Genere: Introspettivo.
Pairing: José/Mario, Mario/Davide accennato.
Rating: R/NC-17
AVVERTIMENTI: Angst, Slash, Lime.
- A volte la vita è composta anche da cose inevitabili contro le quali vai a sbattere che tu lo voglia o no.
Note: Volevo fare un banner, per questa storia, ma PS non era d'accordo. Sorvoliamo sul punto, perché ho rischiato di commettere atti dissennati, quando il bastardo mi si è chiuso sotto gli occhi prima che potessi salvare il frutto di un'ora del mio lavoro. *ringhia* Comunque! Storia scritta per la prima fase del F3.U.C.K.S., quella ispirata dalla community 1frase (sul Set Delta). Inizialmente voleva essere una gen su Mario e il suo rapporto non solo con José, ma con tutta la questione della mancate convocazioni e minchiate varie, solo che poi ho letto le regole della community (ehm XD) e mi sono accorta che la storia doveva essere incentrata su una coppia di personaggi, motivo per cui il mio inconscio s'è fatto condizionare e la storia è diventata una Moutelli. In mezzo alla quale s'è ficcato Davide, assolutamente non richiesto. Vi giuro: è stato un parto. E comunque cinquanta frasi sono tante.
Titolo rubato ad un verso della splendida Pena De L'Alma di Vinicio Capossela.
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
COME IMPEDIR CHE CORRA IL FIUME AL MARE


#01 – Terra
Che poi a Mario la sua terra non è mai sembrata Milano che è grigia e vuota, e in fondo neanche Brescia, che sa di casa ed ha un buon profumo ma non gli incendia cose dentro quando la vede; no, lui pensa a Palermo – al sole che gli brucia la pelle, all’umidità delle sere d’estate, all’odore, al sapore e alla voce del mare – ed è lì che trova le sue radici, ed è per questo che ogni anno ritornarci gli ridà la vita, ogni volta, come nascere di nuovo.
 
#02 – Orgoglio
“Metti da parte l’orgoglio,” dice il Trap, ma – con tutto il rispetto – il Trap che cazzo ne sa di tutte le volte che entra in Pinetina con gli occhi bassi?, di tutte le volte che il mister lo rimprovera di fronte a tutti e lui è costretto a rimanere in silenzio?, di tutte le volte che non viene convocato e va via per evitare di commettere azioni di cui poi si pentirebbe?, e di quanto è stancante essere Mario, il cazzo di italiano negro che rompe i coglioni all’Inter da ormai quasi cinque anni?
 
#03 – Spirito
Canticchia l’inno del Milan, rivestendosi dopo gli allenamenti, nello spogliatoio, e tutti lo guardano male, e lui ride – insomma, non è lui quello privo di senso dell’umorismo, comunque.
 
#04 – Storia
“Ora mi sono rotto il cazzo di questa storia,” lo rimprovera Mino, aggrottando le sopracciglia, e Mario – che peraltro si spaventa pure un po’ – lo osserva cambiare completamente atteggiamento nei confronti dell’universo, tipo che dai suoi occhi si emana una luce del tutto nuova, mentre recupera il cellulare e compone velocemente un numero a memoria, “ora la sistemiamo, brutto ragazzino testone e capriccioso del cazzo, e tu stai zitto.”
 
#05 – Tempo
Uno sproposito di anni prima, quando era più piccino e parlava con Dade nel letto in ritiro alla sera, una volta gli aveva detto che al Lumezzane calcolava il peso della minchiata che aveva fatto dalla durata del rimprovero del mister; il rimprovero di mister Mourinho dura già da sei partite, ed è un tempo spaventosamente, davvero, spaventosamente lungo.
 
#06 – Guerra
Quella che sta conducendo con mister Mourinho non è una guerra diversa da tutte quelle che ha condotto nel resto della sua vita – e sono state tante – l’unica differenza è che, per la prima volta da che è al mondo – combatte – non riesce a prevedere se alla fine ne uscirà vittorioso, o almeno vivo.
 
#07 – Tradimento
A Mario sta sul cazzo l’aria che si respira nello spogliatoio e durante gli allenamenti, davvero, perché lui non ha tradito proprio nessuno, e potrebbe capire questo stato delle cose se avesse mai giurato fedeltà e amore eterno alla fottuta maglia o ai dannati colori, ma questo non è mai successo, quindi il tradimento se lo ficchino pure tutti nel culo, a cominciare da Mourinho su e giù fino al presidente da un lato e alla donna delle pulizie dall’altro, ecco.
 
#08 – Sentore
L’irrazionale paura di non rientrare più in squadra e finire a marcire nella merda, magari a trent’anni in qualche squadra del cazzo in Brasile, lo sta uccidendo, e ogni tanto, quando guarda Mourinho, si chiede se sappia cosa gli sta facendo; la risposta è che sì, lo sa, e se ne sbatte anche, molto probabilmente.
 
#09 – Giovinezza
Odia dover ammettere che quando era più piccolo era tutto più facile, perché quando era più piccolo già faceva tutto schifo, per cui alle volte non è che si chiede se sia valsa la pena crescere, no, risale alla fonte, e si chiede se sia valsa la pena di nascere, tanto per cominciare.
 
#10 – Orme
Ha sempre invidiato quelli come Mourinho, in fondo, quelli che hanno il papà calciatore che li ha indirizzati, accompagnati, condotti, quelli che avevano delle orme da seguire; se si guarda indietro, le orme di suo padre si perdono nella sabbia di un paese che lui nemmeno conosce, e di calcio nemmeno l’ombra.
 
#11 – Preda
Gli occhi di Mourinho somigliano a quelli di un cacciatore – determinati, fissi sull’obbiettivo, famelici, brillanti, ardenti, pericolosi, Mario ne ha paura, non vuole essere una preda, eppure sta scappando.
 
#12 – Stirpe
“Perché questa squadra,” gli dice Mino agitandogli un dito di fronte alla faccia, rimproverandolo tipo per la cinquecentomillesima volta nell’ultima settimana, “non è una squadra di pirla, Mario, non va bene provare a mettergliela nel culo”; “E allora che cazzo vuoi?” gli chiede lui, che Cristo, non ne può più, “Cos’è, la cronistoria del glorioso passato dell’eroica stirpe della famiglia Inter?”, e Mino lo guarda come fosse il coglione che in effetti è, e quando semplicemente gli dice “No, sto solo cercando di salvarti le palle, ma tu nemmeno te ne accorgi,” in effetti lui un po’ in colpa ci si sente, anche se non si scusa.
 
#13 – Passi
Un passo, due passi, tre passi, Mario si allontana da Appiano dopo l’ennesima mancata convocazione; gli prude la pelle, se la vorrebbe strappare di dosso, il mister, leggendo l’elenco, gli ha scoccato un’occhiata così pesante che se la sente ancora gravare sulle spalle, e non ne può più.
 
#14 – Rito
Alle volte Mario si chiede se all’Inter, da lui, vogliano delle scuse o un sacrificio umano.
 
#15 – Vittoria
L’ha vista la partita, sì; ha visto anche la vittoria, e li ha mandati affanculo tutti, uno per uno, prima di andarsi a sbronzare da solo.
 
#16 – Languore
Quando il mister gli si avvicina – e peraltro non fa niente oltre che guardarlo da un centimetro di distanza, tutto, da capo a piedi, come a volersi imprimere nella mente i dettagli della sua fisionomia – Mario lotta contro se stesso per non allontanarsi intimorito; questo languore sordo, questa voglia impossibile che gli rivolta lo stomaco accompagnata dal profumo della sua pelle e dal calore del suo respiro vicinissimo, lo terrorizzano anche più di tutto il resto.
 
#17 – Mortale
La paura è diventata l’emozione principale della sua esistenza; si sveglia terrorizzato e col batticuore torna a dormire, e sarebbe bellissimo se potesse dirsi che non ne capisce il perché, solo che sarebbe una menzogna: gli occhi di Mourinho e il suo respiro caldissimo gli sfiorano la pelle in una carezza da brivido, e Mario sa che è per quello che ogni giorno si sente morire.
 
#18 – Favorito
Ai tempi di Mancini, lui era il favorito – non certo il primo della classe, per una svariata serie di motivi, ma per un’altrettanto svariata serie di motivi in qualche modo gliele passavano tutte, perché era bravo, perché segnava, insomma, perché era il cocco del mister; vorrebbe poterlo essere anche di Mourinho, il problema è tutto qua, davvero, vuole solo— cazzo, vuole sentirsi amato, punto e basta, tutto qui.
 
#19 – Giardino
Il giardino è immerso nel silenzio, e Mario è lì esattamente perché è in silenzio che vuole stare; per questo, è con un certo fastidio che accoglie il fruscio di passi dietro di sé – almeno finché non si volta e non capisce a chi appartengono.
 
#20 – Eros
Schiacciato contro la parete, col corpo di Mourinho pressato addosso, continuare a pensare a lui come “il mister” gli dà quasi fastidio, ed è per questo che, nei suoi sospiri spezzati, diventa immediatamente José, non appena la sua mano scivola ad accarezzarlo fra le cosce.
 
#21 – Canto
Mezz’ora dopo, sta disteso sul letto, nella stanza che condivide con Davide – che peraltro sta canticchiando qualche canzoncina estiva idiota di dieci anni fa, dandogli i nervi – e l’unica cosa che riesce a realizzare distintamente, fissando il soffitto, è che gli fa malissimo la schiena; deve essersi graffiato strisciandola contro la parete.
 
#22 – Tocco
È del tutto casuale, tanto che Mario, per un secondo, è quasi convinto di averlo sognato, ma quando solleva lo sguardo e gli occhi di Mourinho – José – sono ancora lì, capisce che no, non sta sognando affatto, e non riesce a capire se gli dispiaccia o meno.
 
#23 – Silenzi
Il punto è che, molto probabilmente, né lui né Mourinho – José, Mario, José – sanno cosa diavolo sta succedendo, ed è per questo che rimangono in silenzio: anche parlando, non saprebbero cosa dire.
 
#24 – Movenze
Eppure gli piace sentirlo muoversi contro e dentro di lui, quando lo stringe in orari assurdi e luoghi improponibili senza neanche far finta di voler provare a trovare un pretesto.
 
#25 – Calore
Il calore del suo corpo, soprattutto nelle rare volte in cui, dopo averlo fatto, lo abbraccia per qualche minuto, è l’unica cosa che riesce a dargli conforto; e ancora non sa quando potrà rientrare in squadra, né se quello che sta succedendo fra lui e il mister – José, Diosanto! – interferirà con tutto il resto.
 
#26 – Apparizione
È praticamente scappato dalla Pinetina subito dopo gli allenamenti perché Mourinho – Cristo – lo stava guardando e lui non aveva intenzione di restare, nonostante volesse; sua madre in grembiule che lo aspetta sulla soglia di casa con una teglia di biscotti al cioccolato appena sfornati, comunque, è la cosa più simile ad un’apparizione mistica che gli sia capitato di vedere in tutta la sua vita.
 
#27 – Inebriare
Si lascia cullare dai suoni della casa – mamma che cucina, Giovanni e Corrado che litigano a caso durante la cena mentre Cristina cerca invano di fare da paciere, papà con quella sua risata rassegnata che sa troppo di babbo per non costringerlo a sorridere – e quando comincia ad andare in giro con un’espressione stupidamente felice, nessuno se ne stupisce.
 
#28 – Dita
Stare lontano da Mourinho – lo angoscia non riuscire a chiamarlo José neanche nei propri pensieri, se non quando si sente troppo perso per stare a rifletterci su – in realtà gli fa bene, Mario lo sa; però da solo nel letto, alla sera, sostituisce dita diverse con le proprie, perché ne sente troppo la mancanza per non provare ad occupare il posto che hanno lasciata vacante.
 
#29 – Nostalgia
Prova a dirsi in tutti i modi che quella che sta provando non è nostalgia, ma decisamente non gli riesce tanto bene.
 
#30 – Legame
Non l’ha chiesto lui quel rapporto, lui voleva essere solo un cazzo di calciatore alle dipendenze di una cazzo di squadra – Mourinho dovrebbe piantarla di fargli qualsiasi cosa gli stia facendo, ed uscire dalla sua testa, adesso.
 
#31 – Erba
Si mette a camminare a piedi nudi sul campo, senza nemmeno dare spiegazioni a qualcuno o chiedere permesso, ed ignora le occhiate stranite dei compagni che lo osservano andare in giro tranquillamente, assaporando la sensazione dell’erba bagnata e fresca sotto la pelle; quando alla fine il capitano gli si avvicina, con aria interrogativa, Mario sorride, e gli chiede se gli vada di palleggiare con lui.
 
#32 – Sembianze
Tutto ciò che Mario riesce a realizzare lucidamente, schiacciando Davide contro la parete in camera e baciandolo con forza, è che Mourinho lo sta ignorando e lui, così, non ce la può più fare, e non gli interessa che Davide palesemente nemmeno gli assomigli – se lo farà bastare.
 
#33 – Nettare
Mentre lo trascina verso il letto, senza smettere un secondo di baciarlo, realizza con chiarezza che Davide non è José – José, José, José – e non potrebbe mai esserlo, ma al contempo capisce in un colpo come le api possano ignorare il miele per vivere di solo nettare.
 
#34 – Rossore
Non riesce a staccare gli occhi dalle guance arrossate di Davide – si sente a pezzi come se quel rossore gliel’avesse causato a suon di pugni, invece che a suon di baci.
 
#35 – Possesso
“Non prendermi in giro,” gli dice subito Davide, guardandolo dritto negli occhi senza neanche un briciolo di risentimento, “lo so che non ero io quello che volevi.”
 
#36 – Crepuscolo
Il cuore di Mario esplode, di fuori il sole è appena tramontato e lui ringrazia Dio perché almeno adesso morirà e non dovrà per forza vederlo sorgere anche domani mattina.
 
#37 – Fautore
Mournho gli parla per la prima volta dopo un’eternità di silenzio, e non gli dice niente di quanto lui probabilmente si sarebbe aspettato se, solo per un secondo, avesse provato a riflettere sull’eventualità di quel momento: “Io” gli dice, “posso solo dirti che ognuno è artefice del proprio destino, Mario, e niente più di questo,” e Mario si dice “sì, d’accordo, ma cazzo, non mi vuoi baciare?” e poi vorrebbe prendersi a schiaffi da solo.
 
#38 – Sfrontatezza
È sorridendo spavaldo che si presenta agli allenamenti l’indomani – sa già che non sarà convocato per la prossima partita, ma a un certo punto chissenefrega.
 
#39 – Fato
“Deve essere questo il mio destino?”, chiede a Davide un bacio leggero e cinquecento milioni di scuse dopo aver vuotato il sacco su ogni cosa, “E allora che sia, io ho fatto tutto il possibile,” e quando lo dice ci crede, solo che in qualche modo il sorriso lievissimo di Davide gli dà da pensare: forse non è proprio del tutto vero.
 
#40 – Labbra
E quindi niente, ci prova ancora, solo una volta, lo avvicina – José, non Davide, a lui ha già dato abbastanza problemi, col suo atteggiamento del cazzo – e lo bacia sulle labbra, punto e basta; non si stupisce nemmeno un po’ nell’ammettere che ne ricordava perfettamente ogni curva, e beve fino all’ultima goccia del loro sapore.
 
#41 – Pensiero
È un pensiero che gli attraversa la mente e lo disturba all’improvviso: c’è qualcosa di troppo strano e fuori posto in quel bacio, lo sente sulle labbra, e se ne allontana turbato – José lo guarda allo stesso modo e si allontana a propria volta.
 
#42 – Ritorno
“José,” tornare a chiamarlo così dopo l’ultima volta è come tornare a respirare, “ma cosa cazzo stiamo facendo?”
 
#43 – Ferita
Rendersi conto di aver fatto un casino epocale solo perché, in fin dei conti, è solo un bambino, fa male come aprirsi il petto con un paio di forbici, cazzo.
 
#44 – Confine
La realtà è proprio quella, punto, ha fatto come i bambini che non riescono a comprendere che ci sono confini che non possono superare, per quanto forte sia il loro desiderio di sentirsi dire “ti voglio bene”.
 
#45 – Furore
Lui e José litigano per ore, com’è giusto che sia: si rinfacciano qualsiasi cosa, ogni parola ed ogni carezza ed ogni scopata, tutto diventa il pretesto perfetto per dirsi addosso la qualunque, e poi, semplicemente, dopo essere quasi venuti alle mani, si guardano direttamente negli occhi e se lo dicono (“Mario, sei un cazzone”, “E tu sei un cazzo di stronzo”), e tutto sembra tornare normale con una facilità che ha del disturbante.
 
#46 – Volto
Davide se ne accorge subito, appena lo vede: “Hai risolto, mh? Ti si legge in faccia!”, e Mario ride divertito, lo abbraccia un po’ a caso, lo costringe a dondolare in una coccola un po’ scema e poi gli chiede se gli va di uscire stasera dopo cena.
 
#47 – Candore
La semplicità con cui lo bacia dopo avergli rubato un sorso di birra dalla bottiglia è quasi comica.
 
#48 – Vino
Non sa esattamente come, in mezzo alle bottiglie di Corona, sia spuntato all’improvviso un Nero D’Avola di provenienza incerta, ma la faccia di Davide completamente sfatta dalle risate mentre parlano di una qualche cazzata che dimenticheranno quanto prima è troppo bella per potere stare lì a riflettere sull’opportunità di ubriacarsi in un momento simile; Mario sta bene, per la prima volta dopo mesi, e continua a ridere.
 
#49 – Incisione
Si ferma – è lui a farlo – appena attraversano la porta di casa stretti come un nodo, lo guarda e gli sorride, allontanandosi appena da lui, e Davide capisce: certe ferite hanno bisogno di un po’ di tempo per guarire, e fortunatamente loro due di tempo ne hanno in abbondanza.
 
#50 – Lanterna
È scappato a Palermo alla prima occasione favorevole, perché aveva bisogno di rinascere un’altra volta; osserva le lampare – puntini luminosi persi a caso nel mare che è un tutt’uno col cielo nero della notte – e sorride sereno, perché forse non ci sono orme dietro di lui, ma una via illuminata da seguire c’è comunque, davanti.
back to poly

Vuoi commentare? »

your_ip_is_blacklisted_by sbl.spamhaus.org