Genere: Introspettivo, Triste.
Pairing: Bill/Bushido.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Angst, Slash.
- Bill sta sotto la pioggia. Il perché ce lo spiega Bushido. Più o meno.
Note: Dunque… questa storia è nata in maniera assolutamente vaga, così, out of the blue. Stavo ascoltando Auf Der Suche di Bushido e Baba Saad, e questa canzone si apre con un paio di versi campionati da un’altra canzone, Foolish Games di Jewel… che poi è quella che dà il titolo alla fic. Ed i due versi sono appunto quelli che la aprono. Ed attorno alla quale gira tutta la storia che storia non è. Perché questa non è una storia. *piange*
Spero comunque che possa esservi piaciuta XD
PS: Il Flershido è canon. Punto. *muore*
Pairing: Bill/Bushido.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Angst, Slash.
- Bill sta sotto la pioggia. Il perché ce lo spiega Bushido. Più o meno.
Note: Dunque… questa storia è nata in maniera assolutamente vaga, così, out of the blue. Stavo ascoltando Auf Der Suche di Bushido e Baba Saad, e questa canzone si apre con un paio di versi campionati da un’altra canzone, Foolish Games di Jewel… che poi è quella che dà il titolo alla fic. Ed i due versi sono appunto quelli che la aprono. Ed attorno alla quale gira tutta la storia che storia non è. Perché questa non è una storia. *piange*
Spero comunque che possa esservi piaciuta XD
PS: Il Flershido è canon. Punto. *muore*
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
FOOLISH GAMES
You took your coat off and stood in the rain
You were always crazy like that.
You were always crazy like that.
Sta piovendo così tanto che quasi non si riesce a distinguere niente, oltre le finestre. Si vede la notte – la notte non puoi evitare di vederla, perché è enorme e nera e circonda tutto – si vede la forma di qualche albero che macchia il panorama, si vedono- no, si intuiscono le case degli altri, il resto del quartiere, ma in realtà l’unica cosa che si vede chiaramente è la pioggia stessa. Gocce e gocce e gocce, così tante che sembrano una tenda d’acqua.
Sta piovendo così tanto che quasi non si riesce a distinguere niente. Però là fuori c’è Bill. C’è il suo corpo minuscolo scosso dai tremiti per il freddo, c’è il suo impermeabile stretto ed elegante, c’è l’enorme ombrello nero che ha calato sopra la testa fino a schermare perfino gli occhi, per nascondersi forse, anche se nessuno potrebbe riconoscerlo, in mezzo a quel diluvio.
Sta piovendo così tanto che quasi non si riesce a distinguere niente. Però là fuori c’è Bill. Bushido lo sa. Ed è questo il suo problema.
Eko stava raccontando la vecchia storia di quando aveva fatto sparire gli occhiali di Sido. Quella storia, Bill l’aveva già sentita almeno un centinaio di volte, da quando stava con Bushido, e la cosa stava cominciando a farsi grottesca. Non che in genere trovasse particolarmente opinabile ciò che la crew trovava divertente – non era molto dissimile da ciò che trovavano divertente Tom, Georg e Gustav… i videogame, le battute sconce, cazzeggiare fino alle cinque del mattino e via così – ma doveva esserci un limite alla quantità di volte in cui puoi sentire la stessa identica storia e trovarla ancora divertente.
Invece no, evidentemente non c’era, perché tutti stavano lì seduti attorno al tavolino stracolmo di bottiglie di birra – religioso silenzio e sorrisi pieni d’aspettativa sui volti – e Bill poteva sentirli fremere in attesa del momento di ridere.
Insomma, come i bambini piccoli. Puoi fare bubu settete mille volte, non si annoiano mica. Erano uguali.
Annoiato, si stirò lungo il divano e si appoggiò un po’ contro Bushido, strusciandosi il minimo indispensabile per rendere chiare le proprie intenzioni – o almeno il proprio disagio – ma non così esplicitamente da farsi urlare contro. Non che Anis disprezzasse le pomiciate pubbliche, pure se spinte, ma c’erano momenti in cui decisamente non gli faceva piacere trovarsi un gattino annoiato sulle ginocchia. Soprattutto se quel gattino era sul punto di tirare fuori gli artigli e rovinargli i jeans. O la serata.
Lui, ovviamente, lo capì al volo.
- Aspetta un attimo, piccolo. – bisbigliò sottovoce, stringendo una mano attorno al suo ginocchio, come per rassicurarlo, - Eko sta finendo.
- E lui si volta e fa “ma i miei occhiali?”. – continuò infatti l’uomo, spalancando gli occhi ed imitando l’espressione di Sido, - Ed io gli faccio “non lo so, perché non provi a guardare di là?, c’era la tua giacca sulla sedia” e lo vedo che si avvicina alla sedia… - pausa enfatica, Bushido tremò letteralmente sotto le mani di Bill e Bill si sentì praticamente obbligato a ridacchiare a propria volta, perché per quanto noiosa potesse essere quella storia il pensiero che un gruppo di uomini adulti potesse riderne era troppo divertente per ignorarlo, - …solo che sulla sedia c’era Fler rannicchiato che dormiva come un moccioso, e Sido va e gli mette le mani addosso e Fler si alza e strilla “BUSHIDO!”.
Bill si scostò dal corpo di Anis appena in tempo per evitare di venire travolto mentre l’uomo si piegava in due e scoppiava a ridere, in sincrono con tutti gli altri. Guardarlo ridere era sempre una cosa molto tenera, perché tanto bello riusciva ad essere quando sorrideva composto tanto improvvisamente diventava ridicolo quando rideva in maniera incontrollata. Sembrava quasi che nessuno gli avesse mai insegnato a farlo, quando Anis rideva non era solo una questione che coinvolgeva le labbra la lingua la gola, no, coinvolgeva tutto il suo corpo, il ventre le gambe le braccia gli occhi, ogni cosa.
Tornò ad appoggiarsi contro di lui solo appena l’uomo fu tornato a rilassarsi contro lo schienale del divano. Anis lo accolse con una risatina sbuffata e tenera e strinse un braccio attorno alle sue spalle, trascinandoselo sul petto. Bill mugolò, sollevandosi a sfiorargli il collo con le labbra.
- Torniamo a casa…? – sussurrò allusivo, strusciando il naso contro il tatuaggio.
Bushido rise.
- È presto. – rispose, dolce ma deciso. – Restiamo ancora un po’.
Bill aggrottò le sopracciglia, deluso.
- Ma perché-
- Bill. – lo riprese Anis, accarezzandogli una spalla, - Rilassati, ok? Non usciamo tanto spesso. Goditela un po’.
Avrebbe voluto rispondere che in realtà se la sarebbe goduta molto di più a casa, sotto le lenzuola e fra le sue braccia, tanto per cominciare, ma conosceva abbastanza Anis da sapere che, in situazioni come quella, l’unico modo di spuntarla era mettersi a litigare, ed in realtà non è che ci tenesse in maniera particolare. Sospirò e si tirò dritto, per poi poggiare il gomito sul bracciolo opposto e sbuffare sonoramente.
- Chaku… - chiamò annoiato, e l’uomo, dalla poltrona a fianco, gli dedicò immediatamente tutta la propria attenzione, - Che mi dici di bello?
Chakuza rise, chinandosi verso di lui.
- Cosa vuoi raccontato, Bill? – chiese curiosamente, imitando la sua posizione e poggiando a propria volta il gomito contro il bracciolo. Era divertente che, così di fronte, Chakuza dovesse comunque piegare il collo verso l’alto per guardarlo negli occhi. Bill si accucciò un po’ sul cuscino per arrivare alla sua altezza e farsi, se possibile, perfino più piccino. Fu soddisfatto quando Chakuza riuscì a guardarlo dall’alto in basso.
Fu soddisfatto, precisamente, quando sentì gli occhi di Bushido fissi sulla schiena. Farsi così piccino significava sempre “guardami, non mi trovi carino?”. Ed Anis lo sapeva.
- Non lo so… - piagnucolò lamentoso, con un mezzo sorrisetto, inumidendosi le labbra, - Qualsiasi cosa… sei l’unico che non mi ignora. – concluse, tirando indietro una gamba abbastanza da dare un piccolo calcio sullo stinco a Bushido. Giusto per assicurarsi stesse guardando davvero.
Chakuza rise nervosamente, grattandosi la nuca e sistemandosi il cappellino sulla testa.
- Uhm… - balbettò, - non so, non è che abbia avuto una giornata granché entusiasmante…
- Ma non importa! – ridacchiò lui, stendendosi letteralmente sul bracciolo e lisciandosi i capelli lungo una spalla, - Dove pensi di andare dopo…?
Bushido ringhiò alle sue spalle e Bill ghignò interiormente ma non diede alcun segno di averlo notato. Poteva immaginarlo perfettamente aggrottare le sopracciglia ed accavallare nervosamente le gambe, come faceva sempre quando non era soddisfatto dell’andamento di qualcosa. Giocava con l’orlo dei vestiti, sistemava i lacci delle scarpe, si grattava una guancia, Bushido era incredibilmente palese nel dimostrare il proprio scontento. Bill adorava che lo fosse perché adorava metterlo a disagio. Era l’unico a riuscirci.
- Uh… - Chakuza spalancò gli occhi, un po’ senza capire, un po’ fingendo di non aver capito, ed inarcò le sopracciglia, - Penso che me ne andrò a casa a dormire, suppongo… - biascicò incerto.
Bill inclinò lateralmente il capo.
- Niente compagnia? – chiese con naturalezza, sbattendo le ciglia.
Chakuza arrossì furiosamente.
- Compagnia? – balbettò confuso, tirandosi dritto sulla poltrona.
Bill sorrise allusivo.
- Qualcuno con cui passare la notte, Chaku… - spiegò in un sussurro, chiudendo un po’ le palpebre.
- Ah! – disse l’uomo, come lo stesse davvero realizzando solo in quel momento, - Ecco… cioè, stasera non è serata… - biascicò, guardandosi intorno alla ricerca di aiuto. Saad, appollaiato sul bracciolo al suo fianco, si dondolò un po’ sulle gambe e ghignò divertito, mentre Eko tratteneva a stento le risate dalla propria sedia, - E la piantate?! – si lamentò Chakuza, arrossendo ancora di più.
- Scusa, ma ti si sta rigirando sul palmo della mano! – rise Saad, schiacciandogli la visiera del berretto sugli occhi, - Bravo Bill, mettilo in ridicolo.
- Sì… - ghignò Eko, incrociando le braccia sul petto, - Rendi ridicolo lui ed anche Bushido… Atze, c’è il tuo uomo che ci prova con un altro dei tuoi uomini, te ne sei accorto…?
Anis, chiamato in causa, grugnì del fastidio indistinto, tornando a posare entrambi i piedi per terra e stringendo le mani attorno alle ginocchia, nervoso.
- I miei uomini – disse infastidito, guardando fisso davanti a sé, - dovrebbero imparare a stare ai loro posti.
Bill aggrottò le sopracciglia, voltandosi a guardarlo indisposto mentre Chakuza tornava a sedersi composto e borbottava una scusa imbarazzata figlia del bisogno assoluto di non mandare a puttane una serata semplicemente perfetta fino a dieci minuti prima.
C’era quasi da provare della pietà per quell’uomo. Bill sapeva quanto lui e Bushido fossero amici. Gli dispiaceva un po’ averlo trascinato in quella sceneggiata per la quale, lo sapeva, Bushido non gli avrebbe rivolto la parola per giorni interi, ma insomma. Certe volte mettere Anis in difficoltà era l’unico modo per farsi ascoltare, almeno un po’.
Fuori piove ancora. Bushido non sa sinceramente cosa fare e questo non va bene, perché se almeno fosse tranquillo potrebbe decidere di lasciar stare Bill là fuori finché non si sia sciolto con le lacrime in mezzo alla pioggia e fregarsene. Andarsene a dormire e basta. Oppure, fanculo, uscire, recuperarlo e tirarlo in casa, infilarlo in una vasca d’acqua calda e scioglierlo lui, fra la schiuma e le labbra.
Karima lo guarda indispettita, e Bushido non riesce a reggerlo, quello sguardo.
- Piove. – gli fa notare.
- Me ne sono accorto. – risponde seccamente lui.
- C’è il bambino di fuori. – spiega allora lei, le braccia incrociate sul petto pieno da nonna bonaria.
A Bushido piace quando Karima chiama Bill “il bambino”. Gli piace perché lo fa sentire uno di famiglia.
Comunque il bambino è là fuori, da solo sotto la pioggia, con l’unica protezione di un impermeabile ed un ombrello. È là fuori ormai da quasi mezz’ora. La sua figuretta smilza sta già diventando indistinguibile contro il cielo scurissimo. I contorni si sfocano e la pioggia è più fitta. Bushido deve aguzzare lo sguardo per capire che non è andato via e c’è ancora qualcosa da guardare.
- Tornerà a casa. – dice, ma non ne è affatto convinto.
Non ne è convinta nemmeno Karima. I suoi occhi lo disapprovano ancora. Bushido cerca di ignorarla ma è come Bill là fuori, non ci riesce davvero. E questo è un altro dannato problema.
Bill si sistemò rigidamente sul sedile della BMW, chiudendo la cintura di sicurezza di modo che non spiegazzasse la giacca e la maglietta sotto. Bushido si sedette al suo fianco, poggiando le mani sul sedile e stringendolo fra le dita come volesse frantumarlo.
Bill incassò la testa fra le spalle. Strigliata in arrivo.
- La prossima volta, se potessi fare a meno di mettermi così sfacciatamente in ridicolo di fronte a tutti, te ne sarei immensamente grato, Bill. – disse Bushido con aria sostenuta, fissando la strada dritto davanti a sé.
Bill aggrottò le sopracciglia. Certe volte non riusciva veramente a capire perché Anis non potesse litigare come tutte le persone normali, strillando parolacce e magari lanciando un paio di ceffoni. Lui no, lui doveva rimproverarlo. Doveva farlo sentire piccolo e stupido e inadeguato, altrimenti non sarebbe mai stato contento. Non sarebbe stato abbastanza riconoscergli abbastanza maturità da concedergli un “vaffanculo”, no. Doveva dirgli “non si fa”. Neanche fosse ancora lo stesso quindicenne che sfotteva nel duemilacinque.
- Be’, la prossima volta starai attento a non ignorarmi e forse allora vedrò di non metterti in ridicolo. – rispose con un broncio. Era perfettamente consapevole dell’incredibile infantilismo di una simile risposta, ma d’altronde Anis lo stava trattando come un ragazzino, quindi perché rovinargli la festa.
- Ci stavamo divertendo. – gli fece notare lui, - Ma tu non sei contento se non sei sempre al centro dell’attenzione di tutti.
- Io me ne frego dell’attenzione di tutti. – mentì lui, aggrottando le sopracciglia, - Volevo solo la tua!
- Ed è per questo che ti sei messo a flirtare con Chakuza, sì?
- Sì! – quasi strillò, guardandolo improvvisamente in viso, - Esattamente per questo!
Anis non ricambiò il suo sguardo.
Bill digrignò i denti e sentì l’irrefrenabile impulso di scoppiare a piangere in quel preciso istante. Anis almeno si sentiva in colpa, quando lui piangeva.
- Dovrei veramente andarmene con qualcun altro! – gridò invece, tirandogli un pugno contro un fianco, - Sei uno stronzo!
Bushido non fece una piega. Ma imboccò una strada che non era quella che li avrebbe portati a casa sua.
- Dove stai andando? – chiese Bill, il cuore in gola, spalancando gli occhi, - Anis?
- Ti porto a casa. – rispose seccamente lui, senza degnarlo di uno sguardo, - Mi sembra evidente che sei regredito ai dodici anni. I bambini vanno a letto a casa propria, no?
Bill strinse i pugni lungo le cosce.
- Non sono un bambino, piantala.
- Ti comporti come tale. Ti comporti anche come se in realtà di me non te ne fregasse granché, Bill, dunque?
- Non me… - annaspò lui, percependo distintamente le lacrime farsi strada fra le ciglia, - Non me ne fregasse niente, Anis? Ogni cazzo di cosa che faccio è in tua funzione, vaffanculo!
- Sai che odio quando flirti. – disse lui, duro.
- Volevo attirare la tua attenzione!
- Potevi, cazzo, spogliarti e ballare nudo sul tavolo, Bill! – gridò Anis, voltandosi finalmente a guardarlo, - Tu non flirti in giro. Capito? Non lo fai.
Bill slacciò la cintura di sicurezza, lasciandola tornare a posto con uno scatto secco.
- Non sei mio padre, fottiti!
Anis non disse niente. Strinse di più la presa sul volante e si fermò senza scomporsi di fronte al cancello del suo complesso residenziale.
- Buona notte, Bill. – disse freddamente, senza guardarlo.
Bill lo fissò arrabbiato, in attesa che facesse qualcosa. Anche solo voltarsi nella sua direzione, cazzo.
Ma lui non fece niente, Bill si rassegnò e lo mandò a fanculo un’ultima volta prima di scendere dalla BMW ed infilarsi risolutamente all’interno del proprio palazzo.
Karima ha acceso le luci sul vialetto d’ingresso. In genere, la notte le tengono spente, a meno di aspettare qualche visita. Ma di fuori c’è il bambino e Karima ha deciso che se Bushido vuole lasciarlo a congelare almeno dovrà anche guardarlo mentre diventa una statua di ghiaccio. E quindi ha acceso le luci.
Nel momento stesso in cui la luce ha invaso l’ambiente esterno, a Bushido s’è fermato il cuore in gola. Bill era lì immobile in mezzo alla ghiaia, fermo, ritto in piedi, tremante come un cucciolo impaurito. Ma fissava dritto la finestra, come aspettandosi di vedere i suoi occhi da un momento all’altro.
Bushido e Bill si guardano negli occhi attraverso il vetro bagnato, da almeno dieci minuti. Bill s’è avvicinato alla finestra, appena ha intuito che anche Bushido lo stava vedendo. E adesso è lì fermo che lo guarda.
Bushido non sa dannatamente cosa fare.
Decide Bill per lui.
Bushido lo osserva lasciar cadere l’ombrello alle spalle. Compie una parabola perfetta e gocciola pioggia ovunque, sembra la coreografia di una fontana. A Bill piacciono i giochi d’acqua, Bushido se lo ricorda solo in quel momento. Non riesce a staccargli gli occhi di dosso, non quando lascia cadere l’ombrello, non quando la massa vaporosa dei suoi capelli comincia ad appiattirsi e inumidirsi fino a grondare acqua da tutte le parti. Nemmeno quando, lentissimo, scioglie la cinta che tiene l’impermeabile stretto in vita e lo apre, lasciandoselo scivolare lungo le braccia fino a cadere.
Deglutisce e resta immobile.
Se Karima fosse lì gli direbbe che il bambino sta prendendo freddo. Sul serio, adesso.
Karima è andata a dormire dopo aver acceso le luci.
Bill non sembra intenzionato a cedere di un passo. Per un attimo, Bushido spera lasci perdere e fugga via senza degnarlo di un altro sguardo. Ma Bill resta lì. Non si muove.
E allora si muove lui. Si alza lentamente e lo raggiunge alla finestra. Solleva una mano e la posa sul vetro, è ghiacciato. Può solo immaginare quanto freddo faccia fuori. Bill lo guarda, il trucco sciolto lungo le guance. Bushido non sa se sia per la pioggia o perché sta piangendo. Ma lo sguardo di Bill è fiero e serio. Non è uno sguardo da lacrime.
Bushido si allontana verso la porta.
È quasi convinto che quando la aprirà non troverà niente, dall’altro lato. Bill sembrava una visione trasparente, sotto la pioggia, vederselo scomparire d’improvviso non lo stupirebbe. Non si stupisce di non ritrovarselo davanti, infatti. Sta quasi per richiudere la porta e tornare dentro, si affaccia solo per scrupolo. E ringrazia mentalmente Dio per averlo fatto, quando si accorge che Bill non è andato via: è solo rimasto fermo dov’era, sotto la pioggia.
- …vieni sotto la pensilina, dai. – mormora sottovoce, e non è neanche sicuro che in tutto quello scrosciare d’acqua Bill lo abbia sentito.
Bill l’ha sentito. Scuote il capo e quei suoi capelli lunghissimi si muovono appena, appiccicandoglisi alle guance ed al collo nudo.
- Bill, sta diluviando.
- Pensi che non me ne sia accorto?
Bushido sospira e muove un passo sul vialetto. Si congela. Sospira ancora, ma si decide e viene fuori, avvicinandoglisi lentamente ed andando subito alla ricerca di una sua mano. La prende fra le proprie – è un piccolo cubetto di ghiaccio – cerca di scaldarla, la sente tremare sul palmo e gli viene voglia di abbracciare Bill e nascondere il viso sulla piega del suo collo, ma non lo fa.
- Vuoi venire dentro? – chiede, tornando a guardarlo con disapprovazione negli occhi.
- Mi vuoi in casa anche se sono una puttana? – ritorce lui, velenoso, ficcandogli le unghia nel palmo.
- Io – precisa Bushido con una smorfia a metà fra l’irritazione e il dolore, - non ti ho dato della puttana.
- È come se l’avessi fatto. – ritorce Bill, guardandolo fieramente negli occhi.
Bushido fa un’altra smorfia.
- Sei venuto per litigare, Bill? – sbotta acido, cercando di lasciargli la mano. Bill non glielo permette.
- Sì. – risponde invece, annuendo appena, - Io non sono tuo figlio, Anis. Sono il tuo ragazzo. Non mi rimproveri, con me ci litighi, capito?
E Bushido ricorda anche il motivo – quello fondamentale – per cui Bill gli piace tanto. Che poi è lo stesso motivo per cui non avrebbe mai dovuto portarselo a letto. O innamorarsene.
Sono identici. Decisionisti e cocciuti e orgogliosi e stronzi fino al midollo nello stesso identico modo.
- Odio quando flirti. – sibila Bushido, alle strette, - Se stai con me, non puoi flirtare con gli altri. Sono geloso, lo sai.
- Oh, allora solo perché sei geloso io devo improvvisamente diventare una perfetta donnina di casa e smettere di divertirmi. Certo, Anis, ovviamente.
L’uomo aggrotta le sopracciglia, indisposto.
- ‘Cazzo intendi dire, Bill? Dovrei lasciarti-
- Non stai litigando, cazzo. – Bill si passa la mano libera sugli occhi, stanco. – Piantala di essere così dannatamente tranquillo. Non mi stai elencando gli insegnamenti base del Corano. – gli si avvicina, posa quella stessa mano sul suo petto e stringe le dita attorno al tessuto ormai fradicio della sua camicia, - Stai dicendo che sei geloso. Cazzo. Che mi vuoi solo per te. È questo che stai dicendo, vero?
Bushido abbassa lo sguardo e si morde un labbro.
- Anis…
Torna a guardarlo, gli occhi brillanti di rabbia e di pioggia.
- Vaffanculo, Bill. – le labbra del ragazzo diventano sottili come linee, le guance si arrossano, - Sei una tortura. Cazzo, sì che ti voglio solo per me. Potessi, ti metterei le mani addosso alle otto del mattino e non le toglierei più fino a sera! Cazzo, non è che ti voglia per me, tu sei mio perché io ti amo, Bill, e vaffanculo.
Il ragazzo si mordicchia il labbro inferiore. La pioggia continua a scorrergli sul viso, lungo le guance, lungo il collo, sopra i vestiti. Bushido resta immobile e non sa che fare. Bill si solleva sulle punte non perché ne abbia veramente bisogno ma perché sa che ad Anis piace quando lo fa. Si solleva sulle punte e lo allaccia al collo, stringendosi contro di lui.
- Siamo due deficienti. – gli bisbiglia all’orecchio in uno sbuffo divertito.
Bushido lo stringe alla vita.
- Tu lo sei. – ritorce borbottando, - Ti prenderai una polmonite coi controfiocchi. Ed io appresso a te.
Bill scrolla le spalle.
- Vorrà dire che staremo un po’ a letto insieme.
- Sai che meraviglia. – sospira simulando un fastidio che s’è perso con l’ultimo sbuffo di fiato, e Bill gli pizzica la nuca. Bushido ride. – Scherzavo, scherzavo. – lo rassicura, abbracciandolo un po’ più stretto.
- Dovremmo litigare più spesso. – mugola lui, sfiorandogli una spalla con le labbra. I vestiti sono tutti così bagnati che è come essere nudi.
Bushido si scosta da lui solo per baciarlo.
- Farò il possibile. – promette. La pioggia, tutto intorno, continua a cadere.