Scritta in coppia con Ana.
Genere: Introspettivo, Romantico, Commedia, Erotico.
Pairing: Bill/Tom.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Incest, Lemon, PWP, Slash.
- "- Però... tu sei un essere umano, vero?
- Sì...
- E gli esseri umani amano...
- Bill...
- Quindi anche tu ami.
- Hai ragione.
- Visto?!
- Io amo scopare."

Note (di Ana): Augh a voi, qui è Ana che vi parla.
Un'Ana che si sta trattenendo per non scoppiare a ridere come una scimmia in calore (evitiamo di dire che liz ora direbbe che, effettivamente, negli ultimi giorni lo sembro sul serio *notare che ana oramai si offende pure da sola*).
Comunque, questa storia è un regalo di compleanno per LA LEMMINA CARISSIMA AMORA NOSTRA CUCCIOLA DELLE TUE ZIE CHE TI AMANO TANTO TANTO TANTO!
Ora, parliamo di come nasce la storia.
Questa storia doveva essere mia e basta.
O meglio dire, qualche giorno fa ho scoperto che domani è il compleanno della lemmina.
Un unico pensiero: 'devo fare qualcosa...'
E quindi ho iniziato a farmi pale mentali su che tipo di storia scrivere, finché non mi sono ricordata che qualche giorno prima avevo letto l'intervista di Max a Tom, dove il nostro amato 'chitarrista' (scusate ma le virgolette ci stanno) dice di non credere nell'amore. Leggendo quella risposta ho pensato: Sti cazzi che non ci crede, quei due sotto sotto sono sfigati perché comunque sanno che non potranno mai amare nessuno quanto loro amino l'altro... e quindi la storia base nasce da quest'idea.
Prima volevo farla songfic ma dopo avere rotto le palle a mezzo mondo per farmi aiutare a trovare una canzone adatta, ho deciso di non farlo.
E quindi, lunedì alle 22.30 circa mi ero ritrovata con Meg su MSN a dirle 'Mo inizio la storia altrimenti domani sarà una tragedia'.
Inizio a scrivere e, stranamente, il mio 'plot koala' era tanto bravo, infatti la storia procedeva bene... sono arrivata alla scena del bacio e poi... basta, non riuscivo a continuare, anche perché era mezzanotte passata.
Chiudo word, vado a lavarmi, ritorno e becco liz su MSN.
Gioia e tripudio.
Le passo la storia.
E dopo averla letta fa: 'Mi piace... anche se vorrei aggiungerci cose qua e là'.
E io: 'Fai pure, io volevo farla a quattro mani ma tu avevi problemi con la connessione.'
E DDF CI BENEDICA TUTTI QUANTI.
In meno di novanta minuti ha scritto quattro pagine di zozzerie pure.
Perché lemmina voleva una Nc17.
E noi le abbiamo dato una PWP!
Quindi, rifacciamo TANTI AUGURI alla lemmina (<3) e speriamo che la storia sia piaciuta anche alle altre.
E prima che me lo scordi: un GROSSO ringraziamento va a meg e jen che si sono sorbite tutte le mie pippe mentali sulla storia.
Ed un enorme grazie a caratteri cubitali va alla mia neechan, liz senza di te questa storia sarebbe finita in uno schifo, grazie =**
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Il fratello ha sempre ragione

Entrò in casa, sfilando gli occhiali da sole e il giaccone che l'aveva protetto dall'improvviso freddo di Amburgo.
Passò davanti al soggiorno lanciando un'occhiata a Gustav e Georg, entrambi impegnati con l'ennesimo gioco alla playstation. Non si scomodò a salutarli, preferì di gran lunga salire in camera... aveva appena dato un'intervista per Max... un'intervista che gli aveva dato nuovamente modo di pensare ad una certa cosa.
Fece appena in tempo a togliersi le scarpe da ginnastica che suo fratello era già entrato in camera, andandosi a sedere sul proprio letto, posto di fronte al suo.
- Allora? – chiese Bill curioso, incrociando le gambe sul materasso.
Tom lo guardò, inarcando un sopracciglio, - Allora cosa? –
Il moro incrociò le mani davanti a sé e dondolò da una parte all'altra con aria sempre più curiosa.
- Cosa ti hanno chiesto? - insistette.
Tom sbuffò, - Cosa vuoi che mi abbiano chiesto? Le solite cose... –
- Ti hanno chiesto da dove nasce il nome Tokio Hotel? – domandò Bill ironico.
Il gemello lo guardò, strabuzzando gli occhi, - Certo che no! Oramai lo sanno tutti... –
- Allora non ti hanno chiesto le solite cose. – considerò Bill, annuendo convinto. – Quindi cosa ti hanno chiesto?
Tom sospirò, roteando gli occhi esasperato.
- Non penso t'interessi. – rispose vago, scrollando le spalle.
- Ovvio che m'interessa. – borbottò Bill, aggrottando le sopracciglia. – Come prima cosa, sei mio fratello. E come seconda cosa, quando intervisteranno me saprò già che tipo di domande faranno...
- Bill, Max non t'intervisterebbe mai... – commentò lui, spalancando gli occhi.
- Farò finta di non avere sentito. - disse Bill, puntandogli contro un dito, - E non pensare di fregarmi così, non riuscirai a cambiare argomento.
Tom sbuffò di nuovo e si lasciò cadere sul letto, sdraiandosi su un fianco e sistemando il cuscino sotto la testa.
- Le solite domande che fanno a me. Nove domande sul sesso. – spiegò mentre rialzava la testa per togliersi la fascia e il cappello.
- Che genere di domande? – chiese Bill, sorridendo, felice di avere aperto una breccia nella ritrosia del fratello.
- Tanto non te le faranno. – lo rassicurò Tom, chinandosi verso il comodino per posare fascia e cappello prima di tornare a posarsi sul cuscino.
- E con ciò? – proseguì Bill, del tutto determinato ad andare a fondo in quella faccenda.
- Le leggerai nel numero di Max.
- Ma io voglio saperle da te. – spiegò semplicemente lui, alzandosi e andandosi a sedere sul bordo del letto di Tom.
Tom sbadigliò, portando le mani dietro il collo e incrociandole.
- Le solite domande che mi fanno sempre. Che tipo di donne mi piacciono, con quali donne famose mi piacerebbe passare la notte...
- Le gemelle Olsen. – rispose prontamente Bill.
- Ovvio. – constatò Tom. – E la Jolie.
- Cos'altro?
- Niente, ho raccontato cosa mi eccita e cosa non, la durata delle mie relazioni, che non credo nell'amore...
- Cosa?! – gli occhi di Bill si spalancarono dalla sorpresa, mentre il fratello lo guardava senza capire.
- Ho detto che non credo nell'amore. – ripeté il biondo, un po’ confuso.
- Ma non è possibile!
- Certo che lo è. È come la fede... se non ci credi, non ci credi.
- Tom, tu non puoi non credere nell'amore. – argomentò seriamente Bill, piantando le mani sul materasso e dondolando avanti e indietro, una smorfia delusa e mortalmente carina a increspare le labbra.
Il biondo si alzò a sedere, appoggiandosi alla testata del letto.
- Posso essere libero di credere in ciò che voglio? – chiese, un po’ infastidito e spaventato dalla piega che stava prendendo la discussione.
Parlare di “oggetti d’amore” con Bill… avrebbe potuto essere l’errore più enorme di tutta la sua vita.
- Certo Tom… - mugugnò il ragazzo, - Però... tu sei un essere umano, vero?
- Sì...
- E gli esseri umani amano...
- Bill...
- Quindi anche tu ami.
Tom sospirò ancora, inarcando le sopracciglia e fissando il fratello con ironia.
- Hai ragione.
- Visto?! – esordì Bill, soddisfatto.
- Io amo scopare.
- Tom!! – esclamò Bill scandalizzato, colpendo il gemello alla spalla, mentre Tom scoppiava a ridere osservando l’espressione sul suo volto tornare cupa e adirata nonostante appena un secondo prima fosse il ritratto della gioia. – Sono serio! Io so che tu sei capace di amare, perché dentro il tuo petto batte un cuore, come il mio. E, se io sono capace di amare, anche tu lo sei.
Tom scrollò le spalle, ben deciso a non lasciarsi sconfiggere in quel battibecco.
- Tutti sono capaci di amare le caramelle gommose.
- La pianti di sfottere? – ritorse Bill, assottigliando le palpebre finché il suo sguardo non assunse quella precisa sfumatura di risentimento che lo faceva sembrare pericoloso.
Tom lo guardò attentamente, e non poté impedirsi di sorridere, intenerito dalla sua ostinazione.
Se solo Bill avesse saputo…
- Bill, - concesse alla fine, chiudendo gli occhi per darsi un tono mentre parlava, - se dicessi al mondo intero che so amare e che amo una persona, questa persona probabilmente finirebbe in un grosso pericolo e avrebbe tutti contro.
- Quindi ammetti che c'è una persona! – sbottò Bill, vittorioso.
Tom gli lanciò un sorriso enigmatico, tornando a guardarlo.
- E se anche fosse cosi?
Bill non si lasciò distrarre, e proseguì nel proprio interrogatorio.
- La conosco?
Tom annuì, lasciandosi scivolare di nuovo sul materasso.
- E' simpatica?
- Sì, però sa essere mooooooolto pesante.
- Sa che la ami?
- Dubito, ma penso sappia che le voglio molto bene.
Bill si prese qualche secondo per considerare seriamente la situazione.
- Effettivamente – concluse alla fine, - se starnazzi in giro che non credi nell'amore, è ovvio che poi pensi che tu non sia innamorato...
Tom sbuffò una risatina divertita, sistemandosi meglio sul materasso.
- Veramente questa persona sa che so amare. – confessò a mezza voce, sorridendo sibillino.
Bill guardò il fratello, stralunato. Tom sorrise, mettendosi di nuovo a sedere e fissando il proprio gemello negli occhi. La cosa stava prendendo una piega decisamente pericolosa… ma in qualche modo non gli riusciva di pentirsi di ciò che stava succedendo. Bill sembrava così curioso, così emozionato…
…ed era così dannatamente adorabile, accidenti…
- Bill, posso essere io adesso a farti una domanda? – chiese, avvicinando il proprio viso a quello così simile di Bill e domandandosi se anche il fratello lo vedesse bello come lo stava vedendo lui in quel momento.
Bill deglutì incerto, ma annuì lo stesso.
- Come pensi che possa credere nel grande amore, nella ragazza dei miei sogni... – si interruppe appena, per prendere fiato e trovare le parole giuste, - se so perfettamente che non esiste persona al mondo che io ami o possa amare più di quanto ami te?
Sorrise mentre guardava l'espressione di Bill diventare sempre più incredula. Non avrebbe saputo spiegare neanche lui da dove tirasse fuori la forza per sorridere ancora, nonostante tutto… e oltretutto non si trattava di uno dei suoi soliti ghigni da Sex Gott, era un semplice sorriso... riusciva a sentirlo perfino da sé… era innocente.
Hai appena confessato a tuo fratello d’essere innamorato di lui e riesci comunque a sentirti innocente.
C’era di che essere orgogliosi di sé stessi.
Per la terza volta si sdraiò sul letto, le mani dietro il collo e gli occhi chiusi.
Probabilmente Bill ora si sarebbe incazzato.
Probabilmente Bill lo avrebbe preso a pugni.
Probabilmente Bill non gli avrebbe più rivolto la parola.
Probabilmente Tom aveva rovinato l'unico amore della sua vita.
Probabilmente Tom ora sarebbe stato costretto a mollare il gruppo.
Probabilmente Tom sarebbe rimasto senza un gemello.
Ma poi, successe qualcosa che lo stupì.
Insomma, era chiaro che si aspettasse una reazione da parte di Bill. Anche perché Bill decisamente non era tipo da lasciarsi passare addosso le cose senza sbottare un commento.
O uno schiaffo.
Un cazzotto.
Uno sputo in faccia.
…qualsiasi cosa tranne…
Aprì lentamente gli occhi per verificare che ciò che sentiva stesse succedendo veramente.
E – non avrebbe saputo dire se per disgrazia o per fortuna – ne ebbe la prova.
Una reazione da parte di Bill, in effetti, c'era stata.
Un bacio.
Infantile e un po’ sciocco. A fior di labbra. Una pressione lieve, appena umida.
Bill spalancò gli occhi e si ritrasse, tornando seduto dritto e lasciando ricadere le braccia lungo il grembo. Tom lo seguì nel movimento, sedendoglisi affianco.
- Bill… - cominciò, ma non riuscì a finire.
- Non dire niente… - lo fermò Bill, chinando il capo fino a che i capelli non gli ebbero nascosto quasi del tutto il viso, - È imbarazzante da morire…
- Ehi… aspetta… - cercò di sorridere lui, sollevando un braccio a circondargli le spalle sottili, attirandolo a sé in un gesto lento e tenero, - Non mi andare in paranoia, adesso… è tutto ok…
Bill sollevò le mani all’altezza del viso e si nascose dietro di esse, sospirando pesantemente.
- Ma sto bene! – rispose con forza, l’imbarazzo che trasudava da ogni parola quasi come una sensazione fisica, come piccole goccioline d’acqua che, colando giù dai pensieri di Bill, si posassero delicatamente addosso ai pensieri di Tom, rendendoli più dolci, meno confusi… finalmente condivisi. – Non hai neanche idea da quanto volevo togliermi questo peso enorme…
Tom sorrise apertamente, scuotendolo un po’ e sfiorandogli la tempia con un bacio.
- Devo farti i miei complimenti, fratellino… - disse dolcemente, cercando di scostare le mani dal viso di Bill con gentilezza, - Sei stato molto più coraggioso di me.
Il moro si lasciò liberare senza opporre resistenza, sollevandogli addosso uno sguardo da cucciolo ancora un po’ lucido d’imbarazzo e agitazione.
- Ma se me l’hai detto tu per primo… - commentò con una risatina breve.
- Io non ho detto niente. - sbuffò Tom, - Ho lasciato intendere.
- Eddai!!! - disse Bill, pizzicandogli piano un fianco, - Piantala!
Tom ridacchiò, seguendo il fratello nella risata e stringendolo ancora un po' a sé prima di chinarsi su di lui e posare ancora le labbra sulle sue. Cercò di essere delicato. Dolce.
Cercò di non cedere alla vocina insinuante e insistente che, da quando avevano cominciato quel discorso spinoso, non aveva fatto altro che ripetergli che Bill era bellissimo. Stupendo. Una visione. E che avrebbe desiderato toccarlo e baciarlo con tanto impeto che... a ripensarci si spaventava da solo.
Ma quando sentì Bill mugugnare, oltre la parete delle proprie palpebre pesantemente calate sugli occhi, e quando percepì le sue braccia sollevarsi e cingerlo al collo, mentre le sue gambe si ritiravano sul materasso per permettergli di inginocchiarsi sul letto accanto a lui, e quando anche le sue labbra si schiusero, abbattendo ogni barriera ancora esistente fra la possibilità di fare e la concreta certezza del suo corpo accanto al proprio, allora no, non si trattenne più. Lasciò che la lingua di Bill s'insinuasse nella sua bocca, esplorando attentamente ogni centimetro della propria e rispondendo ai suoi tocchi brevi ed eccitati con carezze lunghe, lente, affamate, come non riuscisse a costringersi a lasciarlo andare, neanche per riprendere fiato.
Bill si avvicinò ancora, e fu allora che Tom sentì la sua eccitazione premere contro il proprio fianco, e dischiuse gli occhi, separandosi da lui. Entrambi ansimavano. Entrambi erano talmente imbarazzati che quasi non avevano il coraggio di guardarsi... e ciononostante non riuscivano a staccarsi gli occhi di dosso. Neanche per un secondo.
- Non dobbiamo farlo per forza... - disse a mezza voce, mentre nella sua testa esplodeva un coro di "Dio, fa che non annuisca!". E sorrise, invece, nell'osservare Bill guardarlo con stupore e poi arrossire violentemente, mentre il suo sguardo fuggiva a cercare conforto nella meno imbarazzante visione del copriletto sotto di loro.
- Ma io voglio... - disse il moro, mordicchiandosi nervosamente le labbra. Poi sorrise, tornando a guardarlo, più serenamente. - Sai, Tomi... Io durante le interviste non ho mai mentito.
- ...che intendi? - chiese il rasta, scostandosi appena per poterlo guardare meglio.
Bill sorrise ancora, arricciando appena il naso.
- Quando ho detto che per farlo avrei aspettato la persona giusta... era a te che mi riferivo. Stavo aspettando te.
...semplicemente avrebbe dovuto aspettarselo. Aveva sempre saputo che lui e Bill non erano poi così diversi come al mondo intero piaceva credere, quando li guardavano in foto e si divertivano a commentare che non si sarebbe mai detto fossero davvero gemelli.
Lui e Bill erano un'unica cosa. La stessa dannatissima entità.
Era normale provassero anche esattamente lo stesso dannatissimo sentimento l'uno per l'altro.
Si chinò a baciarlo ancora, costringendolo senza troppi sforzi a distendersi sul materasso, sotto di lui, e ascoltando compiaciuto i brevi gemiti che si lasciò sfuggire nel momento in cui le sue mani si insinuarono sotto la maglietta, raggiungendo i capezzoli dopo aver vagato un po' lungo il ventre e il petto, per saggiare la consistenza della pelle e della carne sotto le mani. Affondò il viso sul suo collo, quasi scavando nella scollatura della maglietta per cercare di raggiungere le clavicole, e grugnendo insoddisfatto quando si rese conto che non ci sarebbe mai riuscito.
Bill ridacchiò lievemente.
- La rovini, così... - disse a bassa voce, scostandosi da lui quel tanto che bastava per afferrare la maglietta dall'orlo inferiore e sfilarla dalla testa, rimanendo a petto nudo sotto il fratello.
Tom lo guardò a lungo, come volesse sincerarsi che fosse reale, tangibile sotto di lui. Lo guardò come un idiota, fino a quando non si rese conto che il modo migliore per verificare la compattezza di quel corpo sotto di sé fosse toccarlo, stringerlo, scivolargli addosso con le labbra e con la lingua, per tastarne il sapore e marchiarsi nella mente perfino l'odore. L'odore, così come tutti i piccoli gemiti che Bill si lasciava sfuggire, e che risuonavano come melodie nelle orecchie di Tom.
- Quando riuscirò a mettere in musica il vero suono della tua voce... - ansimò il biondo, incapace di staccargli le labbra di dosso, - avremo la canzone perfetta.
Bill ridacchiò, un po' imbarazzato, nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla e attaccandosi con decisione all'orlo della sua maglietta, tirando verso l'alto per toglierla anche a lui. Tom si lasciò spogliare, separandosi da lui solo per il breve istante che servì alla scollatura della sua maglia di passare oltre il mento, prima che Bill la lanciasse distrattamente sul pavimento a fianco del letto.
- Tomi... - lo chiamò quindi il più piccolo, sollevandosi per abbracciarlo ed affondare col viso sul suo petto, come volesse nascondersi, - Tomi, voglio sentirti di più...
Ed ogni singolo neurone ancora funzionante nella mente di Tom, semplicemente smise ogni attività. Non esplose, non prese a roteare vorticosamente, non scappò dalle orecchie. Si spense. E basta.
Gli si chinò addosso, armeggiando con la cintura dei suoi pantaloni e prendendosi il tempo necessario per sfibbiarla e sfilarla, prima di sbottonare i propri jeans ed avvicinarsi nuovamente a lui, sistemandosi fra le gambe che, nel frattempo, Bill aveva schiuso, appositamente per accoglierlo.
- Dio mio... - non poté risparmiarsi di dire, guardandolo in viso e scostandogli una ciocca di capelli da una guancia arrossata, - Sei stupendo...
Lo baciò ancora, sfilando i boxer aderenti e liberandosi dei propri con ansia crescente.
- L'ultima cosa che vorrei adesso è farti male... - confessò quasi dolorosamente, affondando il viso sulla sua spalla e baciandola con dolcezza.
Bill non rispose. Si limitò a guardarlo con un breve sorriso comprensivo, prima di prendergli una mano e portarla lentamente vicino alle labbra. Mentre Tom ancora si chiedeva cosa avesse intenzione, di certo non aiutato dalla situazione del proprio cervello, ancora drammaticamente fuori uso, Bill baciò lievemente la punta delle sue dita, prima di socchiudere gli occhi e lasciarne scivolare due fra le labbra, avvolgendole con la lingua, inumidendole con la propria saliva e dando i brividi a Tom. Avendo cominciato a suonare la chitarra a sette anni - per non smettere mai più - le sue dita potevano non essere la parte più sensibile del proprio corpo, ma... Dio. La sensazione di Bill attorno a loro, sulla pelle sensibile fra le dita, la lingua gentile e premurosa anche quando scivolava sui calli, era magnifica.
Quando Bill lo lasciò andare, tornando a guardarlo con negli occhi ancora quel misto di imbarazzo ed eccitazione che, fin dall'inizio, l'aveva fatto impazzire, non poté che fissarlo ammirato.
- Magari, se prima cominci con queste... - disse, indicando con un cenno del capo le dita ancora umide di saliva, - poi sarà più facile... - si interruppe un attimo, deglutendo rumorosamente, - ...il resto...
Tom annuì, scivolandogli addosso con le dita, lasciandosi dietro una scia bagnata che fece rabbrividire Bill sotto di lui, prima di raggiungere la sua apertura e soffermarsi un po' all'esterno. Per poi forzarla lentamente, senza fretta, aiutato dalla lubrificazione che Bill era stato in grado di fornire con la bocca poco prima.
Il moro strinse le palpebre e digrignò i denti, lasciandosi sfuggire un gemito di fastidio, più che di vero dolore.
- Pensavo... peggio... - commentò con una risatina, mentre cercava di abituarsi a quella presenza estranea all'interno del proprio corpo.
Intenerito, Tom lo baciò di nuovo, strusciandoglisi addosso nel tentativo di lenire il fastidio facendo scontrare i loro bacini, mentre le loro erezioni si sfioravano fra i loro corpi.
Ma, per quanto piacevole, quello non era abbastanza. Non era abbastanza per sé stesso, che ora che sentiva la calda morbidezza di Bill attorno alle dita non faceva che desiderare di più, e non era abbastanza neanche per Bill, lo sapeva, perché Bill voleva sentirlo. Perciò, sfilò lentamente le dita da dentro di lui, e lo guardò brevemente in viso - i lineamenti un po' contratti per lo sforzo e l'agitazione, gli occhi ancora serrati, quasi con paura... lasciò un bacio su ogni palpebra, scendendo poi lungo il naso per soffermarsi sulle labbra - prima di sistemarsi fra le sue natiche e affondargli dentro in un gesto deciso e sicuro, quasi immediato.
Bill spalancò gli occhi, mordendosi un labbro e tendendogli le braccia. Lui gli si chinò addosso, offrendogli il collo come appigglio e tirandolo su fino a permettergli di nascondere il viso sul suo collo, fra le ciocche di capelli che, libere da costrizioni, scivolavano lungo le spalle e la schiena, mentre continuava a spingerglisi dentro con attenzione, cercando di non forzarlo mentre si abituava.
- Tom... - lo chiamò debolmente Bill, schiudendo le labbra e richiudendole con forza sul suo lobo, mordicchiandolo nervosamente, come volesse scaricare su di lui la tensione derivata da dolore ed eccitazione, e che non riusciva a scaricare in altro modo. Tom lo strinse forte con un braccio, attirandoselo addosso e insinuando una mano nel minuscolo spazio fra i loro corpi, per raggiungere la sua eccitazione pulsante e avvolgerla fra le dita, accarezzandola dal basso verso l'alto mentre sentiva i mugolii di Bill farsi meno spezzati e più, semplicemente, concitati e affamati. Continuò a spingerglisi contro, cercando di adattare i movimenti del proprio bacino con quelli della mano, godendo del fiato di Bill che gli si infrangeva sulla pelle, caldo e profumato di zucchero; e chiuse gli occhi, e non vide più nulla, sentì solo il suo profumo e il suo sapore mentre, dopo un ultimo gemito affannato, Bill veniva contro la sua mano e, pochi secondi dopo, veniva a propria volta colto dall'orgasmo e si liberava dentro di lui.
Stanchi e sconvolti, rimasero stretti l'uno all'altro per un tempo indefinibile tendente all'infinito. Accoccolati sul letto come un'unica cosa, cercando di recuperare il fiato e il ritmo ottimale per respirare senza soffocarsi, continuarono a stringersi ed accarezzarsi a vicenda fino a quando non si sentirono in grado di ridacchiare e ricominciare a parlare.
- Hai visto...? - chiese Bill, scostandosi da lui per guardarlo negli occhi a riavviargli una ciocca dietro un orecchio, - Avevo ragione io.
- ...mh? - mugugnò Tom, ancora confuso e in preda ad un cervello che, più che impigrito dalla lunga sonnolenza, sembrava bene intenzionato a non riprendersi più.
Bill sorrise, sporgendosi in avanti per baciarlo lievemente sulle labbra.
- Lo vedi che anche tu sai amare?
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