Fandom: RP: Musica
Personaggi: ,
Shot facente parte della serie Und So Weiter.
Genere: Introspettivo.
Pairing: Fler/Chakuza, OMC/Fler.
Rating: PG-15
AVVISI: Slash, OC.
- "Io sono Daniel, Daniel Kobler. Danny per gli amici."
Note: Con questa si chiude la prima (lunga) serie di spin-off. Vi avviso già da ora che ce ne sarà un'altra più avanti. Qua dentro troverete le parole di Daniel, che finora non aveva mai parlato ma che di cose da dire ne aveva. Capirete perché continuiamo a ripetervi che le cose sono tornate ad essere come prima se non meglio e che per quanto odio si sia generato nella serie precedente, i legami di tutti sono troppo forti per essere davvero spezzati, tanto che una volta recuperati... generano decisioni inaspettate :)
Con questa shot Daniel diventa ufficialmente parte integrante... della famiglia.
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FAMILY ISSUES

Io sono Daniel, Daniel Kobler. Danny per gli amici.
Forse vi ricorderete di me perché, non per vantarmi, ma nell'ultimo periodo sono stato piuttosto importante da queste parti. Tanto per rinfrescarvi la memoria, sono io che ho detto a Fler e Chakuza dove trovare l'assassino di Bushido, due anni fa. Quei due brancolavano nel buio. Giravano per bar, ma ci pensate? Come se qualcuno che sa qualcosa sull'omicidio di un pezzo grosso come Bushido potesse mai starsene al bar pronto a rispondere alle tue domande sull'argomento. Io Fler lo rispetto, perché lui è uno che ci sa fare, un tipo a posto, uno che quando aveva la mia età cazzo se ne ha fatti di casini, da queste parti lui è una leggenda, ma si vede quando stai fuori dal giro perché quando ci torni poi è un casino sapere dove mettere le mani. E' perché lo spazio che lasci lo occupa qualcun altro, appena ti fai da parte, sei subito fuori.
Così questi due per giorni non fanno che girare per il ghetto in cerca di informazioni. Lo sanno tutti, naturalmente, ma si guardano bene dal parlare perché di mezzo ci sono i libanesi e nessuno ha voglia di mettersi contro di loro, specialmente quando Saad ha dato ordine di ammazzare suo cugino.
Io in quel momento lavoro per uno che fa affari con quella gente, sono da lui per prendere quello che devo consegnare e lo sento parlare con un tizio, e capisco subito che stanno parlando dell'omicidio di Bushido.
Non è che Bushido mi piacesse, ben inteso, ma girava voce che Saad l'avesse voluto morto per la storia di Bill, che posso pure capire rovinasse l'immagine, ma alla fine erano cazzi suoi. Ho pensato che non mi stava bene, in più volevo aiutare Fler e le due cose erano compatibili; e poi se qualcuno un giorno mi sparerà perché sono frocio, mi piacerebbe che pareggiassero i conti con lo stronzo che mi ha sparato, tenendo bene a mente il motivo per cui l'ha fatto. Per cui sono andato per bar anch'io, finché non ho trovato lui e quel cretino di Chakuza, che non è adatto al ghetto come non è adatto al mondo in generale, se me lo chiedete.
Insomma, io gli do quest'informazione e lui mi prende sul serio. Capite? Mi prende sul serio, cazzo, e va a parlare col tramite dei Libanesi. Io non so che cazzo fa per convincerlo a parlare, ma quello parla e qualche giorno dopo Saad è sparito. Ufficialmente non è morto, la moglie dice che se n'è andato lasciando un biglietto. Sì, certo. A dragare il canale chissà in quanti pezzi lo trovano.
Tutto quello che è successo dopo io non lo avevo previsto, naturalmente, anche perché un casino del genere non si poteva pensare. Mentre Bushido tornava dal regno dei morti e l'Ersguterjunge esplodeva letteralmente in mille pezzi, rivelando al mondo che metà dei suoi cantanti erano omosessuali, io facevo coming out – in parte anche per colpa loro – e venivo ripetutamente pestato dai ragazzi della mia banda o da mio padre se tornava ancora abbastanza lucido per non fare gli ultimi tre gradini della rampa di scale strisciando e poi vomitare sulla soglia di casa.
La mia vita faceva schifo e non poteva farlo più di così, per questo ho deciso che tanto valeva presentarsi alla porta di Fler e chiedergli di venire a letto con me. Io sapevo che lui non poteva essere felice quando era rimasto a casa mentre il suo uomo andava in tour con il suo ex; quella cosa era così incredibilmente sbagliata che, se non mi fosse convenuto trovarlo nel suo appartamento a lamentarsi anche lui che la sua vita faceva schifo, gli avrei chiesto che cazzo ci faceva ancora in pigiama sul divano, invece di prendere e andare da loro prima che Bushido finisse di nuovo a letto con Bill.
All'inizio, io con Fler non volevo nessuna relazione. Lui mi piaceva un casino, tipo che se anche avevo dei dubbi sui ragazzi, con lui era tutto chiaro, però non sono scemo e non sono nemmeno cresciuto parcheggiato davanti alla televisione come i ragazzini dei quartieri alti. Mia madre è morta che avevo dieci anni e la più grande cortesia che mio padre mi abbia mai fatto è stata picchiarmi a mani nude o con i cocci delle bottiglie, invece di tentare la sorte con un'arma da fuoco, che in diciassette anni mi avrebbe sicuramente preso per bene, prima o poi e invece con le bottiglie ci vuole molta più precisione.
Quando passi tutta la tua vita ad occuparti di te stesso da solo anche se non dovresti, e invece di tornare a casa preferisci vivere per strada dove ci sono solo delinquenti, tossici e delinquenti che sono anche tossici, non ci credi nella favola a lieto fine. Non credi che il tuo mito sia disposto ad ascoltarti, non credi che si riscopra gay quando anche tu lo sei, non ci credi che bussi alla sua porta, gli chiedi di scoparti e quello diventa l'uomo della tua vita. O anche solo il tuo uomo. Insomma non credi che possa venire qualcosa di buono da una scopata casuale, anche se l'hai voluta con tutte le tue forze.
E invece è successo. Io e Fler siamo stati insieme per un numero di mesi che non abbiamo mai contato e per motivi che non ci siamo mai detti, per il semplice fatto che di contare e dire non c'era bisogno.
Lui è stata la prima persona della mia vita a cui io non dovevo assolutamente nulla e che non doveva nulla a me. Prima di conoscere lui ero abituato che nessuno fa niente per niente, ma soprattutto che la mia persona su questo mondo non serviva a granché e che, bene o male, se volevo restarci, era meglio che non facessi incazzare chi mi stava intorno. Per mio padre sono sempre stato la causa di tutti i suoi mali, forse perché non ero il figlio che aveva sempre sognato o forse semplicemente perché era uno stronzo – ma, sapete, queste cose quando hai dieci anni non le capisci e pensi che quello che tuo padre ti dice sia vero, quindi prima di capire che non avevo fatto niente per meritarmi quello che mi faceva, ne avevo già prese così tante che non importava più – e tutti questi mali di cui ero causa inconsapevole dovevo espiarli trovando chissà dove i soldi che lui non guadagnava lavorando per poi vedergli spendere in birra, e fuori non è che andasse tanto meglio. Ho fatto davvero di tutto per cercare di non crepare prima dei diciotto e magari sperare di andarmene. Perfino mia madre, cazzo, prima che morisse mi ha sempre fatto pesare che suo marito era un bastardo. Mia madre era buona, io me la ricordo buona, ma c'erano certi giorni che mi teneva lì con lei per paura di lui e io per forza dovevo proteggerla, e per forza mi prendevo le botte, che se mi avesse lasciato uscire, o chiamare aiuto forse, non lo so... ma non è questo il punto.
Il punto è che quando Fler è venuto a letto con me, non l'ha fatto con in testa l'idea che mi stesse facendo un favore, o che io ne stessi facendo uno a lui a titolo gratuito; possibilità, questa, che avevo preso in considerazione perché quando un ragazzino ti si offre sulla soglia di casa, nel mio mondo, ci sono buone probabilità che l'azione venga interpretata come un regalo inaspettato senza conseguenze.
Fler mi ha ascoltato quando ho chiesto e ha passato buona parte della serata a convincermi che non lo volevo veramente, un particolare che mi ha convinto solamente del contrario. Se mi avesse accettato così com'ero, se m'avesse preso come chiedevo, probabilmente me la serai fatta addosso perché lo volevo, ero pronto, ma ero anche molte altre cose e lui le ha capite tutte semplicemente guardandomi in faccia.
Io dell'amore non mi fido – perché è un'arma troppo potente e troppo instabile, è come cercare di trasportare nitroglicerina su una strada piena di buche – ma credo nel rispetto, che è altrettanto potente ed è disposto a piegarsi prima di spezzarsi, qualità che lo rende meno fragile e più onesto. Quindi preferisco dire che Fler mi ha rispettato, più che amato, che è molto più di quanto posso dire di un sacco di gente che era tenuta a farlo più di lui.
Siamo stati benissimo insieme, e non lo sto dicendo in quel modo lagnoso in cui le coppiette lo dicono spesso. Non vi sto guardando con l'occhio sognante e lucido e le mani giunte sul cuore, ripensando agli infiniti pomeriggio in cui correvamo insieme nel parco o ci fermavano di fronte alle vetrine dei negozi di animali per indicare squittendo i cuccioli di cane; oppure, se preferite una versione meno etero in cui io non sono in realtà una donna, non passavamo tutto il nostro tempo in palestra, come invece Fler sembra fare quando è da solo. Stavamo bene nel senso che non c'era motivo di discutere mai, nemmeno quando io facevo apposta a tirarlo scemo e lui provava ad alzare la voce. Io e Fler ragioniamo allo stesso modo perché veniamo dallo stesso posto e siamo cresciuti allo stesso modo; certi meccanismi mentali non abbiamo bisogno di impararli col tempo, li abbiamo già radicati in testa e li capiamo benissimo.
Ad esempio non ho bisogno di chiedermi perché Fler faccia di tutto, perfino aiutare le vecchiette del suo palazzo a pulire sopra gli armadi, pur di non restare in casa quando non c'è nessuno. Lo so che le case vuote sono spaventose perché sono la dimostrazione di quanto tu sia solo una volta che tutte le persone di cui ti circondi fuori dalla porta sono tornate da chi le aspetta, loro, mentre tu eri fuori di casa giusto perché dentro stavi male. Le case vuote rimbombano, senti solo le tue urla quando stai male e i singhiozzi quando piangi, di risate non ne fai quindi non ne senti nemmeno. La casa vuota è deprimente, semplice.
Quindi io scappavao dalla mia per andare nella sua, così almeno eravamo in due con due pizze e ci divertivamo, e si rideva anche.
Il periodo perfetto è iniziato dopo che lui e Bushido si sono lasciati, naturalmente. A Fler non è mai andata completamente giù di tradirlo, ma lo ha sempre fatto comunque, forse perché non ci credeva nessuno – credetemi, nessuno – che a Bushido non interessasse più Bill. Cioè, io di questa storia me ne sono sempre fregato, come ho già detto, ma ci sono certe cose che vieni a sapere anche se non vuoi e quei due, cazzo, quei due erano sempre su tutti i giornali. Non passava un giorno senza che un qualche canale non riportasse anche quante volte il re dei re – tsk, che poi di questo bisognerebbe parlarne – e la sua principessa erano andati in bagno. Tutti sapevano che Bushido per Bill Kaulitz ci aveva perso la testa e nessuno si credeva che tornando non se lo sarebbe ripreso. E su questo posso pure capirlo, è così che funziona. Bill era roba sua, quindi è tornato e se l'è ripreso. Se poi Bushido voleva dire che con quello aveva chiuso, sta bene, uno può dire il cazzo che vuole, solo che quando dai aria alla bocca si vede, no? Quindi aveva senso che Fler non ci stesse proprio benissimo a tradirlo ma che non fosse neanche troppo contento di sapere che era una specie di ruota di scorta. Comunque poi Bill ha perso la brocca, si sono tutti persi di vista e io e Fler abbiamo avuto il nostro momento di gloria. Non è che ci siamo seduti e abbiamo deciso di avere una relazione, è successo che ce l'avevamo e basta, che poi è così che dovrebbe sempre andare. Quando le cose le decidi a tavolino, in pratica sono contratti ed è una cosa sfigata.
Allo stesso modo, mi sono praticamente trasferito da lui, ma non con l'intento di farlo; è stata una cosa un po' strana. Casa di Fler era il mio posto felice, mi seguite? Quello dove scappare quando casa mia era uno schifo – e casa mia lo è molto spesso – ma, come succede sempre quando ti trovi un posto del genere, uno in cui stai solo temporaneamente, dove non metti realmente radici, casa di Fler era anche un luogo che sembrava quasi impossibile, in cui avevo molte cose belle e nessuna responsabilità, forse anche perché lui non voleva darmele. Ed è assurdo pensare questo proprio adesso che sto da tutt'altra parte e forse è ancora più surreale, ma voglio andare con ordine perché ora che tocca a me parlare, voglio dire tutto quello che mi passa per la testa.
Questo stato di grazia è durato circa sei mesi, durante i quali io passavo i giorni feriali a casa mia, poi riempivo il mio vecchio zaino di qualche vestito e me ne andavo giusto un attimo prima che mio padre rientrasse e, siccome era già così ubriaco da non sapere nemmeno come si chiamasse, non si accorgeva che non c'ero, o anche se se ne accorgeva non c'era molto che potesse fare visto che non sapeva dov'ero e, quando tornavo, lui se n'era già andato. E' stato il periodo più felice della mia vita anche da un punto di vista fisico, ho passato mesi senza un livido, un record che non toccavo dalle elementari.
Ma niente dura in eterno, giusto? E soprattutto gli stronzi non si allontanano mai troppo, dunque un bel giorno è arrivata la disgrazia della mia esistenza, che non è mio padre ma Chakuza, il quale ha pensato bene di riprendersi ciò che credeva fosse suo (e non lo è!), e Fler invece di darmi il ben servito completo, ha pensto bene di diventare mia madre.
Ora che sono in questa situazione da qualche mese e che conosco Chakuza un po' meglio, improvvisamente capisco perché i ragazzini normali – quelli che hanno una famiglia, una madre che prepara per loro la colazione e un padre che gli dice di fare i compiti – passano metà della loro vita a sognare di vivere da soli per strada, è chiaro che le loro madri e i loro padri sono come questo nano qui. E allora sì che capisco perché pur avendo vestiti all'ultima moda, la playstation e tutti i cazzo di soldi che vogliono, questi sognano di scappare di casa e vivere sotto un ponte.
Come sono finito a vivere da Chakuza è una storia che a raccontarla non ci si crede, ma tendiamo a raccontarla poco perché, visto quello che implica, preferiamo non rischiare di finire nei guai. Tutto è cominciato dopo quello che è successo a mio padre. E, prima che continui, vorrei chiarire che io non vi dirò che mi dispiace, che non se lo meritava e che non avevo mai voluto che accadesse. Ho pianto perché era l'unica persona della mia famiglia che mi restava, ma visto quello che era, forse una famiglia così non l'ho mai voluta. Quindi al riguardo non dirò niente, così se poi cambiassi idea, se col tempo – come ti dicono in chiesa la domenica – s'impara a perdonare, allora forse non avrò parole di cui pentirmi, ma solo una persona da ricordare.
La notte in cui Fler è tornato a casa di Chakuza sporco di sangue, il tempo andava lentissimo. Ricordo che dopo averlo visto piangere ed essere tornato in salotto, le lancette dell'orologio non si muovevano più. Mi sono detto che ero libero, ma che siccome lo ero diventato in quel modo, la mattina non sarebbe mai arrivata e che sarebbe stata quella notte in eterno. Un pensiero un sacco idiota, però ne ero convinto. Fler ha rotto qualcosa, insieme alla testa di mio padre. Mi ci gioco la testa, mi dicevo, non può essere tutto così facile.
Il mattino è arrivato, però, e ad un certo punto è sembrato che il tempo volesse recuperare tutta quella parte di sé che s'era perso durante la notte. All'improvviso tutto ha ripreso a muoversi più veloce di prima.
Fler ha chiamato Bushido che si è messo in contatto con Ari, e quello nel giro della notte successiva ha ripulito casa mia. Non ho idea di cos'abbiano fatto con il corpo di mio padre, né dove lo abbiano portato. Ho solo chiesto che fosse seppellito in un posto vero, perché sapevo che mia madre non avrebbe mai voluto che finisse nel canale e, visto che visito la sua tomba ogni volta che posso, vorrei non dover mentire almeno a lei. Non c'era pericolo che qualcuno si accorgesse dell'assenza di mio padre visto che il palazzo in cui vivo è quasi disabitato e lui era quasi sempre sbronzo da qualche parte, ma era meglio che io non mi facessi vedere; avrei potuto stare da Fler ma lui ormai vive da Chakuza e non voleva lasciarmi da solo. Risultato? Mi ha portato a casa del nano.
Tra me e Chakuza c'è un odio profondo, generato principalmente dal fatto che lui è un cretino. Io lo odio come è giusto che faccia, dal momento che è inopportuno, noioso e portato a credere che Fler – una persona a cui lui non è degno nemmeno di legare le scarpe – sia di sua proprietà solo perché qualche anno fa, a causa di un qualche virus modificato, chiaramente derivante dal ceppo della meningite, Fler si è innamorato di lui. Chakuza, per questo motivo, dovrebbe dimostrare gratitudine al buon Dio, accendere candele nei tabernacoli della Madonna ed adorare tutti i Santi in colonna, invece di piombargli in casa una mattina a colazione, dopo sei mesi che non si vedevano, e chiedergli di uscire, come se ne avesse il potere, come se io non esistessi, come se il mondo girasse seguendo il potere nelle sue minuscole manine da gnomo della Terra di Mezzo. E invece lui in questo potere è così cretino da crederci, e per questo si permette di odiarmi, perché esisto, perché quando lui è arrivato non mi sono fatto da parte, stendendogli un tappeto rosso e dicendogli che il suo ritorno segnava certamente il mio abbandono per inadeguatezza.
Ho combattuto, ma era evidentemente una causa persa, e non perché lui sia meglio di me, ma solo perché Fler da questa meningite austriaca non si è mai ripreso. Così, quando Frodo è tornato da Monte Fato, lui non ci ha pensato due volte a scaricare me per tornare da lui.
Se devo essere onesto, Fler non ha fatto l'infame. Ha chiarito fin da subito con me come stavano le cose – d'altronde era impossibile non capirlo anche da solo, visto che il modo in cui l'intelligenza gli sparisce dagli occhi quando guarda Chakuza è inequivocabile, nonché indicativo dell'influenza negativa che quell'uomo ha su di lui – e riconosco che abbia cercato in tutti i modi di indorare la pillola, ma ad un certo punto anche vaffanculo. Mi capite? Per un certo periodo ho pensato che potevo anche chiuderla, in fondo non ci avevo mai sperato – forse sì, cominciavo a sperarci, ma solo poco – e potevo tornare da dove ero venuto. Avrei continuato per la mia strada e tanti saluti. L'ho fatto, naturalmente, non sono uno che si piange addosso io, ma poi mio padre ha perso la testa e ha cominciato a menarmi come e più di prima, forse per recuperare il tempo perso – e sono dovuto scappare, perché sono poche le cose che puoi fare quando tuo padre ti ha ammazzato di botte. Così sono tornato da Fler, lui si è incazzato, ha fatto quello di cui sopra ed ora eccomi qua a convivere con l'ottavo nano di Biancaneve.
Come vi dicevo, Chakuza è una piaga, una di quelle che ti fa venire voglia di essere solo al mondo, ma è anche subdolo perché non te ne accorgi finché non lo conosci abbastanza bene, e quando lo fai ormai è tardi sei finito. E' così che Fler dev'essere caduto, non c'è altra spiegazione.
Chakuza non sa parlare, è una di quelle persone capaci di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato anche se, per dire, si sta parlando del tempo. Tifa le squadre sbagliate quando guardiamo le partite, non sa i nomi delle attrici più fighe, ride alle battute sfigate, è una tragedia su tutta la linea. Per questo motivo, quando deve interagire con qualcuno, prepara da mangiare. Quando Fler me lo raccontava, io non ci credevo, pensavo che fosse uno dei suoi trip mentali secondo i quali in realtà Chakuza è una bella persona e, aldilà dei suoi molteplici e non trascurabili difetti, è anche simpatico, poi però ho scoperto che è vero. Qualunque cosa succeda, di qualunque problema stiamo parlando, da due lividi su un fianco a mio padre con la testa spaccata, lui ti propone di mangiare. E quando tu accetti, sconvolto, si innesca un meccanismo per cui tu vuoi che continui a farlo, perché il tuo cervello percepisce questa sua azione come positiva. Chakuza + Cibo = bene. Io credo che cucini servendosi di un qualche tipo di droga sintetica inodore, incolore e insapore che provoca dipendenza e uno stato di assuefazione.
Ad ogni modo, quando lui vede che un certo corso di azioni funziona, continua a ripetere quelle stesse azioni all'infinito perché gli capita così di rado di fare la cosa giusta che non può permettersi di ignorare i risultati positivi quando ne ha. E' programmato secondo una serie di situazioni che lui sa di poter gestire, qualunque cosa non rientri all'interno di schemi che ha già provato, finirà per scatenare l'inferno.
E questo, già a raccontarlo, è assolutamente delirante ma viverci in mezzo è perfino peggio.
Ad esempio, quando Fler mi ha portato a vivere qui, ha anche preteso che andassi a scuola, che non saltassi un giorno e possibilmente che prendessi pure dei bei voti perché, parole sue, l'ultima cosa che vogliamo è che un qualche assistente sociale chiami mio padre e gli dica che a scuola sono un disastro, o che proprio nemmeno ci vado. Ho dovuto accettare, anche perché non avevo molte alternative, così adesso dormo sul divano di Chakuza. Ogni mattina mi sveglio incazzato perché non si può davvero dormire su un divano, in una casa senza il riscaldamento e dover pure andare a scuola; e quando l'unica cosa che vorrei è poter imprecare e dire che la mia vita fa schifo, lui è già in piedi. In cucina. Che prepara la colazione.
Posso svegliarmi a qualsiasi ora, lui è già lì, ha già apparecchiato la penisola, ha già fatto il caffè e dal forno arriva un profumo di brioche fatte a mano che fa commuovere. E io nemmeno sapevo che odore avessero le brioche fatte a mano prima che le facesse lui!
La prima volta che è successo mi sono fermato sulla porta della cucina in pigiama, senza sapere nemmeno come mi chiamavo e, vedendo tutto quel ben di Dio, mi sono chiesto se non stesse preparando qualcosa per Fler, un gesto davvero di cattivo gusto da fare proprio davanti ai miei occhi. Insomma, se vuoi portargli la colazione a letto e fare i fidanzatini, aspetta almeno che sia uscito di casa, cazzo. Altrimenti tanto vale che mi scopi davanti, cioè, non so se mi spiego. E invece quello si gira e mi fa un mezzo sorriso storto e mi dice “Siediti e mangia, la colazione è quasi pronta.” Io vi giuro che ero convinto volesse avvelenarmi.
Invece no. Giorno dopo giorno mi ha preparato la colazione e, come se questo non fosse contemporaneamente la cosa più assurda, più inquietante, ma anche più carina che qualcuno abbia mai fatto per me, adesso so che accanto alla porta, insieme allo zaino, posso stare sicuro di trovare anche una busta di carta con dentro un panino per pranzo. Un panino sempre diverso. E siccome non tenta di avvelenarmi, non mi costringe a mangiare, non mi rinfaccia che si sveglia alle sei per preparare tutto e che, per giunta, il cibo è anche delizioso, non posso odiarlo. Voglio dire, posso stare qui a dire che è un cretino, che non si merita Fler e che, invece di tornare, poteva rimanere in Austria tra le mucche – sono tutte cose vere – ma che si sia ripreso o meno Fler, io non sono mai stato un suo problema, quindi avrebbe potuto benissimo non accettare di tenermi qui, o magari farlo come favore a Fler, ma senza necessariamente dovermi spedire a scuola ogni mattina con lo stomaco pieno e la certezza che mangerò sia a pranzo che a cena. Nessuno gli ha chiesto niente, naturalmente, ma come ho già detto lui non se ne lamenta mai, e questo fa sì che io mi trovi nell'assurda posizione di non poterlo davvero odiare e di essere incazzato con lui per questo. Cazzo, è perfino simpatico a volte, sarà che la mattina la parte spostata del suo cervello ancora non è sveglia, non lo so, ma mentre facciamo colazione ci capita di parlare e non è poi così male. Tutto ciò dev'essere profondamente sbagliato per qualche motivo, anche se adesso mi sfugge quale.
E questo è solo un esempio, potrei citarne altri, come ad esempio il fatto che tende a farmi sempre le solite tre domande quando rietro da scuola: Com'è andata? Hai fame? Hai sentito Fler? Che in realtà significano: Scopriranno l'omicidio di tuo padre? Hai fame? Tu e Fler avete ricominciato a scopare?, dove la seconda domanda rimane uguale perché in effetti è proprio quello che gli interessa sapere.
Chakuza sa che questo modo di porre le domande è legittimo, perciò le ripete così come sono, ogni giorno. E lo fa con un tempismo talmente preciso che, rientrando proprio in questo istante, io posso fare questo.
Apro la porta – Fler mi ha fatto avere le chiavi – e ho tutto il tempo di posare lo zaino, togliermi il giubbotto e le scarpe, prima di richiudermela alle spalle e farmi sentire. Chakuza come al solito è in cucina e sta parlando da solo o con il cibo che prepara, non so bene. “Daniel, sei tu?” Chiama.
“No, sono il fantasma dei Natali passati,” rispondo, entrando in cucina per raziare il tavolo che lui avrà sicuramente già apparecchiato con gli antipasti. Allungo subito le mani sul prosciutto, sul pane e anche sui cubetti di un formaggio stranissimo che non avevo mai visto prima. E' buono però.
Chakuza gira il sugo, con il grembiule legato in vita e uno strofinaccio sulla spalla. Se ci penso è assurdo che la maggior parte delle immagini mentali che ho di quest'uomo lo ritraggano esattamente così; se invece penso a quando canta... io credo di non averlo mai visto.
Si volta e, constatato con soddisfazione che sto facendo onore alla sua tavola, sgrana un po' gli occhi e le sue sopracciglia formano due archi perfetti, segno inequivocabile che il programma si sta avviando e sta per essere attivato. Aspetto solo che apra bocca, prima di fermarlo. “La preside mi ha chiamato nel suo ufficio,” dico seriamente, guardandolo mentre m'infilo in bocca un pezzetto di formaggio. “Dice che non vede mio padre da un imbarazzante colloquio del primo anno e che è assolutamente necessario che si incontrino, per discutere dei miei straordinari miglioramenti degli ultimi giorni.”
Lo vedo sbiancare e deglutire in quella maniera così evidente che se non fosse il figlio dell'allevatore di mucche che è, ma il delinquente che dovrebbe essere visto come si atteggia, lo avrebbero ammazzato già da un sacco di tempo, perché quello che gli passa per la testa – quando è un pensiero intelligente – glielo si legge chiaramente anche in faccia.
“Io comunque ho una fame da lupi, perché non ho pranzato. Dopo scuola ho fatto un salto da Fler per... aiutarlo con alcune cosette e ho perso il senso del tempo,” continuo, distogliendo lo sguardo solo un istante per inzuppare le carote tagliate a striscioline nella ciotolina della salsa. Quando torno a guardarlo alzo le mani e lo guardo con aria innocente. “Tranquillo, non ho disturbato gli altri all'Ersguterjunge. Eravamo solo io e lui.”
Chakuza si pulisce le mani così lentamente su quello strofinaccio che credo il tempo prenderà a scorrere al contrario. “Sei stato agli studi?” Chiede, cercando di fare il vago.
Io rimango con la carota a mezza strada tra la ciotola e la bocca. Mi pulisco uno sbuffo di salsa con la lingua, guardandolo con aria tranquilla, come se non avessi detto niente di strano. “E indovina un po' cos'abbiamo fatto? D'altronde per quale motivo avrei fame, altrimenti? E in tutto questo, mi toccherà mangiare velocemente perché, ironia della sorte, scopriranno dell'omicidio di mio padre perché vado troppo bene a scuola.”
Lui si siede, sempre con la solita lentezza, e non so quale delle notizie lo stia sconvolgendo di più, perché è vero che è geloso di Fler, ma in questa casa è quello che convive peggio con l'idea dell'omicidio. “Stai dicendo sul serio?” Mi chiede cauto.
Io perdo un po' di tempo a spilluzzicare ancora qualcosa e a deglutirlo, prima di sorridere. “No, naturalmente,” lo liquido con una risatina. “A scuola tutto normale, non ho la più pallida di dove sia Fler e ho fame perché ho diciotto anni e punto al metro e novanta. Ora possiamo cenare?”
“Tu sei un piccolo stronzo,” replica lui, tirandomi lo strofinaccio in faccia mentre mi piego in due dal ridere e quasi mi strozzo con la verdura cruda. “Mi hai fatto venire un infarto.”
Riesce a borbottare per tutto il tragitto dalla tavola al frigorifero e dal frigorifero alla pentola dove riprende a rimestare come la brutta imitazione della strega pelata di Biancaneve. “Comunque no, non possiamo ancora cenare,” risponde, quando finalmente smette di lamentarsi di me. “Fler sta arrivando. Aspettiamo lui.”
La frase sembra innocua soltanto per un attimo, il tempo che ci mettiamo a renderci conto che io sono tornato da scuola, lui ha cucinato per noi e – mi vengono i brividi solo a pensarci – Fler oggi ha lavorato e stiamo aspettando soltanto che torni per mangiare.
Le parole rimangono sospese nell'aria sopra le nostre teste, esattamente come le implicazioni che hanno generato, rendendo l'aria quasi irrespirabile. Chakuza dà la colpa al vapore dell'acqua che ha messo sul fuoco e va di corsa ad aprire la finestra. Ci guardiamo in imbarazzo, poi lui scoppia a ridere e io pure.
E' la cosa più cretina che potessimo pensare.

*

In questi ultimi giorni, io e Fler abbiamo parlato. Un po’. Suppongo sia normale, nel senso che per tre-quattro giorni, dopo il fatto, io a lui non mi ci sono nemmeno avvicinato. Non so perché, non è che non gli fossi grato, non ero arrabbiato, avevo solo paura. Di cosa, non saprei dirlo. Forse delle cose che cambiavano. Sapete, quando odi qualcuno, quando lo odi da tanto, tanto tempo, quando quel qualcuno s’è imposto nella tua vita tanto a lungo da diventarne una costante, anche se ti fa schifo averlo intorno, il pensiero di non averlo più è terrificante. Non avere più mio padre significava per me un sacco di cose, un sacco di cambiamenti, e la prospettiva di doverli affrontare mi faceva paura. Così, quando Fler è tornato e io ho capito, è stato difficile riuscire a guardarlo in faccia. Gli dovevo molto, ma aveva anche appena gettato la mia vita nel caos. Non sapevo come affrontarlo, perciò è stato lui ad affrontare me, quando s’è stufato dei silenzi e dei saluti di circostanza, immagino.
Quella sera Chakuza non c’era, quindi suppongo che Fler gli abbia chiesto di levarsi dalle palle per un po’, perché quello, se non è obbligato, questa casa non la molla mica, manco fosse una reggia, e men che mai la mollerebbe sapendo di lasciarci soli con la possibilità di fare potenzialmente di tutto e scopare selvaggiamente su ogni superficie disponibile.
Comunque, quella sera lì era uscito, di sua iniziativa o su gentile richiesta non lo so e nemmeno mi interessa. Fatto sta che io stavo mangiucchiando un tramezzino al tonno davanti alla tv e a un certo punto sento il divano che sbuffa, mi volto e c’è Fler seduto accanto a me con l’espressione dei Momenti Seri sulla faccia. Sta tutto reclinato in avanti, i gomiti sulle ginocchia e le sopracciglia inarcate verso il basso in una posa apprensiva. Io mando giù quel che resta del tramezzino in un morso e sbuffo.
- Piantala di guardarmi in quel modo. – faccio, - Che ti prende?
Fler sospira, grattandosi nervosamente la nuca.
- Mi sono ricordato che fra poco fai diciott’anni. – mi dice. In quel momento me lo ricordo anch’io, ed è straniante. Uno pensa che il proprio compleanno non possa mai passarti inosservato, voglio dire, è del tuo compleanno che si parla, ovvio che ti ricordi quand’è, ma a me era proprio sfuggito di mente. L’ho guardato con due occhi enormi e il primo istinto è stato di rispondergli “no, ti sbagli, guarda che c’è ancora tempo”, ma la realtà era che non si sbagliava per niente, anzi, aveva proprio ragione, il mio compleanno sarebbe stato da lì a pochi giorni. Perciò, visto che non voglio rispondere perché mi sentirei ridicolo a farlo, resto in silenzio e lo ascolto. – Me lo sono ricordato quando sono entrato in casa tua. – mi fa, e io tremo. Non voglio che mi parli di questa cosa, ma da un lato so che non posso proprio risparmiarmelo, perciò cerco quantomeno di fare in modo che sia una cosa breve, ed annuisco, invitandolo a proseguire. – Voglio che tu sappia perché l’ho fatto. – mi dice, dopo un’esitazione minima. Io continuo a non rispondere e stavolta non mi muovo nemmeno. – Quando compi diciott’anni, - continua lui, serissimo, - diventi un uomo. E gli uomini sono liberi. Gli uomini sono liberi e nessuno… - esita ancora, abbassando lo sguardo, - nessuno ha il diritto di picchiarli.
- Neanche i bambini. – dico a quel punto, trattenendo il respiro. Sento tutto il sangue defluire dalla faccia e vedo nei suoi occhi che questo mio impallidire improvviso lo preoccupa. Il punto è che è una cosa che volevo dire da un sacco di tempo. Mi sarebbe piaciuto dirlo a mio padre. Che cazzo di diritto avevi di farlo?, che cazzo di diritto avevi? Ma non l’ho mai fatto.
Fler comunque annuisce, allungando una mano. Io la afferro con violenza, quasi volessi aggrapparmici.
- Neanche i bambini, ma quello non ho fatto in tempo ad evitarlo. – dice, - Ma per i diciott’anni dovevo. Non potevo permettere che andasse diversamente. Lo capisci questo? – mi chiede. E io lo capisco sì, solo che non riesco a parlare. Perciò mi limito ad annuire.
Da lì in poi le cose sono andate meglio. Ogni tanto succede che tu hai bisogno di sentirti dire qualcosa e non sai cosa, perciò non sai nemmeno dove andarla a cercare. Il più delle volte finisce che nessuno riesce a dirtela e tu dopo un po’ te la butti alle spalle – ma lo spazio vuoto, quello resta sempre – ma io sono stato fortunato. Il che è anche logico, perché voglio dire, con una vita come la mia uno dopo un po’ comincia anche a chiederselo quando comincerà a girare la fottuta ruota del karma. Che è una cosa che peraltro ho detto a Chakuza una sera che stavamo sbocconcellando pop corn guardando Orgoglio e Pregiudizio – lo sceneggiato della BBC, ovviamente, non quella cagata con la Knightley che, per inciso, non si può nemmeno guardare in faccia – e Fler ronfava tutto raggomitolato sulla sua poltrona. Quella sera Chakuza s’è messo a ridere e mi ha detto che per lui il karma è una cazzata che la gente si inventa per rassicurarsi sul fatto che anche se le cose vanno male prima o poi miglioreranno. Lui non è di quest’avviso. Lui crede solo nella sfiga. Però ha aggiunto che avrei dovuto discuterne con Jost, lui avrebbe saputo essermi di conforto in quel senso. Io l’ho mandato a cagare e Fler pure, così, nel dormiveglia.
Insomma, mi sono sentito bene. Sollevato. Una bella sensazione. Di quelle che puoi portarti dietro per giorni. E i giorni, fino al mio compleanno, sembrano volare veloci mentre mi rendo conto che probabilmente si tratterà del mio compleanno migliore da tanto, tanto tempo. Non avrò una vera e propria festa perché naturalmente non posso invitare qui i miei vecchi amici del ghetto, un po’ perché mi odiano ma un po’ anche perché io odio loro, e soprattutto perché li odia Fler che li conosce e anche Chakuza che invece non ha bisogno di conoscerli per odiarli lo stesso, e d’altronde un party a casa di Bushido circondato da rapper che per lo più mi stanno sul cazzo non era neanche proponibile, tanto più che pare che la principessa di casa mi odi perché ho osato mettere le mani sulla sua migliore amica allontanandola da quello che lei ritiene sia il partito più giusto per lei, cioè Chakuza, e minacciando così la serenità della sua corte, ma rispetto ai miei ultimi compleanni sarà comunque una gran cosa, anche se a festeggiare saremo solo io, Fler e Chakuza.
Quest’ultimo, peraltro, s’è svegliato stamattina stabilendo che mai e poi mai avrebbe permesso che in casa sua entrasse una torta di pasticceria, perciò mentre Fler è uscito per andare a fare non so bene cosa lui mi ha afferrato per la collottola e mi ha portato in giro per supermercati in cerca degli ingredienti adatti per la cena e il dolce. E quando dico supermercati non sto usando plurali a casaccio. Perché se lui entra in un supermercato e vede che non c’è la marmellata biologica senza zucchero di prugne Regina Claudia che cerca, non è che ripiega sul tipo di marmellata che gli assomiglia di più o su una seconda scelta qualsiasi, no!, lui quella vuole e quella avrà, quindi è capace di girarsi anche tre o quattro supermercati nel quartiere per trovarla, e se non la trova lì è perfettamente in grado di cambiare anche zona della città o spingersi verso qualche mega-centro commerciale in periferia, quando la situazione si fa proprio disperata.
In genere tutte queste cose le fa fortunatamente in mia assenza, ma visto che oggi è il mio compleanno gli è sembrato giusto farmi espiare il peccato di essere venuto al mondo torturandomi, perciò mi ha portato con sé, il che vuol dire che siamo usciti al mattino verso mezzogiorno e siamo rientrati alle sei del pomeriggio, che già di fuori faceva buio. Una roba insopportabile.
Al momento, lui è di là in cucina che cinguetta come un passero, incarnazione su due zampe tozze della felicità, mentre io sto seduto sul divano piegato in due sul tavolino basso che squadro con astio i compiti per domani chiedendomi a cosa serva compiere gli anni nel mezzo della settimana se questo non ti permette di risparmiarti i compiti. Non è una giustificazione sufficiente il fatto di diventare adulto? “Ieri non ho potuto finire gli esercizi di matematica, professore. Stavo diventando grande.” Suona bene, come giustificazione, ha perfino senso perché “diventare grande” sembra una cosa molto più complessa e impegnativa di “dovevo portare il cane a fare una passeggiata” o “l’attuale uomo del mio ex ha portato me a fare una passeggiata”. Però devo dire che anche quest’ultima suona bene. Mi sa che i libri li metto via e domani a Herr Ochsenknecht gli rifilo questo, come scusa. Se anche non dovesse crederci, non solo potrei giurare che è vero, ma potrei anche chiamare Chakuza ed obbligarlo a confermare la mia versione. Sì, è perfetto.
Mentre sono qui che ridacchio malignamente ignorando Chakuza che, dalla cucina, mi chiede quale sia la mia posizione politica e umana nei confronti degli sbuffi di panna decorativi e se possa ideologicamente accettare di vedere questi sbuffi decorati da Smarties quando invece sarebbe più ontologicamente corretto che fossero accompagnati da ciliegie, Fler rientra in casa, annunciandosi a gran voce.
- Buon compleanno! – mi saluta, tirandomi su di peso e stritolandomi mentre io mi dimeno come un’anguilla implorandolo di mollarmi prima di sferrargli un calcio involontario nelle palle. Lui mi mette giù ridendo, ed è la prima volta che lo vedo così di buonumore da giorni. – Chaku? – domanda con un gran sorriso. Io indico la cucina con il pollice.
- Tiene in ostaggio tre piani di pan di spagna e mezzo chilo di glassa al cioccolato. – rispondo, - Prigionieri politici, pare. Credo che abbiano già inviato un telegramma all’ambasciata di Dolcilandia per ricevere i primi aiuti e trovare un negoziatore disposto ad assumersi la responsabilità della trattativa.
Fler si mette a ridere ad alta voce, chinandosi a poggiare un tavolo una cartella beige, un colore tristissimo e spentissimo, senza niente scritto sopra. Io le lancio un’occhiata preoccupata, Fler se ne accorge e le lascia scivolare sopra un paio di riviste di cui una, mi accorgo, pornografica, ma risalente ad un’era geologica precedente in cui per fare la pornostar non era fondamentale essere completamente glabre.
Mi imbroncio. Non per la rivista, naturalmente, e non perché mi faccia fatica spostarla ed appropriarmi della cartella per sbirciare il suo contenuto, ma perché con questo gesto Fler mi ha chiaramente lasciato intendere che non vuole che metta le mani su ciò che c’è dentro. Il che vuol dire che o non sono affari miei, o sono affari miei ma vuole essere lui a parlarmene prima di lasciarmi vedere coi miei occhi. Ed è questa l’ipotesi che mi spaventa.
- Chaku, è pronta quella torta? – gli sento chiedere mentre si avvia verso la cucina. Io mi lascio ricadere sul divano e fisso la rivista porno, ma in realtà non sto fissando lei, sto fissando il punto sotto di lei che non posso vedere perché c’è lei posata sopra.
- Buonasera anche a te, eh. – sbuffa Chakuza, - Comunque sì. Portala di là mentre io recupero le candeline.
Fler ride e sento lo schiocco di un bacio seguito da quello più ovattato di un ceffone contro una spalla o qualcosa di simile, e poi ancora le risate di Fler, e i suoi passi, poco prima che la torta si posi come scendendo in volo sulla parte di tavolino che io non sono occupato a fissare.
- Danny, guarda che bella. – dice Fler. Io mugugno qualcosa ma non sposto gli occhi da lì, e lui sospira, rassegnato, mettendosi a sedere sulla poltrona.
- Prego, Daniel, - sbotta Chakuza, acido, apparendo accanto a me e cominciando a piantare candeline sulla sommità della torta con precisione quasi marziale, - è stata una fatica farla così bella in così poco tempo, ma non sentirti in dovere di— che razza di roba stai guardando?! – strilla oltraggiato, mandando all’aria la mezza dozzina di candeline che ancora tiene in mano ed allungandosi precipitosamente a sottrarre la rivista da sotto il mio sguardo. Io mi volto verso di lui, lo squadro, è paonazzo. Non ho idea del perché, ma mi sembra che il tempo, attorno a me, abbia preso a muoversi più lentamente.
Torno a guardare la cartellina, Chakuza non si è accorto che è quella che mi interessava, e non certo l’enorme paio di tette che campeggiava sulla copertina di quel suo giornalaccio da due soldi. Allungo un braccio, e mi sembra quasi di esserci, di poterla toccare, quando la mano di Fler si posa sulla copertina, impedendomi di afferrarla. Sollevo gli occhi su di lui, aggrottando le sopracciglia. Lui sorride pacifico, un po’ incerto, forse, ma allegro.
- …ok, che succede? – domanda Chakuza, sedendosi al mio fianco con uno sbuffo preoccupato.
Fler prende la cartellina fra le mani e se la appoggia in grembo, continuando a guardarmi per tutto il tempo. La apre e poi sfoglia i documenti che contiene, cercandone apparentemente uno in particolare.
- Dopo quello che è successo… - comincia vago, - è impensabile lasciarti andare in giro da solo. Tuo padre, pare, aveva un’assicurazione sulla vita, e—
- Non li voglio i suoi soldi di merda. – sillabo io, quasi offeso dal fatto che lui abbia potuto anche solo pensarlo. Preferirei andare a vivere per strada, in un cassonetto dell’immondizia, piuttosto che sopravvivere anche dignitosamente sapendo di stare usando i soldi di mio padre.
- Lo immaginavo, - sorride, - ma è comunque possibile che la compagnia assicurativa faccia qualche indagine. Che ti cerchino, ti trovino e ti facciano qualche domanda, e noi non vogliamo che questo accada. Ci stiamo muovendo perché questa cosa possa essere evitata, ma—
- Ci stiamo muovendo? – si intromette Chakuza, ora pallido come un cencio, - Chi si sta muovendo?
- Non lo conosci, Chaku. – taglia corto Fler, scacciando la sua curiosità con un cenno della mano, - Ed è meglio così. Oltretutto, questa cosa non ti riguarda.
- Mi riguarda eccome! – strilla lui, - Se non te ne sei accorto, è in questa casa che vive Daniel! Non in casa tua, non in casa di Bushido, né in casa di nessuno degli altri che, immagino, si stiano muovendo in questo momento, perciò—
- Non ho detto che Danny non è affar tuo. – lo interrompe Fler, duro, serissimo, la voce senza ferma e solida come un blocco di cemento, e ugualmente pesante. – Solo che non è affar tuo il modo in cui ci muoveremo per evitare che ci siano problemi. Non farmi altre domande al riguardo, Chaku, - aggiunge con un sospiro e un’espressione più morbida e conciliante, - sai che potrei risponderti solo con cose che ti farebbero arrabbiare. – conclude, provando a sorridere. Chakuza si rifugia in un angolo del divano, le braccia conserte sul petto, le sopracciglia aggrottate. Guarda altrove e chissà su quante cose sta rimuginando in quella sua testa senza un pelo. Io, invece, ne voglio sapere una soltanto.
- Cos’è che stai cercando di dirmi, Fler? – chiedo, guardandolo dritto negli occhi, e poi trattengo il respiro.
Lui si azzarda a sorridere appena, tornando a guardare me. Vedo i suoi occhi allontanarsi da Chakuza con riluttanza, e per la prima volta mi trovo a sperare che possano chiarire questa faccenda fra di loro, più tardi. Questi due litigano piuttosto spesso, e devo dire che per me è molto divertente starli a guardare mentre succede. Non so perché stavolta invece la rabbia di Chakuza e l’evidente tristezza di Fler mi turbino così profondamente, è la prima volta che accade.
- Ho pensato di fare le cose per bene. – dice quindi, tirando fuori un plico di fogli tenuto insieme da una graffetta e porgendomeli. È un tipo di documento che non ho mai visto prima in vita mia. Non che mi sia capitato spesso di avere roba burocratica per le mani, ma si vede lontano un miglio che questa è una di quelle cose che non si vedono spesso. E che, in questa circostanza, non si dovrebbe vedere affatto.
- Documenti per l’adozione… - annaspo, scorrendoli velocemente. Le lettere sembrano sciogliersi e mescolarsi, tanto che dopo un po’ sul foglio vedo solo indistinte macchie grigie. – Ma cosa…
- Naturalmente, - riprende Fler, stringendosi nelle spalle, - visto che sei maggiorenne, se sei d’accordo serviranno un po’ di firme. E… Chaku. – dice a bassa voce, voltandosi verso di lui. Lo trova che lui già lo guarda, occhi sbarrati, labbra dischiuse, cinereo, terrorizzato. – Tu non devi per forza essere coinvolto in questa cosa. – lo rassicura con un mezzo sorriso, - Non te ne ho parlato prima perché non sapevo se fosse possibile e non volevo illudere nessuno… o mandarti in paranoia senza un perché. Non sei obbligato, ma mi piacerebbe che tu… cioè, non avresti alcuna responsabilità legale, ovviamente, ma—
- Ho capito. – sillaba lui, a corto di fiato. Lo vedo che deglutisce due, tre, quattro volte, a vuoto, e poi annuisce. – Ho capito cosa intendi. – e poi si volta a guardarmi, solo per un attimo, come per rassicurarsi sulla bontà della propria decisione, prima di tornare a guardare Fler. – Va bene.
Io guardo prima l’uno e poi l’altro e non riesco a respirare. Continuo a vedere tutto sbiadito ma non mi sfiora neanche la possibilità di stare piangendo. Ho l’impressione che sia solo confusione mentale, e resto ancorato a quell’impressione finché non sento le lacrime scivolare sulle mie guance che scottano. Chakuza resta immobile, evidentemente ancora troppo pietrificato per provare a muoversi, e Fler si limita a chinarsi appena verso di me, appoggiandomi una mano sulla schiena curva ed accarezzandomi lentamente lungo la linea della colonna vertebrale. Sento la sua mano sobbalzare a tratti e capisco solo dopo che è perché sto singhiozzando così forte da scuotermi tutto.
- Perché? – chiedo dopo un po’, quando riesco a sciogliere la lingua abbastanza da mettere in fila le lettere. Fler sembra quasi sorpreso, dalla mia domanda. A me sembra così legittima, invece. Mi sembra tutto così assurdo, mi sembra così impensabile che qualcuno possa volersi far carico di un soggetto come me, soprattutto quando rappresento qualcosa di molto più problematico di un semplice ragazzino solitario. Nel momento in cui io sono un ex amante, sono un ex criminale, sono il figlio dell’uomo che hai ucciso, sono la ragione per la quale quell’uomo è stato ucciso, perché? È l’unica domanda che mi rimbomba nella testa, e la ripeto in un sussurro quando Fler pare così preso alla sprovvista da non sapere nemmeno cosa rispondermi.
Lui e Chakuza si lanciano un’occhiata breve ma intensa, e quando lo vedo tornare a posarmi gli occhi addosso sento che per l’ansia e la paura di sentirmi dire qualcosa di spiacevole potrebbe esplodermi il cuore.
- Ma come perché? – dice invece lui, stringendosi nelle spalle con aria quasi remissiva, - Perché ti vogliamo bene.
E io non so perché mi metto a piangere ancora più forte. Dovrei smettere, e invece ho solo voglia di piangere ancora e ancora e ancora. Perché? Perché ti vogliamo bene.
È la risposta più ovvia del mondo, ma io non ero nemmeno riuscito a concepirla. Spero che Fler e Chakuza possano insegnarmi a darla per scontata, da oggi in poi.
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