Genere: Introspettivo.
Pairing: Bill/Bushido, Bill/Tom (accennato).
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Angst, Incest (accennato), Slash.
- La relazione più pubblica dello showbiz tedesco è, in realtà, un affare molto privato. Tanto privato che Bill e Bushido, quando stanno nello stesso posto, devono pure stare almeno a una decina di metri di distanza l'uno dall'altro. Maledicendo ogni centimetro di quei metri - e le due zoccole che si sono avvinghiate al suo uomo - Bill ci racconta dei lati positivi e di quelli negativi della sua situazione sentimentale. Posto che i primi esistano e che i secondi abbiano importanza, naturalmente.
Note: Il mio coefficiente di inutilità aumenta di giorno in giorno. È una cosa scioccante XD L’ispirazione per questa vaccatina emoangst di quattro pagine, comunque, è arrivata guardando un video di Bushido con due groupie. È in realtà un video piuttosto divertente – le due sono due zoccole fatte e finite, ma il Bu è più o meno comico. Per quanto possa essere comico un uomo circondato da figa che sa ne beccherà pure un bel po’ durante la notte. – ma ovviamente io guardandolo ho ringhiato perché la situazione in sé è irritante da morire XD I motivi sono illogici e irrazionali e stupidamente innamorati, quindi ve li risparmio u.u Però ne è venuto fuori Bill, con una prepotenza che aveva dell’assurdo. Ed io ho ritenuto opportuno dargli soddisfazione è_é
Il twincest non era volontario. Giuro O_O” Ma tanto ormai ho smesso di chiedermi perché i miei personaggi agiscano in un modo piuttosto che in un altro. È palese che non hanno motivi -.-“
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EIN GANZER MANN

Le troie sono due. Accucciato sul divano, stretto al proprio fratello come se da lui dipendesse la sua capacità di rimanere ancorato al mondo reale, per non scivolare in una rabbia irrazionale che – lo sa – sarebbe semplicemente l’inizio della fine del mondo, Bill le guarda. E le conta.
Le troie sono due. Una bionda ed una mora, come a dire: una per ogni gusto, senza possibilità di rimanere insoddisfatti. La classica cosa che farebbe oltremodo felice Tom, Bill sa anche questo, ma Tom stasera è gentile e gli sta attaccato come una patella allo scoglio, perché comprende che, se si allontanasse anche lui, poi Bill resterebbe senza ancore. E la rabbia di cui sopra comincerebbe a scorrere libera, tracimerebbe gli argini, gli saetterebbe fuori dagli occhi, e poi valla a riprendere. Valla a fermare. Non sopravvivrebbe nessuno perché, a costo di far fuori tutto l’intero locale, Bill cancellerebbe ogni traccia di quell’umiliazione inferta inconsapevolmente.
Le troie sono due e stanno attaccate ad Anis – a Bushido, Bushido, in pubblico è Bushido. Ed anche quando lo fa incazzare è Bushido. Anis è un nome per altre occasioni. Occasioni di cui al momento non gli interessa ricordare l’esistenza. Comunque gli stanno attaccate nello stesso preciso e identico modo in cui lui sta attaccato a Tom, ma ci sono delle piccole differenze.
Tanto per cominciare, le troie sono appunto due. Lui è uno solo. Uno solo e pure un po’ troppo magro qui e là per ricordare anche vagamente una sola di loro. Oltretutto, sono simili solo le pose: le troie abbracciano Anis perché vogliono essere scopate; Bill abbraccia Tom perché se non lo abbracciasse scoppierebbe a piangere di gelosia.
Le due troie – che sono comunque sempre ancora due, cazzo, è solo, Bushido? Non c’è qualche altro gangsta rapper cui attaccarsi per spogliarlo con gli occhi e anche con le mani, se capita? – si avvolgono attorno al suo corpo come fossero nate apposta, incastrandosi perfettamente e riempiendo di morbidezze le asperità un po’ spigolose del corpo magro del suo uomo. Il fatto che Anis fosse muscoloso ma magro l’ha sempre fatto impazzire, prima di questo momento: adesso lo odia e basta perché si rende conto che un corpo così è un corpo fatto apposta per essere toccato. E coperto. Da altri corpi. Altri corpi che non sono il suo, però, tant’è vero che lui ed Anis quando fanno l’amore non scopano, no, collidono. Ed è bello tanto quanto fa male.
Bill si agita sul posto e suo fratello stringe la presa attorno alle sue spalle.
- Calma, Billi… - ed è un tono da domatore, che lo farebbe infuriare, in qualsiasi altra occasione. Stasera no, però, perché ha davvero bisogno di essere domato.
Bill si lascia andare alla stretta ed abbassa gli occhi. Le palpebre scendono appena, c’è qualcosa che gli solletica le ciglia ma non la lascerà cadere. Non ha motivo di piangere. Non ha proprio nessun motivo di piangere.
Annuisce.
- Sto bene. – sputa fuori in un mezzo singhiozzo.
Tom gli sorride teneramente e stringe ancora un po’ la presa.
- Posso partire con le classiche rassicurazioni di rito?
Bill lo guarda senza capire, arricciando un po’ il naso. Tom ride a mezza voce e si china a lasciargli un bacino sulla punta.
- Punto primo: non sta facendo niente di male. Punto secondo: sono loro le troie. Punto terzo: sai che non significa nulla. Punto quarto: sai anche che preferirebbe stare qui piuttosto che dov’è.
Bill si costringe ad un sorriso e spera che Tom non noti la forzatura.
Si rifiuta di ribattere “il problema è che non c’è. Vorrebbe, forse, ma non c’è. Quindi, se anche vuole, non m’interessa”.
Come seguisse il copione mentale di Tom, comunque, o come se volesse dimostrare qualcosa a Bill, Anis mostra segni di insofferenza. Si districa dall’intreccio di corpi morbidi, si allunga verso il tavolino, afferra il bicchiere col drink colorato. Sta lì, si china a parlare con uno dei suoi, agita la mano – il ghiaccio tintinna ripetutamente contro le pareti di vetro, Bill sente solo quello – esita un po’ prima di tornare a poggiare la schiena contro i cuscini del divano.
Per un attimo, Bill s’illude che si alzerà in piedi ed andrà via. Sarebbe meglio non vederlo più per tutto il resto della serata, che non continuare a vederlo così.
Le illusioni non si avverano ed Anis – sempre Bushido. Come le troie sono sempre due – torna composto. Come ubbidendo ad ordini superiori, le troie tornano ad avvolgerlo nelle loro spire. Bill le vede sorridersi l’un l’altra con aria maliziosa, mentre fanno scivolare le mani sul suo petto.
Bushido ride e scuote il capo. Recupera le mani di entrambe e se le scosta di dosso.
- Sono troppo appiccicose, vedi? – dice Tom, che sta fissando la scena col suo stesso occhio critico, - Le sta mandando via.
Ed invece no, Bill lo sa. Non le manda via. Bushido non le manda mai via. Se sia una questione di apparenze o di orgoglio o di uniformarsi al resto della crew – perché, ora che si guarda in giro, le vede, Bill, le vede le troie: sono ovunque, pure sugli altri – Bill non lo sa. In fondo, non ha paura. Non è nemmeno arrabbiato.
Per qualche motivo, però, Anis l’ha ferito. Senza volere e senza coltello. Quando ne parleranno – stasera o domani. Magari mai. – Bill si lamenterà ed Anis capirà perché, ma non saprà di che scusarsi perché non avrà effettivamente nessun motivo per chiedere scusa. Dirà “mi dispiace” e sarà un “mi dispiace” generale, di quelli che dicono “non vorrei che la situazione fosse così schifosa, ma lo è. Non dipende da nessuno di noi due, è così e basta, piccolo, dobbiamo rassegnarci”.
Bill lo sa.
Ma vorrebbe qualcuno da incolpare. Vorrebbe poter incolpare Anis.
Quasi lo fa. Ma poi una delle troie solleva una gamba – ed è indecente, indossa un paio di short bianchi inguinali che dovrebbero essere vietati da qualche legge, e Bill è quasi sicuro lo siano – e la lascia ricadere con navigata distrazione fra quelle di Anis, sfiorandolo voluttuosamente col ginocchio e con tutta la lunghezza del polpaccio fino alla caviglia, per poi tornare indietro e posarsi lì, innocente, sorridente, soddisfatta.
Tom stringe la presa sulla sua spalla. Bill ha un “troia” che trema pericolosamente sulla labbra ed una lacrima che trema pericolosamente sulle ciglia.
Anis si alza di scatto e la troia finisce letteralmente schienata sul divano.
- Saad! – chiama Anis, con rabbia, teso come una corda di violino. Indossa una maglia larghissima, le maniche sono lunghe, scendono quasi a coprire il dorso delle mani. Sarebbe tenero, se il tessuto non gli si tirasse maliziosamente sulle spalle tornite e nervose. Siccome lo fa, non è tenero: è solo sexy.
Saad arriva subito, guardandosi intorno come a chiedersi dove sia il problema. Anis indica le troie. Le indica tutte e due. Saad guarda Bushido e chiede a lui dov’è il problema. Ed Anis fa un gesto con la mano. “Falle sparire”.
Bill non sorride perché non ha nulla di cui sorridere. Il nervosismo di Anis gli dice solo che lì, con lui davanti, essere toccato da quelle donne lo infastidisce. Ma non gli dice come potrebbe essere se lui non ci fosse.
Non gli dice com’è quando lui non c’è.
Non risolve proprio niente. Ed è la classica cosa che non si risolverà mai, oltretutto.
Le troie scompaiono. Da due a zero. Tutto intorno, gli altri membri della crew si fanno toccare, accarezzare e baciare. Alcuni perfino scopare attraverso i vestiti – è davvero impossibile non notare quelle anche perfettamente rotonde e quei seni sodi che ondeggiano mentre, nella penombra, le ragazze si spingono avanti e indietro sui grembi dei loro ospiti. Bushido rimane seduto sul divano. Non ci sono più troie. Resta Saad, per qualche secondo, proprio là accanto. Si china verso il suo King, gli posa una mano sulla spalla, Bill può immaginare la sua voce nasale un po’ preoccupata, “è tutto okay, Atze?”, ed Atze dice sì, gli dice che può andare. Saad lo fa, ma non perché sia tranquillo. Lo fa perché Bushido gliel’ha ordinato.
D’altronde, non c’è proprio niente di cui stare tranquilli. Bushido, seduto sul divano, resta solo e immobile, le mani incrociate di fronte al viso, la fronte pressata contro il dorso, i gomiti sulle ginocchia. Non guarda niente e nessuno. Bill vorrebbe che guardasse lui, così potrebbe fargli un cenno del capo, una qualsiasi cosa che servisse a rincuorarlo, perché vederlo in quelle condizioni – frustrato, nervoso, accigliato – non è davvero possibile, non senza sentire una fitta orribile nel centro del petto. Ma Bushido non lo guarda, Bill fa cenni al vuoto e con la fitta nel centro del petto dovrà imparare a conviverci, punto.
- Sei contento? – chiede Tom, ed il tono della sua voce è dolce e sollevato. Lo stringe ancora alla spalla, ma non è una stretta contenitiva. Lo sta abbracciando e basta. – Le ha mandate via. Come un vero uomo.
Bill abbassa gli occhi e scuote il capo.
- Forse un vero uomo se le sarebbe tenute. – e scopate. Ma non lo aggiunge perché fa insopportabilmente male.
- Che razza di veri uomini conosci? – ride Tom, allungandosi a recuperare la birra.
- Non lo so. – ammette Bill con un sospiro, - Forse non ne conosco nessuno.
- O forse ne hai un’idea completamente distorta. – lo corregge suo fratello. – Vedi, è per cose come queste che io non voglio relazioni. Perché poi dovrei togliermi le donne di dosso.
- E non lo faresti?
- È proprio il fatto che lo farei, ad infastidirmi.
Bill vorrebbe ringhiare, perché il tono di suo fratello stavolta è quasi di rimprovero. Come se gli stesse rinfacciando qualcosa. È un tono che non ammette repliche, e Bill si ritrova a replicare quasi controvoglia, solo per contraddirlo.
- Non lo so, dovrei dispiacermi per lui? Magari dirgli “tesoro, non importa, fa’ ciò che vuoi e fatti scopare come preferisci da chiunque si dimostri interessato”?
Tom gli scocca un’occhiata davvero poco comprensiva, e manda giù un paio di sorsi di birra. Così, schiacciato com’è su di lui, Bill li sente scivolare lungo la sua gola e poi giù fino allo stomaco. Abbassa lo sguardo.
- Vedi la situazione dalla sua prospettiva. – lo incita Tom. – Vorrebbe avere addosso te. Non può. Potrebbe avere addosso qualche troia. Non la vuole. Tu saresti felice?
Bill mugola e si arriccia ancora di più nella propria posizione.
- Ti odio quando mi dai torto.
Tom ride di gusto.
- Ma non ti sto dando torto. Sto dicendo che avete ragione entrambi.
Bill si astiene dal fargli notare che è come dire che il bicchiere può essere sia mezzo pieno che mezzo vuoto, dipende dalla prospettiva in cui lo guardi. Tom ha una visione un po’ comune della realtà. Un po’ troppo chiara. Avere una visione chiara della realtà non è un bene, perché la realtà non è davvero chiara. La realtà somiglia alle luci blu degli afterparty: ti sembra di stare vedendo qualcosa, ma in realtà è un’ombra. Stai guardando qualcos’altro, ma la tua mente e le luci ti prendono in giro.
Il problema non è mai stabilire se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto. Il problema è che il bicchiere è mezzo. Non è intero. Non c’è tutto. Che ci sia qualcosa dentro è del tutto indifferente, alla fine.
Ed è un po’ così anche per la loro relazione. Che si muove nell’ombra degli afterparty e nell’ombra della loro camera da letto. In silenzio. Che nessuno lo sappia. Che nessuno la veda. Che nessuno ne senta neanche l’odore.
È già qualcosa averlo, quell’amore? Dovrebbe vedere il bicchiere mezzo pieno ed accontentarsi?
È sempre un amore a metà. Bill può accontentarsi, ma è sempre un amore monco.
Bill sospira e guarda suo fratello che sorride, e non può fare a meno di sorridere a propria volta. Non è la prima volta che si ritrova con un amore a metà. Ormai, può quasi dire di esserci abituato. Anis non è Tom e Tom non è Anis, ma per Bill sono incompleti entrambi, ognuno nel proprio modo speciale.
Tom intreccia le dita con le sue e gli lascia un bacio sulla tempia.
- Ti sei un po’ calmato? – chiede premuroso.
Bill annuisce.
Dall’altro lato del salottino, Anis è tornato semplicemente Anis. Ha sciolto le dita, s’è alzato in piedi e s’è grattato stancamente la nuca, prima di richiamare Saad ed avvertirlo con poche parole del fatto che sta andando via. Saad s’è lamentato vagamente, ha risposto probabilmente con un “resta un altro po’, Atze, che risolvi andandotene via a mezzanotte?!” che Anis ha volutamente ignorato.
Bill lo osserva chinarsi a recuperare la giacca, e si separa da Tom. Lo fa perché sente sottopelle che Anis sta per guardarlo.
Ed in effetti Anis lo fa. Gli lancia un’occhiata ed un sorriso ed un saluto con la mano. Sono cose che può fare pubblicamente. Sono gesti che la gente interpreta come prese in giro o come i cavalli di battaglia di una falsa relazione che fa arruffare le penne a un sacco di ragazzine in tutta Europa. Può permetterseli. Bill può permettersi di ricambiarli, perché la gente li interpreta come gentilezze di cortesia.
Ammantano la loro relazione di bugie per poterla vivere il più sinceramente possibile. È un paradosso al quale Bill ha dovuto abituarsi. Bill ha dovuto abituarsi a così tante cose che ne ha perso il conto e non potrebbe elencarle neanche volendo. È orrendo perché ci sono dei momenti in cui si chiede se ne sia valsa davvero la pena.
Gli occhi di Anis, scuri e profondi nonostante le luci basse gli permettano appena di intuirli, gli ripetono che sì, ne vale la pena. Ne vale la pena sempre, giorno dopo giorno. Sì, sì, sì.
Bill freme sul divano e contro il corpo di suo fratello.
Anis esita nell’andare via. Continua a guardarlo.
Tom ride.
- Vuoi andare con lui? – chiede divertito, - Ti copro io.
Bill si trattiene dal saltare istantaneamente in piedi solo perché vuole prendersi il giusto tempo per ringraziarlo e dargli un bacino.
Mentre Tom sfila dalla tasca il cellulare per chiamare David ed avvertirlo che farà bene a predisporre una sicurezza adeguata, se non vuole che il Billshido si ritrovi sputtanato in copertina entro domani, Bill si allontana verso Anis. Lui lo guarda, capisce che lo sta seguendo e si lascia andare ad un sorriso, prima di voltarsi e fargli strada verso l’uscita.
Non si guardano. Non si sfiorano.
Ad osservarli da lontano, sono solo due che vanno via.
Il punto è che stanno andando via insieme. Il bicchiere è pieno. Solo per un attimo.
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