Genere: Comico.
Pairing: Bill/Tom, Bill/Andreas, Bill/David, Bill/Georg, Bill/Bushido.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Crack, Language, Slash, Incest.
- La parola a Tom. Perché vivere con Bill non è affatto facile. Soprattutto se all'improvviso viene fuori che è una zoccola (o no?).
Note: Tanto per cominciare, metà della colpa di tutto questo è di Tab XD Stavamo discutendo di quanto Bushido sia una persona da difendere, perché da attacchi tipo quello di Bill ai Comet dell’anno scorso non è facile difendersi. Voglio dire, se uno tanto carino flirta tanto spudoratamente, tu non solo non hai nessun dovere di rifiutare, ma neanche nessun diritto di farlo.
Perciò, io e Tab abbiamo convenuto Bill fosse un po’ una puttanella, ed abbiamo pensato fosse il caso di mandare, non so, una lettera a Jost per chiedergli di tenerlo legato. Tipo. Ad un certo punto, Tab ha profetizzato che prima o poi la maschera da angioletto in attesa del grande amore gli sarebbe caduta, ed io ho risposto “sì, ed allora verrà fuori che o si faceva il gemello, o si faceva Bushido, o si faceva l’amico d’infanzia, o si faceva il bassista o si faceva il manager”. Tab ha risposto “più probabili l’amico d’infanzia ed il manager. Ma è anche probabile che la risposta possa essere: mi sono fatto tutti”.
Da qui (sul serio XD) è nata questa storia tremenda senza senso e senza utilità XD Che però mi ha tenuta impegnata nel lol per un buon paio d’ore, e perciò io ringrazio u.u Tra l’altro l’idea iniziale non era neanche proprio così, ma non ci posso fare niente se è degenerata XD Allungandosi peraltro in maniera spropositata.
Comunque! Spero vi abbia divertito ;_; Io voglio bene a chiunque sia arrivato a leggere fino a qui.
PS: Nel testo c’è una citazione piccolissima ad un videogioco della Lucas Arts non so quanto noto a voi ma che ha segnato la mia intera infanzia XD Se lo riconoscete, un premio a scelta! (e sì, potrete richiedere una fanfic. E sì, se siete la neechan, potrete richiedere il capitolo di Unendlichkeit).
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I DOLORI DEL GIOVANE KAULITZ
ovvero: drammi genetici e sentimentali del criceto figo

Io, lo ammetto, ho dei problemi a stare lontano da mio fratello.
Non so da cosa dipenda: forse sono solo preoccupato per lui, perché vedete, mio fratello è tremendo, si fa detestare così facilmente che c’è davvero da avere paura a lasciarlo andare in giro da solo, è simpatico come una puntura di zanzara, proprio. Oppure, non so, forse c’è dietro qualcosa di più egoistico, qualcosa tipo il bisogno fisico di stare vicini che sbandieriamo così efficacemente lui nei testi delle canzoni ed io nelle interviste. Non lo so, davvero.
Resta il fatto che, quando mio fratello va via, io comincio a stare male.
Per fortuna, poi, mio fratello ritorna.
*
Nel caso specifico, ritorna facendo irruzione in camera mia proprio mentre io mi accoccolo fra le lenzuola ed affondo il capo nel cuscino.
- Tom! – strilla con aria isterica, lanciando in aria la propria valigia ed osservandola con soddisfazione attraversare la stanza e planare elegante sulla mia pancia, uccidendomi. – Che ci fai a letto a quest’ora?
Sollevo lo sguardo sul comodino.
La sveglia fa servizio d’informazione pubblica: sono le due e mezza del mattino.
- Cercavo di dormire. – rispondo quindi con sincerità, scrollandomi la valigia di dosso e lasciandola ricadere per terra.
- Ma come?! – continua a sbraitare lui, in tutti gli ottanta milioni di decibel che può raggiungere la sua voce quando è infuriato, roba che David comincerebbe seriamente ad amarlo, se replicasse con la stessa intensità durante i concerti, - Torno dalla mia settimana di vacanza e tu mi accogli così?!
E il punto, in fondo, è proprio questo.
Mi sollevo a sedere sul materasso – mentre Bill piomba al mio fianco con la grazia di un elefante ubriaco – e socchiudo teatralmente gli occhi, passandomi una mano sulla nuca e preparandomi ad un flashback illustrativo.
Arriva un momento in cui, molto semplicemente, mio fratello si rompe i coglioni. Capita più che altro alla fine di un periodo molto stressante – una malattia scema che l’ha perseguitato per qualche settimana, per dire, oppure una lunga serie di date in giro per il mondo – ma può capitare anche così, all’improvviso, senza perché. Sono i classici momenti che Georg etichetta sbuffando come “sindrome premestruale”, guadagnando in cambio qualcosa di molto doloroso da parte di Bill, tipo un calcio nelle palle o qualcosa del genere. In realtà non si tratta affatto di sindrome premestruale. In realtà, per quanto possa essere allucinante pensarlo, questo rompersi e cominciare ad odiare tutto è probabilmente la caratteristica più maschile di mio fratello. Il momento in cui la pianta di fare la collegiale saltellando qua e là come un coniglietto impazzito ed entusiasta e ritorna ad essere l’orango tango scazzato e burbero che, in fondo, è sempre stato.
Comunque. Capita. Mio fratello si rompe i coglioni e pretende una vacanza.
E – io non vorrei che Bravo avesse traviato le vostre menti al punto da convincervi davvero del fatto io e lui passiamo davvero ogni minuto di ogni santissimo giorno della nostra vita l’uno appiccicato all’altro, perciò lo preciso – in genere queste vacanze sono l’oasi della libertà di mio fratello. Nel senso che prende baracca e burattini – dimenticando a casa il burattino più importante, ovvero me, ovviamente – e si dà alla macchia. Scompare. Per un tempo variabile.
Per David, inizialmente, è stato molto difficile venire a patti con questa drammatica verità. La drammatica verità per cui Bill è perfettamente in grado di sparire – ma proprio agli occhi di tutti: perfino dei paparazzi! – senza lasciare una traccia della propria esistenza neanche a cercarla con la lampada UV. S’è dovuto abituare, giocoforza: è già tanto sia riuscito ad ottenere una telefonata giornaliera nella quale ricevere almeno la rassicurazione lui sia ancora vivo ed in salute, da qualche parte nel mondo.
Per David ogni volta è un po’ come vedere il giovane figlio partire per la guerra, penso.
Il che fa di David una vecchia madre, suppongo.
Ma comunque.
Insomma: è una routine, questa delle fughe, alla quale abbiamo dovuto sottostare. Ci costringe ad interrompere i lavori anche quando dovremmo dedicarci anima e corpo a qualcosa di importante – come, per inciso, dovremmo fare ora, visto che pare si abbia un album in uscita l’anno prossimo – ma in fondo se costringessimo Bill a restare non farebbe che vagare da un lato all’altro dello studio di registrazione lanciandoci occhiatacce funeree e scrivendo testi finti che poi ci propina per il solo gusto di sentirci rispondere “no, Bill, Ich hasse Sie non è un’interessante variazione di Nach Dir Kommt Nichts; potresti provare a scrivere qualcosa di più costruttivo?”.
Perciò, insomma, tanto vale lasciarlo libero di andare dove vuole ed approfittarne anche noi per una vacanza. Chi vuole torna a casa. David si rinchiude in un centro benessere a caso e diventa parte dell’arredamento circostante. Io do voce al mio animo profondo di bradipo vampiro e dormo tutto il giorno per uscire solo quando tramonta il sole. A Bill quasi smettiamo di pensare. Sappiamo che sta facendo ciò che vuole e che, almeno, quando tornerà sarà felice.
Il problema è questo. Lui torna sì, ma quando è un mistero.
Almeno, da un paio d’anni a questa parte, ha la delicatezza di informarmi quando va via. Prima mica lo faceva.
Ed in effetti – e qua comincia il flashback, lo sento! Le voci con l’eco, l’immagine sfocata, una musichetta appena accennata in sottofondo! Sarà il sonno – prima di andare via, mi ha avvertito.
“Tomi, non ce la faccio più”, mi ha detto, “ho bisogno di una vacanza”. E sono state le sue ultime parole, prima di sparire.
Oggi, ad una settimana dalla partenza, eccolo qua. Fresco come una rosa. La valigia pesante il doppio rispetto all’ultima volta che l’ho visto – il che significa che domani mattina saremo tutti sottoposti alla tortura del Babbo Bill, che è il modo “simpatico”-leggi-deficiente in cui mio fratello chiama la distribuzione dei souvenir che prende per tutti noi durante le vacanze – i capelli legati in una coda alta dietro la testa ed il viso ancora per metà nascosto da quegli ingombrantissimi occhiali da sole dai quali ormai non si separa più.
- Bentornato, Bill. – mugugno, cercando di accomodarmi meglio fra le lenzuola, - Scusa la mancanza d’entusiasmo, ma è molto tardi e non sapevo che saresti tornato oggi.
- Avresti dovuto immaginarlo. – sbuffa lui, contrariatissimo, ed io per un secondo mi chiedo in virtù di cosa avrei dovuto immaginarlo. Poi mi rispondo da solo: in virtù di niente, è lui che è pazzo.
- Certo. – rispondo con condiscendenza, - Allora, che mi racconti di bello?
Bill mi guarda come se gli avessi dato della troia. Io credo che lo faccia apposta, a farmi impazzire in questo modo. Si diverte. Lo osservo irrigidirsi sul materasso come una statua di sale e fissarmi a metà fra lo schifato e lo sconvolto, il volto segnato da una smorfia tremenda che preannuncia guai.
- Non vi sono mancato? – chiede infatti a bruciapelo, raccogliendo le chilometriche zampe che si ritrova.
Deglutisco.
La sensibilità, Tom. Tuo fratello è sensibile. Ci tiene a sentirsi amato. La sensibilità!
La sensibilità. La dimentico sempre.
Sarà perché è la stronzata che David si/ci/vi racconta per far credere mio fratello abbia uno straccio di buona qualità che sia una. Sono menzogne. Mio fratello non ha buone qualità. È un concentrato di lati negativi. Non ha neanche lati, in realtà! È una circonferenza di punti negativi.
- Ma… sì! È ovvio! – mi affretto a dire, pure un po’ troppo ansioso, probabilmente.
Sì. Decisamente troppo ansioso. Bill fiuta l’inganno.
- Siete degli esseri spregevoli. – commenta con palese disgusto, - Vado via per una settimana e voi neanche sentite la mia mancanza! A quest’ora avrei potuto essere morto! O scomparso da qualche parte! Avrebbero potuto rapirmi!
Sono tentato di rispondere “E invece guarda un po’ che sfiga”, ma mi trattengo.
La sensibilità!, mi ripeto come un mantra.
- Bill… - lo richiamo, cercando di riportarlo sulla via della razionalità, - Se ti fosse successo qualcosa, David mi avrebbe avvertito, non ti pare?
Bill incrocia le braccia sul petto.
No, non gli pare.
- Tu non mi ami affatto.
Oddio. Ecco che cominciamo.
Perché, Dio, perché questi discorsi da liceale tradita deve farmeli sempre a questi orari indecorosi della notte? Lui non è una liceale! Non è stato tradito! Non è neanche femmina!!!
- Bill… - mugugno disperato, - lo sai che… - sospiro, - Oh, avanti. Ti prego.
- No! – protesta lui, attraversando il letto come un cucciolo di leone – con la stessa affamata impazienza – ed accucciandosi accanto a me, afferrandomi per un dread, - Non me lo dici mai!
- Non te lo dico mai perché è quantomeno inusuale sentire un fratello dire ad un altro “ti amo”! – cerco di giustificarmi, borbottando come un vecchio nonno.
- Ma io te lo dico sempre! – ribatte lui, gesticolando animatamente.
In effetti è vero. Ogni volta che torno è tutto una profusione di “kyah, Tomi, quanto mi sei mancato, non mi allontanerò mai più da te neanche per un solo minuto, ti amo da morire!”, con bacini appiccicosi ed abbracci caldi annessi, ovviamente. E non stavo esagerando sul kyah: mio fratello fa un mucchio di versi strani.
- Lo so, Bill. – annuisco. Lui rimane qualche secondo in silenzio a fissarmi, come stesse attendendo qualcosa.
- E dunque?! – mi incita dopo un po’, strattonandomi qua e là, - Lo sai e?
- E niente!!! – sbotto, cercando di porre un freno a questo terremoto ambulante che ho per gemello, - Avanti, Bill, vai a dormire, sarai stanco!
Mio fratello si ritrae come se stavolta non solo gli avessi dato della troia, ma avessi pure detto che va con chiunque e si fa pagare una miseria. Insomma, l’offesa suprema per uno che, come lui, punta al meretricio elitario ed opportunistico.
È talmente disgustato che aspira perfino un “ih” di disapprovazione totale.
Sono perduto.
- Non ti interessa neanche sapere cosa ho fatto! Dove sono stato! Se mi sono divertito! Niente! Sei uno schifo!
Ora, io so di avere ragione. Se lui fosse tornato ad un orario più umano – che so, domattina verso le dieci, per esempio – insomma, se me lo fossi trovato davanti appena sveglio, magari con una cialda in bocca ed i baffi di latte sul labbro superiore, allora sì che sarei stato un fratello devoto ed entusiasta. Sì che mi sarei avvicinato, l’avrei abbracciato, sbaciucchiato, gli avrei detto tutti i “ti amo” del mondo e tutto gli attestati di nostalgia dell’universo. Mi sarei informato, gli avrei chiesto se volesse altre cialde, se mi avesse portato qualche regalo, se so fosse divertito e tutto.
Ma lui non può pretendere che alle – controllo – tre del mattino io possa comportarmi come fossero le dieci. Non può farlo.
La sensibilità!, riecheggia nella mia mente la voce di Jost.
- Scusa, cucciolo. – mugugno affranto, - È che sono un po’ stanco.
- Significa che hai troppo sonno per starmi ad ascoltare? – insiste lui, impietoso.
- No. – cerco di sorridere, - M’è passato tutto. Forza, dimmi.
Mio fratello mi squadra freddamente, dubbioso e cattivo. Inarca il suo affezionato sopracciglio inquisitore e sembra studiarmi dall’alto. Perché mi sono seduto così? Dovrei raddrizzare la schiena. Mi sento un moccioso in attesa della ramanzina! Non è bene. Devo necessariamente raddrizzare la schiena, ma non ricordo più come si fa.
- Va bene. – annuisce Bill alla fine del proprio studio comparato delle mie intenzioni, - Allora, è stata una settimana fantastica! – comincia a raccontare, mentre già tutte le sue perplessità si perdono in un niente e sul suo volto si apre il sorriso isterico ed entusiasta dell’egocentrico che riprende il proprio posto nel mondo: quello centrale. – Ho fatto un sacco di cose e visto un sacco di persone!
- Ah, sì? – lo incito a continuare io, sperando che le sue chiacchiere mi facciano da ninna nanna, - Cioè?
- Be’, allora, tanto per cominciare sono andato un po’ a casa. – rivela, annuendo soddisfatto nei propri stessi confronti.
- Oh! – mi sveglio definitivamente io, - Mamma? Gordon?
- Tutto okay. – mi rassicura, - Ma sono rimasto poco, giusto il tempo di un saluto. In realtà ho finalmente accettato l’invito di Andi. Sai quando ogni estate ci ripete di andarlo a trovare perché si annoia e s’è rotto di dover essere sempre lui a ripescarci in giro per l’Europa? Ecco. L’ho accontentato.
- …capisco. – borbotto, un po’ offeso, - Potevi dirmelo. Vi avrei raggiunti volentieri.
- Ma io non volevo che ci raggiungessi, Tomi. – risponde lui sereno, con l’aria angelica di un putto che abbia appena espresso un parere divino e perciò indifferente al giudizio umano, - E poi io ed Andi avevamo bisogno di un po’ di tempo per parlare.
Sollevo la testa come una gallina in cerca dell’allevatore col mangime.
Qui c’è qualcosa che non torna.
- In che senso parlare?
No, perché, quando si è Kaulitz, si impara a dare il giusto peso alle metafore.
Bill mi regala un sorrisetto malizioso che non mi piace per niente. O meglio, mi piacerebbe pure – perché non c’è niente di più carino di Bill che prova a fare il seducente, visto che ha la capacità di sedurre di un gattino bagnato, ovvero carino quanto vuoi ma opinabilmente sexy – se non fosse che dietro le sue labbra piegate in una smorfia ilare c’è un universo di guai.
- Tu sai, Tomi… che io sono sempre un po’ piaciuto ad Andi.
…e lo so da quando, esattamente?
- E che, insomma, c’è sempre stato del feeling fra di noi.
…ma è il mio migliore amico! Oh! Tu sei mio fratello! Migliore amico! Fratello! Scherziamo?!
- Insomma, com’è, come non è…
- No, aspetta. – lo fermo, agitandomi istantaneamente, - Come sia o come non sia ha molta importanza, se permetti!
- Nah. – risponde lui con una scrollatina di spalle, - Non ce l’ha. Tanto il risultato è sempre quello.
- Ed il risultato sarebbe?!
Bill sorride. Impietoso.
- Pensavo che la prima volta fosse più dolorosa. – commenta invece di rispondere.
Ed io non so se essergli grato per la delicatezza – in fondo, avrebbe potuto dirmelo con molto meno tatto – o tirargli un ceffone e mandarlo a dormire per svenimento forzato.
Alla fine, mi accascio fra le lenzuola.
- Dio mio, Bill…
- E non è mica finita! – mi interrompe lui, raggiante, - Dopo ho chiamato David e gliel’ho detto!
- No, cioè. – borbotto con aria affranta, - Fammi capire: scopi ed invece di chiamare il tuo adorato fratello chiami il tuo manager?!
- Tomi! – mi rimprovera saccente, - David non è solo un manager, per me! È un caro amico! È quasi come un padre! E lui s’è preoccupato subito per me, a differenza di te che stai qui a lamentarti perché non ti considero.
È evidente che dovrei camminare con un traduttore simultaneo, perché Bill, quando parlo, non mi capisce.
- Certo. – concedo, anche perché a non concedere le cose a Bill non si ottiene mai niente tranne una buona dose di botte, se è in vena. – Quindi?
- Quindi lui era molto preoccupato. – racconta serio, - Perciò, per tranquillizzarlo, sono andato a trovarlo alla beauty farm dove sta per ora. E non immaginerai mai cos’è successo!
- Ti ha preso a sberle come meriti? – sbotto in uno slancio di sana e fraterna sincerità.
Bill si tira indietro come se, stavolta, oltre ad avergli dato della troia e pure a buon mercato, avessi aggiunto qualche altra offesa tremenda tipo che per arrotondare i guadagni pulisce i cessi in casa dei Killerpilze. Cioè quasi il massimo dell’affronto.
- David non farebbe mai una cosa del genere!!! – puntualizza allucinato.
E certo. Non farebbe mai una cosa del genere. La sensibilità!, dice lui.
Se qualcuno t’avesse preso a ceffoni come meritavi – papà, Gordon, mamma, David, io – adesso però sarebbe tutto molto più semplice. Forse tu non saresti pazzo. Io starei dormendo, per dire.
- Naturale. E insomma, cos’è successo?
Bill si mette a luccicare.
- È stato così dolce! – cinguetta, - Mi ha guardato da tutti i lati per vedere se fosse tutto a posto…
Tu non hai lati, Bill, l’ho detto prima, sei la circonferenza del Male.
- …mi ha chiesto se avesse fatto male, se fossi triste, se mi sentissi bene, se avessi bisogno di un consiglio…
Ed io, se già prima, con tutta la faccenda della boyband e delle beauty farm, dubitavo dell’eterosessualità di Jost, adesso direi che sono convinto quasi al novanta per cento della sua omosessualità, però. Voglio dire, perché un eterosessuale – quindi con zero esperienza in fatto di sesso con maschi, si spera – dovrebbe chiedere ad un adolescente recentemente diventato omosessuale – perché è questo che sei diventato, fratellino caro, mi auguro tu te ne sia reso conto! – se ha bisogno di consigli? È del tutto innaturale!
- …ed a me è sembrato così carino e tenero che be’, sai, una cosa tira l’altra e pum.
Sento del dolore.
Da qualche parte.
Non saprei dire dove.
Ma c’è.
- Pum? – chiedo stordito.
Bill scrolla le spalle e non risponde.
- Pum?! – strillo io, sempre più alterato, - Pum, Bill?! Ti sei scopato David, Bill?!
Mio fratello alza gli occhi al soffitto e si gratta il mento, pensieroso.
- Tecnicamente, - risponde, - lui ha scopato me.
…Dio mio.
Pum, dice lui.
S’è scopato David! O s’è fatto scopare! O quel che è, non fa la benché minima differenza!
- Comunque… - continua, sempre più deciso ad arrivare fino alla fine, - a quel punto non sapevo più chi chiamare, perciò ho chiamato Georg.
…cosa sentono le mie orecchie!!! Georg!!! Cioè!!!
- Tu odi Georg!
Dal modo in cui mio fratello si ritrae, agli insulti devo avere aggiunto qualcosa di tremebondo tipo che per quanto possa truccarsi non sarà mai bello quanto Strify. No, aspetta. La sua espressione è troppo annichilita per essere Strify. Probabilmente era Luminor. Praticamente l’Insulto Supremo.
- Che sciocchezza, Tom! Non dire mai più una cosa del genere!
Sciocchezze, dice lui! Ma insomma! Si fa scopare dal mio migliore amico e chiama il nostro manager! Si fa scopare dal nostro manager e chi chiama? Il bassista! Cioè, il bassista! Ed io che sono tanto devoto che sto qui a fare, eh?! La bella statuina?! Io! Il fratello che dopo di me non c’è niente e che sono tutto quello che è e tutto quello che gli scorre nelle vene e così via discorrendo! Ma allora è davvero solo fanservice! Ed io che mi ero illuso di- …
Va be’.
- Okay, ho capito. – sbotto, mortalmente offeso, trincerandomi dietro le braccia incrociate ed affondando così profondamente nel cuscino da sentire il legno della testiera del letto spingere dolorosamente contro la spina dorsale. Dannazione a me, a questa schiena tutta per i fatti propri ed a questa cavolo di magrezza sconcertante che rende qualsiasi superficie dura una specie di tortura cinese. Odio il mondo. – Quindi?
- Quindi niente, - continua lui, del tutto indifferente al mio turbamento, - casualmente Georg era proprio da quelle parti, perciò gli ho chiesto se poteva darmi un passaggio per tornare a casa, visto che mi sembrava già di essermi riposato abbastanza.
E vorrei ben vedere.
- Poi, però, mentre eravamo in giro in macchina mi sono messo a raccontare e… - mi lancia un’occhiata un po’ perplessa, ma non si ferma, - Insomma, tu lo sai com’è Georg.
Spalanco gli occhi.
Mi rimetto dritto.
Io non voglio veramente intraprendere questa conversazione.
- Bill, che cazzo mi stai dicendo?
- Insomma! – borbotta lui, finalmente imbarazzato. Che stia cominciando a realizzare il troiaio in cui s’è trasformato la sua vita? – Lo sai! – continua imperterrito, - Si eccita con un niente, ed io gli ho raccontato tutto, e non è che potessi pretendere che lui rimanesse lì tranquillo!
- …Bill, Cristo santo…
- E dopo che lui era rimasto ad ascoltarmi per tutto il tempo non potevo mica andarmene senza ringraziarlo! Perciò mi sono dato da fare e lui alla fine è sembrato pure soddisfatto, nel senso, mi ha detto “si vede che ti stai esercitando molto!”, ed io sono stato tanto felice, Tomi, sai?, perché mi ha fatto un complimento!
Ma ti ha dato della troia!!! Benedetto Iddio!!! Io ti dico “no” e tu reagisci come se ti stessi accusando di omicidio, Georg ti dà della troia e tu sei felice! Ma dico, siamo matti?! Cos’è successo a mio fratello?! Chi sei tu?! Ridammi il mio sfigato Monopoli-dipendente in attesa del grande amore, lurida zoccola sconosciuta!!!
- Bill, sono molto confuso. – cerco di fermarlo, massaggiandomi la fronte.
Dio, pure Georg! Georg! Non so se rendo! Georg!
- Ma non ho mica finito. – mi avverte appena, prima di riversarmi addosso il resto del suo fiume di parole, - Chiaramente non potevo più tornare a casa con Georg. Metti che gli saltava qualche altra strana idea in testa? Va bene una volta, ma due no. Perciò ho cercato di rintracciare Gustav…
- Così potevi fare poker.
- …Tom!!!
No, non c’è un insulto superiore all’essere più brutto di Luminor. Quello era l’Insulto Supremo e basta. Stavolta non ci sono scuse che tengano, è proprio lui cretino.
- Non parlarmi come se l’avessi programmato! Non l’ho programmato!
- Certo che no. Quindi? Da lui come ti sei fatto scopare?
- Non mi sono fatto scopare! – mi corregge. E poi aggiunge: - È che non era in casa.
- Eh, be’. – annuisco io. Tanto può darsi pure che io stia sognando. Uno di quei sogni deficienti che faccio quando mi ubriaco fino a svenire. Spero proprio di essere svenuto. – Potevi chiedere di Franziska, già che c’eri.
- Ma non sarebbe stata la stessa cosa!
- Giusto. Lei è femmina.
- Tom, smettila immediatamente!
Agito una mano in una stanca concessione.
- D’accordo. – annuisco, - Perciò?
- Perciò – riprende lui, abbassando lo sguardo e mugolando accorato, - mi sono messo a girare tutto solo per la città, triste e sconsolato. Nessuno mi amava più e tu non ti facevi sentire, Tomi, renditi conto, ero così depresso!
Tu non sei depresso, tu sei pazzo. Completamente pazzo. Questo dev’essere un sogno, perché a certi estremi non ci sei arrivato proprio mai.
Prima o poi doveva succedere, comunque. Il kajal e le tinture dovevano darti alla testa. Lo dicevo io che le sostanze chimiche potevano raggiungere il cervello attraverso i vasi sanguigni! Ma tu mai che mi dia retta!
- Certamente. Depresso. E quindi?
- Ho vagato un po’ qua ed un po’ la e mi sono fermato in un pub per bere qualcosa. Ed indovina chi ho incontrato?
Tremo.
Ma sul serio.
- Bushido!

- No! – annaspo, emotivamente, psicologicamente e fisicamente distrutto, - Bushido no!
- Eh, era lì, è stato così gentile, sai? Mi ha offerto da bere ed era tutto sorridente! Mi ha anche chiesto di te! Io però gli ho risposto che non lo sapevo perché non ti sentivo da un sacco di tempo e tu mi avevi abbandonato. Perciò lui mi ha abbracciato e mi ha consolato, ed io ho pensato che fosse così gentile e carino che…
- …Bill… - ormai la mia voce è un lamento straziato. Mi vergogno profondamente di me stesso, ancora prima che di lui.
- Insomma, non si può mica rifiutare, quando uno le cose te le chiede con tanta gentilezza!
Gentilezza.
Gentilezza da Bushido. L’uomo che ha dichiarato in diretta nazionale di volersi far fare un pompino da lui e che qualche tempo dopo ha replicato dicendo a chiare lettere che se un giorno Bill l’avesse invitato ad andare a letto con lui non ci avrebbe pensato su più di mezzo secondo.
Giustamente mi viene da chiedere: ma non sarai stato tu a chiederlo a lui? Altroché!
Gentilezza, dice.
Dov’è la sensibilità, David? Eh? Ed alla mia, di sensibilità, chi ci pensa?
- Tomi? Stai bene?
- Bill, non fare domande del cazzo. – biascico, lasciandomi andare di peso contro il materasso e coprendomi gli occhi con un braccio, - Mi hai appena confessato di aver recuperato i tuoi diciotto anni di verginità tutti in tre notti, praticamente. Potrei mai stare bene?
La verità è che sono un uomo tremendamente stupido. Uno fa affidamento sulla fedeltà dei fratelli, no? Poi magari ha la sfiga di avere un fratello stronzo, tipo il mio, che lo illude e gli dice che lo ama, che sono nati per stare sempre insieme, che non si separeranno mai eccetera eccetera. E ci crede! Io ci ho creduto! Uno si fa tutti i suoi bei castelli di carte in testa, ci mette la carta da parati, li arreda, appende i poster, mette i campanellini tintinnanti sulle maniglie delle porte e sparge pouff leopardati in giro per mettere gli ospiti a proprio agio, e poi il fratello stronzo arriva e ti dice tranquillo “ah, comunque, se non l’avevi ancora capito, sono una puttana” e giustamente il castello di carte crolla, con tutti i campanellini e i pouff leopardati, e che cavolo.
Io sono stupido, è questo il mio problema.
Frattanto, al mio fianco, Bill sorride. Poi sogghigna. Poi ridacchia. E infine ride.
Io mi volto a guardarlo.
- Si può sapere perché ridi come un deficiente?
- Perché il deficiente sei tu. – risponde lui, calmissimo, - Ti ho preso in giro. – spiega, - Ti pare mai possibile che possano essere successe cose simili? Mi ero rotto le palle di stare qui e sono andato a Kiel a godermi un po’ di sole. Non si vede che sono abbronzato?
Io, davvero, sono stupidissimo.
Dovrei essere furioso come un toro affamato, ed invece eccomi qui ad un passo dalla commozione.
Sei ancora tu! Stronzo e rompicoglioni! Sei ancora il mio piccolo Billi! Vergine!!!
- Quindi – chiedo per scrupolo, giungendo le mani sotto il mento come neanche Candy Candy, - non hai scopato nessuno?
Mio fratello scrolla le spalle.
- No. – risponde serafico, - Però potrei sempre cominciare da te.
Rabbrividisco e mi tiro indietro.
Ora è un po’ come se l’Insulto Supremo me lo sia ritrovato addosso io.
- Perciò, - ghigna questa specie di Satana cotonato che ho di fronte, - stai attento ad essere gentile con me, da oggi in poi. – e si fa una bella risata liberatoria. Mentre io cerco una qualche corda con cui impiccarmi. – Ricominciamo da capo, ti va? – chiede angelico dopo essersi sfogato, accoccolandosi contro di me. Io neanche perdo tempo ad annuire, tanto so che si fa sempre e comunque come dice lui. – Ti sono mancato, Tomi?
- Sì, Bill. – rispondo istantaneamente, abbracciandolo stretto e lasciandogli pure un bacino sulla tempia, - Tantissimo.
Stupido sì. Masochista no.
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