Genere: Introspettivo.
Pairing: Karkat/Gamzee.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: AU, Slash, Lemon, Blood, Violence, Spoiler per l'Act5.
- "Karkat entra all’interno dell’appartamento solo quando smette di sentire le urla e i tonfi."
Note: Scritta per il Carnevale delle Lande su prompt Serial killer!AU.
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EVERYTIME I'M LOST, I'M ALWAYS FINDING MY WAY BACK TO YOU

Karkat entra all’interno dell’appartamento solo quando smette di sentire le urla e i tonfi. Si è prodigato in una serie di smorfie che nessuno ha visto, per tutto il tempo, chiedendosi perché Gamzee non potesse, per una volta, essere discreto, ma ha finito per rispondersi da solo. Gamzee non è mai discreto, non è mai tranquillo, non è mai silenzioso, ecco perché li mandano sempre assieme. Sono tutti convinti che sia Gamzee, fra loro due, a fare “il lavoro sporco”, ma nessuno si è mai chiesto quanto sporco fosse il suo, di lavoro. Danno per scontato che lui risolva problemi di cui loro non sono nemmeno a conoscenza, e questo perché se lo fossero probabilmente finirebbero a far rinchiudere Gamzee in qualche gabbia di matti, e Karkat non può lasciare che questo succeda. Per cui, dove Gamzee non può essere discreto, tocca a Karkat compensare.
L’ingresso dell’appartamento è una stanzetta claustrofobica a pianta quadrata. I soffitti sono bassi, qui come – Karkat immagina – in tutto il resto della casa. Si concede una smorfia nel vedere macchie di sangue sparse un po’ ovunque, sulle pareti, naturalmente, a imbrattare la carta da parati vecchia e ingiallita, ma anche sul soffitto, a rapprendersi sull’intonaco bianco.
Il respiro affannoso di Gamzee si sente fin là.
Karkat avanza un passo dopo l’altro, con cautela. Quando Gamzee è in queste condizioni, non si può mai sapere cosa combinerà. Ogni tanto lo riconosce, ma spesso è successo che Karkat dovesse prendersi una buona mezz’ora per riportarlo in sé a suon di ceffoni, prima di poterlo trascinare via.
Nel corridoio c’è il cadavere di un uomo a cui è stata strappata di netto la testa dal collo. Il corpo esanime giace riverso in una pozza di sangue, e la testa è rotolata così lontano che Karkat non riesce a vederla. O forse, pensa con un brivido, Gamzee l’ha tenuta con sé. Dio, questa sua assurda passione per le teste decapitate è una roba agghiacciante.
- Gamzee. – lo chiama a bassa voce, entrando nell’unica stanza la cui porta sia aperta. Lui non risponde, ma se non altro sembra tranquillo. È voltato verso la finestra, la serranda è alzata e la luce del sole, filtrando attraverso il vetro, lo illumina e lo riscalda. Gamzee ha gli occhi aperti e fissa i ghirigori che ha disegnato spargendo con le proprie dita il sangue delle sue vittime su e giù per la superficie liscia e trasparente. Sembra molto soddisfatto di se stesso. – Dio, di nuovo… - si lamenta Karkat, sospirando rassegnato, - Giuro che ogni tanto mi sembri come quei bambini che, per quanto li rimproveri, continuano a disegnare coi pastelli a cera sulle pareti.
Gamzee non emette un suono, e Karkat decide che può anche occuparsene dopo.
Si volta verso l’unico elemento di arredamento contenuto nella stanza, una vecchia scrivania da pochi soldi, smaltata ma rovinata in più punti, sul piano della quale Gamzee ha disposto ordinatamente le teste di tutte le sue vittime, i cui corpi giacciono invece sparsi per tutto il perimetro della stanza in cui si trovano adesso ed anche – Karkat ipotizza – di tutte le altre stanze della casa, considerato il fatto che il numero dei cadaveri presenti non corrisponde al numero delle teste.
- Sai, questa cosa è inutilmente inquietante. – commenta, incrociando le braccia sul petto, - A cosa ti serve metterle in ordine? Non puoi trattarle come trofei, non puoi mica portarle a casa.
L’idea un po’ lo diverte, perché sa che a Gamzee piacerebbe avere una mensola sulla quale disporre tutti i suoi macabri souvenir, e si lascia sfuggire un mezzo sorriso che però ha appena il tempo di passargli come un’ombra sulle labbra, prima di venire spazzato via: Gamzee gli si avvicina di soppiatto, allacciandogli le braccia al collo e premendosi contro di lui. Nessuna bugia che Karkat possa raccontarsi in questo momento sarebbe sufficiente a cancellare l’evidenza dell’eccitazione di Gamzee che, attraverso i vestiti, preme contro le sue natiche.
- Oh, Dio, no. – si lamenta, cercando di allontanarsi da lui, - Gamzee, ti prego.
Ma Gamzee non risponde, Gamzee probabilmente nemmeno lo sente, mentre lo costringe a voltarsi e poi preme con forza le proprie labbra sulle sue, costringendole a dischiudersi e ad accogliere la propria lingua.
Karkat si lascia sfuggire un gemito infastidito, cercando invano di voltarsi per sfuggirgli, ma Gamzee lo tiene ancorato a sé, spinge tutto il peso del proprio corpo contro il suo e, quando lo sente arrendersi sotto le sue mani, lo solleva per i fianchi, issandolo senza grazia sul tavolo. Un paio di teste rotolano giù quando Karkat, agitando le braccia per trovare un appiglio, le colpisce senza neanche accorgersene.
- Gamzee, ma che cazzo. – borbotta contro le sue labbra, mentre le suo mani corrono svelte a sbottonare i pantaloni, prima che Gamzee glieli strappi di dosso facendoli a brandelli, - Questa cosa non può continuare.
Gamzee gli sorride addosso, le labbra umide che lasciano tracce di sangue e saliva sul collo di Karkat mentre ne risalgono la curva. Continua a non parlare, e Karkat non ha più voglia di farlo neanche lui, tanto sa già che sarebbe inutile. Ormai non può più riportarlo indietro con le parole.
Lo accoglie fra le gambe con un gemito infastidito, perché Gamzee non ha grazia né riguardo, quando è fuori di sé, non si preoccupa minimamente di quanto male potrebbe fargli, e solo l’abitudine che ormai Karkat ha sviluppato nei confronti dei suoi modi spicci riesce ancora a tenerli uniti.
Gamzee affonda nel suo corpo con un ringhio che non ha niente di umano, e Karkat getta indietro il capo, stringendo le dita attorno alla propria erezione per accarezzarsi bruscamente mentre insegue col proprio bacino le spinte di Gamzee, che gli ansima sulle labbra, gli occhi chiusi, i capelli scompigliati, le tracce del trucco ridicolo che utilizza per terrorizzare a morte le sue vittime ormai tutte sbavate attorno ai suoi occhi e alle sue labbra. C’è sangue ovunque, e se Karkat socchiude gli occhi, attraverso il velo di lacrime di dolore e piacere, riesce a vedere solo rosso.
Gamzee si spinge dentro di lui un’ultima volta, con violenza. Karkat strilla e poi stringe le braccia attorno alle sue spalle mentre lo sente venire dentro di sé, e poi cominciare a strillare a propria volta.
- Ssh… - mormora, accarezzandogli lentamente la testa e il collo, - Ssh, Gamzee.
Le urla di Gamzee si fanno meno rumorose, più rauche e stanche, e Karkat lo stringe a sé, cullandolo come un bambino. In momenti come questi, momenti in cui i problemi che Gamzee ha nella testa si mostrano così evidenti, lo rendono prigioniero e lo abbandonano rivoltato dall’interno, c’è sempre solo una cosa che Karkat vorrebbe fare. Prendere Gamzee e portarlo via. Via dall’organizzazione, dalla vita che conducono, dagli omicidi, dal sangue.
Sa che la via che hanno imboccato è senza uscita, ma non riesce a costringersi a smettere di sperare che un giorno potranno scapparne via.
- Ce l’hai fatta di nuovo, fratello. – sussurra Gamzee, appoggiandoglisi contro, esausto. Karkat si lascia stringere, chiudendo le gambe attorno ai suoi fianchi magri per trattenerlo il più possibile dentro di sé. – Mi hai riportato indietro un’altra volta. Che fottuto miracolo.
Karkat sorride appena, strusciando la punta del naso contro la curva del suo collo. Fra pochi minuti dovranno separarsi, ripulire e tornare alla base.
Non adesso, però.
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