Fandom: Originali
Genere: Generale
Rating: PG
- L'Opera della città di Palermo ed un incontro fortuito...
AVVISI: Underage.
Commento dell'autrice: Metà in onore di Palermo – l’amata Palermo çOç – e metà in onore del mio animo ostinatamente romantico XD Mi è piaciuto scriverla, ed il risultato mi soddisfa davvero. Mi piace anche com’è venuta fuori la protagonista, è la prima volta in cui metto qualcosa di mio in un personaggio che, per il resto, non mi somiglia per niente, ed... è una strana sensazione, sapete? O.ò”
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L’Opera


Essendo la sera del quattordici luglio, e trovandomi in Sicilia, specificatamente a Palermo, se vi dico che c’è un caldo della madonna e giriamo tutti in pantaloncini e canotta anche per strada voi non vi stupite, vero? Oltretutto, la mia città è notoriamente la più calda dell’orbe terracqueo, e chi contrasta quest’osservazione non ha mai passato qui la sera del Festino.
Sapete cos’è, vero? È una cosa che abbiamo solo noi. Intendo dire, sì, è vero, tutti i paesi e le città hanno la loro santa (o santo) protettrice (…e dunque protettore…), e per tutti si organizza la processione. Ma quello che si fa qui da noi è uno spettacolo teatrale, in cui tutta la città è protagonista, un’opera, l’Opera di Palermo.
Santa Rosalia è l’ultima delle Sante della città. L’ultima canonizzata in ordine di tempo, intendo. Quando successe già ce n’erano quattro, ed è divertente pensare che questa piccola ragazzina eremita le abbia scalzate tutte in mezzo secondo. Ci sono più devoti della Santuzza a Palermo di quanti fili di paglia in un fienile, o, per voler essere più poetici, di quante stelle nel cielo. Ve lo dice un’atea a cui non piace esasperare le statistiche sulla religiosità, quindi potete crederci.
Questa, tra l’altro, è un’altra caratteristica esclusiva del festino. A camminare per le strade in onore di Rosalia non scendono soltanto i religiosi, ma anche chi non ti aspetteresti mai di trovare a seguire l’effige sacra, atei ed agnostici.
E questo perché la Santuzza è la Soluzione dei Casi Disperati. Fa leva sull’atavico bisogno di chiunque di avere un supporto quando si trova ad affrontare casini. Basta pensare all’occasione in cui, in fretta e furia, venne canonizzata. Si era sotto la dominazione di re Ruggero, anno 1642. Quello che la storia dice è che un bel giorno una nave proveniente da Tunisi attraccò al porto, e che insieme a tutto il resto scese anche la peste. L’ultima, grande epidemia di Palermo. Morì una quantità infinita di persone, intere famiglie sterminate. Peggio di quanto possiate immaginare anche dopo aver letto i Promessi Sposi.
Il racconto lo prosegue la leggenda. Un povero tizio, al quale la malattia aveva ucciso la moglie, si recò su Montepellegrino, ben deciso a porre fine alla sua vita, che con ogni probabilità doveva sembrargli decisamente disgustosa; sennonché, Rosalia gli apparve in una visione, dicendogli che l’unico modo per far cessare la moria era trovare le sue ossa e portarle in trionfo per tutta la città. Lo guidò lei, e lui tornò giù dalla montagna con i resti fra le braccia. Inutile dire che la peste scomparve, come era arrivata, pochi giorni dopo la processione.
Quando appresi tutto questo avevo nove o dieci anni, e seppi ogni cosa dalla rappresentazione/racconto che fecero gli attori per strada in occasione del primo Festino che vidi, dove andai con i miei genitori ed il mio fratellino.
Sì, dovevo avere dieci anni, perché fu poco prima che mio padre se ne andasse di casa.

*


Stasera la storia non è diversa dalle alte. C’è già stata la rappresentazione davanti a Palazzo dei Normanni, l’antico Palazzo Reale, ed adesso stiamo tutti seguendo il Carro. Un’altra folle invenzione tutta nostra. Sì, perché noi palermitani non ci accontentiamo certo di portare in processione a spalla la statuina di Rosalia, no, noi dobbiamo costruire un enorme monumento in gesso (diverso ogni anno) e dobbiamo farlo trainare da almeno una decina di cavalli fino a Porta Nuova, l’antico ingresso della città, ed oltre, fino alla passeggiata a mare lungo la costa, ove ci sediamo a guardare i fuochi artificiali, altrimenti non siamo felici.
Il tragitto fino a mare è notoriamente un bordello, perché a precedere ed a seguire il carro c’è sempre una fiumana di gente. E stando dove mi trovo io adesso, così come tutti gli altri, manca l’aria e chiunque non fa altro che spingerti e pestarti i piedi. Un disastro che ha per colonna sonora le urla dei venditori ambulanti di pane con la milza. Roba che se non la mangi al Festino non puoi appartenere davvero a questa città.
La marea di persone non è qualcosa dalla quale si può scappare, perciò ci si immerge e la si segue.
E comunque, come mi pare d’aver detto prima, è uguale ad ogni anno. Solo io sono diversa, perché quest’anno sono completamente sola, qua in mezzo.

*


Mi si getta addosso senza delicatezza, prendendo come scusa la calca. È un moretto dall’aspetto tipicamente siciliano – occhi grandi color nocciola, pelle scura, labbra carnose. È anche carino, volendo, ma il problema è proprio che io non voglio.
- Ops! Scusa! Ma sai, qua in mezzo…
Forzo un sorriso.
- Sì, lo so. Non preoccuparti.
A questo punto spero che si tolga dai piedi, ma così non è.
- Sei qui da sola?
Io mi volto a guardarlo con disapprovazione.
- Eh, che ti ho chiesto?! Era solo una domanda! Non c’è bisogno che mi guardi così!
Scuoto la testa, rassegnata.
- Sì, sono sola.
- Che fortuna! Anche io!
Di nuovo, lo fisso. Stavolta sono infastidita.
- Che c’è?
- …gira al largo, va’.
- Ehi… non solo non ti ho invitata a casa mia, ma neanche intendo farlo, quindi non essere così scontrosa!
- …se non intendi farlo vuol dire che non ti piaccio. E se non ti piaccio perché mi hai avvicinata?
Lui mi fissa stupito.
- Pensi in maniera strana, sai? Se uno ti dice che non ti inviterebbe a casa sua dal primo momento in cui ti ha vista, tu non ne deduci che è un bravo ragazzo che non vuole metterti a disagio, ma che non gli piaci. Questo è strano!
Sbuffo.
- Non mi interessa se pensi che sia strano. Hai finito di rompere?
Spinto dalla folla, lui è vicinissimo.
- Rompere? Non sto facendo nulla del genere.
- Ma se mi giri intorno come una mosca!
Spalanca gli occhioni e da voce alle sue perplessità.
- Senti: sei nel mezzo dell’inferno, CHIUNQUE non fa altro che camminarti addosso ed urtarti senza neanche una parola di scuse. Ti si avvicina un ragazzo che ha apertamente dichiarato di non avere cattive intenzioni, a meno che tu non consideri cattiva l’intenzione di passare un po’ di tempo insieme a chiacchierare, dal momento che siamo entrambi soli. Dovresti, non dico essere grata, ma almeno apprezzare molto un tentativo di passare meglio la serata, dato che, a dire la verità, hai lo sguardo di uno zombie, ed invece? Mi tratti come una pezza da piedi!
- Hai finito?
- Sì!!!
- Bene. Dunque, io sono un tipo polemico, quindi te la sei scelta proprio sbagliata. Comunque, se pensi che per una ragazza sola lasciarsi avvicinare da uno sconosciuto sia più piacevole che passare inosservata in mezzo a gente che vive tranquillamente la sua vita lasciandola in pace, ti sbagli. Se pensi che io possa giudicare una buona intenzione un tentativo di abbordaggio, lieve o meno, da parte di uno sconosciuto, sei fuori strada: se mi avessi interessata mi sarei avvicinata io, o ti sarei caduta fra le braccia nel momento stesso in cui tu mi fossi venuto vicino, cosa che, mi pare, non è avvenuta. Se, infine, credi che starò qui a sopportarti mentre imperterrito mi dici che ragiono in maniera strana per un SECONDO di più, allora puoi anche f…
- Ok, ok, ho capito!
Mi interrompo, fissandolo con sguardo di sfida.
- Dunque?
- Dunque cosa?
- Dunque TE NE VAI?!
- Tutto il contrario. Mi piaci!
Sollevo gli occhi al cielo.
- Questo è proprio squallido…
Ricomincio a seguire la folla; lui però mi viene dietro e mi prende per una mano.
- Ti… ti prego… - sento la sua voce diversa, come spezzata, - …fammi il favore, passeggiamo insieme stasera…
Frattanto, il corteo ha superato Porta Nuova, e chi rimane si sistema sulla strada che costeggia il mare. Chi si siede, chi resta in piedi. Io sono stanca, perciò mi seggo per terra.
Il cielo è scuro e stellato. Un tipico cielo da notte estiva. Fra poco sarà imbrattato dagli schizzi di luce dei fuochi d’artificio. Tutti quanti, ne sono sicura, non vedono l’ora. Nella categoria rientro anche io.
Lui si siede accanto a me.
- Come ti chiami?
- Enzo. Tu?
- Rosalia.
- Non ci credo!
Ridacchio.
- Infatti non è il mio vero nome. Ma cambia qualcosa?
Lui sembra pensarci per un po’.
- Penso di no.
- Allora… per quale motivo sei solo?
- …se penso che fino a due secondi fa per poco non mi linciavi…
- …posso ricominciare quando vuoi…
- Per carità! Risponderò alla domanda solo se mi prometti che dopo tu risponderai alla mia.
- Va bene, promesso.
- Dunque… sono stato lasciato.
- Perché?
- Mah, non saprei. Cioè, non è vero. C’è sempre un chiaro motivo quando si viene lasciati. Quando si dice “non saprei” è perché non lo si vuole ammettere, non pensi anche tu? Probabilmente era svanita la passione iniziale.
Lo guardai, curiosa. Era stato poco chiaro. La “passione” iniziale può essere molte cose.
- In che senso? Non andavate più d’accordo a letto? – chiesi senza malizia nella voce, ma lui arrossì lo stesso.
- Puoi dirlo anche così, se vuoi.
- La amavi?
- …pensavamo di sposarci.
Di nuovo, lo fisso stupita.
- Ma quanti anni hai?
- Ventisei. Tu?
Cazzo! Non gliene davo così tanti.
- Diciassette.
…ed evidentemente lui non me ne dava così pochi. Rimane fermo a fissarmi.
- Devo evitare di credere anche a questo…?
- No, a questo puoi credere. Te lo dico anche per avvertirti, in caso dovessi farti venire idee malsane: sei penalmente perseguibile.
Ridacchia, avvicinandosi di più.
- Starò attento.
D’improvviso, qualcosa esplode in aria. I primi fuochi d’artificio sono sciocchezze, calmanti somministrati al pubblico già esasperato dalla lunga attesa. È solo dopo che viene il bello.
I razzi dalle colorate coreografie multiformi, così tipici, vengono sparati a quattro, cinque per volta. Le tinte, le scie di luce s’intrecciano. Fin da quando ero piccola, ho sempre adorato i fuochi. Quando scompaiono e si lasciano dietro la traccia di fumo a forma di fiore, poi, è splendido. È una traccia così sottile, eppure persistente.
Le relazioni sono così, penso. Ma forse sono ancora un po’ troppo ragazzina e romantica per tirare le somme della mia vita sentimentale.
Lentamente, poggio il capo sulla spalla del ragazzo seduto al mio fianco.
- E-Ehi… - dice con un sussulto stupito.
Io ridacchio.
- Tranquillo. Voglio solo stare così per un po’, in silenzio.
- In silenzio? Non sei molto onesta.
- Perché?
- Avevi detto che mi avresti risposto, che mi avresti raccontato perché sei qui da sola…
- Ma non è così importante…
- Ah! Non solo mi dai un nome falso, ma per giunta non mi dici nulla di te, ed io invece ti ho detto tutto…! Non mi incazzo solo perché sei più piccola di me…
Mi viene da ridere.
- Ma a me non pare che tu non sia incazzato!
Lui si volta a guardarmi. Il viso scuro illuminato dai fuochi ha un che di familiare, ma potrebbe benissimo essere un’illusione. Ci sono molti ragazzi come lui qui a Palermo. Volti turchi cui la mescolanza germanica non ha tolto nulla dell’asiatico fascino. Lineamenti morbidi, occhi grandi e scuri, capelli corvini, lisci e lucidi. Ah, ecco. Anche Massimiliano era così.
Il pensiero è deprimente, e mi fa fuggire dal suo sguardo. Pianto gli occhi per terra.
- Fa nulla, tanto ho già capito tutto.
- E cosa avresti capito?
- Non ti va di parlarne, quindi perché farlo?
…ha ragione.
Cavolo. Le serate palermitane, intendo quelle speciali come questa, sono pericolose. Ti fanno sentire in comunanza spirituale con chiunque venga a raccontarti una storia anche vagamente simile alla tua, e non ti importa nemmeno se ciò che ti hanno detto è la verità o meno.
Chi è questo ragazzo, alla fine? Io non l’ho mai visto prima d’ora, ci ha provato con me e pare che io lo stia assecondando, forse un po’ troppo.
Però mi sento come se stessi sognando. Domattina mi sveglierò nel mio lettino, questo è sicuro, e stasera rimarrà un ricordo che, per il resto della mia vita, non farà altro che sbiadire, sbiadire, sbiadire e poi scomparirà.
Nel frattempo sono qui. Nel frattempo lo guardo negli occhi e posso anche baciarlo, dal momento che è solo un sogno e lo sappiamo entrambi.
Ed il cielo continua a illuminarsi a tratti.

*


Quando l’indomani mattina si svegliò, non era nel suo letto. Era tra bianchissime lenzuola sconosciute al tatto ed aveva a fianco un uomo addormentato, un uomo che, alla luce del sole che filtrava attraverso le tende, le sembrò meno scuro, meno orientale, ma ancora decisamente carino. Lui si svegliò e, ancora con gli occhi chiusi, sorrise. Lei, sollevandosi a sedere, rispose al sorriso, stupita e divertita da quell’inaspettata sincronia.
- Ciao…
Sorrise ancora, tornando a sdraiarsi e stiracchiandosi.
- Come va? – chiese lui con voce serena, un po’ impastata dal sonno.
- Bene, benone… - rispose lei sistemandosi il cuscino dietro la testa e coprendosi meglio col lenzuolo. – Senti… quanto posso rimanere?
Lui scrollò le spalle.
- Quanto vuoi. Io vivo da solo.
La ragazza socchiuse gli occhi e gli si avvicinò di più.
- Allora dormo un altro po’.
- No, dai! Potresti almeno dirmi come ti chiami sul serio!
- Scemo… te l’ho detto che mi chiamo Rosalia…
Sbuffò.
- Uff… sei proprio un’adolescente capricciosa…
- E tu sei un vecchietto fissato…
- Vecchietto, dici? Ok, sono al capolinea…
Lei rise di cuore.
- Dai, scherzo… non ci venivo con te, se lo pensavo sul serio...
- Ah, meno male…
Rimasero un po’ in silenzio, fissando il soffitto.
- Quanto rimarrai?
- Non lo so. Forse solo il tempo di una dormita, magari invece dormo, poi mi faccio una doccia e ti permetto di invitarmi a pranzo…
- Oh-oh, devo cogliere un sottile doppio significato metaforico…?
- Non so neanche questo. Fai tu, ok?
- Forse non ti conviene lasciarmi congetturare…
- Scemo. Ci rifletto sempre, prima di dire qualcosa. Se ti lascio fare è perché lo voglio.
- Dunque già sai che resterai…?
- Non ho detto questo…
- Sei poco chiara…
- Lo so! – rise, allegra, - Mi piace tenerti sulle spine.
- Come vuoi, ho capito… senti, vado a preparare la colazione, vuoi qualcosa?
- Ah, sì! Una tazza di latte e caffé, grazie! Me la porti a letto? Come sei gentile! Hai già speranze, sai?
- Latte e caffé? – sorrise lui ironico, alzandosi dal letto e muovendosi a passi lenti verso l’uscita della stanza, - Ho proprio portato a casa una mocciosa… arriva…
Lei si soffermò a guardarlo, ignorando la battuta. Si sentiva circondata da un’arietta tiepida decisamente piacevole.
Si rigirò fra le lenzuola. C’era un bel clima in quella camera, si stava bene.
“Sì”, pensò, “mi sa che rimango a pranzo”.
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