Genere: Introspettivo.
Pairing: Nessuno.
Rating: PG
AVVERTIMENTI: Angst, Gen, (accenni) Het.
- "Zlatan si sveglia, sente un buon profumo provenire dalla cucina ed apre gli occhi."
Note: Ambientata in un momento randomico della sua permanenza in Spagna -- solo che dopo la giornata di ieri ha un significato ancora più profondo XD Titolo rubato a Hello degli Evanescence. Prompt: Unito/Diviso @ It100.
Pairing: Nessuno.
Rating: PG
AVVERTIMENTI: Angst, Gen, (accenni) Het.
- "Zlatan si sveglia, sente un buon profumo provenire dalla cucina ed apre gli occhi."
Note: Ambientata in un momento randomico della sua permanenza in Spagna -- solo che dopo la giornata di ieri ha un significato ancora più profondo XD Titolo rubato a Hello degli Evanescence. Prompt: Unito/Diviso @ It100.
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DON’T TRY TO FIX ME// (UNITO)
Zlatan si sveglia, sente un buon profumo provenire dalla cucina ed apre gli occhi. Sorride, ascolta per qualche secondo Helena canticchiare in cucina e i bambini parlare di cose sicuramente fondamentali di cui lui, ancora seminascosto fra le coperte, non riesce a cogliere il senso, e solo dopo si alza. Cammina lungo il corridoio a piedi nudi, sente la moquette fargli il solletico sotto le dita e quando entra in cucina Vincent lo vede e si catapulta giù dal seggiolino agitando il minuscolo frisbee che ha trovato nella confezione di cereali. La sua foga è tale che inciampa nei suoi stessi piedi, e Zlatan lo osserva cadere di faccia e schiacciarsi il nasino a patata contro il pavimento reprimendo a stento una risata, facendoglisi vicino e tirandolo su prima per controllare, come già sa, che non sia successo niente, poi per rassicurarlo con un po’ di bacini sulle guance paffute e infine per distrarlo chiedendogli di spiegargli cos’è quel gioco che ha in mano. Helena gli versa il caffè in una tazza, lo allunga con un po’ di latte, gli sorride. Zlatan lancia un’occhiata fuori dalla finestra: Milano è il solito delirio caotico e ingrigito dallo smog, ma lui si sente completo, e sorride ancora.
(DIVISO) //I’M NOT BROKEN
Zlatan si sveglia, sente un buon profumo provenire da qualche parte imprecisata della stanza ed apre gli occhi. Si gratta stancamente la fronte – non ha dormito bene – e quando si tira a sedere ci sono Helena e i bambini seduti al tavolo nella stanza accanto, che sbocconcellano pigramente caffellatte e croissant dal vassoio del servizio in camera. Zlatan sente fra le dita il tessuto morbidissimo delle lenzuola di quella stanza d’albergo che, tutta assieme, deve costare molto più di una vita umana e probabilmente anche più di quanto abbia speso Laporta per portarlo fin lì, e si alza in piedi sentendo la pelle prudere, come non riuscisse più a sopportare la sensazione di quelle lenzuola addosso. La moquette gli solletica la pianta del piede e lui, quando si siede al tavolo ed osserva il vassoio per cercare di capire se gli vada di bere il caffè o se non preferisca un po’ di succo di frutta, gratta via il prurito sbrigativamente, senza rifletterci troppo, con una smorfia perfino infastidita. Helena cerca di sorridergli, poi distoglie lo sguardo. Sospirando pesantemente, Zlatan lancia un’occhiata fuori dalla finestra: Barcellona è splendida, calda e assolata, ma lui si sente mancare qualcosa, e non riesce a sorridere.
Zlatan si sveglia, sente un buon profumo provenire dalla cucina ed apre gli occhi. Sorride, ascolta per qualche secondo Helena canticchiare in cucina e i bambini parlare di cose sicuramente fondamentali di cui lui, ancora seminascosto fra le coperte, non riesce a cogliere il senso, e solo dopo si alza. Cammina lungo il corridoio a piedi nudi, sente la moquette fargli il solletico sotto le dita e quando entra in cucina Vincent lo vede e si catapulta giù dal seggiolino agitando il minuscolo frisbee che ha trovato nella confezione di cereali. La sua foga è tale che inciampa nei suoi stessi piedi, e Zlatan lo osserva cadere di faccia e schiacciarsi il nasino a patata contro il pavimento reprimendo a stento una risata, facendoglisi vicino e tirandolo su prima per controllare, come già sa, che non sia successo niente, poi per rassicurarlo con un po’ di bacini sulle guance paffute e infine per distrarlo chiedendogli di spiegargli cos’è quel gioco che ha in mano. Helena gli versa il caffè in una tazza, lo allunga con un po’ di latte, gli sorride. Zlatan lancia un’occhiata fuori dalla finestra: Milano è il solito delirio caotico e ingrigito dallo smog, ma lui si sente completo, e sorride ancora.
(DIVISO) //I’M NOT BROKEN
Zlatan si sveglia, sente un buon profumo provenire da qualche parte imprecisata della stanza ed apre gli occhi. Si gratta stancamente la fronte – non ha dormito bene – e quando si tira a sedere ci sono Helena e i bambini seduti al tavolo nella stanza accanto, che sbocconcellano pigramente caffellatte e croissant dal vassoio del servizio in camera. Zlatan sente fra le dita il tessuto morbidissimo delle lenzuola di quella stanza d’albergo che, tutta assieme, deve costare molto più di una vita umana e probabilmente anche più di quanto abbia speso Laporta per portarlo fin lì, e si alza in piedi sentendo la pelle prudere, come non riuscisse più a sopportare la sensazione di quelle lenzuola addosso. La moquette gli solletica la pianta del piede e lui, quando si siede al tavolo ed osserva il vassoio per cercare di capire se gli vada di bere il caffè o se non preferisca un po’ di succo di frutta, gratta via il prurito sbrigativamente, senza rifletterci troppo, con una smorfia perfino infastidita. Helena cerca di sorridergli, poi distoglie lo sguardo. Sospirando pesantemente, Zlatan lancia un’occhiata fuori dalla finestra: Barcellona è splendida, calda e assolata, ma lui si sente mancare qualcosa, e non riesce a sorridere.