Shot appartenente alla serie Eine Kugel Reicht, scritta con Tabata.
Genere: Erotico, Introspettivo.
Pairing: Bushido/Bill.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: PWP, Slash.
- "Neanche ci provo, a pensare sia venuto qui per qualcosa di diverso dal sesso.
Non stasera."

Note: Colpa di Tab XD In realtà le avevo detto millemila secoli fa che le avrei spinoffato Eine Kugel Reicht, semplicemente perché io amo da impazzire quella storia, nonostante il finale letteralmente strappacuore (piango ogni volta che la rileggo, è una cosa straziante ;_;). Ieri sera ero lì che mi lamentavo perché non sapevo cosa volessi scrivere e mi dibattevo tristemente fra la rape ed una roba tenero-lollosa, e non mi veniva di scriverle perché avevo passato le ultime due ore a vagolare nella cartella immagini di Bushido, cosa che era risultata nei miei ormoni in enorme disordine… perciò Tab ha risolto il mistero, annunciandomi che avevo voglia di scrivere porno.
Era vero °_° E questo è l’allegro (?) risultato XD Il titolo viene da una canzone stupenda dei Savage Garden che, ora che ci penso, è molto Billshidica. Testo qui.
Spero che questa mezz’oretta di lettura vi sia piaciuta! XD
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GUNNING DOWN ROMANCE

Neanche ci provo, a pensare sia venuto qui per qualcosa di diverso dal sesso.
Io so quando Anis è in vena di chiacchiere. So quando è in vena di cazzate, so quando è in vena di relax, so quando è in vena di tenerezze. Lo so perché i suoi occhi sono scuri e incomprensibili solo per chi non li guarda con la dovuta attenzione ed il dovuto rispetto.
Per me è sempre tutto molto chiaro.
Neanche ci provo, a pensare sia venuto qui per qualcosa di diverso dal sesso.
Non stasera.
- Piccolo, questa casa è un casino più del solito. – butta lì con un ghigno affamato che mi fa correre brividi caldi lungo tutta la schiena.
Io mi inumidisco le labbra e faccio un passo verso di lui. I miei piedi mostrano un’incertezza che non vorrei possedere, fermandosi a metà del movimento e facendomi inciampare comicamente sulla punta degli stivali.
Anis ride e la sua risata mi scivola sulla pelle come lava bollente. In questi momenti mi viene voglia solo di chiudere gli occhi e lasciarmi scivolare sulla prima superficie disponibile.
Il pavimento.
Una parete.
Il letto.
Lui.
- Passata una bella giornata? – continua a parlare. Il tono è malizioso, non è quello che utilizzeresti per una conversazione casuale. Non fa che confermarmi ulteriormente le sue intenzioni. Me le confermano la sua voce ed anche le sue dita, quando afferra con studiata lentezza il risvolto della giacca e se la sfila di dosso, posandola con disinteresse sul divano.
Lui sa che lo trovo sexy.
Lo sa che, quando gioca a fare il padrone della situazione, io gli impazzisco dietro.
Fortunatamente, così come lui sa tutte queste cose, io so che mi desidera da matti. Questo mi consola un po’, e mi aiuta a superare gli angoscianti momenti d’attesa durante i quali mi accerchia, prima di sbattermi sul materasso.
Gli piace farmi sentire desiderato.
Gli piace perché, quando lo fa, io non riesco a staccargli gli occhi di dosso.
- Così. – rispondo, cercando di eliminare qualsiasi traccia di ansia nella voce. A giudicare dal suo sorriso consapevole, non mi riesce bene. – Un po’ noiosa.
- Che cosa disdicevole. – commenta, avvicinandosi come un predatore. È scuro e misterioso e pericoloso e, quando vuole, come adesso, anche sinuoso come una pantera. Mi mordo un labbro. – Questa giornata va migliorata. – conclude, chinandosi su di me.
Non annulla la nostra distanza, però. Non è molto più alto di me, ma riesce sempre a mantenere quei due, tre centimetri di spazio fra le nostre bocche, che se solo provo a contarli davvero mi sento morire dentro.
Aspetta.
Io capisco cosa vuole.
Sollevo le braccia e le stringo attorno al suo collo. Mi tiro su e gli sfioro piano la bocca con la mia. Asciutto e timoroso. Dio solo sa se vorrei divorarlo qui seduta stante, ma ogni gioco ha le sue regole, e le regole di questo gioco Anis le ha decise molto tempo fa.
Mi sbuffa una mezza risata sulle labbra, stringendomi alla vita senza la minima gentilezza. La collisione dei nostri bacini genera nella mia testa una reazione tale che vedo le scintille, e mi lascio sfuggire un mugolio per metà sofferente e per metà talmente soddisfatto che ho quasi paura lui possa pensare mi basti così.
Poi mi rilasso: forse potrebbe bastare a me, ma di sicuro non basta a lui.
- Sei sexy quando sei così eccitato. – commenta a voce bassa contro il mio orecchio, mentre lascia scivolare una mano giù lungo la mia schiena, fino a stringere forte una natica. Mentre lo fa, mi spinge con maggiore decisione contro il proprio bacino, ed io sento la forza prepotente della sua erezione premere contro la mia.
Lo voglio. Adesso. Subito. È già tardi.
Mi attacco alla sua maglietta con l’urgenza ed i lamenti di un bambino capriccioso, strattonandola qua e là senza neanche capire esattamente da che lato tirarla per togliermela di torno.
- Pazienza, bimbo. – aggiunge in un’altra risata, scendendo a leccarmi voluttuosamente il collo, mentre una sua mano, quella non impegnata a stringermi il sedere come fosse una cosa sua, scende in lenta esplorazione della mia pancia e s’infiltra agile ed esperta oltre l’orlo dei jeans, alla ricerca della mia dolorosa erezione.
- Dio, sì… - ansimo, abbandonandomi contro la sua spalla, già a corto di fiato, - Bu…
- Mmmh… - mugola lui, soddisfattissimo, accarezzandomi dal basso verso l’alto, - Sì?
Vuole farmelo dire. Gli piace il suono di quella parola, penso. Posso capirlo, a ma piace quando lo dice lui.
- Scopami… - sussurro piano, tirandomi indietro abbastanza da poterlo baciare ancora.
Lui ride e stringe di più la presa attorno al mio cazzo, ed io per poco non mi lascio cadere per terra davvero.
- Stanotte ti scoperò finché non ne potrai più. – ringhia direttamente sulle mie labbra, artigliando l’orlo della mia maglietta e tirandolo su fino a sfilarmela dalle braccia.
Penso distrattamente che la possibilità che dica “adesso basta” sembra lontana come la fine del mondo, e corro con le mani ai bottoni dei suoi jeans.
Troppi vestiti inutili. Troppi, Dio, troppi.
Mi afferra sotto le cosce, prendendomi in braccio e muovendosi velocemente verso la prima parete disponibile, addosso alla quale mi schiaccia, prima di chiudermi addosso le labbra come una trappola. Chiudo gli occhi e mi lascio andare contro il muro, cercando di respirare senza riuscirci in maniera particolarmente convincente. Le sue labbra divorano centimetri di collo, petto, pancia, non so neanche come faccia ad essere ovunque contemporaneamente. Quest’uomo ha un dono.
Sospiro con forza, piantandogli le unghie nelle spalle, e mi infastidisce sentire sotto i polpastrelli il tessuto morbido in cotone. Preferirei di gran lunga la grana liscia e calda della sua pelle. E la resistenza ostinata dei suoi muscoli tonici.
Ricomincio a tirare la maglietta, ma lo faccio evidentemente dal punto sbagliato. Non lo so, non viene via, la stronza. Anis ride ancora e si allontana un attimo, lasciandomi andare, per esaudire il mio desiderio.
Nel mentre, per tenermi al mio posto, mi schiaccia con più forza contro il muro. La tensione del mio desiderio sta cominciando a farsi fastidiosa. Anche la sua, ci scommetto.
- Anis… - lo chiamo, ma esce fuori un’implorazione davvero vergognosa. Però pregarlo non mi dispiace. Lui, almeno, ascolta sempre. E fa anche i miracoli. Non è male, come Dio personale.
- Piccolo, se mi chiami così non mi trattengo. – mi avverte, fissandomi negli occhi con aria assassina.
Ci sono momenti in cui mi guarda e non riesco a sentirmi al sicuro. Non riesco a sentirmi a mio agio. Non voglio. Mi fa sentire come un pezzo di carne. Un pezzo di carne vivo e fottutamente bello.
- Non farlo… - sussurro piano contro la sua guancia, lasciandogli addosso una scia di baci umidi che si fermano e muoiono sulle sue labbra, come sempre, come tutto, come le mie proteste quando si ostina ad ignorare il mio bisogno per concentrarsi sui miei capezzoli, come i miei mugolii quando finalmente torna ad accarezzarmi fra le gambe, come l’ansito di pura sorpresa che mi coglie all’improvviso quando sento la punta della sua erezione stuzzicare insistentemente la mia.
Mugolo rocamente, spingendomi verso il basso, nel tentativo di procurarmi un po’ di sollievo con qualche strusciatina. La verità è che niente di quanto potrò provare così sarà anche solo lontanamente paragonabile a quello che sentirò quando lui sarà dentro di me, quando mi si spingerà contro con tanta forza da darmi l’impressione di volermi spaccare in due, quando toccherà quel punto segreto che ogni volta mi fa urlare come un pazzo, aggrappandomi al suo collo e ai suoi fianchi per non cadere dal letto in preda ad una spaventosa vertigine.
Anis è perfetto per me. Non è troppo. Non è appena giusto. È perfetto.
La prima volta che l’ho visto nudo, mi ha fatto una paura bestiale. Stava lì, di fronte a me, evidentemente compiaciuto, e mi si mostrava come la nostra fosse una competizione. Io, buttato sul materasso fra i cuscini, pallido, smorto e livido dalla paura per com’ero, mi sentivo veramente miserevole. Lui, dritto in piedi accanto al letto, liscio e teso, si stagliava in tutta la sua fottuta odiosa perfezione contro le mie tende bianchissime. Era il contrasto più eccitante che mi fosse mai capitato di guardare.
Quella notte, Anis ha osservato il mio sguardo perso posarsi addosso ad ogni centimetro del suo corpo, ed ha ghignato soddisfatto quando mi sono fermato vergognosamente proprio lì dove guardarlo era più piacevole, a causa della voglia indomabile che mi bruciava nei lombi non appena sfioravo l’idea.
“Non preoccuparti”, mi ha detto piano, salendo sul materasso al mio fianco, “se ti piace, non può farti male”.
Io ho chiuso gli occhi e l’ho ricordato esattamente come l’avevo visto contro le tende: le braccia rilassate lungo i fianchi, la linea tonica della schiena, le gambe leggermente divaricate, il suo profilo appena intuibile nel buio.
Se ha fatto male, non lo ricordo più.
Adesso non m’interessa.
Anis è perfetto per me. Non fa male neanche per sbaglio. Mi piace, mi piace e basta.
Mi si schiaccia contro ed io rilascio un sospiro che al dolore somiglia soltanto, mentre lo sento farsi strada dentro di me. Rude, veloce, come fosse arrabbiato. Riesce a mantenere ritmi simili anche per mezz’ora, ed è una cosa alla quale non riuscirò mai a rassegnarmi, perché dovrebbe essere fisicamente impossibile.
Ma non me ne frega niente: finché posso sentire la sua pelle contro la mia, finché posso sentire il calore assurdo della sua voglia dentro di me, finché lui è mio ed io sono suo in questo modo così speciale da farmi male al cuore, a me non interessa più niente.
Gli mordo forte una spalla mentre vengo contro la sua mano, sporcandogli la pancia. Ho voglia di scendere e leccare ogni centimetro del suo addome, giocare a nascondino contro il suo ombelico e poi prenderlo tutto in bocca fino in gola, fino a sentirmi stordito, ma Anis mi afferra forte per la vita e mi si stringe contro una, due, tre volte, fino ad esplodermi dentro, ed io respiro direttamente dalle sue labbra, senza pensare a nient’altro. Così accompagno gli ultimi tremiti dell’orgasmo, ed assieme alle sue spinte viene meno anche la voglia.
Lo abbraccio con una tenerezza che in genere non mi appartiene.
Rimango ad occhi chiusi e stringo le gambe attorno al suo bacino, quando lo sento muoversi piano per portarmi in camera da letto.
Appena tocco il materasso – fresco contro la mia pelle sudata e bollente – realizzo che non ci vedevamo da una settimana. E capisco la sua urgenza, i suoi occhi da predatore ed anche il mio desiderio folle.
Anis mi lascia scivolare una mano lungo la guancia, e la posa sulla curva del mio collo, attirandomi a sé per un altro bacio.
- Ci riposiamo un po’? – chiede con aria stupidamente tenera, aiutandomi ad accoccolarmi sul suo petto.
Sarà una notte sfiancante, penso, mentre sento le sue braccia stringersi possessivamente attorno alle mie spalle ed alla mia vita.
- Sì. – annuisco, continuando a guardarlo senza nemmeno battere le palpebre.
La seconda volta sarà più dolce. Lo è sempre.
La terza sarà una dichiarazione mancata. Lo è sempre.
Alla quarta non arriveremo, crolleremo addormentati l’uno fra le braccia dell’altro. Come sempre.
Le regole del gioco sono sempre le stesse. Anis le ha decise tanto tempo fa. Io le ho sottoscritte e continuo a farlo con ogni bacio che poso sulle sue labbra.
Finché possiamo – il più a lungo possibile – giocare è tutto.
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