Genere: Introspettivo, Romantico.
Pairing: Fabio/Manuela.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Het, Angst, Incest.
- Manuela conosce suo fratello, conosce la sua rabbia. E subito dopo aver visto sfumare la più importante occasione della loro vita, sa che, prima di poterlo riportare in sé, ha bisogno di lasciarlo sfogare.
Note: Eeeeh \o\ Coraggio, nessuno pensava davvero che non avrei mai scritto niente su questi due. Già dopo averli visti la prima volta era diventato una specie di imperativo fisiologico e morale XD Dovevo. Aspettavo solo di raccogliere abbastanza materiale, e poi ovviamente l'eliminazione da XF è scattata la scintilla (over per scintilla si intende L'ANGST), e l'ho fatto. Così, di getto. XD
Scritta per la 500themes_ita, col prompt #51 (Rabbia incontrollabile) e per sconfiggere il malefico Kutz per il dodicesimo round della Zodiaco!Challenge @ fiumidiparole.
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IF THERE'S SOMEBODY CALLING ME ON
(she’s the one)

Quando è in queste condizioni, Fabio non sopporta di essere toccato. Nemmeno da lei, e infatti Manuela resta in disparte, a distanza di sicurezza, sia sul palco che dopo, quando vengono accompagnati in albergo per la notte in attesa dell'incontro coi fan del giorno dopo.
Quando, sul palco, ha visto Arisa avvicinarsi a lui per un abbraccio consolatorio, avrebbe quasi voluto frapporsi fra lei e suo fratello. Non per gelosia e neanche per rivendicare il diritto ad essere la prima a toccarlo in un momento così difficile, ma per proteggere lei. Ha osservato Fabio scostarsela di dosso senza grazia, e poi ha visto l'imbarazzo, la mortificazione nei suoi occhi quando si accorto di essere stato troppo brusco. Una scintilla durata non più di un paio di secondi, prima che la rabbia e il senso profondo di ingiustizia e sconfitta riprendessero il totale controllo del suo corpo.
Il controllo è sempre stato un problema, per Fabio. Nessuno è mai riuscito ad instillargliene il senso, a fargliene capire l'importanza. Si sarebbe detto che ne fosse nato non solo sprovvisto, cosa comune a quasi tutti, ma anche privo della predisposizione ad impararlo. Ha sempre lasciato le proprie emozioni fluire liberamente, perfino con violenza, contrariamente a lei che invece sembra essere nata con la predisposizione naturale a fare l'esatto opposto, tenersi tutto dentro senza mai mostrare nulla e poi lasciare filtrare le proprie emozioni un poco per volta, sussurrate, respirate sulla pelle degli altri.
Fabio ha sempre lasciato che fossero le emozioni del momento a prendere il controllo del suo corpo, a trascinarlo dovunque volessero senza preoccuparsi delle conseguenze. Ha sempre gridato e pianto e riso più forte di tutti gli altri, si è sempre mosso con meno garbo di tutti gli altri, si è sempre imposto con più decisione di tutti gli altri.
Anche su di lei. Anche in modi in cui probabilmente non avrebbe dovuto. Ma adesso è troppo tardi per pensarci, sono passati troppi anni, e quella che probabilmente avrebbe dovuto essere una brutta abitudine da strapparsi di dosso con ogni mezzo il prima possibile è diventata oggi un'ovvietà, la normalità, la condizione base del loro esistere insieme.
Fabio e Manuela respirano, si svegliano al mattino e si addormentano alla sera, mangiano durante i pasti e fuori dagli stessi, escono con gli amici, parlano al telefono coi loro genitori, studiano e provano e guardano la tv e ascoltano musica, e con la stessa identica naturalezza Fabio e Manuela si guardano, si toccano, si baciano, si vogliono. Si amano.
Ma questo non è il punto, almeno non stasera, almeno così crede Manuela mentre lo osserva entrare in camera e devastarla senza nemmeno starci troppo a pensare. Sa che domani Fabio se ne pentirà, sa che si sentirà in colpa e soprattutto stupido, sa che questo lo farà arrabbiare ancora, ma che sarà una rabbia di tipo diverso, tutta rivolta verso se stesso, e lei dovrà fare il possibile e l'impossibile per impedirgli di farsi del male. Ma in questo momento no.
In questo momento, mentre Fabio prende a calci i mobili e rovescia per terra il cesto di vivande e bibite che la produzione ha preparato per loro, Manuela si arrampica sul letto, stringe le ginocchia al petto ed aspetta. Osserva Fabio muoversi nervosamente per la stanza, tendini e muscoli tesi sotto la pelle, quella sua figura così magra e sottile fremente dal desiderio di distruggere qualsiasi cosa sul proprio cammino, e ripensa a quando lo faceva da piccolo, a quando qualcosa gli andava storto e lui reagiva gettando in aria qualsiasi cosa solo per aspettare lo schianto. Ripensa agli occhi terrorizzati della mamma quando chiedeva al papà di fermarlo, di fare qualcosa, e lui non poteva fare altro che aspettare che Fabio si calmasse e poi metterlo in punizione, sperando che bastasse ad evitare il ripetersi della cosa. (Non bastava mai.)
Lo ricorda, Fabio in punizione. Ormai sono anni che nessuno li punisce più, anche se qualcuno forse dovrebbe, ma quando accadeva, quando erano ancora entrambi troppo piccoli per avanzare anche la più pallida pretesa di indipendenza, lei bussava piano alla porta della sua camera e scivolava all'interno come uno spiffero attraverso una fessura. Lo trovava seduto sul letto a leggere un libro, più spesso affacciato alla finestra, gli auricolari pigiati nelle orecchie per escludere qualsiasi suono che non fosse quello della musica, gli occhi persi da qualche parte oltre l'orizzonte ed un fremito continuo sottopelle, il desiderio di andarsene bruciante sulla linea netta delle sue labbra serrate.
Poi è successo. Fabio è partito - un brutto periodo; è partito per le ragioni sbagliate, nel tentativo di lasciarsi alle spalle una casa, una città, un mondo troppo piccolo, nel tentativo di lasciarsi alle spalle lei e un sentimento troppo grande -, è andato a stare a Londra. Ha retto un anno. Aveva ventun anni, lei ne aveva appena sedici, andavano a letto insieme dall'anno prima.
Manuela l'ha capito, e non ha mai commesso lo sbaglio di pensare che lui la stesse abbandonando. Non scappava da lei, scappava dalla paura che provava nei confronti del loro legame. Anche lei aveva paura, naturalmente, anche lei, ogni mattina, dopo essersi svegliata all'alba fra le sue braccia, andava in bagno, si guardava allo specchio e si chiedeva cosa stesse facendo e perché, e perché non stesse già scappando, ma se per lei era stato naturale ridimensionare quel terrore fino a renderlo una parte minuscola di se stessa, una parte con la quale potesse convivere più facilmente, per Fabio non era stato altrettanto facile. I sentimenti, che germogliano in Manuela, in Fabio esplodono. E lui era scappato via sulla scia di una di quelle esplosioni. Ma Manuela non lo aveva mai odiato, per questo. Sarebbe stato facile, forse sarebbe stato meglio, l'avrebbe aiutata a staccarsi da lui e, a quel punto, quando lui fosse tornato sarebbe stato tutto diverso.
Ma, e questa è una consapevolezza che per Manuela è arrivata con gli anni e con l'abitudine, probabilmente non ha mai davvero voluto staccarsi da suo fratello, spegnere quell'amore innato che aveva sempre bruciato dentro di lei. Aveva voluto continuare ad amarlo in silenzio, anche da lontano, e quando Fabio è tornato a casa l'ha letto nei suoi occhi così chiaramente da deporre le armi all'istante, senza neanche provare a combattere ancora.
L'anno di separazione è stata una palestra dura ma utile, e adesso per Manuela è molto più facile agire in maniera matura, durante queste situazioni critiche. Da piccola non riusciva. Quando qualcosa la scuoteva troppo profondamente, il suo primo istinto, l'unico al quale riuscisse a dare retta, era correre da Fabio, aggrapparsi a lui ed obbligarlo a starle vicino finché non si fosse calmata, indipendentemente da quanto potesse essere ugualmente scosso lui in quel momento. Avevano litigato spesso, specie durante quel periodo in cui Fabio era già un ragazzo e Manuela ancora una bambina. Quando, a dodici anni, lei non riusciva proprio a capire perché suo fratello, già diciassettenne, se la scrollasse di dosso con impazienza, dicendole di stare alla larga. Ferita, poteva piangere per ore solo per averlo sentito pronunciare delle parole di rifiuto nei suoi confronti. Poi Fabio andava a trovarla in camera sua, si sedeva sul letto accanto a lei, tutta raggomitolata in un angolo, e giocava a lungo coi suoi capelli, rigirandosi le ciocche fra le dita, cercando di spiegarle per quale motivo di fosse comportato in quel modo.
Non ci era mai riuscito. A dispetto delle proprie convinzioni, Fabio non è per niente loquace. Non è per niente efficace, quando cerca di spiegare se stesso. Per lo più non si fa capire, ed anche quando ci prova la sua capacità di ordinare i concetti è talmente inesistente che finisce per annegare il punto in una sequela di idiozie pseudo-metafisiche in mezzo alle quali Manuela ha imparato a farsi strada nuotando a fatica, agitando confusamente braccia e gambe nel tentativo di restare a galla, di raggiungerlo là, nel punto più nascosto di sé, nonostante Fabio glielo rendesse il più delle volte impossibile, anche senza volerlo.
Ora lo sa. Ora conosce i suoi ritmi a memoria, quelli del suo corpo prima ancora di quelli della sua anima. E resta seduta sul letto finché non lo vede calmarsi, appoggiarsi di schiena ad una parete e poi scivolare seduto sul pavimento, ansimante, la testa ripiegata sul petto ed i capelli scarmigliati ormai quasi tutti sfuggiti all'elastico che glieli legava dietro la testa.
Solo allora prende coraggio, scende dal letto e gattona al suo fianco, sedendosi proprio accanto a lui, il capo appoggiato contro la sua spalla, che si muove irrequieta al ritmo del suo respiro.
- Ho fatto una cazzata enorme, - le chiede a bassa voce dopo un po', quasi apatico, - eh?
Manuela non risponde. Gli stringe un polso fra le dita e guida il suo braccio sopra le proprie spalle, rifugiandosi contro il suo petto. Fabio la abbraccia come se si stesse aggrappando a lei per non cadere, e lei si sente sparire dentro di lui, e chiude gli occhi, per assaporare meglio la sensazione.
- Dovrò chiedere scusa. - continua suo fratello. Lei gli posa un bacio sul pomo d'Adamo e poi scuote il capo.
- Dovremo chiedere scusa. - lo corregge, - Ho urlato anch'io.
- Non dire stronzate. - insiste lui, un ghigno ironico a farsi strada sulle labbra, - Hai urlato anche tu, ma la figura di merda peggiore l'ho fatta io. Se penso a Tommassini... Dio.
- Non pensarci. - lo ferma lei, sollevandosi sulle ginocchia e prendendogli il viso tra le mani per guardarlo negli occhi. Sono cupi, e brillano ancora di quella luce caotica che le ha sempre fatto un po' paura. Ci sono ancora dei misteri insondabili, in fondo all'anima di suo fratello. Ci sono cose che anche lei non capirà mai. Con quei segreti oscuri deve imparare a convivere, e non è facile.
- A cosa è servito, Manu? - la sua voce rimbomba nel silenzio della stanza, sul tono basso e quasi dimesso di una domanda che Manuela sperava lui non le facesse, perché parla di qualcosa che teme anche lei. - Ci siamo esposti in questo modo, e non è servito a niente. Torneremo al bunker senza niente in mano. Se doveva andare così fin dall'inizio, sarebbe stato molto meglio rimanere a casa e non dover rischiare.
Manuela conosce il rischio di cui Fabio parla. E' una paura con la quale, in silenzio, convive ogni giorno. La paura di essere scoperti.
Lei sopravvivrebbe, lo sa. Sa che potrebbe sopportare le occhiate piene di malizia e disgusto della gente, sa che potrebbe sopportare perfino il dolore dei loro genitori, non è che non le importerebbe, è che riuscirebbe a superare il dolore del distacco, se ne farebbe una ragione, soffrirebbe tantissimo senza mai darlo a vedere e prima o poi riuscirebbe a ridurre anche quel dolore ad una piccola parte di se stessa, e non sarebbe poi così difficile andare avanti.
Ma così com'è certa che riuscirebbe a sopravvivere all'eventualità, è altrettanto certo che per Fabio non sarebbe la stessa cosa. Lui, abituato com'è a lasciarsi andare alla gioia più assoluta così come alla disperazione più nera, non riuscirebbe mai a reggere la tensione di quel periodo di transizione che ovviamente dovrebbero superare per rimettere le cose a posto. Farebbe qualche pazzia, andrebbe via un'altra volta, stavolta forse per sempre. E questo no, questo lei non riuscirebbe a sopportarlo.
Lo bacia sulla fronte, stringendoselo contro.
- Non pensarci. - ripete, - Andrà tutto bene.
Mente sulla sua pelle senza un ripensamento. Fabio le stringe i fianchi fra le mani, inspira ed espira profondamente, arreso al tocco delle sue labbra, e poi solleva il viso in cerca di un bacio. Lei lo bacia lentamente, profondamente, con trasporto. E' l'ultima notte che passano insieme lontano da casa, l'ultima notte in cui possono concedersi di dormire insieme senza doversi preoccupare di scivolare silenziosamente ognuno in camera propria alle prime luci del mattino.
Manuela si alza in piedi, stringendo una mano di suo fratello fra le proprie. Lo conduce il silenzio verso il letto e si stende al suo fianco, scivolando fuori dai propri abiti ed aiutandolo a scivolare fuori dai propri per sentirsi addosso il calore intenso della sua pelle. Non smette più di baciarlo.
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