Genere: Introspettivo.
Pairing: Karkat/Gamzee.
Rating: R/NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Flashfic, Angst, Lime, AU.
- "Ci sono cose che semplicemente non fai, Karkat lo sa, non sa perché l’ha imparato, ma sa che è così."
Note: Scritta per la tabella wTunes Desires, prompt #03 (I want to reconcile the violence in your heart) @ diecielode, per la quale ho claimato Karkat e Gamzee; e poi anche per sconfiggere il malvagio Balam durante il terzo round della Zodiaco!Challenge @ fiumidiparole (prompt: la parola macchia/macchie ripetuta per tre volte all'interno della storia).
Di base, volevo (come già spesso mi è capitato in passato XD) replicare il rapporto fra Karkat e Gamzee in un 'verse humanstuck :3 (E al solito ho preso come riferimento ideale/generico 4 Chords XD Eh, amen.)
Pairing: Karkat/Gamzee.
Rating: R/NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Flashfic, Angst, Lime, AU.
- "Ci sono cose che semplicemente non fai, Karkat lo sa, non sa perché l’ha imparato, ma sa che è così."
Note: Scritta per la tabella wTunes Desires, prompt #03 (I want to reconcile the violence in your heart) @ diecielode, per la quale ho claimato Karkat e Gamzee; e poi anche per sconfiggere il malvagio Balam durante il terzo round della Zodiaco!Challenge @ fiumidiparole (prompt: la parola macchia/macchie ripetuta per tre volte all'interno della storia).
Di base, volevo (come già spesso mi è capitato in passato XD) replicare il rapporto fra Karkat e Gamzee in un 'verse humanstuck :3 (E al solito ho preso come riferimento ideale/generico 4 Chords XD Eh, amen.)
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FEEL IT BREAK
wTunes Desires, #03 – I want to reconcile the violence in your heart
Ogni tanto, Gamzee non è più Gamzee. Karkat non sa perché, non lo conosce abbastanza per saperlo, non lo conosce abbastanza neanche per chiederlo. Sono amici da più anni di quanti riesca a ricordarne, ma probabilmente non sarà mai pronto per chiedergli una cosa simile. Ci sono cose che semplicemente non fai, Karkat lo sa, non sa perché l’ha imparato, ma sa che è così. Quando Gamzee torna a casa dopo essere stato fuori delle ore, e i suoi occhi sono più scuri di come Karkat li ricordasse, e la sua voce più bassa, più pericolosa, e il profumo della sua pelle è più violento, come quello di certi animali selvaggi che utilizzano il proprio odore per far sapere ai loro avversari che devono temerli, allora Karkat sa che non è il momento di chiedere. Non è il momento di pensare.
È il momento di lasciare che le mani di Gamzee si insinuino sotto i suoi vestiti, cercando centimetri di pelle calda da sfiorare. È il momento di piegare il capo, per lasciare le sue labbra libere di disegnare una strada umida lungo la curva del suo collo, dalla linea dritta della sua mandibola alla collina sinuosa della sua spalla. È il momento di chiudere gli occhi e stringere i denti mentre quelli di Gamzee affondano nella sua pelle riempiendola di marchi rossi che pulsano al ritmo dei battiti del suo cuore. È il momento di trattenere il fiato mentre la punta della sua lingua disegna ghirigori senza senso attorno ad ogni impronta lasciata dalla chiostra dei suoi denti, è il momento di lasciarsi scivolare un gemito caldo e liquido fra le labbra mentre quelle già umide di Gamzee si chiudono attorno alla sua pelle ipersensibile, succhiandola dolcemente, quasi a voler contrastare la puntura di dolore ancora chiara dei suoi morsi.
È il momento di lasciarlo fare mentre Gamzee si sfoga, mentre gli lascia addosso segni che scompariranno nel giro di poche ore – una macchia dopo l’altra – ma che Karkat continuerà a sentirsi tatuati addosso per sempre – una macchia dopo l’altra – perché come l’inchiostro il sangue scivola sottopelle – una macchia dopo l’altra – ed anche quando l’alone scompare, il disegno resta.
Gamzee disegna mappe di dolore sul suo corpo – sulle sue spalle, sul suo petto, sul suo stomaco, sui suoi fianchi, sulle sue gambe, sulle sue braccia, sul suo collo – sono mappe che solo lui riesce a seguire, le usa per navigare nell’ombra che prende possesso della sua mente, le usa per ritrovare la via di casa, le usa per tornare da Karkat, volta dopo volta. Volta dopo volta. Ogni volta. Quando Karkat riapre gli occhi, dolorante e sfiancato, le gambe indolenzite e Gamzee piantato dentro ogni volta sempre un po’ più in profondità, gli occhi di Gamzee sono sempre un po’ più chiari, il suo sorriso sempre un po’ più sincero, i suoi tocchi sempre un po’ più lievi. La sua voce sempre un po’ più dolce.
E questo sarebbe il momento di chiedere, Karkat lo sa. Lo sarebbe, se avesse il coraggio di farlo. Quando Gamzee gli passa le dita fra i capelli, quando scivola col pollice sulle sue labbra, scacciando una goccia di sangue sbocciatagli sull’angolo della bocca dopo un morso più forte degli altri, quando si scusa piano, quando strofina il naso contro il suo, quando lo bacia dolcemente, quando le sue spinte diventano un modo per restargli vicino invece di un semplice modo per tornare a galla dopo aver rischiato di annegare, quando la sua voce comincia a chiamare il suo nome in una dichiarazione d’affetto e non in un’implorazione d’aiuto, è adesso che Karkat dovrebbe chiederglielo. Fermarlo e chiedergli perché. Perché gli accada tutto questo, perché tocchi a lui andarci di mezzo, cosa sia successo per motivare una cosa simile.
Ma non riesce. Forse neanche vuole, forse ha troppa paura che, se domandasse, Gamzee risponderebbe. E che con una sua risposta tutto finirebbe.
Perciò lo stringe a sé. Lo accarezza, lo consola, lo conforta mentre Gamzee, esausto, si lascia andare di peso contro il suo corpo.
Ed ogni volta pensa che la prossima volta, sì, la prossima volta troverà il coraggio di chiedere. Ma non ne trova mai a sufficienza.