasa dallo stesso fumo bianco che aveva accompagnato l’apparizione di Tanya, e quando il fumo svanì dell’Essere non c’era più traccia.
Matthew aprì faticosamente gli occhi e si guardò intorno.
Notò con piacere che sia la sua testa che i suoi capelli sembravano essersi riuniti ed aver ritrovato il suo corpo, e che tutto intorno a lui sembrava essere tornato assolutamente regolare.
Qualche metro accanto a lui, Brian si guardava intorno spaesato, e anche lui pareva aver recuperato tutta la sua morbida e rosata consistenza umana.
Tom era in piedi e cercava di guardarsi alle spalle per vedere se l’insano rapporto che aveva avuto con la poltroncina l’avesse rovinato per sempre o per lui ci fosse ancora speranza.
- Sembra essere tutto a posto. – concluse infine il manager, osservando il suo protetto con lo sguardo di chi teme di aver perso la sua unica fonte di guadagno, - Tu stai bene, vero Matt?
Matthew annuì.
Brian sospirò, e fu felice di poterlo fare senza per questo decapitarsi.
- Tutto è bene quel che finisce bene. – disse gioioso, avvicinandoglisi e circondandogli le spalle con un braccio, - Adesso, per festeggiare, che ne dici di andare a casa tua?
Matthew lo guardò stupito.
- Per fare che? – chiese con innocenza, gli occhioni spalancati e i capelli arruffati.
- Sei un ragazzo intelligente, Matt. – disse Brian, sorridendo sensualmente, - Non farti spiegare tutto…
- Oh, Bri! – gioì Matthew, gettandogli le braccia al collo, - Sapevo che pensavi davvero che sono intelligente e che non era solo una scusa portarmi a letto!
- Ehm. Sì, certo. – confermò lui, dopo un attimo di indecisione.
*

Una mattinata normale, come tutte le altre.
Il tepore delle coperte, il profumo del cotone pulito, la luce discreta dei primi raggi di sole che filtrano dalle persiane.
Fece scivolare una mano fra le lenzuola e incontrò il corpo di Brian ancora disteso accanto a lui.
…era freddo.
E…
…molliccio.
Spalancò gli occhi e scattò a sedere.
- Bri! – strillò.
L’uomo mugugnò infastidito e si sedette a sua volta, massaggiandosi la fronte.
- Che diavolo hai da urlare così di prima mattina…?
Matthew si lasciò sfuggire un gemito di puro disgusto mentre osservava come, al passaggio della sua mano, la pelle di Brian sembrasse… mescolarsi.
- Brian, sei marrone! – disse infine, - E ti stai deformando!
Brian lo guardò, senza capire.
Poi sollevò lo sguardo sullo specchio accanto al letto, e realizzò.
- Oddio…
Come nel video di “English Summer Rain”!
- …siamo diventati di pongo!!!
Da un angolo della stanza, cominciava già a rombare la voce minacciosa di Tanya.
- Brian Molko, la tua ora è giunta!
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