Genere: Erotico, Introspettivo.
Pairing: José/Zlatan.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Flashfic, Bondage.
- Illusione di possesso.
Note: Io sono molto, molto, molto contraria al concetto che sta alla base di questa storia. L’ho scritta in trance, senza pensarci troppo, seguendo gli strascichi (poco salutari) dell’aver guardato questo video su Zlatan per un paio di volte nel pomeriggio. Che devo dirvi, sono femmina, gli ormoni sono quelli che sono e Zlatan, dannazione a lui, ne è un concentrato. Soprattutto quando è seminudo. José, perdonami ;_;
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Disincanto
81. Questione di scarsa mobilità


I muscoli contratti nello sforzo di liberarsi dalle manette, il corpo che si inarca in preda agli spasmi inevitabili di piacere che la sua mano fra le cosce lo costringe a provare, le labbra strette con forza fra i denti, gli occhi chiusi, le palpebre serrate, le sopracciglia aggrottate e quella piccola ruga proprio sopra la radice del naso, le gambe che tremano, incerte e in bilico fra il desiderio di serrarsi attorno al suo polso e quello di allargarsi per lasciargli più spazio possibile, l’erezione che svetta e appare e scompare fra le sue dita serrate attorno alla pelle bollente e un po’ umida e tesa, i gemiti che non riesce a impedirsi di lasciare scivolare sulla lingua, la stessa lingua che ogni tanto saetta sulle labbra riarse dalla voglia per cercare di placare un bruciore che non si può certo spegnere con così poco, le spalle larghe che tirano e si tendono, il bacino che segue svelto i movimenti della sua mano chiusa a pugno, le natiche sode e la violenza con cui stringe la presa attorno alle sue dita come a dargli l’impressione di volerlo imprigionare dentro di sé con tutti i muscoli che possiede, il collo esposto, il pomo d’Adamo che viaggia lungo la gola, verso l’alto e verso il basso, seguendo il ritmo affannoso dei suoi respiri, le dita di mani e piedi che si aprono e si chiudono incontrollatamente seguendo le onde di piacere che esplodono nel bassoventre per poi ripercuotersi lungo tutta la superficie del suo corpo come l’alta marea, dandogli i brividi e costringendolo a trattenere il respiro – Dio, il corpo di Zlatan è una cosa troppo bella per stare in gabbia, José quasi non riesce a credere di poterlo tenere costretto e immobile solo con due anelli di metallo, eppure è quello che succede, e lui deve deglutire un paio di volte e costringersi a prendere atto della realtà così com’è per non perdere la concentrazione e mandare tutto a puttane.
- Ti diverti? – soffia Zlatan, muovendosi ritmicamente contro di lui e sollevando una gamba per sfiorargli un fianco col ginocchio. – Ti sembra una cosa tanto divertente?
- Al contrario. – risponde José, lasciando in pace la sua erezione e risalendo con due dita umide lungo il suo ventre, riscrivendo il suo nome nella curva dello stomaco proprio sotto l’ombelico, e poi ricominciando la scalata fino ai capezzoli turgidi e sensibili che costringono Zlatan a un brivido incontenibile nel momento in cui vengono appena sfiorati, - La trovo una cosa molto seria.
Zlatan si dipinge sul viso un ghigno che se possibile lo rende ancora più odioso e intrattabile – è bello in maniera del tutto perfida, sorrisi del genere ti danno l’impressione di poterlo catturare nel palmo della mano e invece lui è pronto a spiccare il volo al minimo segno di cedimento, è pronto sempre, vive in attesa del momento in cui stornerai lo sguardo per cogliere quel singolo attimo e fuggire via il più lontano possibile.
- Se non ti diverti, non è divertente. – lo prende in giro, strattonando le manette perché tintinnino contro la testiera in ferro battuto.
- Silenzio. – ordina José, tornando a stringere la sua erezione fra le dita, - L’accordo era per il silenzio.
- Ma ti piace sentirmi sussurrare il tuo nome. – continua Zlatan, impietoso, le labbra ancora piegate in quel sorriso da schiaffi, - Ti piace quando ti sfioro le orecchie con le labbra e- José, José, Zay!
- Smettila. – intima lui, sistemandosi fra le sue gambe con un gesto repentino e premendosi con forza contro di lui, la punta che già si insinua dentro al suo corpo, scavandosi un posto molto meno difficile da trovare e raggiungere di quanto José non vorrebbe. – Sta’ zitto.
- Ti piace l’idea di potermi tenere sotto controllo. – sussurra Zlatan, spingendosi nella sua direzione con un movimento repentino, quasi violento, ed accogliendolo dentro di sé per tutta la sua lunghezza, lasciando andare un soffio a metà fra il compiacimento e il fastidio, - Queste ti aiutano a sentirti potente. – continua, accennando alle manette e alla sottile catena che le unisce, ancorandole ad una sbarra della testiera, - È solo ferro, Zay, è solo un momento. – lo disillude, muovendosi lentamente avanti e indietro, dettando il ritmo di quella scopata a senso unico in entrambi i sensi, - Io non sono tuo. Io non sono di nessuno.
José chiude con forza le mani attorno ai suoi fianchi e Zlatan si lascia sfuggire un mugolio sottilissimo, mentre lo accoglie più in profondità di quanto José abbia l’impressione di averlo mai percepito fare, e riprende a sussurrare il suo nome, ZayZay, presuntuoso e crudele e indomabile e pericoloso, molto più pericoloso di quanto José non avrebbe mai potuto pensare o anche solo intuire prima di posargli gli occhi addosso e rimanerne stregato.
Viene dentro di lui con un gemito gutturale, senza preoccuparsi di rendere a Zlatan il favore, ma quando apre gli occhi scopre che qualsiasi tipo di preoccupazione in tal senso sarebbe del tutto inutile: Zlatan è venuto, sì che è venuto, era quello che voleva, d’altronde, e Zlatan in questo è perfino più vincente di quanto non sia lui stesso, ottiene sempre ciò che vuole.
Lo guarda attentamente, mentre lascia scorrere due delle sue lunghissime dita sul proprio ventre e le sporca appena, sollevandole subito in direzione delle sue labbra. José non aspetta che ci sia una richiesta, da parte sua: le accoglie in bocca, fra i denti, fra la lingua e il palato, e succhia con un bisogno e un desiderio che lo lasciano stordito.
Zlatan sorride, estremamente compiaciuto.
- Non sono tuo. – ripete, - Non sono tuo. Tu sei mio.
José scosta lo sguardo ed osserva tristemente le proprie mani ancora serrate sui fianchi di Zlatan. Attorno ai suoi polsi non ci sono catene, ma è come se ci fossero.
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