Scritta con Ross.
Genere: Comico, Demenziale.
Pairing: Bill/Bushido.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Crack, Language, Slash.
- Bushido sente le persone cantare. Bushido sente le cose cantare. Bushido sente suo cugino cantare. Il problema è uno e uno solo: tutto cerca di convincerlo ad andare a letto con Bill Kaulitz.
Note: Allora… cioè, che io e Ross siamo fuori neanche come balconi, ma come mutande stese, mi pare sia pacifico XD Cioè, non siamo normali. Ma voi invece lo siete, perciò vi meritate un minimo di spiegazione, mi pare logico. Per quanto logica possa essere io adesso, visto che mi sono addormentata alle quattro del mattino.
Allora. Eli Stone è un adorabile telefilm dell’ABC che ha cominciato ieri la propria trasmissione italiana su Fox. La storia è quella di Eli, appunto, che un giorno, all’improvviso, comincia ad avere delle strane visioni. Cori di bambini che cantano, appunto, e simili demenziali amenità. Il nostro lavora come socio anziano in un importante studio legale, e da quando una visione di George Micheal che canta nel suo salotto lo coglie la sua vita non è più la stessa. Le sue visioni hanno lo scopo di indicargli quale caso sia più giusto patrocinare *annuisce* Chiaro, no?
Ora, nel telefilm dietro c’è un motivo. Ma io e Ross, nel nostro delirio di ieri sera, mentre guardavamo e commentavamo lo show, abbiamo deciso amabilmente di ignorarlo perché la semplice e sola idea che la gente (e le cose!) attorno a Bushido potesse cantare per rivelargli che il suo destino era scoparsi Bill Kaulitz era… semplicemente troppo bella per non buttarla giù.
E così è nata questa follia. Ne abbiamo scritto un pezzo l’una fino alla fine, perciò non posso neanche stare qui a dire cosa è mio e cosa è suo. È tutto un gioioso delirio. E quando la madre di Bu chiede a Bu di seppellire i mocassini sull’Himalaya, è una gioiosa citazione del telefilm, in cui Eli va appunto a spargere le ceneri del padre sul suddetto monte XD
E questo è quanto, suppongo.
Per la neurodeliri: lo facciamo apposta. Non siamo veramente pazze. Non abbiamo bisogno di assistenza. E non siamo sotto l’effetto di nessuna droga. È solo che sentiamo le persone cantare :D…
PS: Il titolo è la parodia del famoso "I see dead people" di SestoSensiana memoria *annuisce*
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I SEE SINGING PEOPLE

Io sono un rapper.
Io sono un rapper, ed in quanto tale ascolto musica rap.
Ascolto solo musica rap, perché mi tocca pure tenermi informato. Su cosa va al momento. Sugli argomenti di discussione più attuali. Sull’invenzione di nuove parolacce. O sugli insulti che i miei più cari ex-compagni mi inviano tramite canzoni di dubbio gusto.
Io sono un rapper ed ascolto rap. Solo musica rap.

Qualcuno mi spieghi perché, in questo momento, in una stanza che dovrebbe essere insonorizzata e soprattutto vuota a parte me, un coro di bambini vestiti come piccoli 50 Cent più magri e meno cazzuti stanno continuando a cantare gospel sulla mia situazione sentimentale.

Chiudo gli occhi una volta, due, tre. Ma se posso impedire a quei piccoli cretini di inquinare la mia retina con sdilinquenti immagini da chiesa battista, una cosa che non posso fare è impedire alla loro musica da strapazzo di sfondarmi il cervello. Solo musica rap, cristo, solo musica rap! Che cazzo è 'sta roba, ma soprattutto, chi cazzo li ha fatti emigrare qui?

Mi riprendo il dono della vista e li punto: li sfido. Loro, nella beata ingenuità che solo dei piccoli incoscienti coristi possono avere, cantano, ballano e ridono. Di me, è palese.
M'infilo le cuffie e sparo al massimo il nuovo successo di Sido, che cazzo, sarà pure un coglione con i controfiocchi, ma la musica - lui!, mica i coristi! - la sa fare. Mi perdo nelle prime note dissonanti e gongolo con calma quando m'accorgo che no, la voce non è quella di Sido e che no, non è nemmeno una sola voce. Ma smetteranno mai di cantare? E perché le cuffie non funzionano? Cazzo!

Sbatto le cuffie con rabbia sulla sedia e quando mi rigiro, è silenzio. Ed è il vuoto, perché i piccoli 50 cent hanno deciso che l'America è il paese dei sogni - mica la Germania, pezzenti! - e se ne sono andati via.

Chiunque sia stato la pagherà cara.

- Saad! - urlo dal corridoio. - Piccolo pezzo di merda, Saad! Dove cazzo li hai ficcati i tuoi bambinetti coristi? -
Il volto stravolto di mio cugino si affaccia dallo sgabuzzino. - E' un modo per chiedermi se ho qualche ragazzo per te? Mio dio, Atze, sei disgustoso! -

Ma che… - Coglione! - gli sbraito dietro. Rientro nella stanza, come pronto a lottare. Ma non c'è niente. Il vuoto.
… ho bisogno di una scopata. E' più che evidente.

Okay, cerchiamo di riassumere.
Fino a stamattina, io ero una persona assolutamente normale, per quanto normale possa essere uno con le mie origini, il mio modo di vedere la vita e la mia fedina penale. Però – giuro – sono pulito da mesi. Neanche un po’ d’oppio. Cioè, niente di niente. Ho tenuto chiunque lontano apposta, mia madre continuava a rompere perché la smettessi di andare in giro come uno zombie ed io ho promesso, niente droghe, mai più, grazie mille e arrivederci.
Non sono sotto l’effetto di niente.
Per la prima volta da quando sono uscito dal tunnel, rimpiango l’ecstasy. Almeno quella avrebbe potuto spiegare i fottuti bambini.

- Atze, mi dici che cazzo ti prende? – chiede quella merda di mio cugino che evidentemente non capisce che sono completamente rincoglionito ed ho bisogno solo di una camomilla molto potente.
- Niente! – sbotto istericamente, - Sono… nervoso. Per stasera. – butto lì.
In realtà non sono affatto nervoso. Non è certo uno stupido premio – cosa sono? I Comet? Me ne frega così poco che nemmeno mi ricordo! – a rendermi nervoso.

No, ciò che mi rende nervoso sono i bambini.
I bambini che cantavano di Bill Kaulitz.

… ma soprattutto, perché parlavano di una stramaledetta sciarpina argento?

Saad mi fissa con l'espressione vissuta che gli ho già visto addosso troppe volte nella mia breve vita: è lo sguardo truce di chi compatisce e vorrebbe contemporaneamente picchiare con tutte le sue forze il proprio migliore amico - o cugino, quel diamine che è - perché si fa di droga.

L'ha pensato persino lui.

Questo vuol dire che il mio comportamento non è normale. Non che non ci fossi già arrivato da solo, cazzo! - Non mi faccio di droghe. - dico io. Lui mi fissa e butta lì un come no che è tutto il contrario di quello che vuole intendere.

Sottolineo il tutto con le sopracciglia, spalancando gli occhi. - Non adesso! - Medito per un istante tutte le mie possibilità, che a ben pensarci, non sono molte. O mi faccio e non me lo ricordo. O sono sonnambulo e mi faccio (e non me ne ricordo, quindi magari questo si riduce alla prima categoria). Oppure sono pazzo - questo mi piace. Non è una cosa che puoi controllare, no?, non è colpa mia se io sono… pazzo! Ha. Pazzo. Suona bene. Venderei un sacco di dischi, cazzo.

Se solo riuscissi a pensare a qualcos'altro che non sia musica gospel. Magari i pazzi hanno mercato pure in quel genere.

Saad mi fissa. Ancora. … magari non sono pazzo. - Saad, mi hai fatto ascoltare musica dei Tokio Hotel mentre dormivo, per caso? Perché sai che io non la ascolto, quella roba, merda. -

Saad continua a fissarmi, e io comincio a sentirmi un tantino inibito. Come se dovessi masturbarmi di fronte al mondo, con tutti che mi fissano. Non sono fuori di testa!

- Atze, tu sei completamente pazzo. -

- Non sono pazzo! – strillo inviperito. Poi mi rendo conto che, con un atteggiamento del genere, non faccio che dargli ragione.
Cerco di calmarmi.

Io non sono veramente pazzo. Io sono… turbato da… qualcosa che devo aver visto. Qualcuno deve avermi fatto scivolare sotto il naso un video dei Tokio Hotel per qualche motivo che non comprendo. Io non me ne sono accorto, perché io a queste vaccate non ci bado, ma il mio cervello deve evidentemente aver captato qualche messaggio subliminale in sottofondo – ecco perché piacciono a tutti! Si spiega la più grande truffa della musica tedesca da tempi immemorabili! – ed ora il mio inconscio me lo ripropone perché…
…perché sono pazzo. Non c’è dubbio. È così.

- Atze, datti una calmata. – dice Saad, un po’ scazzato e un po’, pare, sinceramente preoccupato, - Cos’è, vuoi un po’ di birra? Qualcosa di più forte? Te la prendo. Basta che non mi chiedi una canna, perché ho promesso a tua madre-
- Non mi serve una cazzo di canna e neanche del cazzo di alcool, e soprattutto, vaffanculo, da quando fai promesse a mia madre, tu?!
- Ehi, ehi! – mi ferma lui, alzando le mani sulla difensiva, - Adesso non ricominciare a delirare. È stato un caso, lei era preoccupata e-
- Ed ha affidato la mia vita nelle tue mani?! Bella mossa! E bella fiducia nei miei confronti, soprattutto! E vaffanculo! – concludo la mia arringa con un ringhio frustrato.
Non ce l’ho veramente con mio cugino. Sono solo pazzo.

E terrorizzato.
Perché io stasera dovrò coesistere nello stesso ambiente con Bill Kaulitz, e venti bambini travestiti da 50 Cent fino a cinque minuti fa stavano cercando di convincermi a infilarmi nelle sue mutande.
E questo fa paura. Punkt.

… poi tutto ricomincia.
E quando dico tutto, intendo il glorioso coretto che m'ha accompagnato in questa pericolosa discesa nella psico-autoanalisi, lungo la china dell'ormai persa sanità mentale, dritto nel burrone della perdita del senno e infine a mollo nel torrente del trucco per vendere dischi (perché dire pazzia non mi piace più, ho deciso).

E' veramente Saad quello che sta ballando?

E' veramente mio cugino quel coso che si muove in maniera disorganizzata nel bel mezzo della sala d'incisione canticchiando canzoni che non gli ho mai sentito nemmeno bisbigliare a bassa voce, causa immediata radiazione dall'albo?

E' veramente lui, sangue del mio sangue, che mi sta dicendo di scopare Bill Kaulitz?, perché va bene la pubblicità e va bene il sesso che fa bene al cervello, ma qui si sta decisamente esagerando.

- Lo scoperaaai. - canticchia lui, imperterrito nonostante la mia espressione che dovrebbe comunicare tutto tranne che approvazione, ciondolante nella sua tunichetta da corista. - Davveeeroooo. - si muove convulsamente e ancheggia prima a destra e poi a sinistra, saltellando aritmicamente su entrambi i piedi.

… io sono pazzo. E mio cugino è stonato.

Lancia un mi sulla già detta battuta dello scoperai e io mi sento in dovere di fermarlo. Perché è chiaro che a nessun uomo dovrebbe essere concesso di vivere in un simile stato. Non ballando in quel modo, per la miseria!

Perciò, mi avvicino. Perché io sono un cugino che tiene ai propri cugini, mica come quegli stronzetti di quarto grado con il latte sul mento che si pungolano dai rispettivi seggioloni e gareggiano sugli strilli… okay, mi avvicino. … la demenza senile precoce quel cazzo che è non è contagiosa, vero? Stendo un dito davanti a me e faccio per toccarlo leggermente quando lui smette di muoversi - grazie! - smette di cantare - grazie! - e mi fissa.

… dove ha messo la tunica?

- Tua madre mi ammazzerà. - dice poi.

E al mio povero uccello in subbuglio all'idea di scopare, non ci pensa proprio nessuno?

Allora, premettiamo che effettivamente sono mesi che non mi concedo una sana scopata. E che ciò vuol dire che, se fossi pazzo, probabilmente il motivo sarebbe questo.
Purtroppo, essere un rapper molto figo ti dà un sacco di occasioni, ma anche fare uscire tipo due album all’anno non è tanto facile, e le occasioni te le ammazza tutte. Perché se devi vomitare diciotto canzoni in una settimana non puoi anche permetterti di vomitare alcool post-sbronza. Devi rimanere perfettamente lucido e concentrato.
Il che significa che la figa la vedi solo da lontano.
Al massimo in tv.
E le seghe sono cose pietose.
Perciò sì, niente sesso.

Ma questo non è abbastanza per giustificare un Saad cantante.
Finché rappa, d’accordo. A cantare non è capace. Mai più.

- Okay, Anis. – riprende lui. Ed io mi irrito, perché quando mi chiama per nome vuol dire che sta entrando in modalità paternale. Ed io non ho bisogno di un altro padre, mi basta quello che rompe mensilmente i coglioni per un aiutino economico, vada a fanculo pure lui e le scelte di vita palesemente sbagliate di quella povera santa di mia madre. – Tu adesso ti calmi, d’accordo? Noi stasera siamo in diretta nazionale e tu non puoi assolutamente permetterti di farci fare una figura di merda, chiaro? Non esiste.
- Senti, fino a prova contraria eri tu quello che ballava e cantava e mi istigava a scoparmi Bill Kaulitz, okay?! – abbaio in un impeto di furiosa irrazionalità.

Mi rendo conto solo dopo del dramma che mi sono appena procurato.

- Io stavo facendo cosa…? – chiede Saad, giustamente sbigottito.
Io, perdio, arrossisco.
Non mi capitava da secoli. Sicuramente non da quando ha cominciato a crescermi la barba.
- Niente!!! – cerco di mettere una pezza, agitandomi nervosamente da un lato all’altro della stanza.
Mio cugino mi segue, sempre più allucinato.
- Atze, a te ‘sto gioco con Kaulitz ha dato alla testa. – commenta, cercando di calmarmi con qualche pacca bene assestata sulla schiena, - Ma tu ti devi calmare, quello non è veramente femmina, c’ha la sorpresa nelle mutande. Non te lo puoi fare.
- Ma io non voglio farmelo!!! – sbraito, gli occhi fuori dalle orbite e le mani nei capelli.

- Io non ne sarei così sicuroooo! – cinguetta qualcuno appena entrato nella stanza.
Sollevo lo sguardo.
Chakuza – canotta nera e jeans extraextraextralarge d’ordinanza – balla il tip tap.
Con le scarpe con la suola di ferro e tutto. Ticchetta amorevolmente per la stanza agitando le manine ed un bastone da passeggio con la testa di un’anatra argentata in punta che, sinceramente, non ho la minima idea di dove abbia recuperato.
- A te piace l’idea! – continua a cinguettare, mentre Saad si traveste improvvisamente da Fred Astaire – smoking e papillon e tutto, ommioddio – e si unisce a lui nelle danze.
La cosa sconvolgente, a questo punto, mentre Saad ricomincia a cantare per aggiungere che la sorpresina nelle mutande di Bill potrebbe essere l’unico motivo per il quale gli vado dietro, è un’altra, però: Chakuza non ha più i propri vestiti, non ha più le scarpe da tip tap, non ha più il bastone, ma in compenso è vestito come Ginger Rogers in Cappello a Cilindro.

Sento il bisogno fisico di vomitare.

E' allora che fuggo. Perché quando qualcosa cerca di farmi vomitare - e non è l'alcool o un'influenza, che già mi sta sul culo, per carità -, quando qualcosa mi spinge sull'addome e sullo stomaco a quella maniera, allora o è un cadavere, o sono i miei amici che si sono improvvisamente rivelati per quella che era la loro vera natura.

E non mi interessa nulla se il bastone con la testa da papera era grazioso.

Spalanco la porta dello studio, inciampo sullo zoccolo del muro e quasi rovino per terra, ritirandomi in posizione eretta con uno scatto improvviso di reni. Poi corro via. La voce di Chakuza - leggermente più effeminata di quella di Saad, e sicuramente meno stonata - ancora m'insegue fino all'androne. - Non potrai farci nullaaa, perché so che lo desideriii. -

Spintono due o tre persone senza curarmi di loro e continuo a fuggire a rotta di collo lungo una via qualsiasi di Berlino.

Poi inciampo in una ragazzina pseudo-emo e la trascino a terra con me, perché se proprio si deve cadere - come dice Saad - meglio cadere con una figa in mano. Beh, non proprio letteralmente parlando, potrei sembrare un poco inopportuno. Comunque il proverbio finiva con e quando ti rialzi, se non te la sei già fatta, ricordati che il sesso verticale fa miracoli per la schiena. Lo so, è un po' lungo, ma non ho mai pensato di poter esaurire il sesso in un proverbio.

Forse il classico Scopa e vivi. Oppure Scopare fa bene alla salute.

- Ma tu sei Bushido! - squittisce la ragazzina. Mentre ci rialziamo, la fisso. E' così bassa e tozza che anche a voler fare sesso verticale, un'ernia del cazzo non me la toglie nessuno. - Ommiddio, ho sempre voluto un tuo autografo! -

- Eh. - dico io. Non so se ce la faccio. Mi guardo alle spalle per scorgere eventuali presenze inopportune. Niente: a quanto pare Fred Astaire è rimasto a farsela con Ginger. Ma perché scopano tutti, qui?

- Ho sempre sognato di incontrarti! Tu sei così uomo… -

- Ah, gra -

- e vorrei scoparti così tanto. - 'ca puttana. Ritiro tutto sulla stazza.

Alzo gli occhi dal foglietto e improvvisamente lo vedo. E' Bill Kaulitz con una gonna troppo corta per coprire i boxer e una camicetta troppo stretta per coprirgli i capezzoli e una voce troppo sexy per poterla ignorare.

Lui sorride e inizia a ballare, indicandosi. - You want me, me, me, in the morniiiing! - va bene che i Blues Brothers non sono mai stati il simbolo dell'eterosessualità, ma qui ci esagera. E perché nessuno si volta? Perché nessuno appare sconvolto quanto lo sono io?

Io lo sono. Sconvolto, intendo.

Per questo urlo. Un sacco. Urlo fino a far sparire Bill Kaulitz e far ricomparire una ragazzina in lacrime. E poi fuggo via. Da mia madre. Sperando che pure lei non decida improvvisamente di trasformarsi in Tom Kaulitz arrapato, perché questo sarebbe troppo. Persino per me.

Mamma, la santa donna, mi accoglie col cipiglio preoccupato che ogni madre dovrebbe avere nel vedere un figlio turbato quanto sono io in questo momento.
Mi permetto un attimo di complesso d’Edipo irrisolto per dichiararle amore imperituro, e le salto al collo, abbracciandola stretta.
- Mamma. Sono felice di vederti.
- Anis…? – mi chiama lei, giustamente turbata, almeno quanto me. – Sei sicuro di stare bene?
- No. – rispondo sinceramente, - È una giornata di merda.
- Anis! Il linguaggio!
- Sì, scusa. – sospiro esausto, svaccandomi lungo disteso sul divano e lanciando via le scarpe che, non so per quale miracolo, evitano di sfondare lo schermo del televisore, - Sono distrutto. Dammi qualcosa di buono da mangiare.
- Ma cosa posso prepararti così all’improvviso? – si agita tutta lei. Io sorrido tranquillo, perché tanto so che se ne uscirà con qualche meravigliosa genialata delle sue. – Dovrei avere ancora un po’ di couscous di ieri, vado a prendertelo. Ma si può capire cos’hai?

No, mamma. Non si può capire. Fortunatamente per te, almeno tu non puoi.

- Niente, ma’. – borbotto massaggiandomi la nuca, - Sono agitato per stasera perché-
- Perché tu lo sai, oh-oh, lo sai! Che Bill Kaulitz ti farai!

Mi tiro a sedere con uno scatto repentino.
- Mamma?! – strillo.
- Che c’è? – risponde lei, terrorizzata, quasi nascondendosi dietro al piatto di couscous, - Anis, sei pallido come un cencio…

Il che, suppongo, visto che tendenzialmente sono pure scuro di pelle, non dev’essere un buon segno.

- Scusa, m’era sembrato che dicessi qualcosa…
- Qualcosa? Tipo che?
- Tipo…
- Oh-oh-oh! Tu puoi negare ma lo sai! Che Bill Kaulitz alla fine di stasera ti farai!
- MAMMA!!!
Mia madre salta indietro, impallidendo, mentre io scatto in piedi con una velocità fulminea della quale la mia schiena risentirà in futuro, lo so.
- Anis… sono molto preoccupata per te.

Anche io sono molto preoccupato per me. Molto molto preoccupato per me.

- Senti… - riprende con tono dimesso, posando il couscous sul tavolino, - Ho una cosa per te. Pensavo avresti potuto indossarla stasera. – suggerisce sorridendo timidamente e sparendo in corridoio.
Giuro che se mi porta il bastone con l’anatra muoio qui.

La sento trafficare nello sgabuzzino e mi permetto di distrarmi un attimo. Un piccolo secondo che non dovrebbe nuocere alla mia psiche, chiaramente già stravolta da un Bill Kaulitz travestito da donna e dai miei amici improvvisamente passati al lato oscuro.

Lascio vagare gli occhi piano, dolcemente, fino a che questi non si posano in tranquillità sull'acquario di mia madre. Personalmente, ho sempre amato quei pesci. Riescono a rilassarmi nei momenti più difficili. Anche adesso sono assolutamente -

Ehi.

Perché tutti i pesci si affannano vicino al vetro? Strano, non gliel'ho mai visto fare dai 30 anni che sono qui - non che siano sempre gli stessi chiaramente. I pesci rossi si agitano in maniera convulsa, poi improvvisamente s'immobilizzano.

Hanno formato una scritta. Dice Bushido.

Mi passo stancamente una mano sugli occhi. Questo è troppo. Forse stanotte ho scopato e non me lo ricordo, motivo per cui io sono enormemente stanco… e… adesso è un cuore.

Chiudo gli occhi. - Solo un secondo tesoro! - urla mia madre dal retro. Vorrei tanto averla qui. Anche se cantasse canzoncine sconce su me e Bill. Parlando del diavolo, spuntano i pesci rossi. Quando riacquisto la vista, i pesci hanno scritto Bill. Beh. Messaggio abbastanza chiaro.

Si muovono di nuovo, sempre più convulsamente.

Quello è il disegno di un pene?

- Fottuti pesci rossi del cazzo! - tuono saltando sulla sedia e precipitandomi verso l'acquario. Poi butto una mano dentro la vasca nel disperato tentativo di disperderli, d'evitare che mia madre veda questa tragedia erotica che sembra una farsa da quanto è inopportuna.

- ANIS! - strilla per l'appunto lei, che nel frattempo è riemersa dallo sgabuzzino. - Per l'amor del cielo, Anis, cosa stai facendo?! -

- Mamma, posso spiegare…! - dico subito io togliendo il braccio dall'acqua e alzandolo davanti al mio viso: non si sa mai cosa potrebbero fare, delle madri in lutto per i loro pesci rossi. - E' che cercavo di… -

Lei alza una mano. - Non dire niente! Ho già visto abbastanza. E' chiaro che tu hai la febbre, Anis. - deglutisco. Sì, magari posso usarla come scusa, se ci aggiungo un paio di innocui funghetti. Credo di averne ancora un paio sotto il letto. - Comunque, volevo darti questi. - apre la scatola davanti al mio naso, che io mi preoccupo di storcere immediatamente, data la puzza, e mi mostra un paio di mocassini.

- Che? -

- Erano di tuo padre. Lui avrebbe voluto che tu li portassi nei momenti più importanti della tua vita, per ricordarti che eri speciale. - sì cazzo, ci posso credere. Con questi mocassini, a ricordarti in maniera speciale del fatto che sei sfigato ci pensa la tua sola immagine. Molto gentile. Mia madre tira su col naso. - Ha anche detto che… -

- Che? -

- …ti farai Bill Kaulitz perché!, pepperepè! -

- MAMMA! - urlo.

- Gesù! Anis, se non ti metti a letto ti ci porto di peso. -

Chino la testa a mo' di scusa. - D'accordo. Dicevi? -

- Tuo padre vorrebbe che dopo averli indossati e dopo che lui sia morto, tu andassi a seppellirli sull'Himalaya. -

La fisso intensamente. Fisso i pesci rossi. Il pene è sempre lì. Inequivocabile.

- Col cazzo. - rispondo io. Che se non altro, rimango in tema. Amen, sia fatta la tua fottuta volontà.

Afferro i dannati mocassini e mi trasferisco in quella che è stata camera mia almeno fino a quando non ho cominciato a fare avanti e indietro dalla galera. Getto la borsa che mi trascino dietro da stamattina sul letto e cerco di tranquillizzarmi.
Dunque, devo cambiarmi.
Sono quasi le sette di sera. Dovrei già essere bello che vestito e pronto per andare, ma la mia vita mi odia.
Mi lascio andare pensoso sul letto.
I mocassini mi guardano dallo zerbino.

Aspetta. Mi guardano?

- A-A-A-Anis! – E MI PARLANO ANCHE! – Non puoi sfuggire al tuo destino, devi seguire ciò che ti dico: fa-fa-fa-fa-fatti Bill Kaulitz! Fatti Bill Kaulitz!

Okay.
I mocassini di mio padre mi parlano.
Cantano.
E mi chiedono di farmi Bill Kaulitz a ritmo di Stayin’ Alive.
Se chiamo mia madre adesso, minimo rischio un duetto. E non voglio nemmeno pensare ai pesci.

Infilo le scarpe ai piedi con la risolutezza dell’uomo che non deve chiedere mai, poi sfilo i vestiti – sì, dopo aver infilato le scarpe. Ebbene? Se i pesci di mia madre possono essere un pene, io posso infilare i vestiti con l’ordine sbagliato. Vi sfido a fermarmi. – e mi rivesto.
Sono un figo.
Il mondo mi odia ancora, ma almeno andrò incontro al mio esaurimento nervoso con stile.

Saluto mia madre e scendo difilata, Saad mi aspetta con la macchina giusto qua sotto, in perfetto orario.
- Atze! – mi chiama premuroso, - Ti sei un po’ ripreso?
No, dovrei rispondere, ma posso lasciare da parte i valori del guerriero e mentire, per stasera.
- Tutto okay. – dico con un sorriso smagliante, - Ero solo un po’ agitato. Adesso sto bene.
- Perfetto. – dice lui, rimettendo in moto appena mi richiudo lo sportello alle spalle, - Che roba sono quelli? – chiede, indicando le mie calzature.
- Mocassini. – rispondo seccamente.
- Fan cagare. – commenta, annuendo a se stesso, - Si può capire perché li hai messi?
- Dovevo farli stare zitti.
Saad mi fissa come il pazzo che sono.
Lo ignoro. Sono contento che lui ignori me, mentre ci dirigiamo silenziosamente verso gli studi di VIVA.

Ovviamente qua fuori c’è un casino da manuale. Stuoli di ragazzine che mi si vorrebbero fare – ed a questo punto mi chiedo: ma mi ascoltano solo le fan dei Tokio Hotel? No, perché vorrei saperlo. Cioè, ce ne fosse una maggiorenne. Una sola. Mi accontenterei! E invece no, tutte ragazzine che puzzano ancora di latte. Ed ascoltano me. Ma perché? Io non dovevo manco cominciare a flirtare in diretta con Kaulitz. Mi sono condannato a morte da solo.
Mi fermo a fare qualche autografo perché, se non sorrido e faccio il carino, minimo Mirko mi ammazza e poi mi licenzia. O mi licenzia e poi mi ammazza, dipende dalle clausole che regolano il suo contratto. Mi premurerò d’informarmi, ne va della mia vita.
Arriva dal nulla una tizia che mi chiede cose random su quale sia il segreto del mio successo.
Cazzo ne so, tesoro, io sono l’ultimo a capirlo.
Comunque una scopata me la farei anche con questa. Si vede che ho proprio bisogno.

Blatero cose random e poi la stronza mi sgancia la bomba: “quale star fra quelle presenti oggi non vedi l’ora di incontrare?”.

E questa è una fangirl.
Io glielo leggo negli occhi.
Lei vuole sentirsi dire che voglio incontrare Bill. E come lei lo vogliono tutti gli altri.
È una congiura.
Fanculo.
- Personalmente, non vedo l’ora di incontrare Bill. – annuisco e cerco di darmi un tono da figo, anche se mi sento uno straccio, - Ho l’onore di presentare il Best Band award, stasera. Spero che vincano i Tokio Hotel, così potrò dare a Bill un bell’abbraccio ed un bel bacio!

E quello non ero veramente io. Cazzo.
Ma non è che questa strana possessione ha preso anche me?

Sospiro. Per lo meno non ballavo.
La stessa cosa non si può dire della giornalista, che si mette improvvisamente sulle punte e lancia paillettes a destra e a manca.
- Bill’s heeeere, there’s nooooothing to feeeear! – mi rassicura in una perfetta imitazione di Celine Dion. Ed io vorrei tanto mandarla a fanculo, ma mi rendo conto che se lo facessi poi ovviamente andrebbe in diretta nazionale e mi meriterei un gioioso licenziamento in tronco che, al momento, preferirei evitare.
Tanto è palese che ‘ste stronzate le vedo solo io.

Giungo sano e salvo all'interno della sala della premiazione, e incautamente penso che è da ben cinque minuti che nessuna apparizione arriva per funestarmi l'esistenza. Poi capisco che il parlare è vano - così come il pensare - quando davanti ai miei occhi compare il mio incubo peggiore. Che non ha bisogno di subdoli travestimenti o di un acquario per palesarsi in tutta la sua malvagia essenza.

Bill Kaulitz è vicino. La fine, pure.

Lo osservo con gli occhi spalancati e la bocca a prendere aria, mentre Saad al mio fianco s'irrigidisce leggermente e mormora qualche imprecazione fra i denti. Se solo riuscissi a pensare qualcosa di coerente, se solo capissi da quale lato pensa di attaccarmi adesso, mentre sguaina quel sorriso porco che non gli ho quasi mai visto fare - sempre al suo gemello, mai a me, oltretutto -, se solo fossi sano di mente.

Ma non lo sono.

Quindi pianto bene i piedi per terra e aspetto. Sono pronto.

- Ehi Bushido! - assottiglio gli occhi.

- Bill… - mormoro. La sua tattica è più sottile del previsto: non si limita alla pura sfacciataggine, no, lui deve crogiolarsi in quella lenta lussuria di cui è portatore.

- Va tutto bene? - chiede lui, perplesso.

Ti piacerebbe che non fosse così. Come è in realtà, cioè. Ma io sono un uomo, sono un duro, posso spingere all'infuori il petto e - Bacialooooo. Cosa aspetti su bacialooo. - trilla in quel momento un bottone della mia camicia. Lo affetto e lo strappo, calpestandolo con tutta la rabbia con cui non posso calpestare Bill.

- Perfettamente. - ringhio. Tom prende Bill per un braccio e lo trascina via, quasi spaventato. E' da tuo fratello che devi scappare, cocco, non me. Non. Da. Me.

- Atze, veramente. Finirai per spaventare qualcuno, a queste premiazioni. -

- Sciocchezze. - ribadisco io, garrulo per aver sconfitto il nemico. Finché dura. - Sto benissimo. - il bottone è ancora sotto il mio piede, sconfitto. Lo sento mugugnare, ma non mi faccio impietosire. Questo fino a che il mio mocassino non mi ringhia contro. - CAFONE! - strilla la calzatura. - Non capisci che gli fai male? -

Tolgo il piedi di soprassalto, e mi chino per raccogliere il bottone che, povero, piange e singhiozza un poco. Mi fa tenerezza. - Cavoli. Scusami signor bottone, io -

- Sono una LEI! - strilla la bottona. Cioè, no. La bottone. Il… vabeh. - Mi scusi per averla… uhm. Calpestata. - sussurro avvicinandomi a lei. Il bottone, cioè, la bottona sorride e poi, insieme ai mocassini, ricominciano a cantare. - You CAN always get what you waaaaant! - Questo è troppo. Prendo la bottona e la lancio nel primo cestino che trovo. Quanto alle scarpe, temo che dovrò tenermele. Se non altro la canzone è decente.

Quando salgo sul palco per premiare la miglior band, vedo il volto di Saad. E anche quello di Chakuza. Sembrano preoccupati. In effetti, sarei preoccupato pure io, se non fossi… beh. Me stesso. Mi schiarisco la voce, giocherello un po' con quel dannato trofeo, guardo la mano che ha stretto la mano di Bill Kaulitz tre minuti prima, e poi guardo il foglio. Cazzo! Cazzo.

- Tu-tu-tu-TU non ti puoi fermareeee. - trilla il premio. Quasi lo lascio cadere per terra.

- Ehm, Tokio Hotel! - dico. E li vedo arrivare dalle poltroncine. Lo vedo avvicinarsi sempre di più, e mi fisso i bottoni. Tacciono, muti. Persino i mocassini si sono azzittiti.

Quando Bill mi travolge e m'abbraccia come se fosse pieno di sentimenti verso di me, penso al peggio. Però l'abbraccio non diventa una morse letale, né i suoi capelli si attorcigliano attorno al mio collo. Faccio per staccarmi quando una voce mi colpisce l'orecchio, delicatamente. - Vorrei che tu mi scopassi. - dice Bill.

Io lo lascio andare, quasi cadere. Lui continua a fissarmi con sguardo provocante: probabilmente nella realtà sta solo facendo qualcosa - non dico di normale - ma da Bill Kaulitz. Mi volto verso Saad e Chakuza per dell'aiuto, ma è inutile. Già ballano e gorgogliano sulle poltrone.

- Vorrei leccarti tutto. -

Ossignore.

- Non sai da quanto tempo sogno le tue mani dentro di me… - sussurra in quella voce flautata che non dovrebbe rivolgere a me. Signore, perché mi fai questo, cazzo? Io avevo solo chiesto un po' di figa.

Bill emette un gemito decadente e io mi sento inevitabilmente mancare. Tutto pulsa, persino i miei pantaloni. - Dio, Anis, t'immagino così grosso sotto i boxer… - geme, avvicinandosi di nuovo a me. Io indietreggio. E indietreggio.

- Sì, Anis, ha… non vorrai fuggire da me, vero? -

- Invece sì! - strillo. - Cazzo, sì! -

Una mano sulla spalla mi ferma: io mi volto. E' Tom. - Tutto bene? - chiede lui.

Io annuisco, in mancanza d'altro. - Credo di sì. Credo… di sì. -

Bill mi fissa con aria attonita. Lo capisco. D'altra parte, mi fisserei con aria attonita anche io.

Al momento penso solo che vorrei essere seppellito qui ed ora. Ci manca solo che si mettano a cantare pure i miei occhiali da sole e-

- Hai richiesto la nostra presenza, noi ti mostriamo riconoscenza! Se stanotte la tua retta via seguirai, nelle mutande di Bill Kaulitz probabilmente finirai!

Afferro i fottuti traditori e li scaglio lontano.
- Non vi ho chiamato io, okay?! – strillo furioso.
La Germania intera mi guarda. E probabilmente ride di me.
Ho appena sfracellato un paio di occhiali D&G sulla moquette di un palco da premio adolescenziale e perché? Perché nelle assurde visioni che mi perseguitano, i dannati occhiali cantavano filastrocche che non saprei se definire presagi o maledizioni.
In ogni caso, mi fanno un terrore fottuto.

Bill Kaulitz, dall’alto di questa sua tenuta indecente da zoccola piena di catene e con stivali sadomaso, mi fissa e mi sorride. Io lo so che tu lo sai, brutta strega nero-dipendente. Io lo so che è un fottuto sortilegio. L’hai fatto per farmi impazzire! Confessa!
- Forse è meglio se ti rilassi un po’… - mi dice Tom, dandomi una pacca sulla spalla.
Io cerco di riacquistare il controllo, ma tanto non l’ho mai avuto. Che cerco di riacquistarlo a fare?

Il resto della premiazione si svolge come da copione, eccezion fatta per le Monrose che mi cantano una canzone facendo un paio di mossettine sexy, e la cosa potrebbe anche starci, se la canzone non ribadisse fondamentalmente il concetto già espresso dalla mia mente bacata fin da stamattina, cioè che devo farmi Bill Kaulitz.
Comincio a pensare di trovarmi in un film. Uno di quelli in cui devi trovare la donna del mistero e salvarla o esploderà il mondo, chessò, tipo nel Quinto Elemento. Io sono il fottuto Bruce Willis e Kaulitz è la mia Leeloo. Sono così sfigato che non ha nemmeno tette. È il male.
Quando anche Sido, al momento di esibirsi, invece di prendermi a parolacce mi invita a scoparmi Bill, capisco che è il momento di darci un taglio.
- Ti preferivo stronzo! – urlo, nello sgomento generale, mentre abbandono la sala.
Me ne frego dello sgomento generale.
Lo sgomento generale gli fa una sega, al mio sgomento interiore. Fanculo.

Mirko mi arpiona mentre faccio per abbandonare l’edificio. Il mio povero manager è stravolto dal mio comportamento. Posso capirlo, ma non m’interessa provare a farlo.
- Dove staresti andando, tu?! – mi sbraita in faccia.
- A dormire. – rispondo serafico, nulla più può farmi del male, - Credimi, ne ho bisogno.
- No, ti dico io di cosa hai bisogno. Ti prendi un calmante, ti fai dare una botta in testa così magari ritorni normale, presenzi al fottuto afterparty che VIVA riprenderà per intero e poi – la sua voce muta all’improvviso, gorgheggia felice e gli spunta un’arpa in mano, - ti scopi Bill Kaulitz!

Non esiste.
Non puoi dirmelo così in scioltezza.
L’arpa non ti giustifica.

Faccio per fuggire, ma lui mi viene dietro e mi afferra per una spalla. Lo guardo: è tornato normale.
- Hai capito bene quello che ti ho detto, Anis? – mi riprende severamente.
Vorrei dire no, perché non ho ancora capito per quale motivo dovrei volermi scopare Bill Kaulitz – a parte il fatto che ho un’erezione insopportabile in mezzo alle gambe da quando mi ha toccato, chiaro, ma è tutta suggestione, ci scommetto. Vero che lo è? Vero, vero, vero? – ma mi limito ad annuire contrito.
In fondo, non è colpa di Mirko, se sono pazzo.
Non voglio rovinargli la carriera.

Torno indietro mogio mogio. Sono mortalmente depresso.
Chakuza mi accoglie con un drink non meglio identificato. L’afterparty è già iniziato da un bel po’.
- Atze, ripigliati, su. Te l’ho corretto un tantino. – sorride, facendomi pure l’occhietto.
Esattamente ciò di cui avevo bisogno. Alcool e droghe.
Morirò.

Kaulitz, stretto fra il fratello e il manager dall’altra parte della sala, masturba una fottuta cannuccia con quelle labbra da zoccola che si ritrova, ed io percepisco la mia sudorazione prima azzerarsi e poi riprendere in fiotti continui che mi si rovesciano lungo la schiena.
Alcune goccioline scendono dalla fronte lungo le tempie.
- Scopateloscopateloscopatelo. – canticchiano.
Non morirò. Continuerò a stare così per sempre. Ma io voglio morire. E' un desiderio fisico, ormai, oltre che una chiara necessità mentale.

Lui sta lì, chiuso in un angolino, come il lottatore di boxe che aspetta l'ultimo secondo prima di tornare alla carica e distruggerti con un destro ben… no. Cristo, parliamo di Bill Kaulitz. Nemmeno la Madonna potrebbe dotarlo di una qualche forza fisica. Però ci sono ben altre armi di cui potrebbe dotarlo.

- Atze! - mi chiama una voce. Saad mi chiama, a voler essere precisi. Io non sono sicuro di volermi voltare. Non ne sono sicuro per niente. Perché non so più cosa aspettarmi dalla vita, tutto qui.
Alla fine, mi volto. Perché non si può passare tutta la vita a credere che gli oggetti parlino, giusto?

- EHI! - sbotta il mio mocassino. Io lo zittisco sbattendo il piede per terra. Quando alzo lo sguardo, di fronte a me non c'è nessuno. Ma proprio nessuno nessuno. Nemmeno l'aria, a voler esagerare.

- Atze, siamo quiiiiii. - mi chiama la voce, nuovamente alle mie spalle. Mi rivolto.

Eh, beh. Vorrei non averlo fatto. Potrei anche scoparmi il mocassino, davvero. Tutto pur di non vedere questo.

Mirko mi saluta con la manina mentre è impegnato in una strana quanto poco sicura posizione, un'anca tutta sbilenca quasi a voler sembrare… sexy. Signore. Mi dovrò mica scopare lui, adesso? Non ho nemmeno la forza per rispondere al saluto e… quello è David Jost?

Vorrei poter avere una macchina fotografica, perché è chiaro che questo non mi capiterà mai più. In realtà, non sta accadendo nemmeno adesso. E' tutto frutto della tua immaginazione, è tutto frutto della tua immagina -

Il coretto riparte. Solo che questa volta a muoversi a ritmo c'è tutta la mia crew. Quando cazzo ci sono arrivati, qui?, ma soprattutto, chi cazzo è che li ha convinti a vestirsi tutti così?

Giusto. La mia immaginazione.

David Jost, che sembra essere il capo corista, ondeggia e gorgheggia. Quest'uomo avrà un contrappasso terribile quando morirà. O forse l'ha già avuto, e i Tokio Hotel sono la sua punizione divina. Bene, penso: siamo in due.

Ad un certo punto, il coro si spacca in due ali. Saad e Chakuza ammiccano al sottoscritto come prima di un matrimonio. David è ancora fermo al centro: alza le sue mani al cielo, punta gli indici verso l'alto, e poi scatta verso il basso, ad indicare Lui.

Lui che è rimasto solo, nella mia fantasia, dietro il coro che s'è appena rotto, lui che beve assorto masturbando la cannuccia, lui con quelle labbra da zoccola, lui che mi fissa come se fossi un invasato.

Ehm.

Il coro non canta. Più eloquenti di così si muore, cazzo. Mi sento come una principessa controllata a vista durante la prima notte di nozze. Mi chiedo di chi sarà il sangue sul lenzuolo, al mattino. Di sicuro, ci saranno tutte le mie lacrime.

Mi avvicino a Bill e lo saluto. Lui mi saluta di rimando. E poi inizio a parlare.

- Senti, io devo assolutamente scoparti. Ci sono le voci che me lo dicono da tutto il giorno, i bambini di 50 Cent, mio cugino, Chakuza, i pesci, i mocassini, i giornalisti, le fan, i bottoni, il premio, gli occhiali, Sido, il mio manager, tutti, capisci?!, tutti, quindi io mi ti devo fare, devo per forza. d'accordo? Va bene? E' un problema? -

Bill Kaulitz mi osserva e sorride. Pacato. - D'accordo. - dice.

Vorrei urlare. Ma non lo farò. Perché so che da qualche parte, io ho ancora una dignità mentale.

Se non altro smetteranno di cantare.

Il bottone del colletto starnutisce.



Cazzo.
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