Fandom: RP: Musica
Personaggi: ,
Genere: Comico, Parodia.
Pairing: Fler/Bushido, accennato Fler/Chakuza.
Rating: R
AVVERTIMENTI: Crack, OC.
- La fangirl arrivò alla Villa Gialla una mattina di primavera tendente all'estate come tante altre.
Note: Questa storia è una follia nata solo ed esclusivamente a causa di Critti. Io non intendo spiegare nulla del processo mentale che ci sta dietro, ma intendo lamentarmi pubblicamente del fatto che su quel dannato tema di Temporal-mente io ho cominciato quattro dannate storie e questa è l’unica io sia riuscita a finire XD Il che mi offende come fanwriter, come donna e come-… chissenefrega *annuisce* Spero vi siate divertite XD
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Fangirl In Da House
"Se giochi a lungo e non cambi mai la posta il banco ti frega a meno che, quando si presenta la mano giusta, non scommetti il massimo e te lo porti via tu il banco!" (Ocean's Eleven – Fate il vostro gioco)


La fangirl giunse alla Villa Gialla in una bella mezza mattina di primavera tendente all’estate. Le cinciallegre cinguettavano felici nel giardino del Re e tutto era pace e quiete, nessuno fiatava, perfino il bianco Skyline e la nera Sherlee – miracolosamente – tacevano, e l’unico suono potesse essere ascoltato, nel silenzio del quartiere bene all’interno del quale la meravigliosa villa spiccava come la proverbiale ciliegina sulla torta, era quello dell’acqua che scorreva dal rubinetto giù nello scarico del lavandino e il lento ed assonnato sfregare dello spazzolino sopra i denti del sovrano indiscusso del luogo.
All’improvviso, mentre sua maestà rifletteva sulla possibilità di rigirare lo spazzolino e provare la nuova funzionalità pulisci-lingua che in realtà lo inquietava non poco – d’altronde, chi si lascerebbe accarezzare la lingua da una doppia serie di sei spatoline in gomma viola aromatizzata alla menta, col rischio di scoppiare a ridere per il solletico e morire in modo ben poco regale, soffocati dal proprio stesso dentifricio alle erbe? – qualcuno si attaccò al campanello e cominciò a suonare una serie di trilli dal ritmo stranamente familiare, ed il Re impiegò non pochi dei neuroni già svegli per riconoscere che quello era il beat di base di Kennst Du Die Stars e che, soprattutto, il misterioso visitatore minacciava di continuare con quell’irritante scampanellio all’infinito, se non avesse avuto al più presto la sua assoluta attenzione.
Fu per questo motivo che sua altezza decise di scollarsi dal proprio lucidissimo lavandino in marmo misto nero striato bianco e muoversi ciabattando verso la porta, spazzolino ancora mollemente pendente dalle labbra, mentre Sherlee e Skyline gli saltellavano intorno, finalmente memori del loro ruolo di cani da guardia, abbaiando come ossessi verso la porta ed inciampando sulle proprie stesse zampe nella foga di saltare il più in alto possibile per cercare di rubare lo spazzolino dalla bocca del loro signore e padrone.
Quando sua altezza schiuse l’uscio della porta di casa, non poté fare a meno di schiudere lievemente le labbra e restare lì, vagamente interdetto, di fronte alla signorina minuta che gli si parava davanti, le braccia incrociate dietro la schiena e due code sbarazzine a spuntare dai lati della testa, mosse appena dal leggero venticello che rinfrescava l’aria.
- Uh? – disse molto intelligentemente sua maestà. Sherlee saltò più in alto di Skyline e gli rubò lo spazzolino di bocca. La ragazza lo guardò per qualche attimo con aria curiosa. Dopodiché, sorrise.
- Mi aspettavo meglio. – commentò serafica, sorridendo beatamente, chiudendo gli enormi occhi azzurri e piegando un po’ la testolina tonda, - Ma sei bello lo stesso. Posso entrare? Grazie. – e il secondo dopo stava già facendosi strada all’interno della Villa Gialla, guardandosi intorno evidentemente emozionata e toccando tutti gli oggetti il più possibile, come volesse imprimersene la forma sui polpastrelli per non dimenticarla più. E fu allora che lo chiese. Sua maestà non aveva ancora nemmeno richiuso la porta. – E il mio bimbo dov’è?
Bushido, sovrano unico e solo di quell’appartamento da quando D-Bo aveva preferito vendersi al suo usciere di corte e cambiare etichetta, mentre Kay One aveva improvvisamente stabilito di essere eterosessuale – “no, Bu, davvero. Cioè, sono innamorato di lei, non prenderla male, eh” – trasferendosi in Berlino-centro con la sua adorata e biondissima Mandy, richiuse la porta e si grattò la testa. Viveva solo, fino a prova contraria. E non ricordava assolutamente di essere mai stato a letto con quella tizia – per quanto fosse in effetti difficile richiamarle tutte alla memoria senza confondersi – perciò era ragionevolmente certo di non doverle alcun figlio. Alla luce di tutto ciò, la presenza di un bimbo in quella casa gli sembrava da escludersi nella maniera più assoluta.
Si fece avanti con un sorriso fascinoso, reso in parte ridicolo dagli sbuffi di dentifricio che ancora gli adornavano le labbra, e cercò di essere conciliante.
- Ragazzina. – disse affabile, - Non c’è nessun bimbo qui.
Lei cambiò letteralmente espressione. Da che il suo visino poteva essere senza dubbio alcuno indicato come l’espressione stessa della gioia mista a beatitudine tanto tipica delle fanatiche che finalmente incontrano l’idolo della loro vita, i suoi lineamenti si trasformarono nella personificazione stessa dello sgomento: spalancò gli occhioni e piegò verso il basso gli angoli della bocca, tirandosi indietro all’improvviso, oltraggiata.
- L’hai buttato fuori di casa! – lo accusò, puntandogli contro un ditino tondo, - Di già!
Sua maestà la guardò, incerto. Skyline fece lo stesso. Sherlee mordicchiava ancora lo spazzolino, persa nel suo sapore mentolato e divertita dal solletico che le spatoline di gomma provocavano al suo palato.
- No, guarda… - rispose, cercando di essere razionale, - Tutti coloro che sono andati via di qua l’hanno fatto di loro spontanea iniziativa. – le spiegò, - Io non ho mai costretto nessuno ad andarsene, capisci cosa intendo? – disse, gesticolando come a volerle spiegare meglio e nel modo più chiaro possibile ciò che intendeva, - Kay s’è fidanzato con una tipa, D-Bo-
- Sì, ma chi se ne frega! – continuò la ragazza, agitando disinteressata una mano, - Io sto parlando del mio bimbo, mica di questa gentaglia!
Sua altezza reale si degnò finalmente di chiudere le labbra e riflettere, ripulendosi la bocca dal dentifricio col dorso della mano, e poi ripulendo il suddetto dorso contro i pantaloni del pigiama. Quella ragazzina – che a questo punto probabilmente tanto ragazzina non era – continuava a parlare di questo fantomatico bambino che lui era ragionevolmente sicuro di non dover ascrivere al suo libro paga degli alimenti. Ma ciò non escludeva a priori la possibilità che in effetti un bambino fosse passato da quelle parti, infilandosi a tradimento nella Villa Gialla passando sotto l’intercapedine della porta, tipo, come i gatti, ad esempio. Probabilmente era solo una mamma un po’ ansiosa ed esaurita, c’era da comprenderla, compatirla ed aiutarla.
- Ehm… - azzardò, grattandosi il collo, - Sì, mi rendo conto. Senti, se hai perso il tuo bambino mi dispiace. Sarò felice di aiutarti. – la rassicurò, gonfiando eroicamente il petto. – Ho molte guardie del corpo sparse qui intorno, se mi fai una breve descrizione fisica e mi dici quanti anni ha e come si chiama magari-
- Oh, andiamo! – borbottò lei, saltando sul divano e prendendone possesso, tirando le scarpe dall’altro lato della stanza, - Lo sai benissimo com’è fatto, lo conosci da vent’anni! – poi si guardò curiosamente intorno. – Hai mica da mangiare?
Qualcosa fece crack nel cervello di sua maestà. La ragazza lo osservò con gli occhioni spalancati circumnavigare il divano e sedersi compostamente lì accanto a lei. Appena lo ebbe visto accomodarsi, allungò le gambe sulle sue ginocchia, mettendosi comoda.
- Grazie. – disse, - Ne avevo proprio bisogno.
Bushido non capì esattamente cosa stesse succedendo, ma – sovrappensiero per com’era – prese a massaggiare le caviglie della signorina, sempre guardandola come fosse appena atterrata sul suo divano in sella ad una barca alata con vele di zucchero filato.
- Sì, esattamente. – mugolò compiaciuta lei, stendendosi meglio contro i cuscini, - Ho fatto un lungo viaggio e sono esausta. E visto che il bimbo non è in casa dovremo camminare ancora, quindi un massaggio ci sta come una ciliegina sulla torta.
- Ma si può sapere chi è questo bimbo del quale parli?! – strillò il sovrano, dando prova di saper essere maestoso anche nelle sue incazzature, trattenendosi regalmente dal mandarla in aria con una manata, - E poi come faccio a conoscerlo da vent’anni se è un bambino?!
- Ma che bambino?! – strillò ugualmente lei, allungandosi a tirargli uno scappellotto dietro la nuca, - Ha quasi trent’anni!
Il cervello di sua maestà fece nuovamente crack, in un punto distinto rispetto al precedente, così che improvvisamente Bushido si ritrovò con un cervello tripartito pensante contemporaneamente a tre cose diverse. Se un cervello sembrava propenso a buttare immediatamente la ragazza fuori di casa, il secondo cercava di prodigarne per comprenderne il mistero ed il terzo pensava che nessuno, qui, aveva ancora terminato di lavare i denti, e ciò era disdicevole per un sovrano.
- Scusami, eh… - mormorò sua maestà, già stanco nonostante fossero appena le dieci del mattino, - …io non capisco. Ho delle difficoltà. Chi sei tu esattamente?
- Io sono una fangirl. – rispose candidamente lei, mettendosi seduta sul divano a gambe incrociate, - Il mio nome non ha importanza.
- Ne avrà quando dovrò denunciarti per violazione di proprietà privata. – le fece notare sua maestà, annuendo compito. Lei annuì allo stesso modo, sorridendo felice.
- Questo è un motivo per cui è meglio che io non ti dica il mio nome per esteso. – decise sbrigativa, - Dunque, qui dobbiamo discutere una faccenda di fondamentale importanza, e cioè-
- Cioè chi tu sia e cosa tu voglia da me, per l’appunto. – annuì ancora bushido, ed incrociò le braccia sul petto, così che la fangirl capì che non si sarebbe arrivati da nessuna parte senza che uno dei due cedesse. Peccato lei non fosse affatto interessata a farlo.
- Dunque. – disse, mettendosi in ginocchio e gattonando fino a lui, poggiandogli una mano sulla spalla, - È importante che io ti premetta due cose, Bubbolo. – Bubbolo?, si chiese il sovrano, un po’ disorientato, ma non ebbe tempo di esporre ad alta voce i propri dubbi e le proprie perplessità sul lasciarsi appellare con un soprannome tanto ridicolo, perché la fangirl riprese immediatamente a parlare, - Io ti amo. – disse infatti la ragazza, battendo due pacche amichevoli contro la sua spalla.
- Prendo atto. – rispose lui, tirandosi vagamente indietro. Mai fidarsi delle fangirl. – La seconda cosa?
La ragazza sorrise.
- Ti amo troppo per rispettarti anche. – aggiunse quindi lei, beata come su una nuvola, immersa nella pace degli angeli. – Perciò, premesso che non mi interessa ciò che pensi, cosa sei davvero e se ciò che succederà oggi sia compreso o meno nella tua biografia, mi trovo qui per costringerti a fare della roba.
Sua altezza annuì con grande eleganza, incassando regalmente l’informazione e riflettendo con la tipica saggezza e bontà che il suo status di sovrano universale gli imponeva.
- Che io possa non voler fare queste robe cui tu vuoi costringermi, è un’eventualità che posso permettermi di prendere in considerazione? – chiese, riconoscendo immediatamente negli occhi della fangirl la volontà assoluta di costringerlo comunque, qualsiasi cosa pensasse lui al riguardo.
- Ovviamente no. – scosse il capino lei, - Farai esattamente ciò che ti dirò, senza fiatare. Ed io poi scomparirò come non fossi mai esistita, promesso.
Sua maestà rifletté accuratamente sulle varie possibilità che gli si paravano davanti. Certo, poteva mettersi a litigare con la ragazzina e correre il rischio di non schiodarsela mai più di dosso – così come il rischio altrettanto grave di perdere la pazienza e prenderla a ceffoni, dandole la scusa perfetta per fargli causa e diventare parte della sua vita per sempre nei secoli dei secoli amen. Oppure poteva – e fu ciò che accarezzò con maggiore compiacimento, fin da subito – cedere alle sue richieste e togliersela definitivamente dalle balle. D’altronde, cosa mai avrebbe potuto chiedere? Un bacio? Un autografo? Il manoscritto originale dell’autobiografia? Poteva dar via tutte e tre le cose – la bocca, il proprio nome ed anche la storia romanzata della sua vita – senza particolari turbe psichiche. Fu per questo che sorrise amabilmente, piegandosi un po’ verso di lei ed annuendo affettuoso.
- D’accordo, ragazzina. – disse, - Spara. Quello che vuoi.
Lei giunse le mani sotto il mento, ed i suoi occhi si espansero verso l’infinito ed oltre, riempiendosi di lucciconi di dubbia natura che Bushido pensò dovessero essere le luci provocate dalle proiezioni NC-17 che stavano avendo luogo all’interno del giovane cervellino invasato. Si ritrovò perfino a sorridere con una certa sincera tenerezza quando lei si sporse verso di lui, le gote arrossate dall’emozione ed il labbro inferiore un po’ tremulo. Sollevò una mano per accarezzarle una gota paffuta, ravviandole poi dietro l’orecchio una ciocca di capelli sfuggita ad una delle due codine e sporgendosi a propria volta in avanti per darle ciò che tanto bramava. E poi lei lo disse.
- Allora in piedi, siamo già in ritardo.
Sua maestà spalancò gli occhioni castani già in parte semichiusi e la guardò con evidente confusione riflessa nelle pupille. Aveva appena fatto la bocca al pensiero di darle un bacetto – erano secoli, all’incirca, che con tutto quello che era successo non aveva trovato modo di schienare una donna sul divano – e lei cosa faceva? Prendeva e si alzava?
- Scusa, signorinella. – borbottò, mettendosi in piedi al suo fianco, - Stavo cercando di darti ciò che volevi.
Lei lo guardò con quei suoi enormi occhioni azzurri pieni di stupore ed inclinò lievemente il capino.
- Anche io sto cercando di prendermi ciò che voglio. – lo informò candida, scrollando le spalle.
- Allontanandoti da me?
Lei lo scrutò ancora, incerta, e poi rimise ai piedi le scarpe che aveva calciato via pochi minuti prima.
- Be’, dovremo pure andare a cercare Fler. Altrimenti come farai a baciarlo?
Una quarta parte si staccò dal cervello di Bushido, rotolando all’interno della sua scatola cranica fino a sbattere contro l’osso occipitale.
- Baciare… Patrick? – chiese, boccheggiando affannosamente come un pesce tenuto forzosamente fuori dalla propria boccia, fra le grinfie di un gatto ed osservato con puro sadismo da un tredicenne pazzo in vena di crudeltà accudito da una madre trascurante e da un padre sempre al lavoro. Solo, sperduto e senza scampo, il povero pesce-Bushido annaspò e si dibatté fra le grinfie del gatto-fangirl, cercando di tornare in sé e recuperare della lucidità da qualche parte in mezzo a ciò che rimaneva della propria razionalità.
- Sì. – rispose lei, sbattendosene altamente, per dirla nel modo più appropriato e rispondente alla realtà, del trauma interiore che il povero sovrano stava vivendo. – Solo questo, un bacetto, con lingua e tutto ovviamente, non sono mica cretina, e poi sparirò per sempre dalla tua vita. – sorrise adorabile, sollevando due dita in segno di vittoria. – Promesso!
Bushido la guardò a lungo, incerto. Altre possibilità si aprivano davanti a lui come strade mai solcate da piede umano, e in quanto sovrano era suo compito riflettere bene su ciò che gli aspettava su ogni possibile cammino, così da… oh, fanculo.
- Ragazzina. – disse, abbattuto, - Facciamolo e facciamolo in fretta.
La fangirl sorrise demoniaca. E il sovrano, prima di uscire di casa, si permise – solo un po’ – di sudare freddo.

*

Patrick Losensky, prima di essere un rapper, prima di essere un ex-criminale di Tempelhof, prima di essere una personalità eminente nel mondo del german rap, prima di essere l’amichetto preferito di Bushido, prima di essere l’ex stellina di punta dell’Aggro Berlin, prima di essere tedesco e anche, probabilmente, prima di essere maschio, era un onesto lavoratore. Uno cui piaceva che le cose fossero fatte per bene, oltretutto, con ordine, senza schiamazzi, senza affrettarsi, seguendo un iter ben preciso. Per dire, al mattino gli piaceva svegliarsi, fare colazione – prima caffè zuccherato, poi un biscottino al miele, poi una fetta biscottata con un puntolino di burro, poi mandare a fanculo la dieta e bere mezzo litro di latte pucciandoci dentro una quindicina di biscotti al cioccolato e cinque o sei fette biscottate con sopra burro e marmellata – poi lavarsi – prima la doccia, poi i denti, infine le orecchie – farsi la barba – rifinendone bene il disegno – e poi vestirsi – mutande, calze, pantaloni, maglietta e solo dopo scarpe e giacca. Insomma, era uno metodico.
Per questo, vedersi apparire sulla soglia della porta Bushido accompagnato da una ragazzina sconosciuta e sentirsi poi schienare sulla parete opposta neanche due secondi dopo, con le labbra dell’amico pressate contro le sue e la sua lingua a cercare di farsi spazio dentro di lui, lo mandò letteralmente nel panico. Quello non era il giusto iter da seguire. Se proprio Bushido voleva limonarlo doveva prima presentarsi con tranquillità, poi sorridergli amabilmente, avanzare verso di lui lento, guardandolo in maniera inequivocabile, infine stringerlo al muro, accarezzargli lievemente un braccio e solo dopo, eventualmente, pressare le labbra contro le sue ed infilargli la lingua in gola. C’era un metodo da seguire! Andava rispettato!
Mentre Bushido continuava a baciarlo, mettendoci – lì sì – un sacco di metodo pure invidiabile, tanto che Fler cominciò a chiedersi se per caso non avrebbe dovuto lasciar perdere ciò che era successo fino a quel momento per concentrarsi su quanto sarebbe accaduto da quel momento in poi, Patrick sentì distintamente la vocetta istericamente compiaciuta della ragazzina sillabare follie del tipo “lo sapevo che scriverlo nelle fanfic non bastava, dovevo venire a pretenderlo di persona… d’altronde, si dice che per portarsi a casa il banco uno deve scommettere il massimo, ed io il banco qui me lo porto a casa eccome”, scattando fotografie a velocità straordinarie, roba da fare invidia al miglior paparazzo sulla piazza.
Fu ancora la voce della signorina ad interromperli definitivamente, una decina e due paia di centinaia di scatti dopo.
- Eh sì, okay, - disse con tono lamentoso, spostando graziosamente il peso da un piedino all’altro, - però, per quanto possa farmi piacere osservarvi mentre vi mangiate la faccia a vicenda, io ho altro da fare e pochissimo tempo per farlo, perciò… - e così dicendo afferrò Fler per una spalla e lo trascinò lontano da Bushido, - Bubbolo, tu puoi andare. Ora muoviamoci, bimbo mio adorato, la Beatlefield non sta esattamente dietro l’angolo.
- Eh? – chiese giustamente il rapper, guardandola con enormi occhioni azzurrissimi, - Cosa? Chi? …perché?
- Eh? – gli fece eco il suo degno sovrano, degnandosi però di esplicare meglio i pensieri che, confusamente, si accavallavano all’interno del suo privatissimo cervello quadripartito, - Perché alla Beatlefield? – e poi un  brivido lo scosse lungo tutta la spina dorsale, costringendolo ad un tremito. – Non avrai intenzione di…
- Esattamente. – sorrise amabile la fangirl, - Coraggio, bimbo, - continuò, strattonando Fler verso l’uscita, - Sai, io ti amo ma non ti rispetto e bla bla, mi sono un tantino rotta le palle di questi disclaimer, tanto tu un’autobiografia ufficiale nemmeno ce l’hai, ti spiace se passiamo un attimo dal Chaky e te lo limoni una decina di minuti, tanto per gradire? Ho delle fangirl che aspettano un picspam in community e non vorrei deluderle, grazie.
Silente, Bushido osservò la fangirl uscire tirandosi dietro Fler come un sacco di patate, del tutto indisturbata nonostante gli oltre ottanta chili di peso dell’uomo e i suoi ragguardevoli due metri circa d’altezza, mentre lui provava a dibattersi utilizzando la tecnica del pesce fuor d’acqua che egli stesso aveva avuto la sfortuna di provare sulla propria stessa pelle, e sospirò. Aveva ancora dei denti da lavare, d’altronde. E fu concentrandosi su questo che, dopo una sbrigativa scrollatina di spalle, prese la strada di casa.
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