Genere: Introspettivo.
Pairing: Brian/Justin
Rating: R
AVVISI: Boy's Love.
- Justin ha urgente bisogno di risolvere il problema che ha con Brian; la cosa, però, è particolarmente difficile, dal momento che proprio Brian non riesce a vedere questo problema dove stia.
Commento dell'autrice: Non ho molto da dire, riguardo a questa storia è_é E’ un’ipotesi di litigata molto plausibile in quel periodo, niente di più XD Scritta, as usual, oramai, per la True Colors writing community :*
Pairing: Brian/Justin
Rating: R
AVVISI: Boy's Love.
- Justin ha urgente bisogno di risolvere il problema che ha con Brian; la cosa, però, è particolarmente difficile, dal momento che proprio Brian non riesce a vedere questo problema dove stia.
Commento dell'autrice: Non ho molto da dire, riguardo a questa storia è_é E’ un’ipotesi di litigata molto plausibile in quel periodo, niente di più XD Scritta, as usual, oramai, per la True Colors writing community :*
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Breaking glasses
#4 If you fail to see the problem we have, one room full of walls I will try until the last drop falls
Lo spinse verso il basso, fino a che non fu completamente disteso. Lo guardò dall’alto, per qualche secondo, e poi gli si affiancò, tenendolo ancorato al letto con un braccio mentre fissava il soffitto.
- Abbiamo un problema.
Lui sospirò, roteò gli occhi e poi forzò la sua presa, riuscendo a liberarsi e alzarsi in piedi.
- Brian.
- “Avere un problema” è una cosa da lesbiche con figli. È una cosa da eterosessuali. È una cosa da persone che stanno insieme. Noi non siamo nulla di tutto questo, quindi non abbiamo proprio un cazzo di niente.
Si diresse in bagno senza più guardarlo, infilandosi nella doccia e aprendo il rubinetto, lasciandosi scorrere addosso acqua gelida per un tempo che gli sembrò infinito, prima di decidersi a mitigare il getto con un po’ d’acqua calda.
Quando Justin partiva con discorsi simili gli metteva sempre addosso una rabbia assurda. Come quando gli aveva chiesto se lo teneva in casa soltanto perché era stato picchiato quasi a morte e lui si sentiva in colpa. Per quale cazzo di motivo si ostinava a fargli domande simili?
Come se rispondere significasse qualcosa.
Mentre cercava di non pensare, sotto l’acqua ad occhi chiusi, sentì qualcuno entrare nel box doccia e cominciare a lavargli le spalle.
- Non voglio litigare… - disse Justin lasciandogli tanti baci lievi sulle scapole.
- Allora non parlare.
Si voltò e lo baciò, costringendolo col corpo ad appiattirsi contro il plexiglass delle pareti.
- No… Brian. Non va bene.
Lo guardò, per capire se stesse facendo sul serio. Se, davvero, volesse portare avanti quella inutile e cocciuta richiesta di spiegazioni. E di soluzioni - che per inciso, lui non aveva.
Capì che sì, faceva sul serio.
Chiuse l’acqua e uscì dalla doccia, avvolgendosi in un asciugamano rosso. Justin lo seguì a ruota.
- Brian.
- Smettila di ripetere il mio nome. – disse, vagando per il loft alla ricerca dei suoi jeans.
- Brian, non c’è motivo di fare così. Non voglio litigare, te l’ho già detto, voglio solo parlare…
- Sappi che ora come ora le cose si equivalgono.
- Non è così.
- E’ così per me, e mi basta. Dove cazzo ho messo i pantaloni…?
- Brian! Stai facendo il bambino!
- Sei tu che fai il bambino, Sonnyboy. Io non so più come chiarire la situazione con te, non so più cosa dirti perché tu capisca una buona volta.
- Cos’è che dovrei capire?
Si voltò, gli si avvicinò, lo fissò negli occhi.
- Noi non stiamo insieme. Perché io non sto con nessuno. E io non ti amo. Perché io non amo nessuno. Più chiaro di così, non so come dirtelo. – sentenziò riprendendo la ricerca appena interrotta.
Per qualche secondo, non sentì niente. Si sarebbe aspettato di sentire i passi di Justin sul pavimento, si sarebbe aspettato di sentire il fruscio dei suoi vestiti, mentre li indossava, e poi si sarebbe aspettato di vederlo uscire dall’appartamento, magari anche sbattendo la porta. E invece niente, non un suono, neanche sottilissimo. Continuò a cercare i jeans.
E poi, d’improvviso, tutti i suoni che non aveva sentito fino a quel momento si convogliarono in un unico frastornante rumore. Si voltò d’improvviso, spaventato.
Justin aveva rovesciato un tavolino di cristallo, mandandolo in frantumi.
- Cosa cazzo…?
- Dobbiamo parlare.
- Vaffanculo! Hai idea di quanto sia costato quel fottuto tavolino?!
- Non mi interessa.
- Interessa al mio portafogli!
- Stai tranquillo, Brian, troverai presto i soldi per comprartene uno più bello.
- Su questo puoi scommetterci, ma non cambia il fatto. Intendi ripagarmelo?
- Dobbiamo parlare.
- Questa non è una risposta!
- Dobbiamo parlare!
Si voltò.
- Ti dirò io cosa dobbiamo fare. Io devo trovare i miei jeans e pulire questo merdaio, tu devi uscire immediatamente da qui e andare a farti fottere, ecco tutto.
Mosse qualche passo verso la cucina, furioso. Dopo neanche dieci secondi, sentì un rumore identico al primo. Stavolta era andato in frantumi un vaso.
- Justin, smettila!
- Dobbiamo parlare.
- Sai dire solo questo?
Era diventata una questione di principio. Si voltò e ricominciò a camminare verso la cucina, sentendo l’intenso bisogno di una forte dose d’alcool nel sangue.
Per tutta risposta, Justin cominciò sistematicamente a demolire casa sua, e a buttare per terra qualsiasi soprammobile fosse in grado di distruggersi una volta toccata terra.
- Justin, cazzo!
Impossibilitato a fare altrimenti, gli si avvicinò, spingendolo lontano dal reparto oggetti fragili, verso la camera da letto.
- Distruggerò tutto se non mi ascolti. Non rimarrà niente di sano, in questa casa. E, per tua informazione, col cazzo che intendo ripagarti alcunché.
Fu tentato di fargli del male, sul serio. Picchiarlo e basta. Forse così avrebbe risolto qualcosa.
Si trattenne.
- Abbiamo un problema. - riprese il ragazzo.
- Sì, ce l’abbiamo: tu sei pazzo.
- Non fare sarcasmo.
- Non lo sto facendo.
- Almeno ascolta le mie ragioni!
- Parla, cazzo, se può servire a farti smettere di fare in questo modo!
Per qualche secondo, Justin rimase in completo silenzio. Sembrava stare cercando le parole più adatte. Si sedette sul letto.
- Tu non mi ami. – disse infine.
Brian lo guardò stupito.
- Che novità. Te l’ho già detto io due minuti fa, ricordi? – commentò annoiato, dandogli le spalle.
- Brian! - lo richiamò lui, esasperato.
- Cosa?
- Non fare così! Carca di capire quello che ti sto dicendo!
- Oh, lo capisco perfettamente. Capisco che ti sei messo in testa chissà che idea del cazzo, da quando ti ho portato in questa casa. Che il mio discorso sulla “persona da cui volevo tornare alla sera” l’hai frainteso totalmente. Che non ti sei ancora ficcato in quella testa di cazzo che non ti amo né ti amerò mai.
Gli occhi di Justin si riempirono di lacrime.
- Ero abituato a sentirmi dire che non mi amavi. Ma la seconda parte è inedita, davvero.
- Adesso non fare come se non l’avessi sempre saputo.
- Beh, è così. Io credevo…
- Cosa? Che col tempo saresti riuscito a sciogliere il mio cuore ghiacciato e che, alla fine, ti avrei portato dei fiori e un anello di brillanti e ti avrei chiesto di sposarmi? Ma dove vivi, Justin? Che Brian conosci?
Il ragazzo si alzò dal letto, furioso.
- Conosco quello giusto. È che speravo di renderlo un po’ migliore.
- Sono già perfetto così, grazie.
- Oh, sì. Certo.
Sospirarono e uscirono dalla stanza. Brian si diresse in cucina, Justin a togliere da terra i cocci di vetro e di ceramica.
- Così non risolveremo mai niente. – disse, con rammarico, mentre raccoglieva i pezzi del vaso cinese che aveva distrutto.
Brian non rispose.
Quando Justin, praticamente, fuggì via con Ethan, non si stupì più di tanto.