Genere: Erotico.
Pairing: Dave/Rose.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: AU, Incest, Lemon, Het, Underage, PWP.
- Il professor Strider non sa più cosa fare: la signorina Lalonde lo perseguita come un incubo, spaventosa, pericolosa e minacciosa esattamente allo stesso modo. Quando si ritrovano ad affrontarsi in presidenza per l'ennesima volta, Dave decide di mettere le carte in tavola. E Rose gioca la sua mano.
Note: ...l'orrore. XD Ok, sssh. Scritta per il Come Ti Trombo il Prof Fest, ispirandomi anche al prompt #45 della mia tabellina per la Maritombola (presidenza). maridichallenge e il crossposting ci posseggono.
Per il resto boh, è una stupidatissima, volevo tremendamente scrivere una qualche highschool!AU su Homestuck e, be', Rose e Dave sono sempre i primi che mi vengono in mente, e poi avevo voglia di porno het, e poi era inconcepibile che non avessi ancora scritto dell'incest su questi due (io!), e insomma. XD
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DETENTIONSTUCK

C’era una qualche parentela, fra loro, anche se nessuno era mai riuscito a stabilire di che tipo. Qualcosa che aveva a che fare non tanto coi loro genitori, forse nemmeno coi loro nonni, bensì con qualche ramo ancora più antico dell’intricatissimo albero genealogico della loro famiglia, un punto d’incontro la cui origine non era per niente chiara e che sembrava girare tutto attorno all’operato di un certo biologo che in un non meglio precisato periodo per nulla ben definito a livello temporale, che sembrava aver legato la famiglia Strider ai Lalonde per sempre.
Qualche esperimento biologico, dicevano i più fantasiosi, qualcosa che avesse a che fare con incroci genetici e clonazione e tentativi mal riusciti che avevano generato confusione lungo tutta la linea di parentele che dal primo Strider e dal primo Lalonde portavano giù fino a loro. Una relazione proibita mai culminata in un matrimonio, dicevano altri, più romantici, ma – a parere di Dave – non meno con la testa fra le nuvole rispetto ai primi.
Lui, al contrario, no. Lui era un tipo coi piedi per terra, uno che a queste storielle per ragazzini scemi non credeva per niente, uno che si limitava a riconoscere l’esistenza di quella parentela e della compresenza nel loro albero genealogico di due rami con cognomi differenti ben distinti che, a un certo punto, erano diventati indissolubili, uno che la accettava con la stessa semplicità con cui la si accetta in qualsiasi altra famiglia. Come una cosa assolutamente normale.
Ciò che lo inquietava della signorina Rose Lalonde non era certo il suo cognome e la lontana quanto effimera parentela che li univa, no. Era la loro somiglianza. Entrambi biondi, dalla pelle chiara e dagli occhi scuri, entrambi alti e longilinei, entrambi dai lineamenti affilati almeno quanto l’acido sense of humor col quale si approcciavano all’interazione con chiunque compresi i loro familiari, erano talmente simili che, benché non lo fossero, li si sarebbe facilmente potuti scambiare per fratelli.
Dave aveva una considerazione di se stesso troppo alta per poter accettare con calma e raziocinio l’esistenza al mondo di un esserino che, come la signorina Lalonde, lo rendesse un po’ meno unico, un piccolo clone in gonnella dalle labbra perennemente tinte del viola più scuro e dalle lunghe ciglia esageratamente curve che proiettavano ombre irregolari sulla pelle chiarissima del suo viso quando socchiudeva le palpebre in quell’espressione di felina ironia che le si dipingeva sul volto ogni volta che si preparava a sferzarti con una qualche fastidiosa battuta delle sue.
Non gli piaceva averla intorno. Conosceva abbastanza la signorina Lalonde per immaginare che, simile a se stesso com’era, anche per lei non fosse granché esaltante vederlo così spesso.
Essere il suo professore di fisica – nonché il preside della scuola che frequentava – non aiutava a tenersi lontani, dunque qual era il motivo che spingeva quella ragazzina a fare di tutto, ma proprio di tutto per mettersi nei guai ad intervalli regolari di una volta ogni due o tre giorni, in modo da ritrovarsi puntualmente seduta sulla scomoda seggiolina di fronte alla sua scrivania in presidenza, in attesa della propria punizione?
- Signorina Lalonde, - sospira con aria già esausta, massaggiandosi le tempie, - mi aiuti a capire, perché dal basso della mia ignoranza non riesco. Perché lo fa?
Rose sorride, stringendosi civettuola nelle spalle.
- Non capisco a cosa si sta riferendo, professor Strider. – scuote il capo, sbattendo le ciglia con l’innocenza di un cerbiatto.
- Lasci perdere. – si rassegna lui, scuotendo il capo a propria volta. – Mi dica cos’ha fatto.
- Forse volevo solo un paio di ripetizioni. – ridacchia la ragazza, accavallando le gambe sotto la lunga gonna nera che striscia contro il pavimento ora che è seduta come quando sta in piedi, - Non credo di aver afferrato appieno la teoria della relatività generale applicata allo spaziotempo.
- Oh, so benissimo che, nonostante quanto si diverte a prendermi in giro cercando di darmi a bere il contrario, non c’è proprio niente che lei non abbia afferrato appieno nel corso della nostra ultima lezione. – borbotta Dave, incrociando le braccia sul petto con impazienza.
- D’accordo, forse ho afferrato i concetti espressi. – risponde lei, ghignando in maniera spaventosa mentre scrolla appena le spalle sottili, - Ma ciò non vuol dire che io sia riuscita ad afferrare proprio tutto quello che volevo. – aggiunge sfacciatamente. Dietro gli occhiali da sole che non sfila mai, Dave si permette perfino di arrossire.
- Le consiglio di smetterla, se non vuole che la sospenda. – la redarguisce, tendendole una mano, - Coraggio, mi dia quella nota.
Rose si solleva in piedi, lasciando scivolare due dita fra la propria maglietta e la lunghissima fascia rosa che tiene stretta attorno alla vita e pendente lungo le gambe e fino a terra, sfilandone un foglietto bianco ripiegato in due e porgendoglielo con sussiego, non senza dimenticare di piegarsi appena perché la rotondità appena accennata del suo seno risulti spaventosamente evidente nella luce bianca che illumina l’ufficio, rendendola incredibilmente provocante nonostante la maglietta nera per nulla attillata né particolarmente scollata che indossa.
Dave distoglie lo sguardo, strappandole il foglietto dalle dita ed aprendolo per leggerne il contenuto. I suoi occhi si spalancano con orrore parola dopo parola, e quando torna a guardare la ragazza le sue labbra sono dischiuse in un muto segno di sconcerto.
- Cos’è che ha fatto?! – sbotta incredulo. Rose scrolla ancora le spalle, giungendo le mani dietro la schiena.
- Non ci sono riuscita, ci ho solo provato. – dice, a mo’ di giustificazione, restando in piedi. Dave si alza a propria volta, battendo con forza le mani contro la superficie lucida e liscia della scrivania.
- Non importa! – strilla, - Resta il fatto che ha tentato di accecare un suo compagno di classe con un paio di ferri da maglia! Si rende conto della gravità della sua azione?!
Rose dondola un po’, spostando il peso del corpo da un piede all’altro. La curva appena accennata e ancora infantile dei suoi fianchi si piega da un lato e poi dall’altro, e Dave non riesce a non pensare che non lo stia facendo apposta per stuzzicarlo. Dovrebbe cacciarla dalla presidenza istantaneamente, ma non le ha ancora dato la sua punizione, e non può certo fingere che niente di grave sia avvenuto solo perché trova la sua presenza disturbante.
- Professor Strider? – lo chiama la ragazza, quando si accorge della spropositata quantità di tempo che ha passato in silenzio, specie per i suoi standard.
- Stia zitta, signorina Lalonde. – sbotta lui, alzandosi in piedi e dandole le spalle. Raggiunge la finestra dietro la sua scrivania e scruta con una certa indolenza la primavera nel giardino fiorito davanti alla scuola. Gli alberi sono pieni di corvi – dannati uccellacci. Affollano i cieli a causa delle campagne vicine, e per quanto abbia tentato più e più volte di scacciarli dal territorio non c’è mai riuscito. Quelli continuano sempre a tornare.
Un po’ come la signorina Lalonde.
- Mi dica lei cosa devo fare. – dice a bassa voce, le braccia incrociate sul petto in una posa quasi infantilmente arrabbiata, - Perché io non so più come gestirla. Se anche ho potuto evitare di sospenderla dopo lo spiacevole episodio di quel suo orrido gatto con quattro occhi trovato intento a divorare i compiti di latino in sala professori, non posso certo ignorare quello che è successo oggi, e se lei— - si interrompe all’improvviso, sentendo le mani piccole e calde di Rose insinuarsi sul suo petto da sotto le sue braccia. Guarda in basso e vede le sue dita aggrapparsi al tessuto liscio e pesante del completo che indossa. Deglutisce. – Signorina Lalonde.
- Lei parla troppo, professor Strider. – sussurra, stringendo i risvolti della sua giacca fra le dita e tirando lievemente per sfilargliela di dosso. Dave sa che dovrebbe serrare le braccia ed impedirle di fare ciò che vuole, ma Rose è implacabile e non glielo permette. Il suo respiro caldo sulla nuca lo confonde e lo distrae, e Dave distende le braccia lungo i fianchi, rilassandole abbastanza da lasciarsi scivolare via la giacca dalle spalle.
Si volta verso di lei e la scruta con attenzione, al di là degli occhiali da sole. Lei cerca i suoi occhi, e quando non riesce a trovarli arriccia il naso in un’espressione infantilmente infastidita. Solleva le mani, sfilandogli gli occhiali dal naso e sorridendo più serenamente solo quando li appoggia sulla scrivania.
- Meglio. – commenta a bassa voce. Dave rabbrividisce.
- Dovrei espellerla seduta stante. – la minaccia. Rose si lascia sfuggire una risatina ironica, perfino fastidiosa. E l’attimo dopo si solleva sulle punte, il guizzo colorato delle sue converse rosa a fare capolino da sotto l’orlo della gonna lunghissima che solo adesso le lascia un po’ scoperte le caviglie sottili, ed appoggia le labbra sulle sue. Le muove appena, Dave si sente preso in giro, e quando schiude le proprie labbra è solo per catturare le sue, per impedirle di rigirarselo fra le dita con la stessa semplicità con cui l’ha spinto fino a quel punto.
Rose se lo tira contro, indietreggia fino ad incontrare il bordo della scrivania e vi si appoggia, sollevandosi nuovamente sulle punte per sedersi più comodamente e continuando a stringerlo per il colletto della camicia con una mano, mentre utilizza l’altra per sollevarsi la gonna sulle cosce, lasciandosi libera di schiudere le gambe. Dave le osserva con un certo imbarazzo, trattenendo il respiro. La sua pelle è bianchissima e così liscia, così invitante, ma se solo pensa alla possibilità di toccarla si sente girare la testa. Tutto ciò è sbagliato per così tanti motivi che fatica ad elencarli ordinatamente, e forse è per questo motivo che quegli stessi motivi diventano nient’altro che una nebbia confusa, nella sua mente. E dopo un po’ a lui non interessano più.
Rose lo strattona con impazienza, se lo preme contro, geme piano e ondeggia il bacino contro di lui. Perfino attraverso il tessuto dei pantaloni, Dave riesce a sentire quanto è eccitata, ed è sicuro che la stessa cosa potrebbe dire lei di lui. L’erezione costretta dentro i boxer si sta facendo dolorosa, ed i movimenti di Rose sono così ipnotici, lo invitano a darle di più, a chiederle di più, ed è lui a sfilarsi i pantaloni di dosso con gesti rapidi e concitati, mentre lei, soddisfatta, si solleva in piedi e sfila le mutandine in un gesto fluido ed elegante, tornando a sedersi sulla scrivania quasi subito.
Tende le braccia verso di lui, e lui non aspetta un secondo di più. La bacia con forza, costringendola a piegare il collo all’indietro. La curva esposta che scivola a nascondersi oltre il colletto attillato della maglietta sembra invitare Dave a seguirne la linea in una scia di baci umidi, e lui lo fa, spingendosi contro di lei e scivolando con la punta della propria erezione lungo la sua intimità già umida di desiderio.
E come le scivola contro, le scivola dentro, pochi istanti dopo. Così naturalmente che si lascia sfuggire un sospiro sorpreso fra le sue labbra umide e dischiuse, il rossetto scuro ormai sbiadito per lasciare posto al rosa più naturale reso più vivido e lucido dai lunghi baci che si sono scambiati fino a quel momento.
Rose lo guarda dritto negli occhi, è lei a venirgli incontro in spinte lente e regolari, i fianchi che ondeggiano e Dave che vi appoggia sopra le mani per lasciarsi guidare da quel ritmo surrealmente tranquillo. Non sono soli al mondo, non sono soli neanche a scuola, chiunque potrebbe entrare in presidenza e scoprirli, e lei è così giovane, appena sedici anni, e lui, oh, lui potrebbe finire in galera per così tanti motivi diversi che probabilmente a sommare tutti gli anni che gli darebbero converrebbe di più gettarlo in uno scantinato e buttare via la chiave definitivamente, ma il sapore di Rose sembra valere abbastanza la pena di rischiare, forse perché è così simile al suo – e lui non vuole neanche provare a immaginare cosa un’affermazione come questa dica della sua personalità – forse semplicemente perché è così speziato e misterioso e pericoloso e perfino un po’ spaventoso, e lui è abituato a controllare ogni cosa, ogni situazione, perfino le più assurde, ma con lei non ci riesce, e forse il problema è tutto lì.
È tutto lì, racchiuso nel mistero dei suoi occhi scuri dal taglio felino, nelle punte del suo caschetto biondo che gli solleticano il naso, nel calore accogliente del suo corpo di ragazzina in boccio, nel profumo infantile e fruttato che si solleva dal suo collo arrossato dai baci.
Quando la sente tremare, e tendersi, e poi venire violentemente stringendosi in uno spasmo di piacere tutta attorno a lui, Dave si sente vincitore come dopo una qualche estenuante battaglia. Respira pesantemente, scivolando fuori dal suo corpo appena in tempo per non combinare qualche disastro perfino maggiore, e quando solleva uno sguardo colmo di disappunto dalla macchia che deturpa la moquette del suo ufficio, ripulita non più di una settimana fa, Rose sta sorridendo vittoriosa, stringendosi nelle spalle. I suoi occhi, sottili come quelli di un gatto, brillano divertiti.
- La mia punizione, professor Strider? – domanda sarcastica, scendendo dalla scrivania con un saltello e recuperando le proprie mutandine, senza nemmeno sprecarsi ad indossarle.
Dave si risistema i pantaloni e recupera gli occhiali da sole, nascondendosi dietro le loro lenti scure mentre arrossisce violentemente.
- Torni a casa e si faccia un esame di coscienza, signorina Lalonde. – ribatte burbero, indicandole la porta con un gesto secco e irritato.
Non sa se la risatina che le sente sfuggire dalle labbra mentre esce lo renda più arrabbiato o divertito.
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