Genere: Introspettivo
Pairing: Brian/Justin
Rating: R
AVVISI: Boy's Love.
- Da un po' di tempo, Justin è molto nervoso. Incontrare Brian al Liberty Diner può solo peggiorare le cose.
Commento dell'autrice: Mamma mia, com’è breve! Più delle altre, se possibile. E non ne sono neanche convinta al 100%, ma ora come ora non mi sento di rimetterci mano, soprattutto perché è stata una storia faticosa. È stato difficile farla venire fuori. Immagino che si noti. E immagino anche sia tutt’altro che positivo ^^ Non so, forse per lo stile, così diverso dal mio solito. Tutti questi a capo @.@ Tutte queste frasette secchissime. Non che io solitamente sia molto verbosa e prolissa, ma ci sono estremi ed estremi XD C’è comunque qualcosa che apprezzo, in questa fic, ed è il Justin che ho sentito scrivendo: apatico, desolato, nervoso, nostalgico e smarrito. È un Justin che tiene Ethan davvero in poco conto, temo XD Questo, penso, lo rende forse lievissimamente OOC. Ma, in tutta sincerità, dubito la cosa sia particolarmente fastidiosa XD Dovesse esserlo, avvertitemi, che metto l’avviso. Per quanto riguarda l’attinenza della storia al tema proposto dalla True Colors community (il numero 3)… beh, a me che ne ho scritto sembra abbastanza chiaro, ma in caso non lo fosse, lo preciserò adesso. Mi sembra di aver già detto in passato come ritenga Ethan un vero e proprio spartiacque. Cioè, ci sono Brian e Justin prima e poi ci sono Brian e Justin dopo di lui. E la loro relazione, fra prima e dopo, è completamente diversa. Ho voluto intendere quel “war” proprio come “l’avvenimento sconvolgente che ha cambiato la loro relazione”, e d’altronde la guerra fa questo, sconvolge e cambia. Invece, l’espressione “man who lived next door” mi trasmetteva la sensazione di qualcosa che un tempo era stata vicina, rassicurante, e che invece adesso è solo spaventosa, perché non la si riconosce più, è ignota. Ecco tutto. Un ultimo appunto va fatto per il titolo, che è composto da due versi della bellissima “Recognize” dei Flaw, che già che ci sono consiglio a tutti <3 Chiedo scusa per lo sproloquio ^^ Bye bye è.é
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
Can’t seem to recognize (Who is this man I see?)
#3 Remember me? Before the war, I'm the man who lived next door.


Brian, quando ti capita di incrociarmi per strada o al Liberty Diner, hai mai l’impressione di non riconoscermi più?
E non parlo di una nuova acconciatura, di una nuova macchina o di una nuova espressione sul viso. È qualcosa di più profondo, più facilmente occultabile. Più discreto, e anche più evidente. Però forse è evidente solo per me. Non capisco, è una cosa a cui non so dare un nome, ma che sento, e che resiste, anche se non la battezzo.
*

- Mi fai un caffè?
È un po’ che non ti sorrido più, quando ti do da mangiare o da bere, te ne sei accorto?
- Arriva.
Afferro il bricco e verso un po’ di caffè nella tazza. È freddo. Sto imparando a calcolare l’orario dalla temperatura del caffè. E, per inciso, perché mi chiedi un caffè all’ora di pranzo?
Lo assaggi, tiri fuori la lingua in una smorfia disgustata.
- Che schifo!
Debbie appare magicamente al mio fianco.
- Non sarà Starbuck’s, ma sicuramente il mio caffè non fa schifo!
- Beh, il caffè di Starbuck’s non sarà poco caro come qui da te, ma almeno è caldo.
- Se hai qualcosa da ridire, sai dov’è la porta.
Poggio una mano sulla spalla della donna infuriata.
- Sbaglio mio. Gli ho dato il caffè di un’ora fa, è logico che non sia più buono. Adesso glielo rifaccio.
Lei mi accarezza una guancia.
- Siccome si tratta di lui, ti perdonerò, e ti avrei perdonate anche se nella tazzina, invece del caffè, avessi messo acqua sporca. Ma guai a te se lo rifai con un cliente vero, Raggio di Sole! – mi ammonisce, tirandomi uno schiaffetto.
- Deb, io sono un cliente vero. – si lamenta Brian con espressione falsamente addolorata.
Lei lo guarda in cagnesco per qualche secondo.
- Questo è ancora da accertare. – conclude tornando a prendere le ordinazioni.
Generalmente, in una situazione simile sorriderei.
È che ultimamente fatico a riconoscermi. E a riconoscerti.
Ti ricordi di me, Brian? Prima che succedesse tutto quello che è successo, ci conoscevamo bene. Ci conoscevamo meglio di così. E tu intuivi i miei pensieri, anche se continuavi a comportarti come al solito.
E adesso?
- Che hai, Sonnyboy?
Rabbrividisco.
Sta andando diversamente dal solito. Forse perché non sorrido più. Forse perché mi sembri un altro. Forse solo per questo fottutissimo soprannome agrodolce.
- Cos’è che non va?
Non va la tenerezza nella tua voce. Non va, perché non c’è mai stata. Mi spaventa, credo, e non capisco perché. So solo che non riesco neanche a guardarti.
- Niente. È tutto a posto.
Accendo la macchinetta e aspetto che il caffè venga fuori.
- Stai finalmente scoprendo che il tuo violinista non è il principe azzurro che credevi? È per questo che sei così giù di morale?
Odio quando tiri in ballo Ethan.
- Lascia stare.
Ti servo il caffè caldo e poi mi concentro sul lavandino, cominciando a sciacquare le stoviglie.
Ma c’è qualcosa che non va, mi sento scosso. Dannato Sonnyboy.
Sono distratto, e un piatto mi sfugge dalle mani, schiantandosi sul fondo del lavabo e spaccandosi in tre grandi pezzi più qualche piccolo frammento.
- Cazzo.
Non sollevo gli occhi perché so che mi stai guardando e non voglio incrociarti.
Cerco di raccogliere i pezzi, sperando che Debbie non si sia accorta del disastro. Mi tremano un po’ le mani.
- Merda.
- Ehi, ragazzino, datti una calmata. – sussurri avvolgendo un fazzoletto attorno al dito che mi sono appena tagliato.
- Brian, cazzo, mi lasci in pace?!
Ecco, forse è venuto fuori un po’ più nervoso, infastidito e scortese di quanto non volessi.
Mi guardi, sembri allibito.
- Stavo solo cercando di evitare che morissi dissanguato. Ma fai, fai pure.
Ti alzi in piedi.
- Grazie del caffè.
Esci dal locale.
Debbie mi si avvicina.
- Qualunque cosa tu gli abbia detto, dovresti farlo più spesso. – dice sorridendo. Poi nota il fazzoletto macchiato di sangue. – Ma sei ferito! Che diavolo ti ha fatto quell’animale?
- Non è stato lui, Deb. Ho rotto un piatto, mi dispiace…
- Non preoccuparti, ragazzo… vieni, ti do una pulita e ti disinfetto.
Mentre vengo investito dalle amorevoli premure di Debbie, realizzo. Non era paura, poco fa. Era una cazzo di insostenibile rabbia.
Stronzo, perché quella tenerezza non l’hai mai usata quando ancora stavamo insieme?
*

A me capita spesso, Brian. Ti guardo camminare, mangiare, ballare, vedo quest’uomo bellissimo, quest’uomo di successo, e non mi sembra quello con cui convivevo meno di un mese fa. Non riesco a capire se sia perché sei davvero cambiato o solo ti vedo così perché ad essere diverso sono io. E d’altronde, eri già bello prima, era tutto uguale a com’è ora.
A parte il fatto che non ti amo più.
Mi capita spesso di non riconoscerti, Brian. E di non riuscire neanche più a guardarti.
back to poly

Vuoi commentare? »





ALLOWED TAGS
^bold text^bold text
_italic text_italic text
%struck text%struck text



Nota: Devi visualizzare l'anteprima del tuo commento prima di poterlo inviare. Note: You have to preview your comment (Anteprima) before sending it (Invia).