Fandom: Originali
Genere: Malinconico
Rating: R
AVVISI: Girl's love (accennato).
- Su una spiaggia, una notte.
Commento dell'autrice: Questa viene fuori da un sogno. Una persona mi parlò del protagonista maschile, del quale io non potei fare a meno di restare affascinata. Decisi di scrivere su di lui, ma mi accorsi che proprio mentre scrivevo... tutto quanto diventava nient'altro che un omaggio alla persona che di lui mi aveva parlato. Mi chiese "E' la speranza di un amore futuro?". Io risposi "E' il ringraziamento per un amore presente."
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Desiderio Estivo


Quella sera mi ero fatta trascinare a quella festa sulla spiaggia, non mi ricordo da chi… forse dal mio ragazzo di allora, forse da un’amica, non so… fatto sta che ero lì, in costume da bagno, coperta da un pareo inutile sottile più d’un foglio di carta e mi annoiavo a morte. La persona che mi aveva accompagnata alla festa – davvero, è importante, era il mio ragazzo o un’amica? – era svanita nel nulla, ed io ero completamente sola, appoggiata su uno scoglio con i piedi in acqua. Una delle sensazioni più piacevoli del mondo, il contrasto del liquido tiepido sulle mie gambe ghiacciate. In ogni caso, già dopo il bagno di mezzanotte non ne potevo più di stare lì. Credetemi, non è che io odi le feste o preferisca stare da sola, è che proprio l’estate non la sopporto. Anzi, la detesto. Sono tutti così spensieratamente e falsamente allegri da nauseare. Chi ha detto che il sole splendente mette allegria? Per me è di una tristezza insopportabile.
E nonostante io mi stessi annoiando in QUEL modo, intendo tanto da arrivare a maledire l’estate intera per il tedio di una notte, non riuscivo a decidermi a tornare dagli altri, arpionare chiunque mi avesse accompagnata in quel posto e farmi riportare a casa. Me ne stavo lì, immobile appollaiata su quello scoglio distante dal grande falò che qualcuno aveva organizzato, con i piedi a bagno nell’acqua bassa della riva… e l’odio smodato mi si doveva proprio leggere in faccia.

D’improvviso sentii ansimare praticamente dietro di me. Mi dissi “Ma guarda i due maleducati che vengono a scopare disturbandomi proprio adesso!” – come se stessi facendo chissà che d’importante…
Insomma, mi voltai e li vidi, un lui ed una lei, dovevano avere sui diciannove e sedici anni.
Presa da uno strano ed apparente immotivato fastidio – probabilmente a quella festa c’ero andata col mio ragazzo. E m’aveva lasciata sola su uno scoglio, il bastardo! – decisi di rovinare il giochetto ai due che sembravano divertirsi da pazzi, così mi munii di una bella pietra liscia, appuntita e nera come il buio e mi feci avanti, rimanendo in penombra.
- Porci.
Dissi con voce spettrale.
Giuro, per frenare la risatina mi ci volle tutta la forza di volontà che avevo in corpo.
Lui si imbestialì subito.
- ‘Cazzo vuoi? Sei ubriaca? Stai alla larga.
- Oh, si… sono ubriaca e pericolosa…
Ribattei io ridendo sadica e mostrando la pietra inquietantemente affilata.
La ragazzina se la fece subito sotto.
- Andiamo via di qua! Vuol dire che per stasera rimandiamo, ok tesoro…?
Tesoro…?
La sentii parlare con tono melenso e stucchevole mentre gli puntellava il petto con le dita. Dis-gus-to-sa. Possibile che quella bimbetta non avesse capito quello che io avevo afferrato in un solo istante?
Le mie supposizioni vennero confermate da lui stesso, quando le lanciò un’occhiata derisoria e scoppiò a ridere.
- Perché, tu vorresti che io ti rivedessi?
La piccina scoppiò in lacrime fuggendo a gambe levate, e lui rimase come un idiota mentre io ridacchiavo soddisfatta.
- Ma che ci ridi, idiota! Adesso mi hai lasciato senza scopata. Dovrò rifarmi su qualcuno a portata di mano…
Disse adeguando la sua espressione al mio ghigno.
- Primo: prova ad avvicinarti con intenzioni malsane e con questa pietra ti ci distruggo le palle. Secondo: se proprio hai bisogno di svuotarti, fatti una sega e lasciami in pace.
Facevo la spaccona ma in realtà ero spaventata dalla sua minaccia. Insomma, il ragazzo mi sembrava abbastanza nervosetto, ed io non avevo alcuna voglia di risvegliarmi l’indomani mattina sulla sabbia dopo essere stata violentata. Per cui, mi issai nuovamente sullo scoglio e rimasi ferma.
Per inciso, la sega se la fece davvero, proprio sotto i miei occhi, più per ripicca che per voglia reale, secondo me. Io mi sforzai di fissarlo con disprezzo per tutto il tempo, ma ad un certo punto chinai lo sguardo ed arrossii. Cosa potevo pretendere da me stessa? Ero una mocciosa proprio come quella che era scappata via. La stessa tipicamente sedicenne voglia di qualcosa di adulto. Nel suo caso scopare, nel mio fare la dura. Strano meccanismo cerebrale, ma tant’è.
Lo sentii ridere mentre si immergeva in acqua e poi ne usciva, sedendosi più in basso sullo stesso scoglio sul quale mi trovavo io. Ero infastidita. Davvero. Volevo andarmene. Ma non riuscivo a muovermi.
Annoiata dal prolungato silenzio e dalla situazione in generale, abbassai lo sguardo per vedere che stesse facendo. Lo trovai a fissarmi con odio. Odio puro, giuro. E… mi terrorizzai.
- Che vuoi?
- Ti detesto.
D’improvviso, la rabbia prese il sopravvento su qualsiasi forma di paura. E diedi fuori di testa, completamente.
- Ma che cazzo hai?! Qual è il tuo problema?! Se vuoi guai ti basta dirlo, riprendo la pietra di poco fa e ti faccio male per davvero!
Lo dissi seriamente e con furia, per spaventarlo. Mi sentivo un’isterica ed era così che volevo apparire. Volevo provasse la stessa paura che avevo provato io fissandolo in quegli occhi ardenti d’odio. Volevo fosse lo stesso.
E lui… si mise… a ridere.
Inutile dire che m’infuriai come una dannata. Gli urlai contro più volte, minacciandolo in varie maniere, ottenendo sempre lo stesso risultato.
Rideva. RIDEVA DI ME.
Così, alla fine, mi fermai. Tappai la bocca e lo guardai intensamente. Avrei potuto ucciderlo col solo sguardo. Lui se ne accorse. Sicuramente. Dovette in qualche modo percepire l’arrivo di una minaccia più grande delle altre, perché smise istantaneamente di ridere e mi fissò a sua volta.
Io non ci vedevo già più dalla rabbia.
- Come… come ti permetti… di ridermi addosso… così…?
Seguì un lunghissimo momento di silenzio in cui ci reggemmo lo sguardo a vicenda.
Ed ero terrorizzata, non lo nascondo. Volevo che finisse il più in fretta possibile, e che lui andasse via. Quella paura sconsiderata mi era sconosciuta, come un corpo estraneo. Era la novità della paura stessa a renderla così spaventosa. Adesso ne sono sicura, allora ero così in tilt da non capire più un cazzo.
Stranamente, il tragico momento si concluse con una mia insperata vittoria, perché lui sbottò in uno “scusa” appena mormorato ed abbassò il viso. Io rimasi a fissarlo stupita come una bambina, e lui continuò a parlare.
- E’ che mi ricordi un po’ una persona che conoscevo… giusto un po’… forse nell’atteggiamento, non saprei dire…
- Io ti ricordo qualcuno?
Lui annuì, ritornando a guardarmi.
- Una delle poche persone realmente importanti nella mia vita. Infatti… non so se sei proprio tu a ricordarmela o io che faccio di tutto per ritrovarla in te…
Concluse con un sorriso amaro.
Più o meno, riuscivo a seguire il suo discorso. Solo, non capivo perché ne parlasse con me. Ecco tutto. Per cui, facendomi coraggio, glielo chiesi.
- Perché, dici? Bah… non saprei…
Poi scoppiò a ridere.
- Hai una faccia che sembra dire “parlatemi dei vostri guai”, fai venire voglia di sfogarsi con te!
Io ridacchiai, cercando di nascondere il fastidio.
- Cazzate… è la birra che ti fa parlare…
- Si, magari fosse birra… ho bevuto un miscuglio di roba che neanche voglio provare ad identificare… piuttosto sono ancora fin troppo lucido… dovrei bere un altro goccetto…
Ecco. Era già abbastanza ubriaco e mi faceva già fin troppa paura. Corsi ai ripari.
- Se vuoi continuare a parlare con me non ti conviene bere ancora…
Dissi seriamente.
Lo vidi bloccarsi e poi rimettersi seduto sullo scoglio.
E mi colpì in pieno viso la consapevolezza che quel ragazzo, semplicemente, non voleva saperne di stare solo. Sembrava odiare quell’idea più di ogni altra cosa. E la mia paura diminuì leggermente.
- Quindi… chi è questa persona che ti ricordo?
- No, lascia stare, dimentica quello che ho detto… tanto non è che proprio me la ricordi, una come quella difficilmente ha repliche nel mondo…
- Eh, furbo! Tiri il sasso e nascondi la mano? Dimmi chi è…
Non mi preoccupai neanche di nascondere la mia smodata curiosità. Lui ridacchiò.
- Devi prepararti a sentire anche tutto il resto della storia della mia vita, però!
Io risi di gusto.
- Bè, ho tempo.
Scendemmo dallo scoglio camminando nell’acqua per qualche metro e poi ci andammo a sedere sulla sabbia, distanti dalla riva.
- Dunque… devi sapere che la mia vita non mi piaceva, neanche un po’… in famiglia andava male, proprio male, ed anche il resto non è che mi piacesse poi da morire… così… pensai che, circondato di merda com’ero, se lo fossi diventato anch’io non se ne sarebbe accorto nessuno, anzi sarebbe stato normale…
Annuii. Non condividevo, ma il discorso aveva un suo logico filo conduttore.
- E adesso non mi va tanto di entrare nei particolari di quello che ho fatto, ma…
- No, no, i particolari li voglio…
Lo interruppi io ormai senza freni. Non m’importava di essere invadente o fastidiosa, figuriamoci, volevo sapere tutto.
- Bè… ecstasy, sai cos’è l’ecstasy, vero? E poi discoteca fino a notte fonda, e donne, donne, donne, donne… donne in continuazione e senza ritegno, le usavo e le gettavo, e loro usavano e gettavano me. Se iniziavo la serata da lucido, e già accadeva di rado, la finivo senza capirne nulla, quasi inconsapevole di quello che avevo fatto, ed infondo neanche m’importava, purché io… riuscissi… come dire…?
- … a non sentire nulla?
Lui annuì con un sorriso sarcastico sul volto.
- Si. Il fatto è che a giocare così con sesso e droga, alla fine ci si ritrova fottuti. Io mi ci ritrovai, con un bambino. Ed il vuoto attorno a me. Un vuoto quasi totale, il cui unico spiraglio di aria fresca era… era lei. Che nonostante tutto era rimasta.
Lei. Questa fantomatica lei. Da come ne parlava, doveva essere stata importante. Una sua ragazza? La madre del bambino? Sua sorella? La sua confidente? Non osai chiedere. Ma lui dovette intuite la domanda nel mio sguardo.
- Era… un’amica… o almeno, era così che io la consideravo. E…
Lo sguardo divenne amaro, per un millesimo di secondo. Mi ritengo fortunata di essere riuscita a coglierlo.
- … cercavo di fare di tutto per ignorare il modo in cui lei mi considerava. Mi sforzavo d’ignorarne i sentimenti e di considerarla non più importante di tutto il resto dello schifo che mi circondava. Forse non riuscivo poi tanto bene…
- Ti è sempre rimasta accanto?
Sorrise.
- Sempre. Fino al momento in cui fui io a decidere di fuggire. Ma di questo non mi va di parlare.
Era la chiara conclusione di un discorso. Lui si mise a fissare la luna ed io mi misi a fissare lui.
Ora che lo guardavo meglio, più da vicino, meno spaventata e notando chiaramente il suo volto più rilassato, era bello. Molto bello. Immaginai che non avesse mai avuto alcun problema a trovare ragazze, né tantomeno ad ottenere da loro ciò che voleva. Ero sicura che fosse stato con molte, moltissime donne, e che della stragrande maggioranza di loro non ricordasse neanche il volto. E poi, proprio mentre abbassavo lo sguardo per riportarlo sull’oscurità del mare, lei mi apparve davanti. Emerse dal buio del mio pensiero come una fulgida luce. Ed era proprio chiara come una stella, anzi più.
- Parlami di lei…
Volevo sapere tutto. Come si comportasse, come parlasse, cosa dicesse, come fosse fisicamente, tutto. Avrei voluto sentire la sua voce, se fosse stato possibile.
- Lei… era fantastica…
- Era bella?
- Mh…
Pensieroso, guardò fisso un punto nel vuoto. Era chiaro che stava ricostruendo la fisionomia di quella ragazza con la forza dei ricordi. Lo invidiai tantissimo perché possedeva quel tipo di memorie.
- Guarda, non credo si potesse dire “bella” nel vero senso della parola… non era alta, non era snella, non era aggraziata, non era gentile… tutt’altro che la ragazza perfetta, fidati, ma… scuoteva. Non si spaventava di dire le cose in faccia, non smetteva un secondo di puntarti addosso quegli occhi verde veleno per farti capire quanto merda stessi diventando… e nonostante tutto continuava a sostenerti e spronarti… e non aveva bisogno di parlare per farsi capire, e spesso riusciva a capire te senza che tu parlassi… complicato descriverla… in definitiva…
Si voltò di nuovo a fissarmi negli occhi, quasi compiacendosi di quella sua odiosa esclusiva reminiscenza.
- … bisognerebbe averla vissuta.
In ogni caso, me la descrisse. Capelli castani ed occhi verdi, labbra carnose e guance morbide.
Più che di lui e della sua affascinante e controversa personalità, ciò che quella sera mi spinse a rimanere seduta al suo fianco sulla sabbia, gelando per il freddo, fu l’improvviso interesse per quella figura femminile così evanescente ma sorprendentemente concreta che a tratti mi balenava davanti agli occhi.
Senza neanche capire cosa mi portasse a pensare a lei, ad immaginarla camminare, muoversi, parlare, fissare qualcosa con interesse, io stampai quell’idea nella mia mente e la resi l’unica. “Per stanotte”, mi dissi, “non voglio che ci sia altro, nel mio cervello”. Per cui, ripiombammo entrambi nel silenzio ed io mi immersi completamente in quella nuova fissazione.
Fu il mio obbiettivo. Alla fine della nottata volevo un’immagina più chiara di quei flash discontinui.
Inutile dire che non ci riuscii. Ci lavorai molto su, ma chissà perché ad un certo punto mi fissai su un particolare stupidissimo, il suo braccio bianco che, nel cuore della notte, pendeva giù dal letto. Non saprei motivare il perché di questa immagine fissa, ma ogni volta che pensavo a lei mi veniva in mente solo il braccio, e non riuscivo a figurarmi il resto.
Ad un certo punto, mi addormentai seduta.
Non so quanto tempo dopo, venni scossa e svegliata. Che fosse lui, lo intuii dalla voce. Disse qualcosa del tipo “Io me ne vado. Quando la vedi, salutamela”. “Senza senso”, pensai, “d’altronde era ubriaco”, e ripiombai tranquilla fra le braccia di Morfeo.
**

Si svegliò, reggendosi la fronte con una mano.
Perché aveva sognato quella scena? Erano passati così tanti anni… non credeva di ricordarla così bene.
Voltandosi, i suoi occhi incrociarono la figura addormentata della sua ragazza, la donna che aveva scoperto di amare.
Ripensò al ragazzo biondo incontrato in spiaggia, che per codardia aveva abbandonato l’unica persona che fosse stata in grado di amarlo veramente, ed ebbe paura. Tanto che strinse la mano della donna al suo fianco, che si svegliò.
- Mh… cosa…?
- Scusa Lavi, ti ho svegliata…
Si affrettò a scusarsi avvicinandosi a lei.
- Mh? Ma no, tranquilla…
Le loro labbra vennero in contatto e fu come baciare un angelo del paradiso.
- Piuttosto… ciao…
- Eh…? Ma che dici, sei strana!
Disse lei scoppiando in una risata cristallina.
“Quando la vedi, salutamela”.
Fatto. Contento?
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