Fandom: Originali
Genere: Romantico.
Rating:PG-13.
AVVISI: Het, Incest, Flashfic.
- Durante una festa da ballo, Artémis ed Apollon si perdono sul viale dei ricordi.
Note: Scritta per il Gran Ballo della Notte Bianca su prompt ballo di corte.
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IL GIOCO DELLA CANDELA

Artémis non approva la scelta dei fiori. Trova le gardenie troppo semplici, del tutto inadatte a fare da cornice alla festa che celebra la prima - seppur breve - tregua dall'inizio del conflitto. Quel loro candido bianco, la forma semplice, i pochi petali. Osserva il proprio vestito, la cui gonna rosso sangue si apre come una rosa dalla stretta fascia in velluto verde che le avvolge delicatamente la vita sottile.
Rose. Le rose sarebbero state un'ottima scelta.
- Non posso fare a meno di notare che sembri scontenta. - commenta suo fratello, affiancandosi a lei in un movimento discreto ed elegante del quale Artémis non si accorge finché non è stato compiuto.
- Lo sono. - risponde lei, onestamente, senza guardarlo, gli occhi fissi sulle numerose coppie strette nell'abbraccio della danza sulla musica da ballo che l'orchestra suona.
Apollon sorride, sollevando un calice pieno di vino rosso e porgendolo a lei, mentre sorseggia il proprio tenendolo in equilibrio fra le dita larghe della mano destra.
- Non lo sei mai, d'altronde. - risponde lui. - Vino?
- Sai bene che non posso bere. - ribatte lei, aggrottando appena le sopracciglia bionde e sottili, perfettamente disegnate, - Cosa direbbe mio marito il re se mi vedesse bere vino in compagnia di un altro uomo?
- Quest'uomo è tuo fratello. - sorride complice lui, avvicinandosi ancora un po', Inoltre, Sua Maestà non ci ha graziato con la propria presenza, oggi.
Artémis si stringe nelle spalle lasciate scoperte dall'ampia scollatura in pizzo rosso.
- Non si sentiva bene. - risponde vaga.
- Davvero? - Apollon sorride sarcastico, - E' il quarto malore in una manciata di mesi, - commenta con l'aria vaga di qualcuno che non ne abbia tenuto un preciso conto, - Riuscirà a battere il record del tuo primo marito o...?
- Fratello. - Artémis si volta a guardarlo di scatto, le belle labbra piene e rosse piegate in una smorfia colma di disappunto, - Stai essendo inopportuno.
Apollon sorride serafico, ed invece di scusarsi le offre nuovamente il calice pieno di vino.
- Bevi con me, Artémis, - la invita gentilmente, - Non c'è freddo, stasera, e dai balconi del primo piano si può osservare tutta la città.
Artémis resta immobile per qualche secondo, cogliendo perfettamente la richiesta implicita nelle parole del fratello. E' una richiesta alla quale non può rispondere esplicitamente, e perciò risponde semplicemente stringendo il calice fra le dita coperte dai guanti di pizzo rosso, e bevendo un sorso di vino.
Si ritrovano al piano di sopra quasi senza accorgersene, passeggiando silenziosi sotto i balconi coperti dagli archi della residenza reale di Avalyn. E' vero che da lì si vede facilmente tutta la città. L'oscurità della notte è rischiarata dal bagliore lattiginoso della luna e dalla luce più fioca e tremolante delle stelle. Guardando in alto, Artémis pensa che somigliano a delle piccole, fredde candele lontane, e sorride al ricordo dei giochi con cui, da ragazzina, soleva trascorrere il tempo in compagnia del fratello.
- Apollon. - dice, la voce addolcita dal vino, dalla solitudine e dalla nostalgia, - Ricordi quel gioco? Il gioco che facevamo sotto i tavoli della sala da ballo durante le feste organizzate da Maman e Papa?
- Oh. - Apollon sbuffa sonoramente, lanciando una teatrale occhiata annoiata al cielo, - Quelle terribili feste. Mai visto niente di più noioso. Tutti quegli orribili vecchi. E il loro insopportabile puzzo di vecchiaia nascosto sotto quei nauseanti profumi dai nomi esotici. Essence de noix de coco, Esprit de joli cœur e via così.
- Sì, ma il gioco. - ride lei, coprendosi educatamente la bocca con una mano, - Il gioco, Apollon. Ricordi il gioco?
Suo fratello si volta a guardarla, sorridendo teneramente mentre appoggia il calice ormai vuoto al davanzale.
- Il gioco della candela. - risponde, - Come potrei averlo dimenticato? Quando la festa diventava troppo noiosa, ci nascondevamo sotti uno dei tavoli con una candela accesa. Quando il primo movimento di una dama intenta ad accavallare le grasse gambe rugose spegneva la fiamma, il primo che riusciva a zittire l'altro vinceva il turno. - Il suo sorriso si ammorbidisce, mentre lui si appoggia al davanzale con entrambi i gomiti, continuando a guardarla. - Avevi un modo speciale di zittirmi. - commenta, inarcando un sopracciglio.
- Eravamo bambini. - quasi si giustifica lei, stringendosi nelle spalle. La sua pelle bianchissima sembra quasi brillare alla luce della luna. - E' passato tanto tempo. - il suo sorriso si incrina, quasi si spezza. - Forse troppo.
Apollon le sorride con una certa indulgenza. Sua sorella e la sua passione per il dramma.
- Troppo, non direi. - dice, estraendo dalla tasca della giacca una scatolina di fiammiferi e prendendone uno, che accende sfregandolo velocemente contro la pietra dura della balaustra.
Artémis segue il bagliore della fiamma con occhi che ne riflettono il tremolante luccichio, e trattiene il respiro.
- Cosa vuoi fare? - domanda, la voce che trema impercettibilmente, più di impazienza che di paura.
- Appena si spegne il fiammifero. - risponde lui, - Le regole sono le stesse.
Artémis resta immobile ancora un po'. Poi annuisce piano.
Apollon soffia sulla fiamma, spegnendola. E' come tornare bambini, ma il bacio che si scambiano non ha niente del gioco infantile che li avvinceva allora e che, apparentemente, tutt'ora li avvince.
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