Shot appartenente alla serie Eine Kugel Reicht, scritta con Tabata.
Genere: Introspettivo.
Pairing: Bill/Bushido.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Angst, Slash, Violence.
- "Io mi chiamo Tom Kaulitz e in questa storia di me non sentirete parlare."
Note: Come nelle migliori tradizioni del rap, questa è una collaborazione. D'accordo, tutta la serie lo è, ma questa one-shot è proprio scritta a quattro mani. E' una Tabata feat. Liz, ecco.
Dunque, Gegen Meine Willen è stato un po' il mio dramma personale. Amavo l'idea di dare voce a Tom, l'ho amata un po' meno quando poi mi è toccato scriverla. Tom mi dà dei problemi e forse me li dà perché è una voce totalmente estranea a tutta la serie. Tomi è fuori dal ghetto; ed è un personaggio totalmente esterno. Come dice lui stesso: non c'entra niente. Ma potevano mancare il suo giudizio, la sua rabbia, il suo supporto ma, soprattutto... la sua versione della morte del Bushido?! XD. Prima che mi dimentichi, ho creato un gioioso schemino della timeline di EKR, così potete vedere la porzione temporale coperta da ogni singola fanfic. Enjoy.
Liz, in queste note, vuole aggiungere che ama Tomi!
E basta.
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GEGEN MEINEN WILLEN

Io mi chiamo Tom Kaulitz e in questa storia di me non sentirete parlare.
Forse vi hanno abituato a sentire il mio nome affiancato a quello di mio fratello ma la mia presenza, negli eventi che seguono, non è rilevante. Io con Bushido e con Bill non c'entro niente. L'Esguterjunge e l'Aggro Berlin erano e sono rimaste per me soltanto due etichette che sfornavano buona musica. Del loro incontro, del loro stupido fidanzamento e della catastrofe che ne è conseguita io non sono che uno spettatore, e neanche uno dei più attivi. Non sono mai stato d'accordo con Bill per le scelte che ha fatto e i fatti, alla fine, mi hanno dato ragione. La sua storia con Bushido è durata un anno. Adesso, qualche mese dopo la sua morte, Bill è un mucchio di cocci rotti che non sa rimettersi insieme.
Ovviamente, l'inizio di questa storia non coincide col momento in cui essa è iniziata per me. Bill e Bushido stavano già insieme da un sacco di tempo prima che io venissi a saperlo, ma dei mesi che hanno preceduto la mia scoperta della faccenda non mi interessa. Anzi, non voglio proprio saperne niente. Bill ha cercato tante volte di raccontarmi, ma non gliel'ho mai permesso.
Non voglio sapere come sia stato possibile che uno come Bushido sia finito a farsela con mio fratello. Non voglio sapere cos'ha provato Bill a baciare - o qualsiasi altra cosa - un altro uomo. Io voglio bene a Bill e lo accetto per quello che è. Ma i dettagli no, grazie.
Dunque, ricordo molto bene il giorno in cui tutto questo è iniziato per me. Me lo ricordo per due motivi precisi: il primo è che non vedevo mio fratello da una settimana; il secondo è che se tuo fratello ti dice, tutto in una volta, che è omosessuale e si scopa il tuo cantante preferito, te lo ricorderai a vita. Ve lo assicuro.
Io e Bill abbiamo appuntamento in questo ristorante che io adoro, ed è una specie di RoadHouse americana dove servono bistecche grosse come cavalli. Dovrei sapere che quando Bill si offre di pagare e acconsente a pranzare in un posto del genere deve farsi perdonare qualcosa ma in quel momento non ci penso. E non ci penso perché Bill è appena tornato da chissàdove. Non ha voluto dirmi dove andava quando è partito sette giorni fa, e nonostante mi telefonasse quattro volte al giorno, tutti i giorni, si è sempre rifiutato di dirmelo. Così, quando lo trovo già seduto ad un tavolo in quel cazzo di ristorante, non vado a pensare che abbia prenotato e mi offrirà il pranzo perchè nasconde qualcosa. Cioè, lo penso, ma me ne frego.
Bill se ne sta seduto in un angolo dell'enorme sala del ristorante. Sta giocando distrattamente con la forchetta, facendo le righe sulla tovaglia. E' un po' nervoso, lo vedo da come ciondola i pedi. Sorrido perchè quando è solo Bill non ha la minima percezione di se stesso ed è bello da guardare. Non è in posa. Rimango accanto ad una colonna, seminascosto e lo osservo mentre gioca con una ciocca di capelli e poi se la sistema dietro un orecchio. Col fatto che sono sette giorni che non lo vedo, mi batte forte il cuore.
A me batte sempre forte il cuore quando non ho Bill accanto a me, mi manca l'aria; e non perchè io lo ami in quel senso, o puttanate simili. E che penso che per un lungo periodo di tempo non ce l'ho avuto sotto gli occhi e non avrei potuto farci niente se gli fosse successo qualcosa. Ho paura. E quando posso rivederlo, toccarlo e abbracciarlo di nuovo tiro un sospiro di sollievo, perchè a quel punto niente può più andar male. In realtà sì, ma non è questo il punto.
Che poi non è proprio un pensiero cosciente, è più una sensazione. Dal momento che non abbiamo mai davvero bisogno di parlare, il mio rapporto con Bill è fatto di sensazioni. Io percepisco quello che prova in qualche modo che ovviamente non so spiegare, ma c'è. E' lì.
Ed è lo stesso tipo di capacità che permette a lui di sentire che io sono arrivato. Difatti si gira e mi sorride. "Tomi!"
Faccio finta di non essere così estremamente felice di vederlo che lo stritolerei in un abbraccio e non lo lascerei più andare. Lo voglio intensamente ma Bill se n'è andato senza dirmi dov'era diretto - in altre parole: mi ha mollato a casa come un cretino - quindi sarò felice di vederlo, ma non lo coccolerò come ho intenso desiderio di fare. Si merita almeno una punizione. Quando si alza e mi si stringe addosso, però, tutti i miei buoni propositi vanno alle ortiche. Il mio fratellino è qui, non è finito in un fosso senza un rene. Non. Importa. Nient'altro. Lo stringo fortissimo e gli piazzo un bacio sulla guancia, tanto nel ristorante non c'è quasi nessuno e poi non me ne frega un cazzo. Bill non è nemmeno passato da casa quando è sceso all'aeroporto. Mi ha dato appuntamento direttamente qui. Io non ho avuto modo di sdarmi in smancerie, quindi lo faccio adesso. E chi se ne frega.
"Dove sei stato?"
"Tomi!" Miagola lui e sbuffa, tornando a sedersi.
"Non cominciare. Sei stato via una settimana," dico imitandolo. "Avresti almeno potuto avvertirmi."
"L'ho fatto," risponde. "Ti ho detto che andavo via."
"Ah beh allora!" Commento sarcastico. La cameriera ci porta i menu e io lo apro, sfogliandolo distrattamente. "Potevi essere chissà dove!"
"Non sono andato molto lontano," mormora. Sollevo gli occhi e vorrei essere arrabbiatissimo, ma lo fa anche lui e mi stende. Bill quando vuole è un maledetto bastardo, conosce tutti i miei punti deboli. E lui che mi fa gli occhioni è un punto debole. Questo perché Bill sa che mostrarsi incredibilmente fragile e delicato fa leva sul mio senso di protezione.
"D'accordo, non fa niente," cedo alla fine, scuotendo la testa. "Se avevi bisogno di levarti dalle palle per un po', non sarò certo io a dirti che non potevi farlo; però mi hai sempre detto dove andavi. Anzi, ci andavamo insieme."
Si morde un labbro e abbassa di nuovo lo sguardo, quindi sospira.
"Volevo dirtelo, Tomi, davvero. E' solo che è successa una cosa e io dovevo rifletterci sopra."
"Che cos'è successo?"
Lui sorride. "Prima mangiamo, va bene?"
Lo fisso negli occhi e cerco di trovarci la risposta che mi serve. Non posso leggere nella testa di mio fratello, ovviamente, ma sono bravo a cogliere le sfumature delle sue espressioni. Per esempio, adesso so che è nervoso e preoccupato, quindi teme la mia reazione. Qualsiasi cosa sia successa, forse non è grave in generale, ma di certo avrà un forte impatto su di me. Comunque so che non devo metterlo sotto pressione. "Va bene," dico. "D'altronde mi stavo giusto preparando la salsa prima che tu mi chiamassi dall'aeroporto."
"La salsa senza di me?" Chiede oltraggiato lui, spalancando gli occhi e poi scoppiando a ridere.
Rido anche io e poi ordiniamo.
Mi faccio portare un piatto di carne bello sostanzioso perchè so che mi aspetta qualcosa di assurdo. Bill non ha mai fatto un colpo di testa simile, di andarsene senza lasciare tracce. Deve passargli qualcosa di grosso per la testa. Lui, comunque, mangia almeno quanto me. Segno che gli serve coraggio, o che sta prendendo il tempo, il che un po' mi fa ridere e un po' m'innervosisce. E' quando arriva il dolce che gli chiedo: "Allora?"
Lui annuisce e butta giù il pezzo di cheescake. Si pulisce la bocca e poi si tortura le mani. "Sai tutte quelle cose che mi dicono sempre?"
"Quali cose?"
"Su di me, sul fatto che io sia..." si stringe nelle spalle.
"Gay?" Concludo per lui e, quando annuisce, aggiungo: "Stai ancora dietro a quello che dicono? Fregatene. Lo sappiamo che non-"
"Lo sono." Mi fissa.
Sono ancora a metà della frase precedente, ho la bocca aperta, la mano in aria che si agita. "Cosa?" Mi esce fuori una specie di lamento strozzato, come se mi fosse rimasto incastrato un pezzo di pane in gola. Tossisco, mi batto anche. "Come?"
"Io sono gay," sussurra.
D'accordo, mi aspettavo che fosse una cosa grossa; ma non così grossa. Cioè, cosa diavolo significa che lui è gay? Lui non è gay. E' mio fratello! "Bill che cosa stai dicendo? Sei... sicuro?"
Lui sorride, un po' imbarazzato. "Tu cosa ne dici?"
"Non lo so!" Mi agito. Lo so che mi agito e non vorrei. Inizio a muovere le braccia ovunque quando sono agitato, sembro un pazzo. "Magari credi di essere gay. Magari è una fase, poi ti passa. Insomma, quelle cose lì. Siamo adolescenti, no? Sei solo confuso."
Scuote la testa. Dio, la scuote. Dovrebbe dirmi Sì, hai ragione Tomi. Dev'essere come dici tu e invece scuote la testa. "Ci penso da tanto sai?" Sbatte gli occhioni. "Non è una cosa che ho scoperto l'altro giorno. E poi sono successe delle cose. Volevo dirtelo subito ma..." sospira. "Avevo paura che non l'avresti presa bene."
Vorrei chiedergli quali cose sono successe, ma non lo faccio.
Bill aveva paura di non essere compreso. Da me. Scherziamo? Io sono il suo gemello. Il solo fatto che abbia anche solo vagamente pensato che non avrei capito è un fatto gravissimo che cancella tutto quanto il resto. Io sono Tom Kaulitz. Io sono suo fratello gemello. Qualunque cosa mi dica, io sono con lui. Lo vedo che tiene gli occhi bassi e si guarda le mani. "Ok, ok non importa. Bill, guardami." Mi affretto a dire. E lui alza la testa. "Senti, va bene. Insomma, non è niente di che, d'accordo? Io ti voglio bene lo stesso."
Lui mi guarda.
"Dico davvero," annuisco. Sto mentendo spudoratamente. Io non voglio che mio fratello sia gay. Ma non voglio neanche che pensi che non lo accetterò per quello che è perchè, cazzo, non è così. E' Bill, lo accetterei in qualunque modo. "Non ha nessuna importanza. Io... sono contento che tu me lo abbia detto."
Mi fissa ancora per un po' e poi sorride. Il suo sorriso, quello bello, chiaro e solare che illumina tutta la stanza. Quello di mio fratello. "Grazie Tomi, sapevo che avresti capito."
Eh, capito un cazzo.
Non faccio neanche in tempo a recuperare quel poco di cervello che avevo e che mi ha letteralmente disintegrato con questa splendida bomba, che me ne tira subito un'altra. "Io sono... innamorato di una persona."
Ok, questa è più difficile. Insomma, voglio dire, è la solita storia: finchè il discorso si fa in generale, non ci sono problemi. Gli omosessuali? Io non ho nessun problema con gli omosessuali. Io sono una persona con la mente aperta. Però se penso che c'è uno che vuole mettere le mani addosso a mio fratello, mi viene voglia di spaccargli la faccia; se poi penso che Bill mi sta dicendo che quelle mani addosso le vuole, mi viene da spaccare la faccia anche a lui. E non posso. No, Tom, non puoi proprio, mi dico. Bill ti sta confessando la cosa più importante della sua vita e tu non puoi mollarlo lì così solo perchè il tuo cervello fatica ad ingranare.
"D-davvero?" Butto lì, cercando di essere disinvolto. Mi verso un bicchiere d'acqua che basterebbe ad annegarmi. "E' qualcuno che conosco?"
Lui annuisce. Un po' sorride, ma è nervoso. Comunque lo sa che la situazione non è ancora esattamente stabile. Mi sembra che stiamo entrambi camminando su un tappeto di uova, neanche troppo sode. "... Sì."
A questo punto ci sono due opzioni.
O si tratta di Andi, e giuro su mia madre che se ha toccato Bill più del dovuto prima che io gli dessi la mia benedizione lo faccio a pezzi. Oppure è Georg, che fino a ieri non era gay; ma non lo era neanche mio fratello. E se Bill dice che lo conosco, e non è Andi, allora non può essere che Georg, che con quella piastra per capelli un po' di dubbi me ne ha sempre fatti venire. E per quanto sia il mio migliore amico non uscirà vivo dal tourbus.
Ovviamente non mi fermo neanche lontanamente a pensare che forse - forse - magari i due non hanno affatto circuito mio fratello. Non me ne frega niente di questa possibilità. Nè Andi nè Georg dovevano permettersi di... permettersi di cosa? Andare con mio fratello se mio fratello voleva? Cristo, che casino. "Chi è?"
"Prometti che non ti arrabbierai?"
Quindi è Andi. "E' Andi?" Lo ammazzo. Probabilmente gli andava dietro da anni, avrà giocato sul fatto che Bill dice di non fidarsi delle fan perché amano la maschera pubblica e non lui. Lo avrà intortato con le cazzate, Andi è bravo a parlare. In effetti non ha mai veramente detto di essere gay, ma lo abbiamo sempre pensato tutti, aspettavamo solo che trovasse il coraggio di uscire dall'armadio. Certo poteva evitare di uscirci a braccetto con mio fratello! Che cazzo!
Eppure era chiaro, si comportavano allo stesso modo. E alla fine che Bill sia davvero gay non è poi questa novità sconvolgente. Ok, non l'ho presa bene, ma cioè... non è come se me lo dicesse Gustav, per dire. Che poi è il motivo per cui non penso si tratti del mio batterista. Gustav non potrebbe mai essere gay. E' Gustav!
Intanto, mentre sono perso nel mio delirio, mi rendo conto che Bill mi sta parlando e lo guardo, seguo il labiale dal momento che i miei pensieri stanno coprendo la voce. "No, non è Andi," dice.
"Georg?" Sbraito allora. Tutto ciò non è davvero possibile. "Dio Mio, come puoi essere innamorato di Georg? Non si ama nemmeno lui, guarda come va in giro!"
"Cosa c'entra Georg? Non sapevo che fosse gay," commenta lui.
"Non lo è!" Replico. "O almeno non lo so, chi se ne frega! Non è Georg?"
"No."
A quel punto mi trovo un po’ spiazzato. Se non è né Andi né Georg, direi che non so proprio di chi si possa trattare e che io lo conosca, sinceramente, mi pare un po' improbabile. Continuo a guardare mio fratello in attesa di delucidazioni. Lui si morde nervosamente un labbro. "Tom, prometti davvero che non ti arrabbierai?"
"Perchè dovrei farlo?"
"Perchè è un po' più grande di me," risponde.
"Un po' quanto?"
"Un po'," insiste. Allunga un braccio sul tavolo a cercare le mie dita e le stringe. "Ma è davvero una persona fantastica."
D'accordo, questa persona fantastica verrà investita dall'Escalade, alla guida della quale ovviamente ci sarò io. Chiunque egli sia. Che poi, se ci penso, l'unica persona che racchiude in sé tutte le caratteristiche - gay, che io conosco, più grande di Bill - è David. E io voglio sperare, per il mio manager soprattutto, che non sia lui perché altrimenti scorrerà il sangue. E no, non sarò io a tirargliele. Pagherò qualcuno più grosso e più incazzato di me. Offenderò delle madri a nome suo, se necessario.
Solo che Bill non mi dà il tempo. Non mi dà il tempo di chiedergli se si tratta del nostro manager, non mi dà il tempo di prepararmi. Apre la bocca e lo dice.
"E' Bushido."
In quel preciso istante le lettere che compongono il nome del rapper più famoso della Germania non trovano un senso nella mia testa. Bill deve aver cambiato discorso mentre ero perso tra le mie paranoie. "Cosa c'entra Bushido?"
"E' lui," dice. "Mi sono innamorato di lui."
Mi vengono a mente le cose che Bushido ha detto a mio fratello nelle varie interviste. L'ultima, neanche tanto tempo fa, era assolutamente indecente. Solo che questo fa parte dello spettacolo, è il suo modo di fare. Sono dei gran coglioni all'Eguterjunge: Bushido tratta Kay-One come se fosse il suo cagnolino da compagnia...
"E' per via di quello che ha detto?" Chiedo. A volte Bill è così ingenuo che-
"Siamo andati a letto insieme."
"Cosa?"
A quel punto mi aspetto da lui qualunque cosa, prima fra tutte quella che neghi. Che rida e mi dica che mi sta prendendo per il culo. Bill può essere una merda, quando vuole. Può tirarti scemo e farti lo scherzo più stronzo del mondo e poi continuare a ridere anche quando tu ne hai avuto abbastanza e preferiresti piantarla lì. Ci sono certe volte che ti viene da picchiarlo da quanto fa il cretino. Però questa volta proprio non ride, neanche un secondo. "Bill, cosa cazzo stai dicendo?"
"E' successo tre mesi fa."
"Tre mesi... tre mesi fa?" Sono fuori di me, solo che non sono mai stato il tipo da urlare. Batto un pugno sul tavolo che ribalta sia il mio che il suo cucchiaino. "Tre fottuti mesi fa? Cosa aspettavi a dirmelo? Chi cazzo lo sa?"
"Nessuno," poi ci ripensa. "David."
"David," mi sento scemo a ripetere tutto quello che sento ma se dicessi quello che mi passa per il cervello, finirei per litigare con lui. Che poi, cazzo, ci voglio litigare. Ho tutto il diritto di litigare con lui perchè se ne sta lì seduto, dopo una settimana che non lo vedo, dopo tre mesi di puttanate in cui mi ha nascosto una cosa del genere. Vaffanculo, Bill. "Avresti dovuto dirmelo."
"Non volevo dirtelo finché non era una cosa sicura."
"Perchè avete intenzione di sposarvi?" Esclamo sarcastico. "Oppure stavi solo aspettando che ti scopasse per dirmelo? Come funziona fra voi?"
Bill serra le labbra in una linea sottilissima, lo vedo stringere il tovagliolo con forza; però non ho voglia di ragionare. Non ho proprio un cazzo di voglia di rimanere seduto a questo tavolo e razionalizzare quello che Bill si è premurato di farmi sapere tutto quanto insieme.
Allontano con forza la sedia dal tavolo e mi alzo senza dirgli una parola. Lo sento vagheggiare alle mie spalle ma non mi volto. In questo preciso istante non voglio saperne niente di lui. Capita di rado che non m'importi di Bill ma quando succede è una cosa violenta. Esco dal ristorante senza guardare in faccia nessuno e raggiungo la macchina.
Apro la portiera quasi scardinandola e so di avere lo sguardo fisso del pazzo. Sto per fare qualcosa che mesi fa pensavo impossibile. Recupero il porta-cd, che fra l'altro è nero con dei disegni tribali, una roba che poteva regalarmi soltanto mio fratello, e comincio ad estrarre ogni singolo cd di Bushido che possiedo. Tutti. Gli originali, i masterizzati, le B-side, qualunque cosa contenga anche una sola delle sue canzoni. Li getto a terra di fronte all'Escalade, velocemente ma con soddisfazione. Ogni volta che ne cade uno sull'asfalto sento un moto di gioia sadica. Ora come ora penso che sono stato un cretino, in quel preciso momento penso che questa è la cosa più vicina a Bushido su cui posso passare sopra con la macchina.
Risalgo in auto e vedo Bill in lontananza uscire dal ristorante. Sento che mi chiama, ma io sono troppo impegnato a disintegrare i cd del suo fottuto amante con le ruote della mia Escalade. Sono talmente incazzato che sto andando avanti e indietro con la portiera ancora aperta.
"Tom!" Mi si piazza davanti al cofano, col rischio che metta sotto anche lui.
"Bill, levati di lì"
"No."
Lo metto sotto, penso esattamente questo. Ora premo l'acceleratore e lo metto sotto. Fine di Bushido. Fine di mio fratello. Ma, soprattutto, fine di Bushido che si fotte mio fratello. Faccio pure per mandare avanti l'auto e lui piazza entrambe le mani sul cofano. "Tomi, aspetta!"
Stringo le mani intorno al volante, inspiro ed espiro. Poi ringhio perchè tanto l'ha sempre vinta lui. "Che cos'altro devi dirmi?"
Fa il giro dell'auto, tenendoci sopra una mano e guardandomi dritto negli occhi. Quindi sale, si chiude dietro la portiera ed espira. "Non volevo che andasse così."
"Così come? Con te che sei gay e ti scopi Bushido?"
Lo vedo stringere le mani a pugno e la cosa un po' mi sorprende perchè di solito Bill scatta e basta, non ragiona. E' isterico. Si fa sempre come dice lui e basta. Questa volta no però, e il fatto che non si comporti come il solito Bill mi innervosisce perchè è come se volesse dimostrarmi che sta facendo la persona adulta, mentre io no.
"Tom, è una cosa importante," prova a dire. Alza lo sguardo su di me e ha quegli occhioni da cerbiatto di nuovo. "Lo so che ci sei rimasto male, e mi dispiace."
"Non abbastanza," ritorco.
"Che cosa avrei dovuto fare?"
"Dirmelo."
"Mi dispiace," ripete. "Ma sapevo che l'avresti presa così. E poi non ero sicuro.. è stato tutto un casino."
"E' stato?"
"E'. E' un casino," precisa. Poi sospira. "Non volevo tagliarti fuori, avevo soltanto bisogno di tempo."
"Tempo per trasformare uno rapper perfettamente normale in una checca," esplodo. E lo sguardo che mi lancia è così assurdamente incredulo che per un istante mi viene quasi da ritirare tutto. Poi penso che mio fratello se la fa con Bushido - Bushido, capite? - e la rabbia mi prende alla gola di nuovo. "Che cazzo! Sei infettivo!"
"Io... cosa?"
"Fino a qualche mese fa, a quello piacevano le ragazze!"
"Quello, come lo chiami tu, ha dichiarato di voler far sesso con me di fronte a milioni di spettatori," mi ricorda. "O te lo sei dimenticato?"
"Scherzava, Cristo! Faceva parte del personaggio!"
"Quel personaggio già veniva a letto con me quando diceva quelle cose, come la mettiamo?" Mi urla contro. "Io e Bushido stiamo insieme da molto prima!"
Rimango pietrificato. Il mio bel mondo dorato si frantuma in tante piccole schegge e su ogni scheggia c'è il viso di Bushido, serissimo. E lì tutta la rabbia che ho dentro esplode, o lo farebbe se non me ne andassi. Tutto si concentra in un'unica lunga sequenza di follie: il mio mito non è un mito proprio per un cazzo, e mio fratello è frocio, e io non l'ho saputo finché ormai non era troppo tardi. Tardi per cosa non lo so, ma di certo è tardi. E io sono incazzato nero. "Scendi."
"Cosa?"
"Scendi, porca puttana!" Grido. "O oltre ad essere un maledetto frocio, hai anche perso l'udito?"
Bill fà come gli ho detto. Scivola giù dall'Escalade e chiude la portiera, quasi delicatamente. Non mi fermo a guardarlo perchè so che mi fermerei. So di avergli detto delle cose orrende, so che dovrei scusarmi, ma non voglio. E' il mio momento di ribellione.
Se sta male, sono contento.
Le cose, comunque, non migliorano nei mesi successivi. Bill sembra non essersela presa affatto per quello che gli ho detto e vuole a tutti i costi che accetti questa relazione. Credo che lo faccia perchè, in effetti, non è mai succeso che uno di noi due prendesse una decisione senza l'approvazione dell'altro. Quando voglio qualcosa chiedo sempre a Bill cosa ne pensa e, se a lui non sta bene, allora non sono più tanto sicuro di volerla.
Forse sono arrabbiato anche per questo: io non voglio che lui si faccia scopare da Bushido, eppure questo non gli impedisce di sparire ogni volta che può e passare giorni interi murato vivo in casa di quell'uomo. Vuole che io sia felice della sua scelta, lo vuole disperatamente, ma se io non lo sono non sembra aver comunque intenzione di rinunciare a Bushido.
Questo dovrebbe darmi un'idea di quanto ci tenga, naturalmente, ma è chiaro che in quel momento non me ne frega niente. Per me Bill sta solo facendo una grandissima stronzata e si ostina a non darmi retta per il solo gusto di farlo. E se pensa che cambierò idea, si sbaglia.
Le cose continuano ad andare sempre peggio, principalmente perchè io non voglio che migliorino. Non voglio che lo porti a casa. Non voglio che me ne parli. Non voglio vederli insieme. Più Bill prova a parlarmene, meno voglio starlo a sentire. E lo so che sto facendo gratuitamente lo stronzo ma mio fratello deve farsi perdonare ancora un mucchio di cose, prima fra tutte il fatto che David lo abbia saputo prima di me.
Questo non mi va giù. Bill è mio fratello, avrei dovuto saperlo per primo. Dentro di me sono ancora convinto che se lo avessi saputo prima, avrei potuto impedire questa catastrofe. Perchè è così che la vedo io: come un disastro naturale di proporzioni epiche. E mi sono anche convinto di come sono andate le cose: Bill è finalmente venuto a patti con la propria sessualità e Bushido se n'è approfittato. Lo ha blandito con due moine, lo ha fatto sentire il centro del mondo - e Dio solo sa se Bill è egocentrico - e gli ha fatto due o tre regali, solo per portarselo a letto, ovviamente. Magari si è anche vantato con quelli della sua crew.
Le donne nel mondo del rap non contano un cazzo (okay, Bill non è una donna ma è come se lo fosse perchè se mi viene a dire che è lui a farsi Bushido, allora ho un problema molto più grave), io lo so. Mia madre odia il rap per questo, dice che le donne vengono trattate come pezzi di carne. E ora quel pezzo di carne è mio fratello. E io dovrei lasciarglielo così, senza dire niente? Già immagino quando Bushido si stancherà di lui e lo scaricherà così come lo ha tirato sue e di mio fratello non rimarrà che un mucchietto di pezzi rotti sul pavimento.
Bill non va a letto con la gente se non s'innamora prima. Quindi adesso ho un fratello innamorato di uno che se lo scoperà finchè non gli sarà venuto a noia. E poi tanti saluti, torna da dove sei venuto. E poi toccherà a me rimetterlo insieme, e mi dirà che è stato un cretino, che avrebbe dovuto capirlo. E io non potrò dirgli sì, è vero, sei stato un cretino. Dovrò consolarlo e basta; tenermi per me i miei 'te l'avevo detto'.
E poi Bushido ha quasi 30 anni: è indecentemente troppo vecchio per Bill.
Non so neanche per quale motivo odiarlo di più: se perché mi ha deluso profondamente come idolo o perché per farlo ha usato mio fratello. Vorrei dirgliele tutte queste cose e Bill deve captare una volta di più il vorticoso roteare dei miei neuroni perché una mattina entra in camera mia e ha sulle labbra il sorriso tirato che esce sempre quando fra di noi c'è una tensione irrisolta e lui non sa come reagirò.
La sera prima abbiamo litigato selvaggiamente, con tanto di piatti e padelle che volavano da tutte le parti, finchè io non l'ho insultato come non avevo mai fatto prima. Come un bambino di otto anni mi sono attaccato alle cazzate e gli ho dato della troia, insinuando che con ogni probabilità se la fa un po' con tutti quelli della crew, non solo con Bushido.
Sono geloso del tempo che passa con quella gente, in posti in cui io non posso essere. Non so quello che fa, non so quello che gli succede e non voglio farmelo dire. E' una situazione di merda.
Lui a quell'affermazione si è morso soltanto un labbro e mi ha mormorato che lo sapevo che non era vero. E infatti lo so. Bill non lo farebbe mai. L'ho detto solo perchè sono incazzato. Mi sento in colpa per le parole che mi sono uscite di bocca ma non ho intenzione di cedere, nè di ritrattare.
Però, quando entra nella mia stanza e mi dice che vorrebbe che ci incontrassimo - io e Bushido -, che se ci parlassi capirei che sto sbagliando, alla fine cedo. Cedo perchè mi sento in colpa e perchè in fondo voglio proprio parlarci con questo pezzo di merda. Voglio chiudere questa storia e riprendermi mio fratello.
Secondo la mia logica, Bushido non ha alcuna ragione di esistere vicino a mio fratello perché è un uomo e perchè è Bushido. E se potrò, un giorno, venire a patti col fatto che sia un uomo, non potrò mai venire a patti col fatto che sia Bushido.
Dal momento che lui è il King of Kingz e io sono solo il gemello della sua stramaledetta fidanzata, devo incontrarlo a casa sua. La casa di Bushido è una specie di reggia color giallo limone e ovviamente non ci vive da solo. Dentro ci trovo tutta la crew - fino a qualche tempo fa incontrarli era un mio sogno, ora farei ben a meno di loro - e ci trovo mio fratello che fa la sua figura, in piedi dietro Bushido, come si addice alla donna del capo.
Questa cosa non inizia affatto bene.
Bushido è seduto su una poltrona di pelle e mi guarda, non sembra nè divertito nè incazzato. E' perfettamente a suo agio, e la cosa è irritante. Mi chiedo come ho fatto a voler comprare tutti i suoi cd. Rimpiango di essere stato a due sue concerti. Lo odio.
Bill semba nervoso, si sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poi mi fa cenno di sedermi su un'altra poltrona. Questo salotto sembra l'interno di una tenda araba. Alchè il fatto che Bushido sia mezzo tunisino acquista improvvisamente un senso. Ci sono cuscini ovunque, anche per terra, e un basso tavolino con sopra un narghilé. L'idea di mio fratello vestito da odalisca mi balena nel cervello e mi viene voglia di vomitare.
Si siede sul bracciolo della mia poltrona e mi sorride. "Grazie per esser venuto," sussurra.
Io non gli rispondo, intanto una cameriera entra e ci serve dei pasticcini e del té, credo.
Non che abbia voglia di mangiare. L'ospitalità è comunque notevole. Quindi mi arrabbio di più. Bushido si sporge e mi tende la mano: al polso ha un orologio che costa all'incirca come la mia auto; si vede che gli piace sfoggiare le sue cose. "Tom, è un piacere rivederti."
"Non posso dire altrettanto."
Vedo Bill irrigidirsi. "Tom," sibila.
Bushido alza una mano. "No, va bene. E' normale che ce l'abbia con me," esclama.
E riesce a farsi odiare in maniere che non credevo possibili. Sento una linea netta che separa me da tutti i presenti e all'improvviso credo che avrei dovuto portarmi dietro Gustav e Georg. E magari anche Andi. Mi piacerebbe far sentire Bill come mi sento ora io: messo da parte. Vorrei che provasse questo. Adesso ha gli uomini del suo uomo a spalleggiarlo, vorrei vederlo al mio posto. Vorrei ridere. "Serviti pure," mi indica il vassoio dal quale gli altri della crew stanno prendendo cibo senza problemi. Incontro lo sguardo di Eko Fresh che ha in bocca due pasticcini e ne tiene un terzo in mano. Mi guarda come un topo appena sorpreso a rubare del grano. Chakuza gli dà una di quelle pacche sulla schiena che penso gli abbia smontato i polmoni.
Tutto questo è assurdo. Io non dovrei essere qui. Bill non dovrebbe essere qui. E tutta questa gente dovrebbe essere su un palco a cantare. Invece mangiano i pasticcini tunisini.
Ad ogni modo, non m'interessa se Bushido mi offre da mangiare o fà il grand'uomo in casa sua. Non ho intenzione di farmi incantare. "Che intenzioni hai con Bill?"
"Tom!" Bill scatta isterico.
"Mi hai detto che dovevo parlarci, giusto? Bene. Allora voglio sapere questo," mi volto di nuovo verso Bushido. "Che cosa credi di fare con mio fratello?"
"Io amo Bill," mi dice lui, senza scomporsi di una virgola.
"E ti aspetti che io ci creda?"
Bushido scrolla le spalle. "No e neanche m'interessa," risponde. "Non ho nessun bisogno che tu mi approvi, Tom. Se ho accettato di discuterne è solo perché Bill ci teneva ma so già che qualunque cosa io ti dica, tu non sarai d'accordo."
"Hai la coda di paglia."
"No, ho 30 anni mentre tu ne hai 19, e so molte più cose di te." Mi guarda, forse per vedere come reagisco, ma io tengo duro. Alla fine sospira. "Senti lo so che ce l'hai con me perchè mi vedi come una minaccia, ma ti assicuro che non lo sono."
"Bill non è roba per te."
"Lascialo decidere a lui," replica.
Ci guardiamo a lungo, in silenzio. Con la coda dell'occhio vedo gli altri che sono rilassati quanto lui, con i loro pasticcini e il loro té, ma sono pronti a scattare ad un suo cenno. Vorrei menare le mani, non l'ho mai fatto in vita mia ma mi viene voglia di farlo adesso, solo che lui non me ne dà la possibilità. Rimane serio e controllato. Mi usa il tono da paternale.
"Tu vuoi bene a tuo fratello e vorresti proteggerlo. Lo capisco questo, ma non c'è niente al mondo che mi spingerebbe a fargli del male."
"Stronzate!" Esclamo, stringendo le mani a pugno. "Cosa succederà quando ti stancherai di lui?"
"Tomi, adesso basta!" Esclama Bill.
"Non lo farò," mi guarda dritto negli occhi. Ignoriamo entrambi Bill, come se non esistesse e una parte di me neanche troppo nascosta sa che questo significherà danno tra qualche minuto. Bill odia essere ignorato. "Puoi arrabbiati se vuoi, va bene, è un tuo diritto, ma non ti aspettare che le cose cambino semplicemente perchè sei venuto qui a battere i piedi. Tu non sei mai stato un ostacolo."
"Anis!" Grida Bill.
"Oh sarò un ostacolo eccome, stronzo," a quel punto sbotto perchè se qui c'è qualcuno che gli romperà le palle, e gliele romperà anche bene, quello sono io. Nessuno mi porta via mio fratello, nemmeno i miei che divorziano, figuriamoci un mezzo-tedesco saltato fuori da due stradine luride a cantare cazzate. E divento anche razzista, già che ci siamo. "Scommettiamo che le dichiarazioni che hai fatto sono passabili legalmente?"
Mi alzo, si alzano tutti. Bushido no, però.
"Avanti fà pure," mi dice.
"Adesso basta!" Bill esplode e usa tutta la voce che possiede, ed è tanta. Ci guarda entrambi, e ha lo sguardo di nostra madre quando è veramente molto arrabbiata. "Tom, non ho bisogno che tu mi difenda, davvero, soprattutto quando non sono minacciato. Ti ho chiamato per ascoltare non per offendere. E Anis-"
Bushido lo anticipa. "Bill ha ragione. Non ci siamo comportati da persone civili. Tom, vogliamo ricominciare da capo?"
Cala il silenzio e la crew è un po' vagamente allibita. Credo che Bill non abbia mai urlato da quando è qui. Non di fronte a loro, le loro facce mi dicono questo e anche altro. Questi qui non hanno idea di che vipera diventi mio fratello quando vuole, altro che geisha servizievole.
Bill mi guarda così male che mi viene praticamente naturale non provarci nemmeno ad essere conciliante. "No, non vogliamo," rispondo. "E ora che ho fatto i conti, so che potrei denunciarti per molestie sessuali ai danni di minore, stupro, plagio mentale. La lista è molto lunga," pausa. Lo guardo negli occhi e perdo definitivamente la testa. "Pedofilo di merda."
A quel punto c'è una stasi. A ripensarci ora è una roba da film ed è divertente, in quel preciso momento lo è un po' meno. Solo che non ci penso perchè comincio a dubitare di me stesso, soprattutto, comincio a credere che forse anche questo gruppo di mangiatori di pasticcini tunisini potrebbe effettivamente essere pericoloso. Si ferma il tempo, quindi, e anche il vento. L'aria. Il respiro di mio fratello.
Bushido mi lancia uno sguardo che non riesco a decifrare. "Toglietemelo da davanti," esclama. Quindi si solleva dal divano e, con la coda dell'occhio, vedo Chakuza fare altrettanto. Lui solo. Bushido prende mio fratello per un fianco e se lo tira dietro. Incrocio il suo sguardo e vedo che abbassa gli occhi. Bill, che cazzo...
Solo qualche mese fa, mio fratello e io ci spalleggiavamo a vicenda. Ora arriva Bushido, gli fa conoscere le gioie del sesso, e mio fratello non vede altro. Sono qui per cercare di farlo rinsavire e quello nemmeno ha le palle di guardarmi mentre stanno per massacrarmi.
In realtà non mi massacrano, Chaku mi tira solo una sberla sulla nuca e mi spinge in avanti con quella. "Fidati, è meglio se la chiudi qui, per oggi," mi dice, con quella voce roca.
Mi butta praticamente fuori di casa e io, come un cretino, rimango sulla porta di quell'orrenda casa gialla per almeno due ore. Spero che mio fratello esca e mi raggiunga. Ogni minuto che passa fisso sempre di più lo sguardo su quella porta, neanche potessi aprirla col pensiero. Cazzo, è la dentro. Ha lasciato che mi buttassero fuori. Vaffanculo. E' rimasto lì. Bill è là dentro con quell'uomo, a fare chissà cosa. Uno che lo tratta come se fosse roba sua. "BILL, VAFFANCULO!" Lo urlo forte, senza rendermene conto. Mi spavento da solo con la mia voce.
La cosa si chiude lì, per un po'. Sono così arrabbiato e geloso e deluso e mille altre cose che non mi va di parlare con Bill. In realtà mi va, ormai mi capita così raramente di vederlo - lavoro a parte - che quando rimane in albergo con noi invece di raggiungere Bushido, vorrei sommergerlo di parole e raccontargli tutto, però non lo faccio. Non lo faccio perchè ho un orgoglio e non lo faccio perchè so che ci sta malissimo. Bill odia non potermi parlare. Lo vedo che ci prova di continuo ma io faccio in modo che le mie risposte siano sempre più scostanti. Ormai un po' ci provo gusto a vederlo abbassare gli occhi tristi. Ti sta bene.
Ti sta bene un paio di palle, mi manca da matti.
Quando esce a volte lo seguo finchè non lo vedo entrare in qualche albergo o in qualche discoteca e allora lì mi fermo, davanti all'entrata. Quando si danno appuntamento in un locale, non è mai Bushido ad aspettarlo. Bill dice il suo nome al buttafuori, quello controlla sulla lista e poi, puntualmente, Chakuza esce e se lo viene a prendere. Questa cosa mi fa girare le palle, lo tratta come una fottuta groupie. E lui che gli va dietro come un cagnolino.
Quando esce lo fa dopo ore. A volte non esce nemmeno e io dormo in macchina. David dà di matto quando torno perchè sono impresentabile. Scusa se non me ne frega niente di come mi stanno i capelli quando mio fratello ha palesemente perso la testa e nessuno sembra rendersene conto.
Una di queste sere, comunque, quando arrivo di fronte all'ennesimo locale sono già troppo ubriaco per rendermi conto che non ha senso raggiungere l'entrata del locale e farmi ridare Bill. Non ha senso perchè Bill ci và di sua spontanea volontà là dentro, e non ha senso perchè io sono solo e loro sono parecchi di più. Quella sera mio fratello non lo vedo nemmeno dipinto, non vedo neanche Bushido però. Quando torno a casa ho un occhio viola, ma so per certo che anche un paio di loro ne ha una copia identica. E qualche graffio, forse.
La telefonata che temo da quando mio fratello si è messo con Bushido arriva alle due di notte di quasi sei mesi dopo, in uno di quei momenti in cui sono pacificamente adormentato e il problema di Bill non è più tale. Ci siamo visti oggi ed era così bello e felice che per un po' mi sono dimenticato che è fidanzato col capo dell'Ersguterjunge e che è così innamorato che si respira già aria di convivenza. Quando il telefono squilla, io sono stranamente in pace con il mondo.
Poi arriva la voce spezzata di mio fratello, e mi prende il panico.
"Bill?"
Solo fottuti singhiozzi.
"Bill che succede? Stai bene?"
"E' morto," mormora. "Tomi, è morto."
"Chi? Bill che cosa stai dicendo?" Mi alzo dal letto, portandomi dietro il cellulare. Cerco a tentoni la luce sul comodino e cerco di capirci qualcosa.
"Anis..." e quel nome è appena un sussurro. Bill lo dice piano piano, e mi sembra quasi di vederlo - ranicchiato come poi lo troverò dopo - che mormora quelle quattro lettere come se a dirle troppo forte si avverasse qualcosa. "E' morto. Dio, è morto ed è qui. Me lo porteranno via, Tomi..."
Mi vesto mentre lo sento scoppiare in lacrime, i suoi singhiozzi sono rochi e violenti, e mi si spezza il cuore. "Adesso, ascoltami," cerco di superare il sibilo del suo respiro. "Dimmi dove sei."
"E' morto, Tomi."
"Bill, dimmi dove sei."
"A casa."
Non sento altro, sono già in macchina. Guido come un pazzo, infilo un rosso dopo l'altro e rischio quasi di ammazzarmi ad un incrocio ma non me ne frega niente. Voglio essere lì prima che arrivino i medici perchè non sapranno come trattarlo. Devo essere lì quando caricheranno Bushido sull'ambulanza. Devo essere lì e prendere Bill al volo quando cadrà. Parcheggio sotto casa quando anche i medici lo stanno facendo. Salgo con loro, appena dietro l'ultimo ma sono io ad aprire loro la porta. Chi è lei? Sono il fratello. Non gli serve altro, non importa al momento.
Quando raggiungo la stanza da letto, per un attimo non vedo assolutamente niente. Voglio dire, il letto, il pavimento, la finestra, è tutto lì ma non ha senso. Il vetro è rotto, il parquet, le coperte, tutto quanto è coperto di sangue. "Bill!"
Bill non alza lo sguardo. E' ranicchiato in posizione fetale contro il fianco di Bushido che è disteso sul letto, le gambe e le braccia che pendono. Ha lo sguardo rivolto al soffitto. I medici sciamano alle mie spalle, mi spostano senza guardarmi due volte e si avventano sull'uomo che è così assurdamente immobile in mezzo alla frenesia di questa stanza.
"Si sposti, per favore," dice uno dei paramedici.
Bill risponde: "No," poi guarda la donna che gli ha appena parlato e aggiunge, "Non portatelo via."
I medici non lo ascoltano, sono in due e si sistemano accanto al corpo. Bill cerca di mettersi in mezzo perchè continuano ad allontanarlo, così lo abbraccio. "Vieni via," gli mormoro premendogli il naso contro una guancia. "Bill, ci sono qua io."
"No," ansima. Non sembra sicuro di quello che dice, sembra che non sappia nemmeno dove si trovi e il mio cuore si spezza ancora un po'. "No..."
Lo tiro via, lui guarda solo Bushido che appare e scompare dietro ai medici che si muovono intorno a lui. "NO!" E' un grido rauco e violento, i medici non si voltano neanche. La freddezza con la quale ignorano il suo dolore fa male anche a me. So che devono farlo, che non avrebbe senso per loro girarsi ora. Che Bill deve strillare e loro devono ignorarlo, ma quando si piega in due contro il mio braccio che lo regge e scoppia di nuovo a piangere, li odio perchè non stanno facendo niente, perchè Bushido è morto e Bill sta male; e io non posso impedire che succeda. Bill si lascia andare in terra, sono costretto ad andargli dietro. Lo costringo a voltare la testa e lo schiaccio contro il mio petto. Fa resistenza ma poi rinuncia e mi si preme contro. "Tomi..."
Io continuo a guardare. Cerco di capire perchè gli girano ancora intorno, perchè provano e tentano e provano ancora. Il respiro è lievissimo, ma c'è. Lo sento dire ad uno dei medici, ma è solo un sussurro. Un sussurro soltanto. Non lo dicono a Bill. Io non glielo dico, perchè Bushido non sembra respirare. L'aria che esce dalle sue labbra è così poca che è come se non ci fosse. Non c'è. E' meglio che Bill non lo sappia. Soltanto dopo David mi dirà che Bushido è morto in ambulanza mentre lo portavano all'ospedale, che il più debole dei respiri c'era ancora quando sono arrivato io.
Io e Bill siamo seduti in terra, lui fra le mie braccia, e io gli accarezzo i capelli e penso che Bushido abbia aspettato che arrivassi. Non voleva lasciarlo solo.

*

Le lacrime di mio fratello non si sono ancora asciugate – nel senso che la traccia c’è ancora, la vedo distintamente che spicca appena un po’ più scura sulla sua pelle arrossata – quando mettiamo piede nell’appartamento di Bushido. La casa è enorme esattamente come l’ultima volta che ci sono stato, ma solo oggi riesco a comprenderne veramente le dimensioni. Quando ci sono stato io era pieno di rapper e pasticcini. Oggi è vuota, ci siamo solo io e Bill e l’eco di tanti di quei ricordi che non riesco a ignorarli nemmeno io, anche se mi danno il voltastomaco e mi fanno un male cane.
Non riesce ad ignorarli neppure mio fratello, però. E per lui è peggio, quindi sto zitto. Sto zitto tutto: non parlo e non penso neanche.
Malgrado tutto, comunque, Bill si muove con disinvoltura. È chiaro che non ci vede – perché a piangere così non vedi a un palmo dal tuo naso – ma non sbatte contro niente, va dritto per la sua strada con una sicurezza invidiabile. Lo guidano i piedi. Lo guidano i ricordi. Forse, qua dentro, c’è ancora qualcosa di Bushido. Ed è quello che lo guida.
- Tomi… - mi chiama debolmente, ed io stringo lo zaino nero fra le mani e gli vado dietro deglutendo appena, mentre mi guardo intorno, terribilmente a disagio. Non abbiamo nemmeno acceso le luci perché tanto Bill non ne ha bisogno ed io seguo lui, e non mi serve vederlo, per farlo.
Bill apre una porta e si ferma sulla soglia. Lo vedo che trattiene il respiro. Ho paura che possa soffocare perciò tiro giù un respiro tale che spero valga per due, e l’errore è quello perché il loro odore, qui dentro, è fortissimo. C’è il profumo di Bill, su tutto, e c’è la colonia di Bushido che lo segue e lo completa e si intreccia senza creare nessun fastidio.
Mio fratello è immobile e non respira, io respiro per due e ho gli occhi pieni di lacrime.
Distrattamente, penso che ogni volta che abbraccio mio fratello i nostri profumi si intrecciano allo stesso modo. E capisco perché mio fratello non vuole respirare. Perché l’amore è anche questo, profumi che s’intrecciano. Anche io ho desiderato smettere di respirare l’odore di Bill, quando lui si è allontanato da me. È per questo che Bill adesso non vuole più respirare l’odore di Bushido.
Gli poso una mano sulla spalla e lui lascia andare un singhiozzo che spezza l’incantesimo. Se non l’avessi toccato, penso che avrebbe potuto continuare a non respirare per sempre. Ma si sgonfia tutto, appena lo sfioro, e lui è già così piccolo che quasi scompare, perciò per non annullarsi del tutto alla fine a respirare è costretto per forza, e lo fa.
- Sì. – annuisce, come a rassicurarmi, - Di qua. – e mi porta verso una cassettiera che non è né grande né piccola ma non c’entra assolutamente niente con l’arredamento minimale della camera da letto. Il legno è più chiaro e un po’ rovinato e ci sono dei decori floreali che stonano eccome con il legno liscissimo e scuro del letto dallo scheletro quasi invisibile e i comodini sottilissimi. David – che è l’unica persona io conosca con un minimo di gusto, in generale – non sarebbe d’accordo con una scelta stilistica simile. Mi chiedo cosa ci faccia un mobile del genere in questa stanza, e Bill indovina la mia domanda e sorride appena, sfiorando lievemente la superficie un po’ ruvida e impolverata del ripiano colmo di portagioie che, in effetti, c’entrano poco pure loro. – È di sua madre. – illustra intenerito, - C’è un po’ di roba di sua madre sparsa per casa.
Annuisco, anche se non so bene a cosa. Non mi sento a mio agio perché non c’entro niente con questa casa e con questo buio e con queste serrande abbassate, né tantomeno con questa cassettiera ed i suoi portagioie. Bill mi sta aprendo davanti un mondo che non volevo conoscere – che non dovrei affatto conoscere.
Apre un cassetto e passa una mano fra le magliette ordinatamente piegate una sull’altra. Ne viene fuori un buon profumo di cotone appena lavato, e sono quasi sicuro che là dentro ci sia pure una di quelle bustine di granelli che tengono lontane le tarme. Non mi stupisce, la cassettiera sembra vecchia. È lavanda, ecco. È un buon profumo.
Bill tira fuori una maglietta dopo l’altra ed io apro lo zaino e tendo le braccia, tenendolo fermo davanti a lui. Mio fratello scuote il capo. No, queste non le porta via. Queste vuole tenerle un po’ fra le dita e basta.
Ogni maglietta si prende un pezzo di ripiano – Bill le drappeggia con cura sui portagioie così sembrano un po’ gonfie, così c’è dentro qualcosa che somigli a un po’ di vita – e quando lo spazio finisce Bill impila le nuove magliette sulle vecchie. E ci sono miriadi di disegni e colori che io ho visto solo ai concerti e nelle apparizioni pubbliche, ma che per Bill hanno un sapore e un significato tutto diverso.
Non fa niente di melodrammatico, mio fratello. Non schiaccia il viso contro il tessuto e non piange fino a sputare i polmoni. Sta lì a guarda le magliette. Il profumo arriva lo stesso e le lacrime scendono lo stesso, ma non c’è bisogno di esibire niente. Il dolore è già abbastanza vivo così.
- Cosa vuoi prendere…? – chiedo un po’ timoroso, poco dopo.
- Non lo so ancora con certezza. – confessa in una breve risatina che è un singhiozzo mascherato. Chiude il primo cassetto ma non posa le magliette, ed apre il secondo. Io mi giro mentre tutto il resto della biancheria di Bushido viene prelevato e riposto meticolosamente sul legno chiaro del mobile. Mio fratello guarda tutto con una sorta di soddisfazione e vorrei dirgli che sono solo vestiti, ma dubito servirebbe a qualcosa, com’è sempre servito poco in genere qualsiasi cosa gli abbia detto a proposito dell’uomo che amava.
Dell’uomo che amava, Dio. Quanto tardi l’ho capito? Quanti sorrisi di Bill mi sono perso? Ed ora mi ritrovo solo con le sue lacrime.
Quando torno a guardarlo, sulla cassettiera non c’è più niente. In compenso, ogni capo d’abbigliamento è stato spostato sul letto. Il letto è grande e li contiene tutti meglio, perciò non c’è niente che si accavalli su nient’altro e Bill può guardare tutto in un’unica volta, godendosi lo spettacolo. Si morde un labbro e quasi sicuramente si sta chiedendo perché non può portare via qualcosa. E si sta anche rispondendo che non gli servirebbero a niente, perché lui il suo amore non lo vuole nascondere, no, vuole sfoggiarlo. E vestiti simili non potrebbe indossarli comunque. Ecco perché a un certo punto lo vedo voltarsi nuovamente verso la cassettiera e scoperchiare un portagioie in legno nero, per scoprirne i tesori.
Stringo lo zaino fra le mani e mi chiedo se ci metteremo dentro qualcosa. Bill infila le mani fra i gioielli e ne tira fuori un bracciale di brillanti che luccica anche al buio. Se le pietre fossero solo un po’ più grandi ci si potrebbe specchiare dentro, e invece sono piccole e piuttosto discrete. È un gioiello piuttosto femminile. Mi chiedo se ce l’abbia lasciato Bill. Dall’ansia con la quale Bill lo stringe fra le dita e poi lo lega al polso, però, intuisco piuttosto facilmente che no, non è suo. Bill non tratta i suoi gioielli con quest’urgenza, perché sono la sua normalità. Il bracciale è di Bushido.
Fruga ancora un po’, mentre io ripiego lo zaino desolatamente vuoto sul braccio.
L’indice di Bill riemerge addobbato da un piccolo cerchietto opaco che intuisco appena nel buio.
- Cos’è? – chiedo curioso, e sul viso di Bill si apre un sorriso che è il primo sincero e pieno che gli vedo fare da quando… da mesi.
- Sapevo che l’avrei trovata… - commenta trasognato, rimirandola da ogni angolo, - È la sua fede.
- La fede…? – per un attimo, mi attraversa la mente un pensiero completamente idiota: si sono sposati? Vedo Las Vegas e costumi ridicoli, un finto prete drogato di caffè che si regge in piedi per forza di volontà mentre loro, completamente ubriachi alle cinque del mattino, si scambiano una promessa che vale molto più di quanto non stiano dicendo. Vorrei quasi dirlo a Bill, magari riderebbe. Lui non me ne dà il tempo, comunque.
- È stato sposato, in passato. – rivela tranquillo, - Non era facile che si decidesse a parlarne.
Faccio una smorfia.
- E tu ti metti addosso un anello che prova che un tempo era di qualcun altro?
Bill sorride.
- Non capisci. – dice, - È la parte di lui che non dava a nessuno, invece. L’ha data solo a me. – ed infila l’anello all’anulare sinistro. Adesso capisco, comunque, perciò annuisco compitamente.
A questo punto, però, mi sento inutile. Oltre a fare da pubblico mentre mio fratello si riappropria di ciò che di Bushido gli è sempre appartenuto – e che non poteva prendere perché, finché Bushido era in vita, non ne aveva bisogno – io ed il mio zaino vuoto non serviamo assolutamente a niente. Siamo fuori posto e fuori fase e fuori tutto.
- Questo…? – chiedo, sollevando lo zaino all’altezza del viso.
- Sì, qui ho finito. – annuisce Bill, e si avvia verso il letto. Sfila le federe dai cuscini e me le passa. – Queste. – dice spiccio, mentre volteggia veloce dal letto alla cassettiera per riporre i vestiti. Spoglia il materasso dalle lenzuola. – Anche queste. – io metto tutto dentro senza una parola, appallottolando ogni cosa. Mio fratello si sposta ed apre il cassetto del comodino a destra. Mi passa un orologio. – Il tempo. – dice piano. Un pacchetto di preservativi ed una confezione di lubrificante. – Questi. – ed arrossisce. Io non chiedo e non abbasso lo sguardo, non posso. Un pacchetto di sigarette quasi vuoto. – Questo. – si alza, fa il giro, apre l’altro cassetto.
Una pistola.
- La Heckler.
Deglutisco. La nascondo fra le lenzuola.
Bill sospira e si guarda intorno, le mani sui fianchi, un cipiglio critico ad aggrottare le sopracciglia.
- Ho fatto un disastro… - commenta fissando le magliette gettate alla rinfusa nel primo cassetto, assieme ad altra biancheria che in realtà stava nel secondo. – Tu sei più bravo a riordinare.
- …anche tu sai piegare le magliette. – borbotto.
Lui annuisce.
- Non voglio. – singhiozza poi. – È pieno lo zaino?
Non c’entrerebbe altro neanche volendo.
- Sì.
- Andiamo?
- Sì.
Quando Bill si chiude la porta alle spalle il profumo scompare e mi sembra un po’ di riuscire a riappropriarmi dello spazio e del tempo. Della giusta dimensione, insomma. In quella stanza l’aria non era viva, era ghiacciata in un passato in cui viva era stata.
La casa è ancora avvolta nell’oscurità. Le serrande sono abbassate e le tende tirate. La poca luce che filtra si perde inevitabilmente prima di poter essere in qualche modo utile. Brancolo nel buio ed anche mio fratello, ora che ha perso il motivo per stare qui, non sembra stare molto meglio.
Stiamo qui immobili a non capire cosa fare di noi stessi almeno fino a quando non gira una chiave nella toppa della porta d’ingresso. Bill si volta a guardarla con uno scatto isterico e la luce nei suoi occhi parla di un’intimità violata troppo presto e del tutto impunemente.
La porta si spalanca su cinque uomini che parlano animatamente fra loro. Litigano, direi. La luce si accende e l’espressione di Bill si addolcisce solo quando, fra i presenti, riconosce Chakuza. L’espressione di Bill si addolcisce perché negli occhi di quell’uomo ritrova un po’ dell’intimità di cui gli altri quattro non fanno parte – come potessi dimenticare il modo in cui Bill l’ha abbracciato quando è arrivato all’ospedale. Come potessi dimenticare il modo in cui gli si è attaccato al collo, ai vestiti, al petto, alla vita, per non cadere. Io ero lì per tenerlo e Bill si attaccava… a uno sconosciuto. Come potessi dimenticarlo.
Abbasso lo sguardo e mi mordo un labbro. Bill fissa i cinque. Chakuza solleva gli occhi mentre sta dando del coglione ad Eko Fresh. E strilla “Cristo!”, tirandosi indietro spaventato.
Bill lascia andare un sorriso timido un po’ sperduto. Io lo guardo solo per un attimo e poi mi concentro sui nuovi arrivati. Saad fissa mio fratello come fosse un prodotto di scarto di un’operazione necessaria. L’operazione necessaria era Bushido. Finché c’era Bushido, si teneva anche lo scarto. Adesso quei suoi occhi così spaventosamente verdi stanno dicendo che non c’è proprio più nessun motivo di tenere le scorie. Qualcosa di simile vedo riflessa negli occhi di Nyze, mentre in quelli di Eko Fresh c’è solo una leggera ansia ed in quelli di Kay One un’incredulità un po’ confusa.
Chakuza è solo stupito. E intenerito, credo.
- Bill… - sussurra incerto, abbozzando un sorriso, - Mi hai spaventato! Che… che ci fai qui?
Mio fratello sorride ancora e si stringe nelle spalle. Io mi stringo contro lo zaino come se fosse una cosa mia, perché ho paura che se lo portino via. E se Bill non potrà avere queste cose nel suo letto, stasera, me ne farò una colpa finché vivrò.
- Sono venuto a… prendere delle cose che avevo lasciato. – spiega mio fratello, senza perdere la calma, - Immaginavo che sareste venuti a ripulire, non volevo portaste via per sbaglio anche qualcosa di mio.
Chakuza annuisce comprensivo e Saad avanza nell’ingresso borbottando che, ora che ha preso tutto, può anche andare. Bill lo vede muoversi deciso verso il corridoio e gli saetta negli occhi la consapevolezza che, se entrerà in camera di Bushido, capirà che ha rovistato fra le sue cose.
La pistola, penso come in loop, oddio, la pistola.
- Dovrebbe esserci ancora un po’ di birra, in frigo. – dice Bill all’improvviso, facendosi avanti con un coraggio tutto nuovo, - Vi va di bere qualcosa?
Saad rotea gli occhi.
- Come se mi andasse di bere con te!
- Saad! – lo riprende Chakuza. Teoricamente sta un gradino più in basso di lui, ma credo questi siano i momenti in cui l’età conta di più. Sai meglio cosa fare. Smussi gli angoli. Penso con un po’ di tenerezza a Bushido che è morto a trent’anni e gli angoli li smussava benissimo, tanto che fra un angolo e l’altro è riuscito a far passare pure mio fratello. Che sarà pure sottile, ma resta ingombrante comunque.
Il libanese ringhia qualcosa di indistinto, ed Eko gli va vicino.
- Coraggio, Atze, è solo una bevuta.
Bill non perde quel cipiglio serio e fiero neanche per un secondo.
Mio fratello si muove fra il salotto e la cucina con la disinvoltura del padrone di casa. Mi fermo a riflettere sul fatto che questo pavimento gliel’ha insegnato Bushido, metro dopo metro. Bill se n’è appropriato un passo dopo l’altro, nel modo più naturale possibile. Questa è anche un po’ casa sua. La sta lasciando con uno zaino pieno di odori e simboli. Una fede non sua al dito e una pistola nascosta che vale molto molto molto più di una promessa di matrimonio.
A me dispiace un po’ non esserci stato mentre il suo amore si consumava. Sono qui mentre consuma il suo lutto, comunque. Non è la stessa cosa, ma ci sono. Ci sono e Bill lo sa. Per me è okay.
Scivoliamo fuori dall’appartamento mezz’ora e cinque bottiglie di birra dopo. I cinque cavalieri di Bushido stanno sul divano e non sanno davvero da che parte girarsi. Bill aveva un obiettivo semplice, loro devono passare al setaccio una quantità oscena di metri quadri di casa. E ciò che cercano, probabilmente, neanche lo troveranno. Perché viene via con noi. E quando loro se ne accorgeranno, noi saremo già al sicuro a casa.
Ci dormirà, con quella pistola sotto il cuscino, mio fratello. Così potrà difendersi e un pezzo di Bushido gli resterà sempre addosso. Sotto la testa. Ancorato al dito. Legato al polso. Dentro e tutto intorno a lui.
Sono quasi orgoglioso del mio cucciolo. S’era scelto un brav’uomo, in fondo.
*
Quando squilla il telefono, nel dopocena stanco e nervoso che precede la notte di sonno che, domani, ci condurrà a TRL – non solo Bill, anche io. Suppongo vogliano qualcuno di molto scenografico per reggergli la mano, ed io rispondo in pieno a tutti i requisiti. Sono scenografico e gli reggo la mano con un qualche perché. – la prima cosa che penso è che non ho fatto in tempo a finire di essere geloso di un uomo che posso subito cominciare ad essere geloso di un altro.
So che Chakuza non ha intenzioni di questo tipo, con mio fratello, ma Bill… Bill non ha nessuna voglia di allontanarsi dal mondo di Bushido, e sospetto sarebbe in grado di attaccarsi a qualsiasi cosa, pur di non cedere. È per questo che ci sono notti in cui ho semplicemente smesso di aspettarlo. Quando va male – ma proprio male – lui va da Chakuza.
- Pronto? – rispondo svogliatamente, andandomi a trincerare in camera mentre Bill, che fino a due secondi fa stava guardando The Notebook spiaccicato contro la mia spalla, frana sul divano con un mugolio di disapprovazione. “Tomi…?”, mi chiama. “Torno subito”, rispondo. Dall’altro lato della cornetta, la voce roca di Chakuza si esprime in una risata quasi dolce.
- Sta bene? – mi chiede curioso.
- Non è una brutta serata. – rispondo io, chiudendomi la porta alle spalle. – Forse è anche un po’ emozionato.
- Capisco. – annuisce, ma c’è una nota di nervosismo, nella sua voce, che inquieta anche me.
- Hai chiamato per un motivo specifico, - chiedo sbrigativamente, - o volevi solo fare conversazione? No, perché in questo caso hai sbagliato gemello.
- Potresti smettere un istante di stare sulla difensiva? – protesta lui, quasi annoiato, - Vengo in pace, sai?
Io sbuffo come un bambino viziato e mi viene un po’ da ridere perché io e Bill siamo davvero – ma davvero – gemelli.
- Va bene, smetto di ringhiare. – concedo, - Quindi, parliamo del tempo o…?
- Parliamo della trasmissione di domani. – mi informa lui, atono e pure un po’ offeso, come se fossi io il cretino colpevole di non averlo capito subito. – Bill può sentirmi?
Dovrei cominciare a preoccuparmi, immagino.
- …no, ma… che problema c’è per domani?
Chakuza tira fuori un sospirone paziente. Io comincio ragionevolmente ad irritarmi.
E poi la butta lì.
- Sarò sincero con te, Tom. – ma anche no, vorrei dire. Solo che sarebbe troppo da irresponsabile perfino per uno come me. – Dal momento che non è stato Fler ad ammazzare Bushido, non abbiamo più il controllo della situazione. Non sappiamo chi sia stato né perché.
Trattengo il fiato.
- Che… - annaspo confusamente, - che mi sono perso? Non dicevate che la polizia l’aveva lasciato andare per mancanza di prove ma che eravate certi… voi eravate certi!
- Sì, lo so. – concede lui con la stessa pazienza di prima. Dovrei ringraziarlo per questo, immagino. – Adesso però siamo certi che non sia stato lui, e questo significa che sono cambiate le carte in tavola. Chiunque abbia premuto il grilletto quella notte, potrebbe avere un altro movente. – si interrompe un secondo, come aspettasse di lasciarmi digerire tutte le informazioni. - …o un altro obiettivo. Quella a TRL sarà la prima uscita pubblica di Bill, e… insomma. – conclude quindi con un mezzo sospiro.
Bill. Bill. Il pensiero mi esplode nel cervello all’improvviso e mi devasta. Mi devasta, Cristo. Bill. Il mio fratellino. Bill.
- La security, abbiamo… - ansimo, agitato, - noi siamo protetti e… - mi fermo. Chakuza non avrebbe chiamato, se avesse ritenuto la security abbastanza per proteggere Bill. - …cosa pensi di fare?
- Crediamo che i momenti più pericolosi saranno all’entrata e all’uscita degli studi. – espone lui, freddo come un generale, - All’interno non può arrivare nessuno, senza autorizzazione, ma in mezzo alla folla è tutto molto più semplice. – fa pause strategiche all’interno del discorso, perché sa che io con tutta questa roba non c’entro davvero niente. Avevo un bel coraggio a fare la voce grossa con Bill parlando di dinamiche di crew e di cose che ero certo lui non sarebbe mai riuscito a capire, ma io? Ero davvero diverso da lui? Mi sembra che Chakuza stia parlando di cose assurde, eppure la paura che provo è reale. È reale perché Bushido c’è morto davvero, per queste cose assurde. – La security terrà indietro la gente. – riprende, - ma non si aspetta davvero un attacco violento. Dovremo fargli muro intorno, renderlo un bersaglio meno isolato. Chiunque voglia colpirlo, dovrà prima incontrare noi.
Io. Non so. Che dire.
- S… sì. – tiro fuori a fatica, - Okay, io che devo fare? – cerco di prendere coraggio così, dandomi un perché, un motivo di esistere in mezzo a tutto questo casino, perché non ci sto a guardare mio fratello che va via, non di nuovo, non sul serio, non così. – Chaku, che devo fare?
- Tu devi scortarlo all’entrata. – risponde lui, un po’ meno freddo di prima. – E sarai da solo, perché noi non possiamo arrivare con te.
Mi sento come quando, da piccolo, Bill aveva la febbre e mamma doveva badare ai bambini degli altri per tirar su qualche soldo. Doveva badare ai bambini degli altri e non poteva davvero badare anche ai propri, perciò, tenerissima com’è sempre stata, mi tirava da parte e mi diceva “Tom, tu sei il fratello maggiore, devi prenderti cura di Bill. Devi fare in modo che stia bene e non gli accada niente, mentre io sono impegnata. Okay?”. Ed io mi facevo grande e gonfiavo il petto perché allora combattevo contro una febbre ed un broncio triste e sapevo di poterli gestire tranquillamente con un abbraccio e qualche caramella. Adesso sto combattendo contro qualcosa di molto più grande e non è cambiato niente: sono il fratello maggiore e devo gestirlo per forza.
- Va bene. – dico con sicurezza, annuendo al mio riflesso spaurito che mi fissa dallo specchio sulla parete di fronte, - Me ne occuperò io. Non ci saranno problemi. – sospiro perché adesso che l’ho detto sto meglio. Mi sento svuotato. Ma quando ti senti svuotato va bene, è un’occasione per riempirti di nuovo. Io devo diventare tutto coraggio. Per Bill. Posso farlo. – Chakuza, ma voi chi? – chiedo alla fine, più che altro per capire esattamente con quali dei cavalieri di Sua Maestà dovrò avere a che fare domani.
Lui fa una pausa, ma stavolta non è una pausa per me. È per se stesso. Come stesse cercando di fare mente locale.
- …io e Fler. – risponde alla fine.
- Fler! – strillo io, agitando il braccio non impegnato e reggere il telefono, - Chakuza, se per caso ‘sto stronzo è veramente quello che ha ammazzato Bushido e si sta infiltrando per far fuori anche mio fratello, e tu ci stai cascando come una pera, giuro che di te non rimarranno neanche le ossa! – vorrei anche capire cosa sto dicendo. Penso di essere arrabbiato e basta, perciò sparo cavolate. Io devo fidarmi del Chaku di Bill. Devo farlo per forza, non posso sbagliare di nuovo.
Chakuza ride, giustamente. Io non rido con lui solo per imbarazzo.
- Molto intimidatorio, davvero. – mi prende in giro, anche se non riesco a sentirmi offeso, - Ad ogni modo, Fler è uno dei nostri, adesso. Garantisco io per lui.
Sospiro e roteo gli occhi.
- Ah, be’, se garantisci tu… - Bill mi chiama dal salotto. “Tomi!” pigola con quella sua vocetta estenuata. Credo che il film sia finito, per carità, quando finisce The Notebook Bill non è felice se non mi scarica addosso almeno due ore di lacrime. – Senti, devo andare… - avviso Chakuza dall’altro lato della cornetta, - Un’ultima curiosità: come diavolo hai avuto il mio numero?!
- Uh? – sembra stupito, - L’ho chiesto al vostro manager, naturalmente. – spiega in breve, - Che ti aspettavi?
Eh, non lo so che mi aspettavo. Dovresti dirmelo tu cosa aspettarmi, Peter Pangerl detto Chakuza.
Peter Pangerl, poi. Che razza di nome è per un gangsta rapper?
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