Genere: Romantico, Commedia.
Pairing: Fler/Chakuza, Fler/Bushido (accennato), Fler/Doreen (accennato).
Personaggi: Chakuza, Fler, Bushido, Eko Fresh, DJ Stickle.
Rating: R
AVVERTIMENTI: Slash, What If?.
- Poco tempo dopo l'uscita del quarto album di studio, Fler viene allontanato dall'Aggro Berlin. Ed ecco che si ritrova seduto di fronte alla scrivania biposto di Chakuza e DJ Stickle, alla Beatlefield. Partendo da questi presupposti, palesemente non potrà accadere niente di meno che disastroso. Ed infatti il disastro accade.
Note: Io amo il Flerkuza per motivi che con questa storia non c’entrano niente XD Nel senso che questa coppia – almeno per quanto mi riguarda – è nata all’interno di EKR e per il preciso motivo che lì questi due personaggi si trovavano ad interagire in un determinato modo con un qualche perché. Ho sempre pensato, lavorando alla saga, che in qualsiasi altro contesto il Flerkuza non avrebbe mai potuto avere senso. Con Fler per le mani, si poteva lavorare col Flershido, che praticamente è canon. Con Chaku per le mani, volendo poteva venire fuori del buon Chakushido. Ma il Flerkuza come lo giustifichi? Non puoi, questi due sanno l’uno dell’esistenza dell’altro solo per le beghe di quartiere dei loro superiori, suppongo X’D
Caso ha voluto che però io finissi col posare lo sguardo sulla bio di Fler sul suo sito, e riuscissi a carpire, fra le varie cose, che ultimamente c’erano stati dei rumor in merito ad un suo probabile abbandono dell’Aggro Berlin. I motivi non c’entrano niente con quelli da me esposti in questa storia XD ma è stato questo – assieme alla notizia del fatto che uno dei brani di Fler, il nuovo album in uscita a marzo, è stato cantato con Doreen, fidanzata da lungo tempo con Sido – a far scattare nella mia testolina una molla. La molla in questione, ballonzolando, diceva: “e se questa collaborazione con Doreen avesse avuto l’effetto di avvicinare i due? E se, in seguito a questo, Fler fosse stato allontanato dall’Aggro Berlin? E se, in cerca di una nuova etichetta, fosse approdato alla Beatlefield?”.
Questa è, in sostanza, la risposta che mi sono data XD Lunga, sì. Dimenticabile, anche. Ma c’è un Bushido che amo XD E la scenetta finale se la vale tutta u.u *decisa*
Partecipante all’adorabile Criticoni!Challenge Temporal-mente <3
Pairing: Fler/Chakuza, Fler/Bushido (accennato), Fler/Doreen (accennato).
Personaggi: Chakuza, Fler, Bushido, Eko Fresh, DJ Stickle.
Rating: R
AVVERTIMENTI: Slash, What If?.
- Poco tempo dopo l'uscita del quarto album di studio, Fler viene allontanato dall'Aggro Berlin. Ed ecco che si ritrova seduto di fronte alla scrivania biposto di Chakuza e DJ Stickle, alla Beatlefield. Partendo da questi presupposti, palesemente non potrà accadere niente di meno che disastroso. Ed infatti il disastro accade.
Note: Io amo il Flerkuza per motivi che con questa storia non c’entrano niente XD Nel senso che questa coppia – almeno per quanto mi riguarda – è nata all’interno di EKR e per il preciso motivo che lì questi due personaggi si trovavano ad interagire in un determinato modo con un qualche perché. Ho sempre pensato, lavorando alla saga, che in qualsiasi altro contesto il Flerkuza non avrebbe mai potuto avere senso. Con Fler per le mani, si poteva lavorare col Flershido, che praticamente è canon. Con Chaku per le mani, volendo poteva venire fuori del buon Chakushido. Ma il Flerkuza come lo giustifichi? Non puoi, questi due sanno l’uno dell’esistenza dell’altro solo per le beghe di quartiere dei loro superiori, suppongo X’D
Caso ha voluto che però io finissi col posare lo sguardo sulla bio di Fler sul suo sito, e riuscissi a carpire, fra le varie cose, che ultimamente c’erano stati dei rumor in merito ad un suo probabile abbandono dell’Aggro Berlin. I motivi non c’entrano niente con quelli da me esposti in questa storia XD ma è stato questo – assieme alla notizia del fatto che uno dei brani di Fler, il nuovo album in uscita a marzo, è stato cantato con Doreen, fidanzata da lungo tempo con Sido – a far scattare nella mia testolina una molla. La molla in questione, ballonzolando, diceva: “e se questa collaborazione con Doreen avesse avuto l’effetto di avvicinare i due? E se, in seguito a questo, Fler fosse stato allontanato dall’Aggro Berlin? E se, in cerca di una nuova etichetta, fosse approdato alla Beatlefield?”.
Questa è, in sostanza, la risposta che mi sono data XD Lunga, sì. Dimenticabile, anche. Ma c’è un Bushido che amo XD E la scenetta finale se la vale tutta u.u *decisa*
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All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
Egal Was War
I'm not gonna blast you on the radio, I'm not gonna lie on you or your family. (Survivor – Destiny's Child)
Dalla propria poltrona dietro la scrivania biposto che lui e Stickle usavano per ricevere i visitatori e i giornalisti nell’ufficio principale della Beatlefield, Chakuza si guardò intorno con aria smarrita e per un solo, singolo secondo si chiese se per caso non fosse precipitato in una realtà alternativa in cui fosse normale vedere Patrick Losensky – alias Frank White alias Fler – seduto su una poltrona a rimirarsi le unghie in attesa di una risposta affermativa alla domanda “allora, mi mettete sotto contratto o no?”. Se lo chiese per il semplice fatto che Stickle non sembrava granché turbato di fronte al fatto, ma lui era sicuro – ma sicuro davvero – che invece dovesse esserci almeno un motivo per provare dell’inquietudine, e quel motivo cominciasse per B e finisse per O.
- Scusatemi un secondo… - s’intromise quindi, massaggiandosi le tempie in previsione del mal di testa che sarebbe sicuramente arrivato quando avrebbe raccontato il tutto a quello che, comunque, restava il suo capo, indipendenza dell’etichetta a parte, - Fler, posso capire cosa ci fai tu qui?
Stickle si voltò a guardarlo neanche avesse visto un alieno planare con un disco volante nel mezzo dell’ufficio.
- Chakuza, ma tu non li leggi i giornali? – borbottò, inarcando un sopracciglio, - Non lo sai che Sido l’ha buttato fuori dall’Aggro?
Chakuza, in effetti, no, giornali non ne leggeva. O meglio, come tutte le persone normali e mediamente impegnate, scorreva le prime pagine di cronaca e dava giusto un’occhiata ai necrologi, fermandosi ampiamente prima dell’inserto sul mondo dello spettacolo. E, nei rari casi in cui tornava a casa abbastanza riposato da sopravvivere alla cena e alla doccia e concedersi un po’ di televisione, tutto desiderava meno che guardare a ripetizione i telegiornali di informazione musicale di MTv: tutto quello che poteva importargli sapere – vicissitudini dell’Aggro Berlin comprese – arrivava all’Ersguterjunge tramite Bushido, e visto che quella notizia non era arrivata Chakuza non ne aveva saputo niente. Fino a quel momento, almeno.
- …buttato fuori dall’Aggro. – prese atto, annuendo compitamente, - E perché?
Stickle sembrò in effetti sorpreso dalla domanda. Stickle era un uomo semplice, Chakuza adorava questo suo essere semplice perché ne faceva un collega perfetto. Per dire, collaborare con Bushido era straziante. Con Eko Fresh, neanche a parlarne. Ma Stickle, lui era per le cose palesi. Non andava mai troppo a fondo, anche perché si sa che a scavare si trova solo fango.
- Questo non lo so. – rispose quindi sinceramente il DJ, - Fler?
Losensky, svaccato sulla poltrona in pelle neanche fosse già convinto di essere a casa e potesse perciò prendere possesso di qualsiasi cosa lo circondasse, inarcò un sopracciglio e li fissò entrambi come a dire “che domanda del cazzo”.
- Mi sono scopato la donna di Sido. – rispose comunque, scrollando le spalle.
Chakuza sentì l’improvviso e insopprimibile bisogno di scoppiare a ridere istericamente e uscire dall’ufficio senza dire una parola. Probabilmente l’avrebbero preso per pazzo, ma almeno si sarebbe cavato d’impiccio e, quando il danno si fosse compiuto – perché si sarebbe compiuto: gli occhi di Stickle brillavano, e quegli occhi tondi e scuri brillavano solo quando intuiva enormi possibilità di guadagno dietro un semplice gesto – avrebbe potuto giustificarsi con Bushido dicendo “io non c’entro niente, quando mi è stata posta la possibilità sono fuggito ridendo. Amen”.
- Oh… - borbottò invece, sistemando dei documenti assolutamente vuoti e privi di utilità sulla scrivania, - Capisco. – in realtà non capiva. Perché cavolo uno silurato dall’Aggro Berlin per essersi scopato la donna del capo doveva venire a rompere i coglioni all’Ersguterjunge?
Realizzò proprio mentre formulava mentalmente il lunghissimo nome della dannata etichetta di Bushido.
La Beatlefield non era l’Ersguterjunge. Ecco perché Fler era lì.
- Stickle? – chiamò quindi il collega, voltandosi appena nella sua direzione, - Non pensi che potrebbe essere, tipo, la scelta peggiore che potessimo mai fare?
Stickle non sembrò capire.
- No. – rispose candidamente, - Fler vende dischi con una media di cinquantamila a botta. No, Chakuza, non penso proprio che potrebbe essere la scelta peggiore che potessimo mai fare.
- Ma… Bushido… - cercò di insistere lui, senza lasciarsi sfuggire l’occhiata infastidita di Fler, dalla poltrona, - Intendo, lui non sarà-
- Oh, ma con Bushido ci parli tu. – disse bonariamente Stickle, battendogli una pacca sulla spalla, - Ti ascolta, sei uno dei pochi.
Il panico s’impossessò di lui con la stessa facilità con cui se ne impossessava il sonno quando poggiava la testa sul cuscino dopo dodici ore di duro lavoro.
- Io non glielo dico a Bushido che l’uomo che lo sfancula da anni è sotto contratto alla Beatlefield! – strillò, alzandosi in piedi, - E tu, - aggiunse, indicando Fler, - non sei ancora sotto contratto da nessuna parte, per inciso, quindi non metterti troppo comodo!
Fler non fece una piega. Piuttosto, si svaccò ulteriormente, stendendo un paio di gambe semplicemente chilometriche – doveva essere più alto perfino di Bushido – dritte davanti a sé, fino a sfiorare la scrivania.
- Vorrei precisare che è stato Bushido il primo a prendersela con me. Io ce l’avevo solo con Eko Fresh. – disse con tono neutro, scrollando appena le spalle.
- Questa dovrebbe essere una giustificazione? – chiese Chakuza, fissandolo allucinato, - Ma sai stare seduto composto?
- Sì. – disse Fler, rispondendo palesemente alla prima domanda, - E no, non me l’ha insegnato nessuno. – concluse, rispondendo anche alla seconda. – Stare seduti composti è una referenza per entrare a far parte della Beatlefield? No, perché in questo caso-
- Di cos’è che stiamo parlando?! – strillò ancora Chakuza, tornando a guardare Stickle, - Intendo, cosa ce ne facciamo di lui? Lo mettiamo sotto contratto e gli produciamo un album ignorandone i contenuti ed ignorando anche che Bushido staccherà le nostre teste a morsi, quando lo verrà a sapere?
Stickle sembrò pensarci su per un momento.
- Be’, è un’idea. – rispose infine, - Ho un po’ di beat da parte, si potrebbe-
- Ma Cristo santo! – esalò, abbattendosi esausto contro la scrivania e scivolando nuovamente sulla propria poltrona, - Sento che finirà male.
- Allora sono dentro? – chiese Fler, rimettendosi dritto per poi sporgersi un pochino in avanti come volendosi alzare senza sentirsi ancora pronto a farlo, - Giusto per capire, eh.
Stickle gli sorrise bonariamente, mentre Chakuza sfilava il cappellino per riprendere a massaggiarsi le tempie con più efficacia.
- Ma sì, guarda, già domani mattina se vuoi puoi portare del materiale. Se ne hai s’intende.
- Sono pieno di materiale. – rispose Fler, alzandosi finalmente, - Il contratto?
- Certo che ne hai di fretta. – borbottò acido Chakuza, inarcando un sopracciglio mentre gli lanciava un’occhiataccia disapprovante.
I lineamenti di Fler si tesero repentinamente, e Chakuza lo osservò con occhio pallato avvicinarsi e fare il giro della scrivania, fino a che non lo vide planare tranquillamente seduto sul tavolo, sollevando appena una gamba e guardandolo dall’alto con una certa aria di supponenza che non gli piacque per niente.
- Senti, io contro di te non ho niente, okay? – lo rassicurò, - Non posso dire che tu mi piaccia a chissà quali livelli, ma sei ascoltabile, sicuramente più di certa altra merda che viene fuori dalla premiata ditta EGJ e affini, almeno hai una voce e qualcosa da dire. Però se intendi cominciare a rompermi i coglioni fin dal primo minuto-
- Ehi, allora! – si alzò in piedi, anche perché fronteggiarlo in quel modo era decisamente più facile, visto che Fler, da seduto, non rappresentava più quella specie di monolite che invece era quando stava dritto sulle gambe, - Tanto per cominciare, questa è la mia etichetta, quindi se io decido di romperti i coglioni e tu vuoi restare, resti a queste condizioni, chiaro?
Fler incassò la testa nelle spalle, ma non lo fece con l’aria di uno che si sente colpevole ed accetta un meritato rimprovero. Sembrava più una specie di enorme gatto pronto a saltargli addosso e sfregiarlo, tipo.
- Secondo poi, sarebbe il caso che da queste parti non si parlasse male di Bushido, visto che siamo affiliati all’Ersguterjunge, ti piaccia o no. E, per inciso, se l’EGJ è tanto piena di merda, cosa ci sei venuto a fare qui, eh? Perché non ti sei aperto una dannata etichetta per conto tuo?
Fler lo guardò a lungo, e poi si limitò a scrollare le spalle e rimettersi in piedi, privandolo in un colpo del vantaggio che aveva accumulato fino a quel momento.
- Io non ho la più pallida idea di come si gestisca un’etichetta. – spiegò alla fine, con candore disarmante, - Io canto e basta. E voglio continuare a farlo anche se ho ficcato l’uccello dove non dovevo. Ho sbagliato, ma non è un motivo valido per stare zitto. E siccome non ci torno strisciando da Bushido, e di sicuro non potevo andare a bussare alla porta di Eko Fresh, sono venuto qui. Mi sono detto “sia mai il cuoco austriaco è meno testa di cazzo degli altri”. Ma magari mi sbagliavo.
Chakuza trasalì, chiedendosi per un secondo se avrebbe potuto spacciare per legittima difesa afferrare il tagliacarte sul tavolo e infilarglielo nello stomaco. Quel tizio stava palesemente cercando di farsi pestare, e per quanto lui fosse in genere un uomo equilibrato e socievole e privo di rabbia trattenuta o frustrazioni varie ed eventuali, ecco, atteggiamenti simili erano proprio ciò che lo faceva esplodere. A prenderlo in etichetta loro gli stavano facendo un dannato favore, lo capiva o no il citrullo?, o pensava che gli occhioni azzurri e il sorrisetto spavaldo da soli bastassero a guadagnarsi un posto di lavoro? Avesse avuto magari un paio di tette in più, forse sì, ma a queste condizioni si trattava solo di prenderlo e sbatterlo fuori a calci nel sedere.
Stickle rise con un tono paterno che lo infastidì oltremodo e si frappose fra loro, piantando le mani sui loro petti.
- Vedo che andate già d’accordo. – annuì, e Chakuza si chiese se per caso fosse pazzo, - Lo produrrai proprio bene quest’album, Chaky. – e lì non si chiese più niente. Stickle era pazzo. E basta.
- Io non voglio produrlo. – gli fece notare Chakuza, indicandogli Fler, così che poi Stickle non potesse dire “eh, ma lui ha detto solo ‘non voglio produrlo’ senza specificare di chi stesse parlando, ho pensato si riferisse alle begonie nel vaso sul davanzale”.
- Naturalmente, Chaky. – lo ignorò bellamente il DJ, - Per te va bene, Fler?
Losensky scrollò le spalle, nel tutto disinteressato.
- Come ho già detto, a me il suo stile piace abbastanza, perciò-
- Ma a che gioco stai giocando?! – strillò ancora Chakuza, e solo la mano di Stickle ancora piantata sul petto gli impedì di sporgersi in avanti ed assestargli un cazzotto di quelli seri dritto sul muso.
- Tu sei proprio fuori. – commentò la faccia da schiaffi, allontanandosi e prendendo la via della porta, - Allora ci si vede domani per firmare il contratto, eh? – salutò senza nemmeno guardarli, uscendo.
Solo quando la sua aura palesemente indisponente ebbe abbandonato la stanza, Chakuza poté dire di aver cominciato a respirare normalmente e senza provare inconsulte pulsioni omicide.
- Dico, ma che ti salta in mente di prendere Fler alla Beatlefield?! – esplose, liberandosi dell’ingombro della mano di Stickle e prendendo ad aggirarsi nervosamente per l’ufficio.
- Che ti salta in mente a te di comportarti come un bambino delle elementari, semmai. – borbottò per tutta risposta Stickle, avvicinandosi al proprio portatile e digitando velocemente un indirizzo sulla tastiera, - Dico, le hai viste che percentuali di vendite? Fattura più di Sido. Non ti ricorda niente, questo?
Chakuza si mise a borbottare, incrociando le braccia sul petto.
- Bushido. – rispose di malavoglia, guardando altrove.
- Esatto. – annuì Stickle, sorridendo comprensivo, - E chi è Bushido oggi?
Chakuza roteò gli occhi e ricominciò a camminare nervosamente in giro, avvicinandosi contrariato all’appendiabiti per recuperare la propria giacca.
- Ho capito l’antifona, Stickle. – annuì alla fine, - Vado a suicidarmi, così dopo tu potrai avere la tua gallina dalle uova d’oro ed essere felice. Pensami, ogni tanto, quando sarò morto.
L’uomo lo salutò ridendo.
- Sarà fatto. – aggiunse, osservandolo andare via. Il fatto che non cercasse di rassicurarlo, in effetti, non era per niente rassicurante.
Andare a parlare con Bushido di Fler in casa sua rientrava probabilmente nella lunga lista di peccati mortali non detti per i quali Bushido poi si sarebbe sentito in diritto di condannarti a morte ed eseguire la condanna seduta stante. Chakuza ne era perfettamente cosciente, mentre varcava il cancelletto dell’enorme villa gialla e si immetteva sul selciato, diretto alla porta dopo che, dal citofono esterno, la voce allegra di Bushido l’aveva salutato con un gioviale “Ohi, Chaky, che bella sorpresa! Dai, vieni dentro!”.
Con aria terrorizzata, Chakuza spinse la porta d’ingresso e si ritrovò nel caldo, confortevole e rassicurante ingresso di casa Ferchichi. Tutto era esattamente come al solito: perfetto, pulito ed ordinato. Bushido giocava a World of Warcraft alla propria postazione pc e Kay e D-Bo si stavano drogando di Spongebob svaccati sul divano appena intuibile nell’area del salotto più lontana da dove si trovava lui.
- Chaky, finisco di sterminare questa merda e sono subito da te! – strillò Bushido, pestando con entusiasmo sulla tastiera senza fili che teneva comodamente adagiata sulle ginocchia, - Devo dirti una cosa stupenda!
- Eh… - mugolò Chakuza, già emotivamente distrutto, - Anche io dovrei parlarti.
Al sentirlo tanto afflitto, Bushido – che si faceva un gran vanto dell’essere sempre a disposizione dei suoi sottoposti, qualsiasi problema potessero avere – lasciò gli orchetti al loro triste destino e si alzò dalla postazione, raggiungendolo all’ingresso.
- Chaky! – gli disse con aria preoccupata, - Che succede? Sei uno straccio.
Chakuza agitò una mano.
- Non preoccuparti. Dimmi, piuttosto, questa bella notizia…?
Bushido cominciò a risplendere di luce propria, trascinandolo verso la cucina e piantandolo su uno sgabello mentre come niente tirava fuori due bottiglie di birra ed un’enorme ciotola piena di patatine e salatini vari.
- Indovina chi ha perso il proprio posto di punta di diamante dell’etichetta, proprio oggi? – disse poi con aria cospiratoria, mandando giù patatine a manciate, evidentemente preso dall’euforia del momento.
Tale stato d’animo non poteva essere certo usato per descrivere Chakuza, il quale, per conto proprio, con le patatine ci si sarebbe volentieri strozzato per essere dispensato dall’obbligo di rovinare la giornata a quello che, in fondo, era un uomo buono e incolpevole.
- …no, dimmelo tu. – disse, forzando un sorriso e ritrovandosi poi a sorridere più sinceramente mentre Bushido si appollaiava su uno sgabello di fronte a lui, tirando su i pantaloni larghissimi e cascanti della tuta, perché la smettessero di impicciarlo nei movimenti.
- Fler! – rivelò quindi, battendo divertito una mano sul tavolo, - Pare che abbia messo le mani sulla donna di Sido. Voglio dire, onore al merito, stavano insieme da, tipo, secoli e non c’era mai riuscito nessuno, almeno che io sappia, e io so sempre tutto, però che goduria sapere che ora è a spasso senza sapere dove battere la testa! – esultò raggiante, ricominciando a mandare giù patatine e birra in quantità uguali.
- Eh… - biascicò Chakuza, deglutendo faticosamente, - pensa un po’…
Seguì un imbarazzante momento di silenzio. O meglio, Bushido continuò a parlare – Dio solo sapeva per dire cosa: probabilmente per continuare a prendere in giro questa nuova e allettante versione di Fler vagabondo privo di lavoro che tanto lo entusiasmava – ma Chakuza non colse una parola del suo monologo, preso com’era a cercare di farsi coraggio da sé.
In fondo era un uomo. Un capo, a suo modo. Stickle contava su di lui per una pensione più che decorosa, ed in effetti Fler vendeva davvero tanto, e se lui voleva aprire la catena di ristoranti che era sempre stata il suo sogno fin da quando aveva capito cosa significava sognare, be’, un aiuto economico in più oltre agli introiti dei duetti col King avrebbe certamente fatto comodo.
Sospirò pesantemente, passandosi una mano sulla fronte.
- Ehm… Bushido? – lo chiamò, fermandosi perché l’uomo potesse concludere la risata che s’era provocato da solo con qualche battuta incredibilmente arguta che si sarebbe persa nelle sabbie del tempo, - Indovina un po’ chi è che è passato oggi alla Beatlefield? – buttò poi fuori tutto d’un fiato, onde evitare ripensamenti dell’ultimo minuto.
Se si fosse trovato di fronte a un uomo mediamente stupido, il dialogo sarebbe proseguito come da copione in una sequela di “uh? No, dimmi tutto”, che l’avrebbero probabilmente ucciso molto prima che lui potesse decidersi a confessare il fattaccio, ma fortunatamente – o sfortunatamente – per lui, Bushido non era mai stato un uomo mediamente stupido e nemmeno mediamente intelligente: era, piuttosto, il classico esempio di genio male applicato. Volendo, avrebbe potuto essere un nobel in qualsiasi cosa, ma dal momento che aveva preferito sprecare giovinezza e adolescenza spacciando e imbrattando i muri di Tempelhof, ecco che si ritrovava milionario, proprietario di una quantità indecente di roba e famoso praticamente in tutta l’Europa, oltre che per lo meno noto in tutto il mondo conosciuto. Il che dava davvero un’idea di cosa avrebbe potuto diventare se solo si fosse applicato.
Ed infatti Bushido non lo deluse. La sua espressione divenne immediatamente, da allegra e giovale, cupa e irritata. Chakuza tremò sul proprio sgabello, mentre l’uomo lo fissava intensamente e poi lasciava scorrere sulla lingua poche lettere – abbastanza per mandarlo nel panico, comunque.
- No.
- …Atze, non-
- No.
L’austriaco sospirò profondamente, pinzandosi la radice del naso ed andando alla ricerca delle parole più adatte per spiegare a Bushido che Stickle ci teneva proprio a comprare una villa alle Maldive. Aveva una mezza idea che la risposta di Bushido sarebbe stata quanto di più simile a “si fotta Stickle” potesse essere pronunciato senza utilizzare le parole “si fotta Stickle”, appunto, ma provare non costava niente, in fondo. Magari una o due braccia staccate via nell’impeto momentaneo della rabbia, ecco.
- Atze, Stickle pensa che-
- Si fotta Stickle! – disse Bushido, dando prova di ammirevole schiettezza, saltando in piedi e aggirandosi nervosamente per la cucina esattamente come Chakuza ricordava di aver fatto neanche un’ora prima in ufficio, - Ma soprattutto si fotta Fler! Voi non lo prenderete alla Beatlefield.
“Sono assolutamente d’accordo”, avrebbe voluto rispondere Chakuza, ma la questione si faceva complicata, arrivati a quel punto. Primo: Bushido, ogni tanto, aveva bisogno di essere arginato; aveva questa tendenza a prendere il controllo pure di cose su cui sommariamente non avrebbe dovuto osare mettere bocca, quindi ogni tanto, quando partiva coi suoi deliri da patriarca onnipotente, c’era bisogno di qualcuno che gli dicesse “sì, certo caro, ma anche a cuccia, vuoi?”. La Beatlefield era solo un’affiliata dell’Ersguterjunge, non ne era parte. E lui e Stickle erano liberi di prendere qualsiasi decisione volessero senza che per questo Bushido si sentisse in diritto di porre veti ogni piè sospinto. Secondo poi: loro erano comunque degli uomini d’affari ai quali, in poche parole, delle beghe passate di due ragazzini che non erano stati in grado di dimenticarsi, poteva fregare limitatamente. Nel senso, se c’era da battere una pacca sulla spalla a Bushido perché ora Fler usciva con la sua ex, lo si faceva. Ma niente di più. Terzo ed ultimo: alla questione della catena di ristoranti lui aveva pure cominciato a farci la bocca, alla fine.
Partendo da queste considerazioni, Chakuza si preparò a vedere sfumare la prospettiva di una serata tranquilla – e anche di evitare un litigio con Bushido – e si rassegnò ad una morte lenta e dolorosa.
- Atze, senti, lo sai che io in genere sono con te qualsiasi cosa tu dica. Lo sai, vero? – Bushido ringhiò e spalancò il frigorifero, infilandoci dentro la testa alla ricerca di qualcosa con cui trastullarsi, - Quando ti sei trasferito nella villa e Saad ti ha riso in faccia dicendoti che avresti fatto la figura del deficiente andando a vivere in una casa gialla, chi ti è rimasto al fianco fino all’ultimo ed ha convinto Kay e D-Bo a dividere le spese con te?
- …tu. – mugolò Bushido riemergendo dal frigorifero con due fette di pane fresco ed un chilo di salumi di ogni tipo.
- Esatto. E quando hai deciso di duettare con il signor Gott ed Eko ti ha tenuto il muso per un mese e mezzo dandoti del coglione col cervello in salamoia? Chi è che ti è rimasto accanto?
- Be’, per la questione Gott ho dovuto rinunciare al contratto con MTv, in fondo, e-
- Chi è che ti è rimasto accanto, comunque? – lo interruppe Chakuza, sudando freddo.
Bushido sospirò profondamente, cominciando ad imbottire il panino.
- Sempre tu. – ammise alla fine, tornando ad abbattersi sul proprio sgabello.
- Ecco. – annuì soddisfatto Chakuza, - Quindi, ti dispiacerebbe, adesso, essere tu, per una volta, quello che resta accanto a me, visto che ne ho bisogno?
Bushido trangugiò un morso di panino e sbuffò.
- Be’, detta così è terribilmente gay, Chaky, ma ho capito dove vuoi andare a parare.
Chakuza si fermò un attimo a riflettere sul fatto che uno che scrive una canzone in cui, praticamente, fa una dichiarazione del tipo “ci siamo tanto amati ma ora andiamo ognuno per la propria strada” ad un altro uomo, palesemente non ha il diritto di dire a qualcuno cosa suoni o non suoni gay, ma ritenne poco saggio mettersi lì a dibattere il punto con Bushido. Soprattutto perché il “ci siamo tanto amati” era riferito proprio al Losensky che era da sempre il centro di tutti i pensieri di vendetta di Bushido, e siccome “chi disprezza compra” è un detto, ma anche una grande verità, l’austriaco decise che, per quella volta, sarebbe stato il caso di lasciar correre, ed annuì.
- Quindi? – insisté invece, piegandosi un po’ verso di lui per guardarlo negli occhi anche se lui aveva già abbassato lo sguardo sul panino imbottito.
Bushido sospirò per l’ennesima volta e scrollò le spalle.
- Quindi niente. – concesse infine, - Basta che gli mettiate una museruola se per caso gli salta in testa di fare il mio nome. Per il resto, avete carta bianca.
Un’altra cosa veramente poco opportuna di Bushido era come fosse in grado di rigirare le frittate come nemmeno lui – che pure aveva un diploma di cuoco – sapeva fare. Lui non gli aveva chiesto un fottuto permesso, gli aveva chiesto sostegno! Ma per come l’aveva messa il tunisino sembrava chissà che dannata concessione regale.
Chakuza sospirò a propria volta: visto quanto aveva rischiato, tutto sommato, poteva dirsi contento così.
Quando arrivò alla Beatlefield, l’indomani mattina, sembrava quasi che si fossero tutti organizzati per non essere presenti al momento fatidico che avrebbe rovinato tutte le loro vite. Di Stickle aveva avuto notizia quella mattina tramite un sms che peraltro l’aveva svegliato senza alcun motivo alle sei, per informarlo che Saad era perso in chissà che delirio perché non riusciva a venire a capo di una traccia campionata che lo stava mandando ai pazzi, e che lui, da bravo DJ competente e responsabile, stava andando all’EGJ a dargli una mano. “Perciò non aspettarti di avermi fra i piedi, Chaky!”, era stata la gioviale conclusione del messaggio. Conclusione in seguito alla quale lui, fra le altre cose, aveva avuto voglia di prendere e schiantare il cellulare contro il muro, per poi tornarsene a dormire e mandare a fanculo un po’ tutto e tutti per il resto della giornata.
Il suo senso di responsabilità l’aveva comunque portato a muovere il culo verso le dieci e mezza, ed era perciò arrivato agli studi convintissimo di trovarli immersi nel solito fermento. Non che ci fosse mai un cazzo da fare, da quelle parti, soprattutto considerando che non c’erano album in uscita per i prossimi mesi, ma c’era sempre un sacco di gente a bivaccare attorno ai distributori automatici, per dire, e invece quel giorno niente, neanche un’ombra, solo lui, i – pochi – dischi d’oro, le pareti e l’eco.
Si aggirò per un po’ fra i locali vuoti e pulitissimi – almeno aveva la certezza che, nella prima mattinata, gli addetti al servizio di pulizia avessero fatto il loro dovere – e poi tornò a rifugiarsi nell’ufficio che condivideva col fantasma di Stickle. Fu lì, mentre si perdeva in un’avvincente partita di Mahjong sul portatile, che lo raggiunse lo squillo gracchiante del citofono.
- Qualcuno… - cominciò a strillare con tono lamentoso, ma dalle profondità dei corridoi della Beatlefield non giunse che il riverbero della sua stessa voce, perciò alla fine si rassegnò e si mise in piedi, raggiungendo il citofono e schiacciando il pulsante dell’accettazione di chiamata, restando in attesa dell’immagine sullo schermo. La testa di Fler apparve – esageratamente tonda – pochi secondi dopo. - …ah, tu. – lo salutò con poco entusiasmo.
Fler sollevò lo sguardo sulla telecamera, e i suoi occhi – enormi, quella stupida telecamera era ridicola – invasero tutto il campo visivo di Chakuza.
- Alla buon’ora… - cominciò a lamentarsi Losensky, - Sono passato alle otto, alle otto e mezza, alle nove, alle nove e mezza-
- Sì, sì, capito l’antifona. – borbottò sbrigativo Chakuza, aprendo il portone esterno, - Mi sono svegliato tardi, okay?
- Quanta dedizione… - ghignò sardonico quello, spingendo il portone e sparendo alla sua vista. Fortunatamente, anche, perché fosse rimasto lì a sogghignare ancora un solo secondo Chakuza avrebbe cominciato a considerare seriamente la possibilità di affacciarsi al balcone e tirargli giù un mattone sulla testa, per dire.
Mentre attendeva che l’essere insopportabile che Bushido aveva tutti i diritti di odiare salisse le scale, Chakuza si chiese quale potesse essere il modo di accoglierlo per farlo sentire il più possibile sottoposto e asservito alle regole dell’etichetta – fra le quali andava assolutamente ricordata la clausola “non si parla male di Bushido neanche a fronte di possibilità di guadagno multimilionarie”. Alla fine, scorso il contratto che Stickle gli aveva lasciato in ordinata doppia copia sulla scrivania, decise che la tattica migliore era attenderlo seduto sul tavolo. Informale ma indice di una certa sicurezza di sé.
Si posizionò con un saltello sulla superficie in legno e si girò prima da un lato, poi dall’altro e infine, insoddisfatto, torno a mettersi dritto, così da poter scorgere la figura di Fler elegantemente svaccata contro lo stipite della porta, mentre il tipo lo guardava come fosse stato una cacchina di plastica con gli occhi o qualcos’altro di ugualmente stupido e ridicolo.
Ebbe appena il tempo di chiedersi da quanto Losensky lo stesse osservando, che la risposta giunse da sola sotto forma di risata derisoria: abbastanza da prenderlo in giro a vita per le ultime manovre, evidentemente.
- Ehm… - cercò di riportare il tutto su un piano più serio, indicando i contratti sulla scrivania, - Allora, le vuoi mettere queste firme o sei tornato solo a rompere le palle?
- Le metto, le metto… - rise ancora Fler, avvicinandosi alla scrivania e sedendosi dalla parte opposta del tavolo, - Dove?
- Abbiamo veramente molta fretta, eh? – ringhiò lui, scorrendo i fogli alla ricerca dei punti precisi e segnandoli con una x prima di passarli all’altro uomo.
- Certo che tu hai dei problemi molto molto seri, Pangerl. – lo guardò storto lui, prendendo i fogli e cominciando a stampare il proprio nome ovunque con la grazia del tagger che non aveva mai cessato di essere. A guardare la firma – proprio la firma per esteso, non l’autografo – di Bushido, si aveva sempre l’impressione che si trattasse di un medico o chissà chi; Fler invece riusciva ad essere grezzo pure firmandosi Patrick Losensky. Ce ne voleva, di malagrazia. – Prima mi dici di darmi una mossa, poi mi rimproveri perché faccio in fretta…
- Prima di tutto, chiamami Chakuza e manteniamo questo rapporto un rapporto lavorativo, grazie. – borbottò, passandogli anche la seconda copia del contratto, - Secondo poi-
- Ma già dissento sul primo punto. – ghignò Fler, riconsegnandogli il secondo contratto firmato e controfirmato, - Non intendo andare oltre il rapporto lavorativo, tranquillo. Anche perché, senza offesa, non sei proprio il mio tipo. Troppo basso, poco culo, pochissime tette. Decisamente passo il turno.
- Cristo benedetto… - esalò Chakuza, scendendo dalla scrivania per conservare una copia del contratto nel primo cassetto, - Toh, una ti tocca. E ora tornatene da dove sei venuto, - qualche antro infernale, c’era da supporre! – e fatti rivedere solo in compagnia di Stickle, visto che lui almeno ti sopporta.
Fler non obbedì, e Chakuza era sul punto di cominciare una convincente paternale su quanto fosse indispensabile eseguire all’istante gli ordini per coesistere con lui, quando si accorse che il tipo stava cercando di dirgli qualcosa. Non parlando, ovviamente, no: alla maniera di Bushido; guardandoti negli occhi con un cipiglio insofferente come a dire “dovresti aver già capito, sei scemo o cosa?”.
- Qualcosa non ti è chiara? – si informò, guardandolo con una certa curiosità.
Fler sembrò, per la prima volta in assoluto da quando aveva cominciato ad avere a che fare con lui, sinceramente confuso. O comunque privo di qualcosa da dire. Chakuza si sentì insospettabilmente orgoglioso si essere stato in grado di zittirlo senza tappargli fisicamente la bocca, e restò lì a gongolare in solitaria finché Losensky non si risolse a degnarlo di una risposta.
- Stickle… - cominciò, un po’ incerto, - mi aveva detto di cominciare a portare qualcosa, se volevo. E insomma, io qui ho un testo.
Chakuza lo guardò. A lungo.
Chissà perché, s’era aspettato che le parole del giorno prima fossero solo una sbruffonata. Perché uno che è appena uscito con un album dovrebbe avere ancora altro materiale? Uno, per avere una riserva di testi, deve… be’, lavorare. E farlo costantemente. Non solo in previsione di un album.
- Ah. – rispose stralunato, - Ah. Be’… d’accordo. – biascicò, grattandosi confusamente la nuca, - Vuoi… intendo, possiamo andare in sala prove. Se vuoi mi puoi fare sentire di cosa si tratta.
Losensky annuì senza esitazioni, e Chakuza diede la colpa per il senso di smarrimento che stava provando al fatto che all’Ersguterjunge non si lavorava quasi mai in maniera normale. Lì la questione “lavoro” era quasi sempre traducibile in “svacco estremo per mesi e mesi finché il King non fosse risorto dalle ceneri della propria tuta con una ventina di testi da distribuire in parti uguali e dai quali partire per creare qualcosa di per lo meno accettabile”. A quanto pareva, però, le abitudini all’Aggro Berlin erano completamente diverse.
Entrando in sala prove, Chakuza si vide accolto da una breve nota in cui Stickle gli faceva sapere che il suo sacrificio umano era stato molto apprezzato perché Bushido l’aveva cazziato solo mezz’ora – a fronte delle dodici ore di tortura che si sarebbe meritato, un gran guadagno, questo era indubbio – e che aveva già caricato i beat nel portatile in sala mixaggio, se aveva voglia di provare qualcosa con Fler. Chakuza appallottolò il foglio con una mano, stritolandolo con una certa immeritata furia, e lo gettò stizzito nel cestino dell’immondizia.
- Be’, se vuoi… - si voltò a cercarlo per indicargli dove e come mettersi, ma Fler aveva già infilato le cuffie e stazionava con aria assente davanti al microfono, probabilmente ripassando a memoria il famoso testo che doveva cantargli. – Ah. Certo che fai veramente come a casa tua, eh?
Fler gli rivolse un sorrisino sghembo, spostando il peso da una gamba all’altra.
- Funziona ovunque più o meno allo stesso modo, penso. – rispose con una scrollata di spalle. Chakuza annuì anche se non stava pensando niente del genere e si rifugiò in cabina di regia, oltre il vetro. Accese il microfono e restò in attesa.
- La prima la facciamo senza musica. – avvertì l’uomo dall’altro lato della stanza, il quale, per tutta risposta, annuì assorto, - Così magari capisco un po’ il ritmo e la cadenza e vediamo cosa metterle di sottofondo. Parti quando vuoi.
Dopodiché, si rassegnò a venire sommerso da una scarica di insulti più o meno pesanti e più o meno velati nei confronti di Sido, Bushido, Eko Fresh, possibilmente pure la donna che s’era scopato, le donne che s’erano scopate gli altri ed una buona quantità di madri – per non parlare di qualche eventuale padre – ed incassò la testa nelle spalle, cercando di farsi minuscolo sulla poltrona.
Ma il suo karma aveva evidentemente deciso di tirarlo scemo. E, neanche a voler evidenziare più efficacemente il punto, la canzone di Fler cominciò con un “ti ho amata” e si concluse con un “ti amo ancora”. E non – come era capitato spesso di dire prendendo in giro la sua relazione controversa con Bushido – un “ti amo” fraintendibile, una cosa che può essere anche amicizia, una cosa senza inflessioni e senza sesso, no: un “ti amo” vero. Un “ti amo” per una donna. Doreen. La donna di Sido.
Quando Fler smise di cantare – senza incespicare mai nelle parole, roba da non credersi, visto che Bushido farneticava di continuo, per dire, e lo stesso Fler nelle poche interviste che aveva visto e che lo vedevano protagonista, faceva del balbettio confuso una specie di cavallo di battaglia, soprattutto quando si infervorava – Chakuza per qualche secondo rimase lì a guardarlo attraverso il vetro mentre tornava ad aprire gli occhi – scurissimi nella penombra della sala insonorizzata – e riprendeva fiato.
- Be’? – lo sentì chiedere dopo qualche secondo, - Non ne scrivo quasi mai, roba così. – aggiunse con un certo imbarazzo, - L’ultima dev’essere stata tipo una dichiarazione d’amore per una compagna di banco alle elementari. Quindi magari se mi dici qualcosa…
Un po’ dubbioso, Chakuza si sporse in avanti e pressò un indice contro il pulsante che apriva la comunicazione dalla sala mixer alla sala prove, e poi però si rese conto di non avere niente di preciso da dire, perciò rimase lì a bocca aperta, vagamente confuso, incerto sul da farsi e, in generale, sostanzialmente stupito. Fler continuò a guardarlo con aria curiosa, dall’altro lato del vetro, e Chakuza si alzò in piedi, rimise la poltrona al proprio posto e lo raggiunse nella sala insonorizzata. Solo per prendere tempo. Per trovare qualcosa da dire – e non una cosa qualsiasi, perché il momento non era da cosa qualsiasi, era un momento che pretendeva di più.
- È… - cominciò, appoggiandosi contro una parete e incrociando le braccia sul petto, giusto per darsi un tono, - È un testo molto romantico. E lei, voglio dire, la citi proprio, la chiami per nome. È una cosa… messa così sembra che ti abbia preso parecchio, ecco.
Fler scrollò le spalle, distogliendo lo sguardo.
- Io ero innamorato di Doreen. – confessò quindi, con una semplicità disarmante, - La nostra è stata una storia molto classica, Chakuza, sembra bella solo perché quando la canto lo faccio con un certo sentimento. Ma a conti fatti io sono stato un idiota e lei una troia, tutto qua. Lei mi ha tirato scemo per mesi, mi ha detto che avrebbe lasciato Sido e sarebbe rimasta con me e tutto il corredo di stronzate che si usano in genere per far cadere un maschio in una trappola. Ha detto di amarmi e invece voleva solo cambiare cazzo per un po’. Poi è tornata da lui strisciando come la vipera che è e lui, fra lei e me, ha scelto lei. – scrollò ancora le spalle, appoggiandosi a propria volta contro la parete, proprio accanto a Chakuza, - Io ci stavo bene all’Aggro. Il casino che ho montato negli scorsi mesi… - gli lanciò un’occhiata divertita, piegando appena un angolo della bocca in un sorriso sghembo, - …anche se sono sicuro tu non ne sappia niente… insomma, non l’ho montato perché stavo male nella crew. L’ho montato perché lei continuava a dirmi di non preoccuparmi, che alla fine sarebbe rimasta con me. E siccome mi stava sul cazzo che continuasse comunque a tornare nel letto di Sido, alla sera, mentre con me erano solo sveltine contro le pareti degli studi, non ci ho visto più, ed ho cominciato a prendermela con Sido. – sospirò pesantemente, scuotendo il capo con aria vagamente abbattuta, - L’ho fatta io, la cazzata. Mica Sido. Ha fatto bene a buttarmi fuori. Magari è la volta buona che comincio a imparare dai miei errori.
Chakuza annuì lentamente, metabolizzando con un po’ di fatica le parole dell’uomo. Era abituato ad essere circondato da uomini che, come niente, ti buttavano sul tavolo la storia intera della loro esistenza – Bushido era così, per dire – ma si trattava di personaggi carismatici e accentratori, gente che, se non aveva la tua completa e totale attenzione, non riusciva a stare tranquilla. Quello di Fler però non era stato un tentativo di mettersi al centro del mondo, era stato solo… uno sfogo. Una cosa anche piuttosto intima, volendo. Era strano, Losensky, avere a che fare con lui era un po’ come camminare su una lastra di vetro. C’era da chiedersi quando si sarebbe spaccata ferendoti i piedi.
- Sai, - disse infine, stringendosi nelle spalle, - quando hai detto a me e Stickle di esserti scopato la donna di Sido… cioè, non sembrava che dietro ci fosse tutto questo. Non sembrava che la amassi, intendo.
Fler sbuffò, appoggiandosi più comodamente al muro.
- La vita mi ha insegnato a disamorarmi in fretta. – borbottò, e sembrò sincero nel dirlo, anche se c’era una strana luce nostalgica nei suoi occhi, qualcosa che li rendeva insolitamente brillanti eppure allo stesso tempo insolitamente cupi, qualcosa che impedì a Chakuza di prenderlo completamente in parola.
Annuì, comunque, perché non era certo compito suo mettersi lì a disquisire degli affetti di Fler. Non si conoscevano da nemmeno due giorni ed aveva comunque dei seri dubbi che Fler gli avrebbe dato il permesso di farlo anche se i giorni fossero stati un migliaio o un milione. Peraltro, non credeva di averne nemmeno alcuna voglia.
Sistemandosi più comodamente contro la parete e sollevando un piede contro il muro, Chakuza tirò su la manica destra della maglietta e mostrò a Fler l’avambraccio. L’altro inarcò un sopracciglio e lo fissò dubbioso per molti istanti.
- Sì, bei ghirigori. – rispose alla fine, con un vago cenno d’assenso, - L’effetto quale doveva essere? Tirarmi improvvisamente su di morale mostrandomi la meraviglia dei tuoi flessori e dei tuoi estensori? Perché guarda che, tanto per cominciare, non sono niente di che, e comunque io non sono giù di morale.
Chakuza sbuffò e gli tirò una gomitata neanche troppo discreta nelle costole.
- Sotto questi ghirigori c’è scritto Silvia. – rivelò quindi, tornando a mettere a posto la manica, - È stata la mia donna per un sacco di tempo. Era una cosa seria, insomma. Almeno fino a quando non ha deciso che non era più il caso che continuasse.
Fler sospirò e scrollò le spalle.
- Non si scrivono addosso i nomi delle donne. Si sa che quelli non durano per sempre.
- Be’, tu hai addosso ovunque il simbolo dell’Aggro Berlin, no? Non mi pare sia durato tanto più a lungo di Silvia.
Fler guardò altrove, allontanandosi un po’ da lui. Aveva un modo molto fisico di dimostrare l’offesa e l’imbarazzo, si ritrovò a pensare Chakuza. Era in tutto e per tutto simile a quei bambini spacconi che però, quando la maestra o un genitore li rimprovera, finiscono sempre per mettersi in un angolino a giocare coi cubi di gomma cercando a stento di trattenere le lacrime, tenendo su il broncio per tutta la giornata e rifiutandosi di farsi prendere in braccio o anche solo accarezzare.
Chakuza sospirò profondamente.
- Mi dispiace. – borbottò, - Non volevo rigirare il coltello nella piaga. Solo che mi pare che a volte tu non ti renda conto di quanto sei irritante.
- Ti sbagli. – sospirò a propria volta Fler, - Lo faccio apposta. Mi dispiace che la tua donna ti abbia mollato.
Chakuza annuì semplicemente, scrollando le spalle.
- Era solo per dirti che so come ti senti. Voglio dire, non c’è bisogno che tu mi dica che non stai male o cose simili. Non c’è neanche bisogno che tu mi dica come stai, in realtà.
Fler rise a bassa voce ed annuì, sollevando anche lui un piede contro la parete. Chakuza immaginò dovessero sembrare abbastanza ridicoli, a guardarli così. Nella penombra della sala prove a chiacchierare delle loro pene d’amore.
- Quindi… - riprese alla fine, spezzando il silenzio degli ultimi istanti, - quella canzone lì vuol dire che non ci saranno diss, nell’album che uscirà con noi?
Lui lo fissò come fosse appena sceso dalla luna.
- Scherzi? – lo prese in giro, rimettendosi dritto e ficcando le mani nelle tasche dei jeans, - Ho già pronte a casa almeno cinque o sei tracce in cui spalo merda su di lei, su Sido e anche su una buona metà delle loro famiglie.
Chakuza rise, e rise anche Fler. All’interno degli studi deserti, il suono non riverberò nemmeno in maniera troppo fastidiosa.
- Insomma, capisci, - blaterò Chakuza, gesticolando con aria agitata, - si può lavorare con lui!
Eko – che, quando quella mattina s’era installato sul divano della villa di Bushido mettendo mano alla Wii, aveva progettato tutto meno che dedicare tre o quattro ore all’ascolto degli sproloqui lavorativi di Chakuza – sospirò teatralmente e si abbatté di schiena contro il bracciolo del divano, guardandolo con l’aria di un martire.
- Chakuza… - borbottò, mostrandogli il controller della consolle come a cercare di fargli notare senza dirglielo che aveva di meglio da fare, - È un essere umano, non ha dodici anni, è un rapper famoso. Perché ti stupisce tanto che lavori?
- Perché… - balbetto lui, grattandosi confusamente la nuca, - lavora! Cioè, arriva, si mette lì dietro al microfono, ripassa il testo un paio di volte e canta! Non cazzeggia, non rompe i coglioni perché vuole portato il caffè ogni tre minuti, non fa i capricci se per caso il geranio sulla finestra è piegato a sinistra piuttosto che a destra e questo lo distrae e lo obbliga a impappinarsi-
- Sì, Chaku! – lo interruppe malamente Eko, alzando il tono della voce, - Il fatto che Bushido in sala di registrazione sia una piaga, non ti autorizza a stupirti come se fossi di fronte a un lecca lecca di dieci metri, se per caso becchi un rapper che sa rappare!!!
Lui incassò la testa fra le spalle ed aggrottò le sopracciglia, incrociando le braccia sul petto.
- Non sono stupito come davanti a un lecca lecca! – precisò offeso, - È solo che è strano, non c’ho mai lavorato, con uno così. Stickle è ordinato, nelle sue cose, per dire, ma Fler… voglio dire, è tipo meccanico. È come se fosse programmato!
Eko continuò a fissarlo con aria allucinata, prima di grattarsi la fronte e rimettersi dritto, per guardarlo più comodamente negli occhi.
- Chaku, fa il suo lavoro. Cioè, non capisco cos’è che ti turbi in questa maniera. Sul serio.
Bushido scelse proprio quel momento per planare addosso a Chakuza con la delicatezza di un elefante in una pozza di fango, abbattendosi senza discriminazioni sul divano, su di lui ed anche su Eko, mandando all’aria il joystick e lasciando che le uova che il personaggio del videogame stava cercando di ribaltare nel tegamino finissero rovinosamente sul tappetino virtuale che adornava il pavimento dell’altrettanto virtuale cucina.
- Cos’è che turba Chaky? – chiese, gli occhi castani spalancati mentre si sistemava tranquillamente in mezzo a loro, costringendoli a farsi minuscoli sui lati opposti del divano.
- Cristo Iddio, Bushido! – lo rimproverò Eko, tirandogli uno scappellotto dietro la nuca, - Mi hai fatto perdere!
Sullo schermo al plasma, la ragazzina tonda, bionda e dagli enormi occhioni azzurri che stava maneggiando la padella, scoppiò in lacrime, crollando in ginocchio sul pavimento.
Bushido scrollò le spalle.
- Puoi ricominciare. – disse altezzoso, ruotando di novanta gradi per ignorare fisicamente Eko e concedere tutta la propria attenzione al suo Chaky turbato. – Dicevi?
- Fler! – borbottò Chakuza, stringendosi nelle spalle.
Bushido lo guardo con tanto d’occhi e poi sospirò.
- Chaky… saranno passate già due settimane… lo so che ha due occhi che disorientano e un bel culo, ma per favore, riprenditi!
- Ma non c’entra niente!!! – strillò Chakuza, mentre Eko scoppiava a ridere alle spalle di Bushido, - Io parlavo di tutt’altro!
- Oh, senti, Chaku… - rincarò il turco, ricominciando a far rimestare impasti alla bimba sullo schermo, - l’abbiamo pensato tutti, sai? Ho chiesto anche a Saad, Danny, Kay, Nyze… e tutti quelli con cui hai parlato ultimamente sono d’accordo nel dire che non se ne può più di sentirti parlare di Fler!
Bushido annuì, incrociando seriamente le braccia sul petto.
- Davvero, Chaky. – aggiunse, - Io ti avverto, lo conosco, Fler è pericoloso. Non è tanto che si appiccichi, il problema… anche se lo fa… comunque non è tanto quello il problema, tanto più il fatto che quando si appiccica poi a te non viene tanto voglia di scollartelo di dosso, sai?
- Mi pare… - biascicò Chakuza, sull’orlo di una crisi isterica, - che qua stiate dando per scontata una cosa che non è affatto scontata.
Eko e Bushido si guardarono a lungo e poi tornarono a fissare lui.
- Be’, che ti piace ormai è chiaro, no? – disse il primo.
- Appunto. – annuì il secondo.
- Ma neanche per un cazzo! – abbaiò Chakuza, saltando in piedi, - Ma che roba! Ohi, io sono eterosessuale, eh?!
- Chaky, la sessualità è un flusso. – annuì Bushido, con aria enormemente competente, - Metti che io ora mi volto e vedo che Eko ha un’espressione carina-
- Oh! – protestò quello, agitando un pugno. Bushido lo rabbonì con una carezzina sulla testa.
- No, Eko, dico per ipotesi. Dicevo, - riprese, tornando a rivolgersi a Chakuza, - metti che mi volto, Eko ha un’espressione carina e in virtù di ciò a me viene voglia di farmelo. Che mi frega di collocarmi da una parte o dall’altra della barricata? Intanto voglio farmelo!
- L’immagine mentale – confessò Chakuza, scosso da un brivido, - è raccapricciante. In sostanza, cos’è che stai cercando di dirmi?
Bushido sospirò, si accomodò contro lo schienale del divano e poi si espresse in uno di quei sorrisi ampi e furbi che ti davano sempre l’idea di essere un coglione, perché l’avevi magari trattato da cretino fino a quel momento ma in realtà era lui che si stava prendendo gioco di te.
- In linea generale, Chaky, pensa di meno e scopa di più. Nel particolare… - scrollò le spalle e sorrise ancora, - gestisciti Fler. Perché se continui così non te lo togli più dalla testa, sai?
Eko annuì partecipe, facendo saltare le uova nel tegamino della bimba.
- Pensa a lui! – aggiunse, senza nemmeno guardarli, - Ci ha messo anni!
Bushido lo ribaltò sul divano con uno spintone.
- Non è vero neanche per un cazzo!
Eko, costretto a far cadere di nuovo le uova per terra, gli saltò addosso, ringhiando frustrato.
- Ora lo vediamo, cos’è vero e cosa no!
Chakuza lasciò l’appartamento che quei due ancora si menavano.
La voce di Fler gli stava scivolando in brividi dalle orecchie alle spalle passando per il collo. Questo, Chakuza doveva ammetterlo e basta. Avevano registrato almeno una decina di tracce, nelle ultime settimane – erano diventate ormai più di tre, i giorni si rincorrevano veloci perché Fler aveva ritmi frenetici, sul lavoro, ed era stato Chakuza a doversi adattare, se non altro per non fare una figura del cazzo di fronte ad uno che, a conti fatti, era pure più piccolo di lui – ma per quanti giorni potessero passare, per quante canzoni potesse aggiungere all’elenco e per quante volte potesse riascoltarle tutte, Doreen restava una delle cose migliori che avesse sentito nell’ultimo anno.
Era un po’ comico come, in un mondo quasi privo di donne – donne, non puttane – qual era quello del rap, le canzoni migliori fossero sempre quelle dedicate a loro. Bushido aveva dato il meglio con Jenny e con Janine. Fler aveva Doreen.
Lui aveva avuto Silvia, per un po’. Era pur vero però che su Silvia lui non aveva mai scritto una parola.
Si alzò in piedi, sospirando pesantemente e sfilando le cuffie, poggiandole delicatamente sul mixer, stando attento a non combinare danni. La Beatlefield era vuota e silenziosa già da almeno un paio d’ore. Stickle era passato a salutarlo prima di tornarsene a casa e godersi un meritato riposo e l’impresa di pulizie non sarebbe arrivata prima dell’indomani alle cinque.
Lanciò un’occhiata distratta al quadrante dell’orologio a muro: segnava mezzanotte passata da una decina di minuti abbondanti; magari avrebbe dovuto tornare a casa anche lui. Il meritato riposo di cui sopra gli spettava in quanto diligente lavoratore. In quelle ultime settimane s’era letteralmente sfiancato, dannazione pure a Fler ed a quella sua assurda iperattività.
Spense le luci dall’interruttore principale ed imprecò nel buio. Aveva dimenticato di prendere la fottuta giacca, prima. Tirò fuori il cellulare dalla tasca e lo utilizzò a mo’ di lampadina, vagando a tentoni lungo il corridoio e verso l’ingresso, alla ricerca dell’attaccapanni. E continuò a camminare così fino a quando qualcosa non lo frenò a metà di un passo. Qualcosa di grosso e compatto come un enorme gomitolo di lana lasciato lì in mezzo al niente. Qualcosa che, quando lui vi inciampò addosso, rischiando pure di coinvolgerlo in una rovinosa caduta e riuscendo a salvarsi solo per forza di volontà, mugolò un lamento sofferente e poi lo mandò a fanculo.
Qualcosa che parlava con la voce di Fler. E che quindi non era qualcosa. Era Fler.
- Fler? – chiamò stupito, tastandolo un po’ ovunque con aria incredula, come a volersi sincerare fosse davvero lui e non, tipo, una sagoma di cartone. Parlante, magari. In qualche modo doveva spiegarli, il mugolio ed il vaffanculo.
- E togliti di mezzo… - continuò a lamentarsi l’altro, spingendolo lontano con poca convinzione e tirandogli una gomitata nelle palle quando, con frustrazione, si accorse di non riuscire a mandarlo via.
- Ma che cazzo ci fai qui?! – chiese Chakuza, cercando con poco successo di tirarlo in piedi, - Perché stai seduto? E come hai fatto a entrare?!
- Mi stai… facendo troppe domande. – concluse Fler in un lamento frustrato, muovendosi appena nell’ombra. Chakuza ascoltò il fruscio della sua felpa di acrilico, che sfregava contro la parete ogni volta che Fler si spostava per mettersi comodo.
- No, non direi… - borbottò rinunciando al proposito di metterlo dritto e sedendosi quindi accanto a lui, - Ti sto facendo le domande giuste. Che è successo?
- Un cazzo. – biascicò lui, spintonandolo con una spallata, - Lasciami in pace.
- Sei praticamente a casa mia! – gli fece presente Chakuza, aggrottando le sopracciglia, - Devi ancora spiegarmi come sei entrato e… ma sei ubriaco?
- No! – sbottò Fler, massaggiandosi le tempie, - …ero ubriaco prima di addormentarmi qui, tipo.
- Ah, certo. – ridacchiò lui, inarcando le sopracciglia e restituendogli una spallata meno ostile, - Questo cambia tutto. Stickle ti ha dato le chiavi? – ipotizzò quindi, immaginando che, altrimenti, Fler non gli avrebbe mai dato una spiegazione.
- Mhn. – annuì semplicemente l’altro, sistemandosi un po’ contro il muro ed un po’ contro la sua spalla. Un po’ come capitava, in realtà, spargendo quelle chilometriche gambe ovunque lungo il corridoio stretto. – Tipo una settimana fa. Dice che ormai sono di casa.
- Be’, è vero. – ammise lui, cercando di sistemarsi in modo che Fler non gli pesasse troppo addosso, - Quindi?
- Quindi cosa? – borbottò, tirandogli un calcio nello stinco per costringerlo a stare fermo, una buona volta.
- Quindi cos’è successo? Com’è che sei in queste condizioni?
Fler sospirò profondamente, e rimase zitto per qualche secondo, come chiedendosi se fosse il caso di sbottonarsi sull’accaduto o meno.
- Avanti, Fler. – lo incitò Chakuza, sgomitandolo fra le costole, - Mi hai praticamente raccontato tutto della tua ultima storia d’amore, cos’altro vuoi nascondermi?
Fler ridacchiò a bassa voce, massaggiandosi lentamente il fianco dolorante.
- …non lo so, in effetti. – biascicò, poggiando il capo contro la parete, - Forse non voglio dirti che sono tornato da lei strisciando. Non è una cosa di cui andare granché orgogliosi, ti pare?
Chakuza sospirò, lasciandogli una pacca consolatoria su una spalla.
- Sei un uomo e sei innamorato… - lo giustificò conciliante.
- Mah… - rispose Fler, scrollando le spalle, - Sono andato da lei completamente ubriaco. Non lo so, non… non ho fatto un tentativo di tornare insieme. Volevo mandarla a fanculo, credo. Volevo vederla, cazzo.
- …cosa ti ha detto?
Fler rise amaramente, scuotendo il capo.
- Che, per la scopata che sono stato, sto facendo fin troppo casino. – si fermò un attimo, immobile. Mentre la sua vista si abituava al buio, Chakuza intuì i suoi occhi nell’oscurità e li fissò con attenzione, in cerca di un qualche tremito o incertezza. Che non arrivò. – Non penso che potrò mai dimenticarlo.
Chakuza si inumidì le labbra, annuendo lentamente.
- Silvia mi ha lasciato dicendomi che non riusciva neanche a pensare di potersi svegliare un altro giorno dopo aver dormito al mio fianco. – disse d’un fiato, guardando fisso davanti a sé mentre Fler – lo sentiva sulla pelle – gli spostava gli occhi addosso. – No, non sono cose che si dimenticano, mi dispiace. Però ricordarle ogni giorno ti permette di mandarle a fanculo con tutta la convinzione che meritano, non ti pare?
Fler si sistemò appena contro la sua spalla, raddrizzando la schiena e voltando un po’ il viso. Attraverso il cotone della felpa Chakuza poté sentire il calore dello sbuffo di fiato nel quale venne fuori la sua risatina un po’ rassegnata e un po’ sinceramente divertita.
- Che sfigati siamo. – lo sentì commentare ironicamente, senza intenzioni offensive, - Cos’è che avevi fatto alla tua donna, Chakuza?
Lui scrollò le spalle.
- Credo di averla voluta sposare. – rispose un po’ incerto, - Mi sa che mi sono fatto prendere la mano. Sai quando ti esalti…
- Sì, lo so bene. – rise ancora Fler, e stavolta il fiato Chakuza lo sentì direttamente sulla pelle del collo, - Sei un tipo romantico, mh?
- Quando m’innamoro, m’innamoro. Tutto qua. – borbottò lui, imbarazzato. – È così anche per te, no? Hai fatto la rivoluzione…
- Mi sa che dovremmo imparare a sceglierci meglio gli innamorati, Chakuza. – annuì Fler, piegando una gamba e sfiorandolo involontariamente col ginocchio, - Io toppo tipo di continuo. Non me ne va bene una.
Chakuza rise apertamente, ricambiando la ginocchiata involontaria con una volontaria e dando a Fler il la per partire con un gioco di spintarelle simili.
- Parli come un ragazzino. – gli fece notare, - Si sente che sei più giovane di me.
- Guarda che è solo un anno di differenza! – rise ad alta voce Fler, - Senti che roba…
- Be’, un anno ha il suo peso, in queste situazioni! – si lamentò Chakuza, sentendosi improvvisamente molto stupido, - Io non ho frignato, quando Silvia mi ha lasciato, per dire.
- Nemmeno io sto frignando! – ritorse Fler in un borbottio infastidito, - Alla fine ce l’ho mandata a fanculo, eh?
- Oh, sì, me lo immagino. – annuì Chakuza, - “Ti prego, Doreen, non faccio che pensarti, torna con me!”… è così che mandi a fanculo la gente, tu?
- Fanculo. – lo spintonò Fler, per tutta risposta, - È così che mando a fanculo la gente. Tu, comunque, sei uno stronzo. Non si consolano mica così, le persone. Che roba, veramente. Uno viene qui, ti si addormenta nei corridoi degli studi e tu prendi e gli dai del moccioso. Sei acido. Ora prendo e-
Non riuscì nemmeno a concludere la frase, Chakuza non lo lasciò finire. Senza nemmeno chiedersi perché avesse voglia di farlo – o se farlo fosse opportuno, tanto per cominciare – si voltò nella sua direzione e lo baciò.
Quando si separò da lui, gli sarebbe piaciuto poter dire che quello che si erano scambiati era stato un bacio equivocabile. Come quelle cose imbarazzantissime che capitano ogni tanto, in cui vuoi salutare qualcuno baciandolo su una guancia però in qualche modo non vi capite bene e la cosa finisce in uno sfregamento fugace di labbra ed in un sorriso ed una scusa impacciati biascicati confusamente mentre ci si allontana. O come quando continui a scontrarti col tizio che ti sta di fronte sul marciapiedi, perché lui va a destra quando ci vai tu e tu vai a sinistra quando ci va lui e non riuscite ad uscire dal momento di sincronia monocellulare dei vostri cervelli.
Non s’era trattato mica di uno sfregamento involontario. E non era andato a sbattergli contro per caso. Aveva voluto baciarlo. D’accordo, non c’era stato niente di più spinto di due labbra che si toccano, ma sempre di bacio s’era trattato. C’era, boh, da prenderne atto, probabilmente.
- …tu le consoli sempre così, le persone? – chiese Fler, con una voce talmente sottile che Chakuza si chiese se fosse bastato così poco per tirargli via tutto il fiato.
- Be’, no… - si affrettò a rispondere, agitato, - Credo dipenda dalla persona.
- E perché… - chiese giustamente Fler, esitando appena, - Voglio dire, perché hai consolato così me?
- Non… - biascicò lui, intenzionato a partire con un comizio in cui affermare tutto e il contrario di tutto e rendendosi conto solo dopo aver iniziato di non avere in realtà nulla da dire, - …non ne ho idea. Cioè, volevo farlo. Insomma, è solo un bacio.
Fler rimase immobile e silenzioso per un secondo.
- Io sono un uomo. – gli fece notare alla fine. La mente di Chakuza registrò con un silenzioso “eh”.
- Credo di essermene accorto. – ribatté, vagamente piccato, - Prima di baciarti, Fler. Non è che vado in giro a baciare chiunque per sport. Prima di baciare qualcuno, mi accerto almeno che sia proprio la persona che volevo baciare.
Fler rimase ancora in silenzio.
- …certo. – annuì alla fine, - …dovrei ringraziarti?
- Fler-
- No, sul serio! – lo interruppe lui, ansioso, - Cioè, non lo so. Sto meglio, adesso. Quindi forse dovrei ringraziarti.
- …se ci tieni. – si rassegnò lui, inspirando profondamente.
Fler annuì.
- Grazie. – aggiunse poi, con convinzione. – Mi baceresti di nuovo?
Chakuza lo guardò. Si augurò che Fler, nel buio, non riuscisse a distinguere la sua espressione da triglia surgelata. Ma dal momento che lui vedeva fin troppo bene la sua – un po’ incerta ma sincera e presente a se stessa, quella di un ragazzino che non è mai cresciuto e chiede perché non sa che certe cose si ottengono anche col semplice silenzio – non ci sperò più di tanto.
- Eh? – chiese, un po’ confusamente.
- Mica subito. – si affrettò a mettere le mani avanti Fler, - Dico, per il futuro, per ipotesi-
- Cosa?!
- Cioè, non è che voglio che adesso prendi e all’improvviso mi schieni contro il primo muro, eh, è solo che-
- Aspetta, aspetta! – lo fermò Chakuza, prendendogli il viso fra le mani e tenendolo fisicamente immobile, - Ho… capito cosa intendi. Cioè, fermati un momento. Non dico che non… - si interruppe, cercando le parole più adatte, - …non dico che mi dispiacerebbe o che, ma non partire come un treno in corsa, eh, è una cosa strana.
- Sì, lo so che è una cosa strana, che cazzo. – ritorse lui, sbuffando un po’. Il suo respiro lo solleticò sulle labbra e Chakuza lo guardò a lungo negli occhi.
- Posso baciarti anche adesso, credo. – disse a mezza voce, - Se vuoi ancora.
Fler rise nervosamente, muovendosi appena contro di lui. Erano così vicini che bastava un niente a toccarsi.
- Alla faccia del non partire come un treno in corsa… - lo prese in giro, probabilmente cercando di stemperare l’atmosfera tesa.
- Me l’hai chiesto tu. – borbottò Chakuza, offeso, - Lo vuoi ancora o no?
Fler non rispose. Si mordicchiò il labbro inferiore e poi si limitò ad annuire. Chakuza si sporse in avanti e sfiorò nuovamente le sue labbra con le proprie, pressandosi contro di lui in un movimento del tutto naturale, semplicissimo – anche troppo.
Si sentì stupido dopo qualche secondo in quel modo. Stavano fermi, non stavano praticamente facendo niente, perciò fu anche per attenuare quella strana sensazione di inadeguatezza che schiuse le labbra e sfiorò con la lingua quelle di Fler, come a chiedergli il permesso. Le dita dell’altro si strinsero con forza attorno alla sua felpa, all’altezza dei fianchi, mentre il permesso veniva concesso e Chakuza piegava appena il capo, lasciando la propria lingua incontrarsi e giocare con quella di Fler con una lentezza ed una calma che fino a due minuti prima avrebbero avuto del surreale. E che suonavano benissimo, invece, in quel preciso istante.
Fler rise appena smisero di baciarsi. Non sciolse la presa attorno alla sua felpa e non aprì nemmeno gli occhi, si limitò a ridere a bassa voce e restare lì, fermo, un po’ inebetito, mentre Chakuza tornava a guardarlo con una certa divertita curiosità.
- Potrei anche farci l’abitudine. – gli disse a mezza voce, quando recuperò abbastanza fiato. Chakuza rise di rimando.
- Stai di nuovo correndo come un treno. – lo rimproverò bonario, - Facciamo che adesso ce ne andiamo a casa e ci facciamo una dormita? In letti separati, s’intende.
Fler rise ancora e poggiò appena la fronte contro la sua. Aveva ancora gli occhi chiusi.
- Domani mattina ripenserai a questa battuta e ti sentirai un cretino. – lo avvertì.
- Mi conosci già tanto bene? – sbuffò Chakuza, sorridendo, - Sono un libro aperto.
Fler scosse il capo.
- Ci si sente sempre dei cretini, in questi casi.
Quali casi?, avrebbe voluto chiedere lui. Ma Fler lo lasciò andare e riaprì gli occhi. Era in piedi il secondo dopo. E Chakuza, di fermarlo, non ebbe proprio il coraggio.
Svegliandosi l’indomani mattina, le prime due cose che Chakuza aveva pensato erano state “sono un cretino” e “devo dirlo a Bushido”. La prima considerazione non l’aveva stupito più di tanto – in fondo l’aveva un po’ aspettata tutta la notte, se non altro perché, al solo pensarci, la voce di Fler, con quel tono dolce e un po’ perso, gli risuonava ancora nelle orecchie – e neanche la seconda, per dirla tutta, era davvero riuscita a turbarlo come forse avrebbe dovuto. D’altronde, che cavolo avrebbe dovuto dire a Bushido? “Fra una cosa e l’altra ieri poi ci siamo baciati due volte”? Che razza di discorso sarebbe stato? E poi, anche ammettendo che tutto questo avesse un senso, cosa avrebbe dovuto impedire a Bushido di ridergli in faccia e dirgli “sì, ma chi se ne frega”?
Eppure, per qualche motivo, voleva parlarne con Bushido. Probabilmente perché era evidente che, se da qualche parte l’argomento Fler doveva essere preso – lasciando da parte tutti gli imbarazzanti doppi sensi di un’espressione simile – quella parte doveva essere Bushido. Per forza di cose. Perché lo conosceva, perché ci aveva già avuto a che fare e soprattutto perché aveva avuto ragione a dirgli di risolverla prima di farsi prendere. Il problema era che lui non era stato abbastanza sveglio da dargli retta.
È che Fler non sembrava pericoloso. Non in quel senso, almeno. Si fosse trattato di farci a pugni o scontrarsi con un coltellino in un vicolo buio, be’, ok, allora da quel punto di vista avrebbe potuto tranquillamente dargli del tipo pericoloso. Ma l’eventualità di trovarsi a limonare con lui in un corridoio? Chi avrebbe mai potuto pensarci?
In realtà non c’era neanche un modo corretto di dirla, una cosa del genere. Quando una cosa non dovrebbe verificarsi e poi però si verifica comunque, insomma, puoi anche indorare la pillola ed immergerla nel cioccolato liquido, sempre amara resta.
Perciò, quel pomeriggio, quando arrivò a casa di Bushido, decise saggiamente di non infiocchettare per niente il pacco regalo, e presentare il disastro nudo e crudo, così per com’era. Sperando magari di ridimensionarlo un tantino. Perché a guardarlo per come lo vedeva lui, al momento, era spaventoso.
- Io e Fler ci siamo baciati. – esclamò, restando in piedi di fronte al divano mentre Bushido, seduto fra i cuscini e col portatile sulle ginocchia, lo guardava con aria allucinata.
Si sentiva tanto un bambino di ritorno da scuola con la pagella piena di insufficienze. Bushido continuò a guardarlo mentre, senza badare allo schermo, trucidava gli orchetti di World of Warcraft con gesti automatici dettati ormai da un’abitudine quasi quinquennale.
Il silenzio si protrasse molto a lungo.
- Chaky… - rantolò poi l’uomo, lasciando in pace la tastiera per passarsi una mano sulla fronte, - Chaky, no…
Chakuza aggrottò le sopracciglia con disappunto.
- Be’, non ti ho mica detto di aver investito una bambina che tornava a casa da scuola, che cazzo. – borbottò, lasciandosi ricadere seduto al suo fianco, - E chiudi un po’ questa merda, che ho dei problemi seri, io.
- Eccome se li hai. – annuì Bushido, chiudendo di botto lo schermo del portatile e voltandosi per guardarlo con attenzione, - Quanto avanti siete andati?
- Che cosa ti ho detto? Che ci siamo baciati! Quindi mi pare ovvio che ci siamo solo baciati! Se avessi risposto “l’ho spalmato sul mixer e me lo sono scopato per dritto e per rovescio”, allora avrebbe voluto dire che l’avrei scopato per dritto e per rovescio! – rispose istericamente, - Ti ho detto questo, per caso? Non te l’ho detto! Quindi sai già quanto avanti siamo andati.
Bushido ci rifletté qualche secondo.
- Parecchio. – suppose poi, annuendo.
Chakuza annuì di rimando.
- Per una decina abbondante di minuti. – precisò quindi, - Due volte.
Bushido rise a bassa voce, scuotendo il capo con una rassegnazione divertita molto paterna.
- Ma come ti è saltato in mente? – chiese poi.
Chakuza si lasciò andare con un sospiro contro lo schienale, le braccia inerti in grembo.
- Non ne ho idea. – rispose sinceramente, - Era lì, era triste, l’ho baciato.
- Non fa una piega. – rise ancora Bushido, - Cos’era successo?
- Be’, ha avuto questo casino con la donna di Sido, no? – biascicò Chakuza, senza nemmeno chiedersi se fosse il caso di raccontare una cosa simile all’uomo che, in teoria, Fler lo odiava, e quindi di quelle informazioni avrebbe potuto fare un uso molto scorretto, volendo. Tra l’altro, non è che Bushido passasse poi per un individuo di chissà che alta moralità. Ma c’era anche da dire che in genere era vero: Bushido sapeva sempre tutto. Perciò, perché trattenersi, a un certo punto? – Insomma, ieri è andato da lei, hanno avuto questa discussione, lei gli ha mollato un due di picche tremendo e io me lo sono ritrovato mezzo ubriaco seduto per terra in un corridoio degli studi. Che avrei dovuto fare?
- Non saprei, - ipotizzò Bushido con un’altra risata, - preparargli un caffè e rimandarlo a casa propria?
Chakuza mugolò afflitto, sistemandosi il cappellino sulla testa.
- Non ci ho pensato. – borbottò con un sospiro, - E adesso mi sa che è tardi per dirgli “senti, lasciamo perdere e facciamo che ti offro un caffè per riparare”.
Bushido rise un’altra volta, cercando di incoraggiarlo con qualche pacca sulla spalla.
- Chaky, guarda, io non so che intenzioni abbia tu con quell’uomo, ma lasciatelo dire da uno che lo conosce bene: Fler è una trappola.
Chakuza gli sollevò gli occhi addosso, inarcando un sopracciglio.
- Stai per darmi una lezione di Flerologia?
Bushido rise possibilmente ancora più forte.
- Vedila così: - spiegò quindi, - Fler nemmeno se ne accorge, di quello che ti fa. E tu, senza capire né come né perché, improvvisamente ti ritrovi che lo stai baciando. È un classico.
- Un classico? – chiese Chakuza, giustamente turbato, - No, perché, scusa, quanti ne conosci a cui è successo?
- Be’, uno. – rispose Bushido con una scrollatina di spalle. E poi si indicò. – Il sottoscritto.
Chakuza rimase immobile, ponderando attentamente la possibilità di alzarsi in piedi, uscire da quella casa e fingere che quella conversazione non avesse mai avuto luogo.
- Tu… cosa? – chiese invece, incredulo, - E quando?
- Giusto quei due secoli fa. – rispose Bushido con un mezzo sorriso intenerito, - Tranquillo.
- No, - lo fermò Chakuza, sollevando perentorio una mano, - non mi dire di stare tranquillo perché tu che rassicuri me dicendomi di stare tranquillo perché tra te e Fler è una cosa chiusa… no. Ok? No.
Bushido rise per la millesima volta in quella mezz’ora, annuendo conciliante.
- In sostanza, - spiegò quindi, - è successo quando sono andato via dall’Aggro Berlin. Fler, sai, è sempre stato un tipo fedele. Nel senso, aveva degli ideali, i suoi ideali l’Aggro li incarnava bene. Io volevo fare soldi, ero un figo e mi rompeva il cazzo dividere i guadagni con Sido, in tutta sincerità. – scrollò le spalle, - Faccio a Fler: “vieni via con me?”, lui risponde: “col cazzo”. Io mi infurio e lo sfanculo. Nel senso che gli dico “per quanto mi riguarda, fottiti e tanti saluti”. E quindi, insomma, lui prende e fa la tragedia greca. Sai, no? “Non puoi farmi questo”, “cazzo, siamo fratelli”, “Atze, non puoi andartene” e via così. E parlava, parlava. E mi guardava con quegli occhi lì. Intendo, quegli occhi lì. – precisò con un altro sospiro, - Che avrei dovuto fare?
Chakuza fece una mezza smorfia, abbozzando un sorriso.
- Immagino che il consiglio del caffè non valesse, nel caso specifico, mh?
Bushido rise ancora.
- No, direi di no. Perciò lo bacio e quando mi stacco lui fa “volevi zittirmi?”. E no, non è che volessi zittirlo. Volevo baciarlo. Però, capisci, lui non ci arriva. Non è che lo capisce, che è un individuo baciabile e che quando fa determinate cose a te ti scatta la molla dentro. Siccome fondamentalmente è eterosessuale, - si interruppe e ci rifletté, poi corresse: - siccome principalmente va con le donne, ecco, non ci pensa. Quindi, in sostanza, se ti piace devi dirglielo, però preparati perché… - sospirò, - voglio dire, non passa.
Chakuza lo guardò attentamente, cercando di trovare alle sue parole un senso meno malinconico e meno pesante.
- Non ti è passata? – chiese poi, quasi timoroso.
- Be’, non è che trascorra la mia intera esistenza a pensare a lui, - chiarì Bushido, - però insomma. Ogni tanto capita, e quando succede ci ripenso nello stesso modo in cui ci pensavo il giorno in cui l’ho baciato.
Chakuza deglutì a fatica.
- Preferisci che io… - iniziò incerto, ma Bushido lo fermò con un’altra risata tonante delle sue.
- No, Chaky. Tu che mi chiedi se devi farti da parte per favorire qualcosa fra me e Fler è anche peggio di me che ti rassicuro sul contrario. – ci rifletté un po’, - E comunque ti rassicuro lo stesso, perché fra me e Fler non c’è più una possibilità che sia una, e soprattutto io non voglio. – lo guardò un po’ dubbioso, nascondendo l’ennesimo sorriso, - Era questo il problema?
Chakuza esitò qualche attimo.
- In realtà non lo so. – ammise poi, - Forse. Comunque sono contento di avertelo sentito dire.
- Ho parlato con Bushido.
Fler si separò da lui ancora vagamente confuso, le labbra gonfie, gli occhi semichiusi e le dita strette con forza attorno al colletto della sua polo.
- Tu cosa? – chiese, senza capire, mentre Chakuza, dopo la breve parentesi informativa, tornava a fare ciò che stava facendo fino a pochi secondi prima, cioè spalmarlo contro lo schienale della sedia sulla quale era seduto, baciandolo voracemente. – Cha… - cercò di fermarlo Fler, puntando i piedi per terra e indietreggiando sulle rotelle della poltrona, - Chakuza, che cazzo stai dicendo?! – si decise a urlare poi, alzandosi anche in piedi per sottolineare meglio la propria intenzione bellicosa, dopo aver visto che l’unico effetto del suo arretrare era stato l’avanzare di Chakuza in direzione ostinata e contraria.
- Che c’è? – rispose lui, in un mormorio in parte annoiato e in parte deluso dalla prospettiva di vedere sfumare un interessante pomeriggio di baci, - Mi hai capito, no?
- Sì, appunto perché ti ho capito… - precisò Fler, tornando a sedersi ed osservando con sgomento Chakuza tentare di riavvicinarsi, - Fermati un po’! – lo rimproverò, piantandogli una mano nel mezzo del petto, - Cos’hai detto a Bushido?
- Be’, gli ho detto di noi. – rispose Chakuza con un vago gesto della mano, - Insomma, di quello che è successo. Quando ci siamo baciati e… nelle settimane successive, dico.
Gli occhi di Fler, già abbastanza inquietanti anche nella normalità, si spalancarono a dismisura, diventando quasi terrificanti.
- Fler…? – lo chiamò a mezza voce Chakuza, senza azzardarsi a toccarlo per paura che potesse, tipo, morderlo.
- Ma come cazzo… - cominciò lui, con aria assente, - No, dico, ma sei un cretino o che?! A Bushido!
Chakuza aggrottò le sopracciglia, appoggiandosi al mixer e fissandolo con aria ostile.
- Be’, scusami se non sapevo con chi parlarne. La prossima volta mi attacco alla prima gay line disponibile e vedo che mi consigliano loro, preferisci?
Fler cercò di calmarsi e lo raggiunse al mixer, appoggiandosi accanto a lui e sospirando pesantemente.
- Scusami… - cedette, guardandolo con aria un po’ triste, - Non è che sia arrabbiato perché l’hai detto in generale. Voglio dire, non è un problema se lo dici. In ogni caso, se viene qualcuno a prendere per il culo, farò in modo che se ne penta amaramente. È che… Bushido! Fra tutti, lui!
Chakuza incrociò le braccia sul petto.
- Se è per quello che è successo fra voi, guarda che-
- No! – lo fermò Fler, con troppa ansia perché non sembrasse sospetto. Chakuza lasciò perdere solo perché in realtà non gli andava davvero di affrontare l’argomento. – Non è per quello, è che-
- Bushido non è stronzo come pensi, - lo interruppe lui, accigliato, - non penso intenda andare a vendere la notizia al migliore offerente, d’accordo? Rilassati.
Fler sospirò ancora, scuotendo il capo.
- Bushido è una cosa complicata. – cercò quindi di spiegargli. Chakuza scrollò le spalle.
- Sì, lui dice lo stesso di te. – d’altronde, se Fler ci teneva tanto a tirarglielo fuori di bocca, chi era lui per fermarlo?
Il “davvero?” che ricevette in risposta, comunque, lo mandò fuori dalla grazia di Dio. Letteralmente.
- Sì. – rispose in un ringhio di gola, - Sì. Una tirata di mezz’ora mi ha fatto, su te, su voi, su quello che siete stati, non siete, non sarete più e tutto il dannato resto. E poi ci ha tenuto a rassicurarmi sul fatto che no, non devo preoccuparmi di niente, perché figurati se lui si mette in mezzo, a questo punto. Ora cosa? – concluse con un altro ringhio, - Prendi e corri fino a casa sua per spiegargli che ha fatto i conti senza l’oste e che per quanto ti riguarda potete riprendere da dove vi eravate interrotti? Bene! Fai pure! Però ricordati chi è stato a gettare fango su te e tutto il tuo albero genealogico, negli ultimi anni, e ricordati che non ero io a darti del traditore nelle mie canzoni! – si fermò e prese fiato, - Ora puoi andartene, se vuoi.
Fler lo guardò per qualche secondo, restando in rigoroso silenzio per tutto il tempo. Non lo si sentiva neanche respirare. Chakuza cominciò a pensare si fosse trasformato in una statua di sale o chissà che altra assurdità simile, e lui approfittò di quel momento d’incertezza per ricominciare a parlare.
- Se dovessi uscire di qui ed andare a casa di Bushido adesso… - spiegò con un mezzo sorriso, - sarebbe per dirgli che ha fatto i conti senza l’oste. Perché – rise divertito, - è tremendo che ti abbia ridotto in questo stato senza motivo, Chaku.
Chakuza borbottò qualcosa di incomprensibile, abbassando lo sguardo. Fler si sporse in avanti e gli lasciò un bacio sotto l’orecchio, cosa che lo fece rabbrividire abbondantemente e lo costrinse a tornare a guardarlo.
- Senti, sai che avevi ragione? – continuò Fler, guardandolo e sorridendo come volesse prenderlo in giro, ma senza cattiveria, - Anche io quando m’innamoro, m’innamoro.
- …Fler-
- No, aspetta, dai. – rise, - È già abbastanza imbarazzante così, ti pare? Almeno lo dico una volta sola e risolviamo il problema. Ok?
- …se proprio ci tieni. – annuì Chakuza, ancora vagamente stordito, - Dì pure.
Fler gli mollò uno scappellotto dietro la nuca tale che gli volò via il cappellino.
- Di certo non intendo dirti che mi sono innamorato di te, stronzo insensibile che non sei altro. – lo rimproverò con un mezzo sbuffo, - Però se vogliamo fare le cose per bene, intendo, ci sto.
Chakuza rise a bassa voce, sollevando un braccio e tirandoselo contro – fregandosene, per una volta, se nel movimento spostavano tutti gli equalizzatori di quella dannata macchina infernale del mixer.
- Fare le cose per bene… - ripeté divertito, - Che cosa diamine vorrebbe dire “fare le cose per bene”? Devo far stipulare agli avvocati un altro contratto?
- Devi andare a fanculo, principalmente. – lo rimbrottò Fler, tirandogli una gomitata neanche troppo discreta nello stomaco, - Non so neanche perché te le dico, certe cose. Mica te le meriti.
Chakuza rise ancora e si sporse a baciarlo, spegnendo sul nascere il distributore automatico di lamentele che Fler stava apprestandosi a diventare.
- Questo era per zittirmi? – chiese Fler con un mezzo sorriso, quando si separarono.
- Che fai, ti autociti? – lo prese in giro Chakuza, spintonandolo con una spalla.
- Una specie. – rise l’altro, massaggiandosi la spalla, - Facciamo che cancello il passato così che tu non debba più sentirti geloso.
- Ehi… - borbottò Chakuza. E fece anche per aggiungere “io non sono geloso”, ma da un lato sarebbe stato piuttosto ridicolo se avesse detto una cosa simile dopo la scenata di qualche minuto prima, e dall’altro lato non vedeva per quale motivo risparmiarsi di rimarcare il punto “se tu e Bushido vi riavvicinate, nessuno sopravvivrà per esserne testimone”. D’altronde, a quanto pareva rientrava nei suoi diritti. Perciò lasciò perdere. – Fa nulla. – ridacchiò sollevato. E poi si dedicò ad un’attività che, ne era sicuro, nei mesi futuri avrebbe trovato parecchio divertente: rovinare ore e ore di registrazioni di Stickle spalmando Fler in ogni posizione per tutta la lunghezza della consolle.
- Quindi adesso stanno insieme, tipo? – chiese Eko, farcendo un panino virtuale con del tonno virtuale ad andando alla ricerca di un pomodoro virtuale all’interno di una cucina virtuale.
- Sì, così pare. – rispose Bushido, sventrando un orchetto e procedendo alla volta di un suo degno compare.
- Ma è una cosa seria? – chiese ancora Eko, tagliando il pomodoro virtuale in sottili fettine virtuali usando un coltello virtuale su un tagliere virtuale.
- Be’, non credo che abbiano intenzione di sposarsi, però probabilmente andranno a vivere insieme. – scrollò le spalle Bushido, trucidando anche il secondo orchetto ed appiccando il fuoco ad un innocente tetto di paglia, - D’altronde, non vedo perché no. In ogni caso passano il tempo a limonare, che stiano appiccicati per ore o meno.
- Eh, la gioventù. – annuì Eko, finendo di riempire il suo panino virtuale ed infilzandolo con uno stecchino virtuale, adornato a sua volta da una deliziosa oliva denocciolata anche lei virtuale. – Sono contento per loro.
Bushido demolì ciò che restava dello scheletro bruciacchiato della casa ed annuì.
- Sì, anch’io.
Silenzio.
- Bu? – lo chiamò quindi Eko, - Li spegniamo, ‘sti cazzo di affari? Usciamo e ci troviamo una donna, dai. Sul serio.
Bushido lo guardò solo per un secondo.
- Ma devo arrivare al check point. – motivò, indicando lo schermo oltre il quale un’orda di elfi neri stava depredando una carovana di mercanti.
Eko tornò a sprofondare nel divano e cominciò a farcire un altro panino virtuale.
- Okay, - rispose con un sospiro, - solo fino al check point.