Genere: Triste, Introspettivo.
Pairing: Nessuno.
Rating: PG.
AVVERTIMENTI: Hurt/Comfort.
- Scritta prendendo ispirazione da ciò che sta succedendo ora come ora in casa Tokio Hotel. Bill sta male ed il concerto di Lisbona viene annullato. A Tom tocca fare l'annuncio alla folla e, supportato silenziosamente da Georg e Gustav, pure sostenere una conferenza stampa, mentre suo fratello torna in Germania per farsi visitare al più presto da uno specialista.
Note: Questa storia è nata perché l’angoscia mi stava divorando viva, ecco XD Non so perché ho aspettato i vent’anni, per vivere pienamente “passioni” come questa che nutro per i Tokio Hotel, così tipicamente adolescenziali negli intenti e nei modi da sembrare quasi ridicole. Per certi versi sono consapevole che sarebbe stato meglio l’avessi vissuta a sedici. Sarebbe stato più giustificato, forse anche più giusto. Per altri versi, sono piuttosto convinta che non sarebbe stato “bello” come invece è adesso ^^
Insomma, tant’è: Bill sta male ed io sono in pena per lui ç_ç Quando è arrivata la notizia del concerto di Lisbona annullato (e poi, in una spirale di depressione, Madrid, Douai e Ginevra), sono praticamente andata in paranoia °° Suona cretino dirlo, ma insomma! Ognuno ha i suoi motivi per star giù di morale XD
È venuta fuori una specie di dichiarazione d’amore a Tom, alla fine. Come sempre. Il punto è che è stato veramente molto forte. Fronteggiare la massa di ragazzine infuriate e poi quella di giornalisti curiosi… tra l’altro, non so se David fosse o meno coi ragazzi: certo è che durante la conferenza stampa non si vede. O era attaccato al cellulare con Bill che tornava a casa, o era effettivamente con lui. Quello che resta è che Tom è stato molto forte. E mi ha pure commossa, toh.
Sperando che il criceto si rimetta presto (e ci sono buone possibilità che proprio ci diventi, un criceto, visti gli effetti devastanti che ha il cortisone sulle sue guanciotte XD), vi saluto <3
PS: Comunque il fangirling è malefico. Soprattutto quando esercitato sotto stress. Io e Meg ne abbiamo scritto due contemporaneamente sullo stesso argomento XD Oserei dire siano differenti e simili ed anche complementari. Un po’ come i gemelli. Twinfic <3
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HOLD ON, BE STRONG

Se la stava facendo addosso. Letteralmente. Sentiva il bisogno fisico di scappare in bagno. E restarci. Il più a lungo possibile.

Coraggio, Tom. Non è mica la prima volta che fronteggi un’orda di ragazze innamorate, deluse e considerevolmente incazzate. Succedeva sempre a Loitsche, no? Succedeva sempre quando le voci cominciavano a circolare troppo diffusamente e tutte le ragazze cominciavano a subodorare di avere davvero solo una cosa le accomunasse tutte: te. Ed allora partivano le spedizioni punitive. Ed era pure peggio di così, no? Lì, ad essere considerevolmente incazzate non erano solo le ragazze, ma anche un buon numero di fratelli maggiori e migliori amici iperprotettivi.
Allora era peggio. Nessuno vuole veramente ucciderti, adesso.
E poi non sarai nemmeno solo. Ci saranno Georg e Gustav, con te. Georg e Gustav sono una buona assicurazione sulla vita, no? Sono forti. In caso di rivolta, ti farebbero scudo col loro corpo, lo sai.
Non c’è proprio niente di cui aver paura.
Coraggio.


Si lasciò andare ad un mugolio preoccupato ed ansioso, scivolando lentamente sulla sedia accanto a quella in cui suo fratello giaceva, raggomitolato in una coperta di lana e totalmente abbandonato contro lo schienale.
- Come stai…? – chiese a bassa voce, sollevando una mano ad accarezzargli una guancia e poi a massaggiargli piano il collo.
La pelle di Bill scottava. La sua, invece, era freddissima.

Magari questa paura fottuta si rivela pure utile per qualcosa, chissà.

Bill piegò le labbra in un sorriso semplicemente stremato, abbandonandosi contro la sua mano e socchiudendo gli occhi sotto le sue carezze.
- Sono stato meglio. – scollò a fatica. E poi deglutì. Tom lo sentì sotto le dita. E deglutì a propria volta. – Mi fa male la gola…
- Bill. – la voce di David suonò ansiosa e freddissima, infrangendo il silenzio del backstage e mettendo in agitazione tutti, - Abbiamo un biglietto virtuale che ci aspetta all’aeroporto. Vuoi che venga qualcuno con te?
Bill scosse il capo, aggrottando le sopracciglia.
- Ho già causato-
- Balle. – lo interruppe Tom, stringendo dolcemente la presa sulla sua nuca, - Non puoi andare da solo. David, vai con lui.
Il manager gli scoccò un’occhiata stupita dalla porta, schiudendo le labbra come per parlare ma restando in silenzio come non sapesse effettivamente cosa dire.
- Tom, dovete parlare coi giornalisti. Io non so se è il caso di lasciarvi soli…
Tom avrebbe voluto rispondere prontamente che sì, era decisamente il caso, perché Bill stava male proprio tanto e lui aveva bisogno di sapere che qualcuno di fidato sarebbe stato con lui per ogni evenienza.
Ma non ne ebbe la forza.
Perché era terrorizzato. Perché avrebbe voluto essere lui a seguirlo mentre tornava in Germania. Perché il solo pensiero che Bill stesse così male evidentemente toccava qualche nervo scoperto del suo corpo. E faceva male.
Fortunatamente, Georg sembrava aver mantenuto quel misero brandello di lucidità che lui aveva immediatamente perso quando aveva capito che Bill non ce l’avrebbe fatta, e che Gustav aveva smarrito conseguentemente quando la cosa era diventata pesante al punto da richiedere il rimpatrio.
- David, possiamo cavarcela. Sappiamo già cosa dire, ci limiteremo a ripeterlo fino alla nausea.
Jost fece una smorfia, avvicinandosi lentamente a Bill e controllandogli la temperatura con una mano sulla fronte, per poi rimboccargli la coperta attorno al corpo, un attimo prima che lui si abbandonasse contro il petto di suo fratello. Che lo strinse a sé mordendosi le labbra, perché era tutto ciò che poteva fare, e tutto ciò che poteva fare era troppo poco.
- Non lo so. Vediamo se almeno con le ragazze possiamo far parlare solo un organizzatore…

Altro che organizzatore.
Quelle vogliono noi.
Se non usciamo, vorranno pure la nostra pelle.


Ed infatti così era stato: per il pover’uomo che aveva ottenuto l’incarico “diplomatico”, non c’erano stati che fischi e boati di disapprovazione.
- Dobbiamo uscire noi. – aveva sibilato Gustav, guardando lo stage da dietro le quinte, senza preoccuparsi di nascondere la nota spaventata che aveva assunto la sua voce.
- Già. – aveva annuito Georg, mentre Tom si perdeva nel respiro un po’ affannoso di Bill, ancora stretto fra le sue braccia, - E voi dovete andare. Appena daremo l’annuncio ufficiale, il palazzetto comincerà a svuotarsi… la cosa potrebbe farsi pericolosa.
- In effetti, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è uno stuolo di ragazzine piangenti che insegue la macchina. – aveva considerato pensosamente l’uomo, dondolando nervoso sulle gambe. – Bill? Te la senti di muoverti?
Bill non aveva risposto. Aveva sollevato lo sguardo su Tom e ne aveva calamitato l’attenzione, fissandolo con una tristezza difficilmente sostenibile. Lui s’era sforzato quantomeno di abbozzare un sorriso, stringendolo con più decisione.
- Vai. Ci mettiamo sul primo aereo appena possibile. – gli aveva sussurrato piano all’orecchio, prima di baciarlo teneramente su una guancia.
Bill aveva tirato le labbra in una smorfia addolorata. Per lui non doveva esistere niente di peggio, probabilmente: mal di gola – con sospetta laringite, giusto perché, quando c’è da infilarsi in una disgrazia, è sempre meglio scegliere la peggiore – un concerto annullato – probabilmente più d’uno, per quanto Tom fosse certo più o meno metà del mondo stesse sperando il contrario, mentre l’altra rideva sadicamente – e, per di più, dover tornare a casa praticamente da solo.
- Vai. – ripeté, consegnandolo letteralmente fra le braccia di David.
Non poteva guardarlo più. Non ci riusciva.
Si alzò lentamente, raggiungendo Georg e Gustav già pronti ad entrare in scena.
Prese un enorme sospiro e si mosse.
*
Io non ce la faccio.
Io non ce la posso fare.


Non riusciva proprio a capire se la quantità enorme di ragazzine che stava fronteggiando li amassero tutti alla follia o li odiassero a morte.
In effetti, non era un particolare veramente rilevante. Si sentiva comunque in pericolo di vita.

Non posso nella maniera più assoluta. Non da solo.
È Bill che parla, in questi casi. Io, al più, dico una cazzata al volo per far ridere tutti.
È Bill quello degli annunci seri. Quello del cuore e del cervello. Quello che spiega le cose come stanno.

Io non ce la posso proprio fare. Sul serio.


- Ci dispiace molto… - cominciò, dondolandosi incerto sulle gambe e torturando la maglietta in maniera del tutto irrazionale, - Bill sta molto male. – e dirlo gli metteva sulla lingua davvero un brutto sapore. Un sapore amaro e pungente. Fastidiosissimo. Aveva la nausea. – Ha perso la voce. – Dio. Dio, Dio, Dio. La sua voce. – In questo momento sta tornando in Germania, per farsi visitare da uno specialista… - il boato che si alzò dalla folla lo terrorizzò ancor più di quanto non fosse già. Georg e Gustav, dietro di lui, respiravano così affannosamente che poteva sentirli nonostante tutto. Era consolante, in un certo senso, sentire un sentimento condiviso in quel modo. Era tremendo, per altri versi, che nessuno potesse condividere il suo sentimento nella sua pienezza. Solo Bill. E Bill non c’era. – Ci dispiace molto, per oggi. Ma torneremo, il ventinove giugno. I vostri biglietti sono ancora validi per quella data.

Lo sono ancora. Anche se in questo momento sto odiando l’Europa intera. E tutte quante voi. E l’Universal, e David, e me stesso ed anche Bill e tutto il mondo a seguito.
Vorrei che questo tour non fosse mai cominciato. Vorrei che Bill non si fosse mai ammalato.
Vorrei essere con lui. Cazzo.


La donna al suo fianco aveva tradotto per le fan. Ulteriori boati. Lacrime a fiumi.

Spero stiate piangendo perché siete in pena per lui.

Aveva preteso il microfono, e salutato tutte un’ultima volta. Non c’era motivo per cui non dovesse credere alla loro buona fede.
Tornando nel backstage, s’era sentito cedere. Di David e Bill non c’era più alcuna traccia. Immaginò suo fratello fosse già in aeroporto. Possibilmente sull’aereo.

Oddio.
Dovrò tornare in aereo senza di lui.


Scosse decisamente il capo. Pensieri come quello erano del tutto fuori luogo.
Gustav gli batté una mano sulla spalla, passandogli frettolosamente accanto.
- Forza. – lo incitò conciliante, - Sbrighiamo questa pratica e torniamo a casa.
*
Gli sembrò di essere in grado di tornare a ragionare normalmente soltanto quando mise piede in casa. C’erano quasi tutte le luci spente, e l’ambiente era avvolto in una cortina di silenzio irreale e spaventosa. Georg e Gustav si ritirarono quasi immediatamente nelle loro camere: erano esausti. Lui, invece, si diresse istintivamente verso la luce.
Davanti al portatile acceso, nel piccolo studio attiguo alla sala, David monitorava qualcosa come dieci forum diversi, mordicchiandosi le labbra con aria perplessa.
Quando lo sentì entrare, sollevò lo sguardo e poi scattò immediatamente in piedi, raggiungendolo sulla porta.
- Meno male. – gli disse, abbozzando un sorriso e stringendogli rassicurante una spalla, - Siete stati bravi. Fermi e concisi.
Anche Tom si sforzò di sorridere, abbassando impercettibilmente lo sguardo.
- È tutto a posto? – chiese poi, indicando il computer con un cenno del capo.
- Solite noie. – sbuffò David con una smorfia, - Niente di irrimediabile.
Lui annuì, inumidendosi le labbra. Era nervoso. Elettrico.
- David…
- Sta bene. – rispose lui, sorridendo, senza nemmeno lasciarlo finire, - Cioè, bene magari è una parola un po’ grossa, ma la situazione non è così drammatica. Certo è che per ora è completamente afono. – aggiunse con un sospiro, - Madrid salta per forza.
Tom annuì meccanicamente. Un movimento così rigido che gli fece male al collo.
- Allora io… vado a dormire… - mugugnò incerto, indietreggiando verso la porta.
- Tom. – lo richiamò David, prima che riuscisse ad uscire, costringendolo a fermarsi, voltarsi indietro e guardarlo. – Tuo fratello… - cominciò, con un sorriso un po’ intenerito ed un po’ irrimediabilmente divertito, - ha preteso che gli facessi vedere il filmato dell’annuncio. Credo che metterlo online sia stato il primo pensiero delle fan, tornando a casa. – rise piano, e rise anche Tom. – Mi ha detto di dirti che è molto orgoglioso di te.
Tom sollevò lo sguardo su di lui, schiudendo stupito le labbra. Ma non disse niente.
- Lo siamo tutti. – concluse David, sorridendo più apertamente. – Buonanotte.
*
Bill dischiuse subito gli occhi, quando sentì la lievissima pressione delle sue dita fra i suoi capelli. Non voleva svegliarlo, solo che la frangia era scesa a coprirgli il viso fino al naso, ed aveva paura che potesse dargli fastidio, e quindi…
…be’, sì, si sentiva molto stupido.
- Scusa. Torna a dormire… - disse, cercando di sorridere tranquillamente.
Bill scosse il capo e non parlò. Non poteva, ma non è che ci fosse davvero qualcosa da dire, in ogni modo.
- Vuoi… - deglutì. Il saporaccio sulla lingua era ancora lì. Forse s’era un po’ attenuato, però. - …posso restare? – si decise a chiedere, torturandosi il labbro inferiore con gli incisivi, - Sai, - aggiunse in una mezza risata imbarazzata, - credo di avere una quantità di coraggio piuttosto limitata. E di averla pure esaurita tutta.
Bill ridacchiò. Pianissimo. Un suono appena percettibile.
Ma si spostò più in là sul materasso, e sollevò le coperte perché Tom potesse prendere posto accanto a lui.
Scivolò sul materasso senza neanche svestirsi, lanciando lontano le scarpe con un calcio disinteressato. Bill mugolò soddisfatto, accoccolandosi contro di lui ed affondando il viso nel suo petto.
Riuscì a prendere sonno solo quando sentì il suo respiro tornare lento e regolare.
Era ancora preoccupato. Ma standogli accanto, in qualche modo, sembrava tutto incredibilmente più facile. Magari, per arrivare alla fine di quella brutta storia, non sarebbe servito poi tantissimo coraggio. Solo qualche abbraccio in più.
…e, probabilmente, un’altra settimana di guance da criceto.
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