Genere: Romantico/Malinconico/Triste/Sexy
Rating: PG13
- Irresistibile. Semplicemente irresistibile.
AVVERTIMENTI: Het, Lime, Underage.
Commento dell'autrice: Questa è la prima oneshot che scrivo, di una certa lunghezza… ne sono orgogliosa, e ci tengo moltissimo. Penso che alla fine ci siano ancora un sacco di cose che quei due AVREBBERO BISOGNO di dirsi. E penso anche che l’amore è strano. Non si può comandare. Puoi amare qualcuno, volerne un altro, dopo anni amare quello che volevi soltanto… è un sentimento complicato.
Rating: PG13
- Irresistibile. Semplicemente irresistibile.
AVVERTIMENTI: Het, Lime, Underage.
Commento dell'autrice: Questa è la prima oneshot che scrivo, di una certa lunghezza… ne sono orgogliosa, e ci tengo moltissimo. Penso che alla fine ci siano ancora un sacco di cose che quei due AVREBBERO BISOGNO di dirsi. E penso anche che l’amore è strano. Non si può comandare. Puoi amare qualcuno, volerne un altro, dopo anni amare quello che volevi soltanto… è un sentimento complicato.
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Si girò verso il muro non appena sentì la maniglia della porta girare. Era un delle sue fortune avere un lato del letto attaccato alla parete, poteva impedire a chiunque di vedere il suo volto entrando.
La maniglia della porta girava lentamente, molto lentamente, era quasi esasperante. Era il modo in cui lui annunciava il suo arrivo. Perché era lì. Ed il motivo era uno solo.
Sentì la porta aprirsi e si strinse nelle spalle, agitata. Si diede un’occhiata veloce per vedere se avesse messo la camicia da notte pulita e desiderò di avere uno specchio per darsi una sistemata ai capelli.
Qualche passo si mosse sulla moquette. Strinse forte gli occhi.
Non mi toccare, non mi toccare, non mi toccare, NON TOCCARMI, STAMMI LONTANO!
…
…
…
Quando le sfiorò il braccio si sentì in paradiso. Senza scherzi.
- Sei sveglia, vero?
Quella voce… immaginò che stesse sorridendo. Era vero. Ormai aveva capito molto, di lui; poteva intuire la sua espressione dal tono della voce.
Anche lei sorrise un po’, voltandosi piano.
- Mi hai svegliata tu…
Mentì. In realtà non aveva chiuso occhio. Era più o meno sempre così, da sette mesi a questa parte. Si rifaceva dormendo in classe, o di pomeriggio, ma la notte dormiva solo un paio d’ore, e *solo* dopo aver finito con lui.
- Davvero? Se è così mi dispiace…
Si inginocchiò davanti al letto, per poter essere allo stesso livello del viso della ragazza che di lì a poco baciò a fior di labbra.
- Mh… cosa vuol dire quel “se è così”? Non mi credi?
- Non ho detto questo… certo che tu hai proprio il sangue caldo…
Cercò di trattenersi dal lanciare un gridolino quando sentì una sua mano risalirle lungo la coscia.
- Ah… cazzo, sei gelido…
- Effettivamente c’è freddino, qua fuori…
- Non sperare che ti faccia entrare, mi geleresti tutta!
Lui la guardò con un’espressione tra lo stupito ed il deluso.
- Ma… non ti va?
No, non mi va. Qualche problema? Non ti azzardare a toccarmi, stai lontano!
Lei si soffermò sulle sue labbra.
- Ma scherzi…?
Disse con un filo di voce, e scostò le coperte.
**
Lui era suo cugino Daniele, era venuto a stare da loro perché l’università che aveva scelto di frequentare dopo aver cambiato facoltà si trovava in quella città. Bravo a scuola, intelligente, bello, ventitré anni e coraggio da vendere. Una preda ambita. Incredibile pensare che fosse ancora senza una ragazza.
Incredibile, già. Ed infatti ce l’aveva, la ragazza.
Gliel’aveva presentata lei stessa, non a caso era la sua migliore amica. Stefania, vent’anni, facoltà di medicina, timida, riservata, dolce, bellissima, intelligente, due occhi verdi che potevano dire un miliardo di cose diverse nello stesso momento.
E poi c’era lei, Monica. Una sedicenne nella norma, avrebbero detto tutti. Un po’ stramba, forse, con un particolare amore per l’arte in tutte le sue forme ed un corpo decisamente da sballo, merito dei tanti anni di nuoto.
Quando Daniele era arrivato a casa sua, ancora non provava niente per lui. Si, era un bel ragazzo, ma nulla di particolarmente interessante, no?
Per cui, senza pensarci due volte, l’aveva presentato a Stefania che si era da poco lasciata col suo ragazzo storico ed era un po’ in bilico tra depressione cronica e folle.
- Stefi, questo è mio cugino Daniele. Daniele, Stefania.
Aveva detto indicando prima l’uno e poi l’altra.
- Piacere.
Si erano stretti la mano cordialmente e la settimana dopo stavano insieme.
Otto giorni dopo, lui aveva cominciato a farle visita ogni notte.
E vaffanculo, và…
**
Si piegò sulle braccia, uscendo da quell’abbraccio diventato improvvisamente soffocante e lo fissò mente dormiva.
Cazzo, quanto sei bello…
Non potè fare a meno di pensarlo. Ormai andava avanti da sette mesi. Sette mesi lunghissimi in cui di giorno era libera e di notte gli apparteneva. Sette mesi in cui ogni giorno assaggiava un po’ di paradiso ed un po’ d’inferno.
Non era il fatto che fossero cugini, a farla soffrire così. Era il fatto che lei *non-apparteneva-ad-altri-che-a-lui*, mentre lui, dannazione, lui doveva dividerlo. Aveva cominciato ad odiare Stefania, una ragazza alla quale aveva voluto bene come ad una sorella, una brava ragazza che *non-meritava* tutto quell’odio, tanto più che era stata lei stessa a presentarli, quindi con quale dannatissimo diritto adesso si permetteva di lamentarsi?
Ogni volta che andavano a letto insieme era una guerra tra il senso di colpa opprimente ed il piacere che la esaltava fino al più alto dei picchi innevati. E… non riusciva a perdersi in quell’abbraccio meraviglioso come avrebbe voluto.
Almeno fosse riuscita ad eliminare il contrasto… almeno avesse deciso di darsi a lui completamente o di non darglisi affatto… ma così… divisa tra il volere ed il non volere… era un’agonia…
Quello che potresti farmi fare…
E lui lo sapeva esattamente, che lei pendeva dalle sue labbra… ed era certo di questo come era certo che non avrebbe mai ricevuto una risposta negativa alle sue visite…
Gli sfiorò una guancia con due dita, ed improvvisamente lui aprì gli occhi e la baciò sulle labbra. Poi le sorrise.
- Buongiorno!
Lei rimase lì immobile a fissarlo per qualche secondo, e poi si lasciò andare sul suo petto.
- Perché ti prendi così gioco di me?
Gli chiese con tono lamentoso.
- Ma no… io avevo solo freddo, e tu mi hai scaldato, tutto qui…
Aggrottò le sopracciglia. Perché minimizzava?
- Bè, però adesso sei caldo…
- E’ vero…
- …
- …
- Allora?
- Allora cosa? Mi vuoi fuori dal letto? Basta dirlo!
Ma non lo disse. Non disse neanche che in realtà avrebbe voluto rimanere in quel modo per sempre, ma era sicura che lui lo sapeva.
Però, le venne in mente proprio in quel momento.
- Quand’è che Stefania doveva passarti a prendere per andare alle terme sulfuree?
- Ah, ho tempo… alle nove e mezzo…
Lanciò un’occhiata distratta alla sveglia sul comodino.
- Sono le nove e un quarto.
Chiuse gli occhi sorridendo e si preparò allo sbalzo. ADORAVA il momento in cui lui si alzava in ritardo, perché, nei fatti, la prendeva, la sollevava e la posava sul letto. Al solo sentire quelle braccia intorno al corpo si sentiva fremere.
Riaprì gli occhi giusto in tempo per godere dell’immagine fissa del suo corpo poco prima che si rivestisse. La aggiunse alle altre decine di immagini di lui che conservava gelosamente nella memoria. Una collezione preziosa.
**
- Ciao Monica!
Stefania entrò nella stanza inondandola con tutta la sua rassicurante presenza.
- Ciao Stè.
Rispose lei senza trasporto sorseggiando il caffellatte e riprendendo a cucire lo strappo sulla camicia da notte. La ragazza allungò il collo per vedere meglio.
- E quella… come te la sei fatta?
Disse indicando la macchia rossa sulla spalla.
In uno straordinario impeto di passione che ricorderò per tutta la vita, il tuo ragazzo mi ha succhiato la spalla come un vampiro e mi ha strappato via la camicia da notte, come puoi vedere. Ti piace come spiegazione?
- Mentre mi mettevo a letto la camicia da notte si è impigliata nel cassetto aperto del comodino e sono caduta, sbattendo…
- Oh, poverina… ma ti sei fatta molto male?
No, mi è piaciuto un sacco.
Chiuse gli occhi.
Devo smetterla.
- No, non molto, non preoccuparti.
Disse sorridendo.
- Comunque, dov’è Daniele?
- Si sta ancora preparando, sai com’è lui…
- Si…
Anche Stefania sorrise.
Non era un ragazzo vanitoso, ma per vestirsi impiegava un tempo infinito. Era semplicemente… lento, ecco tutto.
- Senti, ti va di venire con noi alle terme?
Le chiese allargando il sorriso.
- Ciao Stefi!
Il ragazzo entrò in cucina con i capelli ancora un po’ bagnati e baciò teneramente sulla guancia la sua ragazza, che strizzò un occhio e sorrise.
- Ciao Dani! Sei pronto?
Lui annuì, e Stefania si rivolse nuovamente a Monica.
- Allora, vieni?
Si sentì ribollire il sangue nelle vene, mentre Daniele le lanciava uno sguardo assolutamente neutro che lei interpretò come segno di sfida.
- No, grazie. Non sopporto l’odore dello zolfo.
- Oh, che peccato!
Disse Stefania cambiando espressione.
- Stefi, comincia a mettere in moto la macchina, io devo parlare un po’ con Monica…
- Ok!
Sorrise lei, ed uscì.
Il fatto che fossero cugini e che in pubblico non fossero particolarmente teneri l’uno con l’altra, contribuiva a creare intorno a loro una gabbia indistruttibile. Nessuno aveva scrupoli a lasciarli soli, a farli dormire nella stessa stanza… questa insospettabilità aveva contribuito molto a dare inizio alla loro storia. D’altronde, lui era quasi un uomo fatto, impegnato nello studio e con una ragazza, mentre lei era appena una ragazzina, un’adolescente con poca dimestichezza nelle questioni amorose…
- Cosa devi dirmi?
Le si avvicinò e, afferrandola saldamente dietro la schiena, la baciò con forza.
Quando si scostarono, era senza fiato.
- Come… perché…?
- Mi è venuta voglia.
E prese a baciarla sul collo.
- No, asp… aspetta, ti ho detto! No! Stefania è… è qua fuori… Daniele!
La zittì, baciandola di nuovo.
- Convincimi che non ti va…
Le disse. Stavolta davvero, la stava sfidando.
- Non è questo…
Disse lei abbassando la gonna che lui andava alzando.
- E’ che… non possiamo farlo!
- Chi lo dice?
- Mi vergogno!
- Non è vero…
La sollevò di peso a la distese sul tavolo. Dopodiché cominciò a spogliarsi. E appena lo vide senza camicia non capì più niente.
- E va bene…
Sospirò infine senza staccare gli occhi da quegli addominali.
- Ma cerchiamo di fare in fretta.
**
Passò una giornata mediamente noiosa. Non parlò molto, andò un po’ a nuotare in piscina, guardò la tv, lesse metà di un libro che aveva comprato da poco e lavorò ad una tavola ad olio che si portava dietro da circa una settimana.
E tutto questo non perché ne avesse davvero voglia, ma solo perché non aveva altro di meglio da fare.
E comunque era davvero preoccupata. Farlo quella mattina, senza alcuna precauzione, era stata una vera cazzata. Ma, nonostante tutto, era riuscita ad appurare che si, era vero, senza preservativo era completamente diverso. Sembrava molto più… come dire… reale. Era meno sfuggente. E durava anche di meno. O almeno così le era parso.
Ma era davvero preoccupata. Perché gesti del genere di solito portano a conseguenze spiacevoli. Ma lui non sembrava preoccuparsene. Bah. Ragazzo assurdo.
Mentre sfogliava una rivista sentì la chiave girare nella toppa, e poi lui entrò. Avrebbe DAVVERO voluto corrergli incontro e saltargli addosso, ed ucciderlo. Anzi, prima scoparselo e poi ucciderlo. Ma si trattenne.
Lui entrò nel salotto.
- Siamo soli?
Chiese. Lei rispose annuendo.
Sorrise.
- Ciao…
La salutò avvicinandosi e baciandola leggermente sul collo.
- Nessun senso di colpa?
Gli chiese infastidita.
- No.
Disse lui con naturalezza.
Si arrabbiò. Si arrabbiò veramente, come non le capitava da un po’.
- Così non può continuare.
Lui non la guardò.
- Non può andare avanti. Insomma, stai con lei ma vieni a letto con me? Oppure vieni a letto con me ma stai con lei? Sono due cose differenti!
- Io non vedo la differenza.
- La vedo io, e basta! Cristo, Daniele… cosa… cosa provi per lei?
La guardò fissa negli occhi.
- Sono innamorato di Stefania.
- Ed allora perché non ci fai l’amore?!
Lui ebbe un sussulto.
- C-Come fai a saperlo?
- Si è venuta a sfogare con me una settimana fa.
Daniele abbassò lo sguardo, non rispose subito.
- Insomma… amore ed attrazione fisica non sempre coincidono…
Concluse con un sorriso triste.
- Certe volte me ne rendo conto, che lei vorrebbe davvero tanto venire a letto con me… ma io… non ci riesco… e non è che fisicamente non mi piaccia… è solo che… non lo so… come spiegartelo… non mi mette nelle *condizioni* di farlo…
Lei lo guardò con crescente stupore.
- E… ed io, allora?
- Tu?
Lui fece scorrere lo sguardo su tutto il suo corpo, e la fece tremare.
- Io ti trovo… davvero… incredibilmente sexy.
Arrossì e spalancò gli occhi.
- C-Come scusa?
- E’ così. Ogni volta che ti guardo o ascolto la tua voce… davvero, mi assale una voglia matta, non riesco nemmeno a frenarmi.
- A-Anche adesso?
Lui annuì, guardandola tutta ancora una volta.
- Smettila!
Urlò lei alzandosi in piedi e mettendosi di spalle lontana da lui.
- Questo a me non basta! E… e poi io sono convinta di meritare un ragazzo che sia solo mio, e che non mi usi come semplice giocattolo del sesso!
Lo sentì sbuffare alle sue spalle.
- Ho voluto essere sincero, con te… mi dispiace se la verità non ti piace… però vedi…
Lo sentì alzarsi ed avvicinarsi. Ancora, tremò.
- … non credo sia una cosa alla quale io o tu possiamo opporci…
Labbra… labbra calde, affamate sulla sua schiena…
- Non voglio…
- Ne sei sicura?
Maledetto corpo senza controllo.
Neanche lo guardò in viso, e non aspettò un secondo di più per gettarsi fra le sue braccia.
Ma scattò qualcosa, mentre lo facevano appoggiati al muro del salotto. Una consapevolezza nuova e parzialmente slegata dal sesso. Quello che sentiva nei suoi confronti non era solo voglia. Era rapita da ogni sua parola, da ogni suo gesto, dal suo modo di agire sempre così sicuro di sé… era completamente innamorata di lui. Un amore talmente forte da farle paura. Ed il semplice sesso non le bastava più, ecco. Perché voleva tutto, di lui.
Ed ecco perché, dopo aver raccolto il suo seme per la seconda volta in un giorno, e mentre lui la ricopriva di baci che sarebbero volati via a minuti, versò lacrime amare.
- Cosa… ti ho fatto male?
Le chiese premurosamente.
- Tu… non lo immagini neanche.
Lui socchiuse gli occhi e la abbracciò.
- Mi dispiace. Te lo prometto, non lo farò più.
**
Quella notte lo aspettò a lungo, e lui venne molto più tardi del solito. La trovò seduta sul letto a fissare nella sua direzione. Si stupì.
- Mi… mi aspettavi?
Lei annuì.
- Sei arrivato tardi…
Si grattò la testa, sorridendo imbarazzato.
- Ho provato a frenarmi… dopo oggi…
Lei gli sorrise, affrettandosi a spiegare.
- No, ascoltami… io… oggi ero solo un po’ depressa ed ho fatto i capricci… non ci pensare, ok?
Lui tornò serio.
- Non posso non pensarci. Tu non sei felice e questo non mi va giù.
- Non è questo… io… posso farcela, dico sul serio!
- Tu vuoi solo un paio di braccia perché senti freddo.
- Io non voglio *un-paio-di-braccia*. Voglio *le-tue* braccia. Non lo capisci?
- Come fai a volere delle braccia che non ti danno quello di cui hai bisogno?
Sentì le lacrime punzecchiarle fastidiosamente gli occhi.
- E’ vero, non mi danno *tutto* quello che voglio… e mi rendo conto di comportarmi da stupida, perché dovrei cercare ciò che è meglio per me… e… forse ho ingigantito un po’ troppo la situazione, per via di quello che è successo fra noi, ma… te lo giuro… non è solo per sesso che vengo con te.
Lui chiuse gli occhi, sospirando, e passo dopo passo si avvicinò al letto, sedendosi per terra con le spalle contro la fredda struttura metallica.
- Ora fattelo spiegare da uno più grande. Io non starò qui a dirti che quello che senti non è amore, perché non lo so, e questo lo si potrà vedere solo col tempo. Ti dico che nel tuo cuore c’è già questo inizio di sentimento, ma sta a te scegliere se reprimerlo o farlo germogliare. Per certo so che in quello che c’è stato fra noi hai visto qualcosa che non ha futuro.
Lei serrò le labbra, e quando sentì la prima lacrima solcarle la guancia nascose il volto tra le pieghe del cuscino, cercando di fare minor rumore possibile.
- Ehi…
Disse lui.
- Mi stai facendo sentire in colpa…
- Quale onore!
Disse lei con un sorriso triste che lui non vide.
Monica tirò su la coperta e fece uscir fuori una mano.
- La tua punizione è dormire seduto sul pavimento tenendomi per mano!
Singhiozzò, ed asciugò le lacrime con la mano libera.
Lui la strinse senza proteste.
- Ascoltami…
Le disse prima di ritornare in silenzio.
- Ci sono stati dei momenti… mentre ero con te… durante i quali ero così felice che ti avrei presa per mano e portata via…
**
La donna dai corti capelli corvini si strinse nel cappotto blu, tremando leggermente.
- Quell’idiota…
Sussurrò dando uno sguardo al neon sopra il grattacielo di fronte a lei.
- Tre quarti d’ora di ritardo con quattro gradi… brr…
Qualche schizzo d’acqua la raggiunse sul volto.
- Ma perché mi sono messa davanti a questa dannatissima fontana?
Si girò, ma fu solo per pochi secondi, fino a quando sentì due mani gelate sul collo.
- AAAAAAARGH!
Urlò voltandosi di scatto.
- Ma sei pazzo, Daniele!!!
Lui rise, sinceramente divertito.
- Scusa se ti ho fatta aspettare…
- Tsk. Portami in un bar.
- Ok.
**
Seduti al tavolino del locale, vicini alla finestra, sorseggiavano un caffè.
- Allora, come va in famiglia?
Le chiese.
- Uhm… Tommaso sta bene. Ed a proposito, non abbiamo molto tempo, non più di un paio d’ore, perché poi devo andare a prendere Luca a scuola.
- Ah, le famigliole felici!
Sospirò Daniele con un sorriso geloso sul volto.
Pensò che era diventato ancora più bello di prima.
- E tu, con Stefania? Come va…?
Puntellò con le mani sul tavolo, scostandosi leggermente.
- Eh, che vuoi che ti dica… va… abbiamo un po’ di problemi, ultimamente.
- Mh…
Annuì con sguardo comprensivo.
Rimasero un po’ in silenzio. Poi, lui parlò.
- A che ora devi andarlo a prendere?
- Due e un quarto… questo ragazzino fa duemila cose al giorno, non mi dà un attimo di tregua!
Lui rise.
- Ha! Che dire? Il figlio è tuo e te lo gestisci tu…
Monica lo guardò fisso. Poi guardò fuori e bevve un altro sorso dalla tazzina.
- Già…
Si alzò in piedi.
- Ok, andiamo. È già tardi, te lo leggo negli occhi.
Lui le sorrise maliziosamente e si alzò.
**
- Ok!
Esordì cercando di svolgere la matassa di coperte intorno a sé.
- Facciamo un gioco, ti va Moni?
La donna sorrise scettica.
- Siamo un po’ grandetti, non credi?
- Avanti! È per passare un po’ il tempo. Facciamo finta di trovarci in una dimensione parallela, una specie di bolla di vetro. Ci dobbiamo dire cose che pensiamo e che non ci diremmo mai nel mondo reale. Ovviamente quello che diciamo resta nella bolla, ok…? Se non ti va di essere la prima comincio io.
- Uhm… cosa mi diresti?
Lui cambiò espressione e la fissò, serio.
- Che se tu mi dicessi che te la senti, ti rapirei e ti porterei lontano. In un posto dove possiamo essere solo noi due. Perché quando sto con te sono felice come il primo giorno.
Lei si voltò a guardarlo.
- Dici davvero?
Gli chiese mettendosi in ginocchio. Lui annuì, seguendola nel cambio di posizione.
- Credo di essere anche innamorato di te. Questo è quello che ti direi, aprendoti il mio cuore al massimo.
Monica abbassò lo sguardo. Ma lo rialzò subito, quando lo sentì parlare di nuovo.
- Adesso tocca a te, però.
Sentì una fastidiosa sensazione agli occhi. Strinse i pugni e poi lo carezzò sulla guancia, lasciando andare con sofferenza una lacrima simbolica.
- No. Ti direi cose… tantissime cose… che è meglio non dire. Perché… le bolle di vetro… sono troppo fragili…
Lui non disse niente, per un po’. Poi le strinse una mano, asciugando la lacrima con l’altra libera.
- Va bene lo stesso. Mi importa che tu sappia quello che provo io, mi basta.
Dopo un po’, Monica si alzò dal letto.
- Adesso devo andare.
- Ok. A domani?
- Si…
Disse annuendo.
Lui le regalò un sorriso talmente tranquillo e talmente tranquillizzante che non potè fare a meno di ricambiarlo. E sempre sorridendo uscì dalla stanza e dall’albergo, entrò in macchina e mise in moto per andare a prendere suo figlio a scuola, pensando che riusciva a sentire chiaramente sul cuore la rassicurante sensazione che probabilmente non sarebbe mai finita.
La maniglia della porta girava lentamente, molto lentamente, era quasi esasperante. Era il modo in cui lui annunciava il suo arrivo. Perché era lì. Ed il motivo era uno solo.
Sentì la porta aprirsi e si strinse nelle spalle, agitata. Si diede un’occhiata veloce per vedere se avesse messo la camicia da notte pulita e desiderò di avere uno specchio per darsi una sistemata ai capelli.
Qualche passo si mosse sulla moquette. Strinse forte gli occhi.
Non mi toccare, non mi toccare, non mi toccare, NON TOCCARMI, STAMMI LONTANO!
…
…
…
Quando le sfiorò il braccio si sentì in paradiso. Senza scherzi.
- Sei sveglia, vero?
Quella voce… immaginò che stesse sorridendo. Era vero. Ormai aveva capito molto, di lui; poteva intuire la sua espressione dal tono della voce.
Anche lei sorrise un po’, voltandosi piano.
- Mi hai svegliata tu…
Mentì. In realtà non aveva chiuso occhio. Era più o meno sempre così, da sette mesi a questa parte. Si rifaceva dormendo in classe, o di pomeriggio, ma la notte dormiva solo un paio d’ore, e *solo* dopo aver finito con lui.
- Davvero? Se è così mi dispiace…
Si inginocchiò davanti al letto, per poter essere allo stesso livello del viso della ragazza che di lì a poco baciò a fior di labbra.
- Mh… cosa vuol dire quel “se è così”? Non mi credi?
- Non ho detto questo… certo che tu hai proprio il sangue caldo…
Cercò di trattenersi dal lanciare un gridolino quando sentì una sua mano risalirle lungo la coscia.
- Ah… cazzo, sei gelido…
- Effettivamente c’è freddino, qua fuori…
- Non sperare che ti faccia entrare, mi geleresti tutta!
Lui la guardò con un’espressione tra lo stupito ed il deluso.
- Ma… non ti va?
No, non mi va. Qualche problema? Non ti azzardare a toccarmi, stai lontano!
Lei si soffermò sulle sue labbra.
- Ma scherzi…?
Disse con un filo di voce, e scostò le coperte.
Lui era suo cugino Daniele, era venuto a stare da loro perché l’università che aveva scelto di frequentare dopo aver cambiato facoltà si trovava in quella città. Bravo a scuola, intelligente, bello, ventitré anni e coraggio da vendere. Una preda ambita. Incredibile pensare che fosse ancora senza una ragazza.
Incredibile, già. Ed infatti ce l’aveva, la ragazza.
Gliel’aveva presentata lei stessa, non a caso era la sua migliore amica. Stefania, vent’anni, facoltà di medicina, timida, riservata, dolce, bellissima, intelligente, due occhi verdi che potevano dire un miliardo di cose diverse nello stesso momento.
E poi c’era lei, Monica. Una sedicenne nella norma, avrebbero detto tutti. Un po’ stramba, forse, con un particolare amore per l’arte in tutte le sue forme ed un corpo decisamente da sballo, merito dei tanti anni di nuoto.
Quando Daniele era arrivato a casa sua, ancora non provava niente per lui. Si, era un bel ragazzo, ma nulla di particolarmente interessante, no?
Per cui, senza pensarci due volte, l’aveva presentato a Stefania che si era da poco lasciata col suo ragazzo storico ed era un po’ in bilico tra depressione cronica e folle.
- Stefi, questo è mio cugino Daniele. Daniele, Stefania.
Aveva detto indicando prima l’uno e poi l’altra.
- Piacere.
Si erano stretti la mano cordialmente e la settimana dopo stavano insieme.
Otto giorni dopo, lui aveva cominciato a farle visita ogni notte.
E vaffanculo, và…
Si piegò sulle braccia, uscendo da quell’abbraccio diventato improvvisamente soffocante e lo fissò mente dormiva.
Cazzo, quanto sei bello…
Non potè fare a meno di pensarlo. Ormai andava avanti da sette mesi. Sette mesi lunghissimi in cui di giorno era libera e di notte gli apparteneva. Sette mesi in cui ogni giorno assaggiava un po’ di paradiso ed un po’ d’inferno.
Non era il fatto che fossero cugini, a farla soffrire così. Era il fatto che lei *non-apparteneva-ad-altri-che-a-lui*, mentre lui, dannazione, lui doveva dividerlo. Aveva cominciato ad odiare Stefania, una ragazza alla quale aveva voluto bene come ad una sorella, una brava ragazza che *non-meritava* tutto quell’odio, tanto più che era stata lei stessa a presentarli, quindi con quale dannatissimo diritto adesso si permetteva di lamentarsi?
Ogni volta che andavano a letto insieme era una guerra tra il senso di colpa opprimente ed il piacere che la esaltava fino al più alto dei picchi innevati. E… non riusciva a perdersi in quell’abbraccio meraviglioso come avrebbe voluto.
Almeno fosse riuscita ad eliminare il contrasto… almeno avesse deciso di darsi a lui completamente o di non darglisi affatto… ma così… divisa tra il volere ed il non volere… era un’agonia…
Quello che potresti farmi fare…
E lui lo sapeva esattamente, che lei pendeva dalle sue labbra… ed era certo di questo come era certo che non avrebbe mai ricevuto una risposta negativa alle sue visite…
Gli sfiorò una guancia con due dita, ed improvvisamente lui aprì gli occhi e la baciò sulle labbra. Poi le sorrise.
- Buongiorno!
Lei rimase lì immobile a fissarlo per qualche secondo, e poi si lasciò andare sul suo petto.
- Perché ti prendi così gioco di me?
Gli chiese con tono lamentoso.
- Ma no… io avevo solo freddo, e tu mi hai scaldato, tutto qui…
Aggrottò le sopracciglia. Perché minimizzava?
- Bè, però adesso sei caldo…
- E’ vero…
- …
- …
- Allora?
- Allora cosa? Mi vuoi fuori dal letto? Basta dirlo!
Ma non lo disse. Non disse neanche che in realtà avrebbe voluto rimanere in quel modo per sempre, ma era sicura che lui lo sapeva.
Però, le venne in mente proprio in quel momento.
- Quand’è che Stefania doveva passarti a prendere per andare alle terme sulfuree?
- Ah, ho tempo… alle nove e mezzo…
Lanciò un’occhiata distratta alla sveglia sul comodino.
- Sono le nove e un quarto.
Chiuse gli occhi sorridendo e si preparò allo sbalzo. ADORAVA il momento in cui lui si alzava in ritardo, perché, nei fatti, la prendeva, la sollevava e la posava sul letto. Al solo sentire quelle braccia intorno al corpo si sentiva fremere.
Riaprì gli occhi giusto in tempo per godere dell’immagine fissa del suo corpo poco prima che si rivestisse. La aggiunse alle altre decine di immagini di lui che conservava gelosamente nella memoria. Una collezione preziosa.
- Ciao Monica!
Stefania entrò nella stanza inondandola con tutta la sua rassicurante presenza.
- Ciao Stè.
Rispose lei senza trasporto sorseggiando il caffellatte e riprendendo a cucire lo strappo sulla camicia da notte. La ragazza allungò il collo per vedere meglio.
- E quella… come te la sei fatta?
Disse indicando la macchia rossa sulla spalla.
In uno straordinario impeto di passione che ricorderò per tutta la vita, il tuo ragazzo mi ha succhiato la spalla come un vampiro e mi ha strappato via la camicia da notte, come puoi vedere. Ti piace come spiegazione?
- Mentre mi mettevo a letto la camicia da notte si è impigliata nel cassetto aperto del comodino e sono caduta, sbattendo…
- Oh, poverina… ma ti sei fatta molto male?
No, mi è piaciuto un sacco.
Chiuse gli occhi.
Devo smetterla.
- No, non molto, non preoccuparti.
Disse sorridendo.
- Comunque, dov’è Daniele?
- Si sta ancora preparando, sai com’è lui…
- Si…
Anche Stefania sorrise.
Non era un ragazzo vanitoso, ma per vestirsi impiegava un tempo infinito. Era semplicemente… lento, ecco tutto.
- Senti, ti va di venire con noi alle terme?
Le chiese allargando il sorriso.
- Ciao Stefi!
Il ragazzo entrò in cucina con i capelli ancora un po’ bagnati e baciò teneramente sulla guancia la sua ragazza, che strizzò un occhio e sorrise.
- Ciao Dani! Sei pronto?
Lui annuì, e Stefania si rivolse nuovamente a Monica.
- Allora, vieni?
Si sentì ribollire il sangue nelle vene, mentre Daniele le lanciava uno sguardo assolutamente neutro che lei interpretò come segno di sfida.
- No, grazie. Non sopporto l’odore dello zolfo.
- Oh, che peccato!
Disse Stefania cambiando espressione.
- Stefi, comincia a mettere in moto la macchina, io devo parlare un po’ con Monica…
- Ok!
Sorrise lei, ed uscì.
Il fatto che fossero cugini e che in pubblico non fossero particolarmente teneri l’uno con l’altra, contribuiva a creare intorno a loro una gabbia indistruttibile. Nessuno aveva scrupoli a lasciarli soli, a farli dormire nella stessa stanza… questa insospettabilità aveva contribuito molto a dare inizio alla loro storia. D’altronde, lui era quasi un uomo fatto, impegnato nello studio e con una ragazza, mentre lei era appena una ragazzina, un’adolescente con poca dimestichezza nelle questioni amorose…
- Cosa devi dirmi?
Le si avvicinò e, afferrandola saldamente dietro la schiena, la baciò con forza.
Quando si scostarono, era senza fiato.
- Come… perché…?
- Mi è venuta voglia.
E prese a baciarla sul collo.
- No, asp… aspetta, ti ho detto! No! Stefania è… è qua fuori… Daniele!
La zittì, baciandola di nuovo.
- Convincimi che non ti va…
Le disse. Stavolta davvero, la stava sfidando.
- Non è questo…
Disse lei abbassando la gonna che lui andava alzando.
- E’ che… non possiamo farlo!
- Chi lo dice?
- Mi vergogno!
- Non è vero…
La sollevò di peso a la distese sul tavolo. Dopodiché cominciò a spogliarsi. E appena lo vide senza camicia non capì più niente.
- E va bene…
Sospirò infine senza staccare gli occhi da quegli addominali.
- Ma cerchiamo di fare in fretta.
Passò una giornata mediamente noiosa. Non parlò molto, andò un po’ a nuotare in piscina, guardò la tv, lesse metà di un libro che aveva comprato da poco e lavorò ad una tavola ad olio che si portava dietro da circa una settimana.
E tutto questo non perché ne avesse davvero voglia, ma solo perché non aveva altro di meglio da fare.
E comunque era davvero preoccupata. Farlo quella mattina, senza alcuna precauzione, era stata una vera cazzata. Ma, nonostante tutto, era riuscita ad appurare che si, era vero, senza preservativo era completamente diverso. Sembrava molto più… come dire… reale. Era meno sfuggente. E durava anche di meno. O almeno così le era parso.
Ma era davvero preoccupata. Perché gesti del genere di solito portano a conseguenze spiacevoli. Ma lui non sembrava preoccuparsene. Bah. Ragazzo assurdo.
Mentre sfogliava una rivista sentì la chiave girare nella toppa, e poi lui entrò. Avrebbe DAVVERO voluto corrergli incontro e saltargli addosso, ed ucciderlo. Anzi, prima scoparselo e poi ucciderlo. Ma si trattenne.
Lui entrò nel salotto.
- Siamo soli?
Chiese. Lei rispose annuendo.
Sorrise.
- Ciao…
La salutò avvicinandosi e baciandola leggermente sul collo.
- Nessun senso di colpa?
Gli chiese infastidita.
- No.
Disse lui con naturalezza.
Si arrabbiò. Si arrabbiò veramente, come non le capitava da un po’.
- Così non può continuare.
Lui non la guardò.
- Non può andare avanti. Insomma, stai con lei ma vieni a letto con me? Oppure vieni a letto con me ma stai con lei? Sono due cose differenti!
- Io non vedo la differenza.
- La vedo io, e basta! Cristo, Daniele… cosa… cosa provi per lei?
La guardò fissa negli occhi.
- Sono innamorato di Stefania.
- Ed allora perché non ci fai l’amore?!
Lui ebbe un sussulto.
- C-Come fai a saperlo?
- Si è venuta a sfogare con me una settimana fa.
Daniele abbassò lo sguardo, non rispose subito.
- Insomma… amore ed attrazione fisica non sempre coincidono…
Concluse con un sorriso triste.
- Certe volte me ne rendo conto, che lei vorrebbe davvero tanto venire a letto con me… ma io… non ci riesco… e non è che fisicamente non mi piaccia… è solo che… non lo so… come spiegartelo… non mi mette nelle *condizioni* di farlo…
Lei lo guardò con crescente stupore.
- E… ed io, allora?
- Tu?
Lui fece scorrere lo sguardo su tutto il suo corpo, e la fece tremare.
- Io ti trovo… davvero… incredibilmente sexy.
Arrossì e spalancò gli occhi.
- C-Come scusa?
- E’ così. Ogni volta che ti guardo o ascolto la tua voce… davvero, mi assale una voglia matta, non riesco nemmeno a frenarmi.
- A-Anche adesso?
Lui annuì, guardandola tutta ancora una volta.
- Smettila!
Urlò lei alzandosi in piedi e mettendosi di spalle lontana da lui.
- Questo a me non basta! E… e poi io sono convinta di meritare un ragazzo che sia solo mio, e che non mi usi come semplice giocattolo del sesso!
Lo sentì sbuffare alle sue spalle.
- Ho voluto essere sincero, con te… mi dispiace se la verità non ti piace… però vedi…
Lo sentì alzarsi ed avvicinarsi. Ancora, tremò.
- … non credo sia una cosa alla quale io o tu possiamo opporci…
Labbra… labbra calde, affamate sulla sua schiena…
- Non voglio…
- Ne sei sicura?
Maledetto corpo senza controllo.
Neanche lo guardò in viso, e non aspettò un secondo di più per gettarsi fra le sue braccia.
Ma scattò qualcosa, mentre lo facevano appoggiati al muro del salotto. Una consapevolezza nuova e parzialmente slegata dal sesso. Quello che sentiva nei suoi confronti non era solo voglia. Era rapita da ogni sua parola, da ogni suo gesto, dal suo modo di agire sempre così sicuro di sé… era completamente innamorata di lui. Un amore talmente forte da farle paura. Ed il semplice sesso non le bastava più, ecco. Perché voleva tutto, di lui.
Ed ecco perché, dopo aver raccolto il suo seme per la seconda volta in un giorno, e mentre lui la ricopriva di baci che sarebbero volati via a minuti, versò lacrime amare.
- Cosa… ti ho fatto male?
Le chiese premurosamente.
- Tu… non lo immagini neanche.
Lui socchiuse gli occhi e la abbracciò.
- Mi dispiace. Te lo prometto, non lo farò più.
Quella notte lo aspettò a lungo, e lui venne molto più tardi del solito. La trovò seduta sul letto a fissare nella sua direzione. Si stupì.
- Mi… mi aspettavi?
Lei annuì.
- Sei arrivato tardi…
Si grattò la testa, sorridendo imbarazzato.
- Ho provato a frenarmi… dopo oggi…
Lei gli sorrise, affrettandosi a spiegare.
- No, ascoltami… io… oggi ero solo un po’ depressa ed ho fatto i capricci… non ci pensare, ok?
Lui tornò serio.
- Non posso non pensarci. Tu non sei felice e questo non mi va giù.
- Non è questo… io… posso farcela, dico sul serio!
- Tu vuoi solo un paio di braccia perché senti freddo.
- Io non voglio *un-paio-di-braccia*. Voglio *le-tue* braccia. Non lo capisci?
- Come fai a volere delle braccia che non ti danno quello di cui hai bisogno?
Sentì le lacrime punzecchiarle fastidiosamente gli occhi.
- E’ vero, non mi danno *tutto* quello che voglio… e mi rendo conto di comportarmi da stupida, perché dovrei cercare ciò che è meglio per me… e… forse ho ingigantito un po’ troppo la situazione, per via di quello che è successo fra noi, ma… te lo giuro… non è solo per sesso che vengo con te.
Lui chiuse gli occhi, sospirando, e passo dopo passo si avvicinò al letto, sedendosi per terra con le spalle contro la fredda struttura metallica.
- Ora fattelo spiegare da uno più grande. Io non starò qui a dirti che quello che senti non è amore, perché non lo so, e questo lo si potrà vedere solo col tempo. Ti dico che nel tuo cuore c’è già questo inizio di sentimento, ma sta a te scegliere se reprimerlo o farlo germogliare. Per certo so che in quello che c’è stato fra noi hai visto qualcosa che non ha futuro.
Lei serrò le labbra, e quando sentì la prima lacrima solcarle la guancia nascose il volto tra le pieghe del cuscino, cercando di fare minor rumore possibile.
- Ehi…
Disse lui.
- Mi stai facendo sentire in colpa…
- Quale onore!
Disse lei con un sorriso triste che lui non vide.
Monica tirò su la coperta e fece uscir fuori una mano.
- La tua punizione è dormire seduto sul pavimento tenendomi per mano!
Singhiozzò, ed asciugò le lacrime con la mano libera.
Lui la strinse senza proteste.
- Ascoltami…
Le disse prima di ritornare in silenzio.
- Ci sono stati dei momenti… mentre ero con te… durante i quali ero così felice che ti avrei presa per mano e portata via…
La donna dai corti capelli corvini si strinse nel cappotto blu, tremando leggermente.
- Quell’idiota…
Sussurrò dando uno sguardo al neon sopra il grattacielo di fronte a lei.
- Tre quarti d’ora di ritardo con quattro gradi… brr…
Qualche schizzo d’acqua la raggiunse sul volto.
- Ma perché mi sono messa davanti a questa dannatissima fontana?
Si girò, ma fu solo per pochi secondi, fino a quando sentì due mani gelate sul collo.
- AAAAAAARGH!
Urlò voltandosi di scatto.
- Ma sei pazzo, Daniele!!!
Lui rise, sinceramente divertito.
- Scusa se ti ho fatta aspettare…
- Tsk. Portami in un bar.
- Ok.
Seduti al tavolino del locale, vicini alla finestra, sorseggiavano un caffè.
- Allora, come va in famiglia?
Le chiese.
- Uhm… Tommaso sta bene. Ed a proposito, non abbiamo molto tempo, non più di un paio d’ore, perché poi devo andare a prendere Luca a scuola.
- Ah, le famigliole felici!
Sospirò Daniele con un sorriso geloso sul volto.
Pensò che era diventato ancora più bello di prima.
- E tu, con Stefania? Come va…?
Puntellò con le mani sul tavolo, scostandosi leggermente.
- Eh, che vuoi che ti dica… va… abbiamo un po’ di problemi, ultimamente.
- Mh…
Annuì con sguardo comprensivo.
Rimasero un po’ in silenzio. Poi, lui parlò.
- A che ora devi andarlo a prendere?
- Due e un quarto… questo ragazzino fa duemila cose al giorno, non mi dà un attimo di tregua!
Lui rise.
- Ha! Che dire? Il figlio è tuo e te lo gestisci tu…
Monica lo guardò fisso. Poi guardò fuori e bevve un altro sorso dalla tazzina.
- Già…
Si alzò in piedi.
- Ok, andiamo. È già tardi, te lo leggo negli occhi.
Lui le sorrise maliziosamente e si alzò.
- Ok!
Esordì cercando di svolgere la matassa di coperte intorno a sé.
- Facciamo un gioco, ti va Moni?
La donna sorrise scettica.
- Siamo un po’ grandetti, non credi?
- Avanti! È per passare un po’ il tempo. Facciamo finta di trovarci in una dimensione parallela, una specie di bolla di vetro. Ci dobbiamo dire cose che pensiamo e che non ci diremmo mai nel mondo reale. Ovviamente quello che diciamo resta nella bolla, ok…? Se non ti va di essere la prima comincio io.
- Uhm… cosa mi diresti?
Lui cambiò espressione e la fissò, serio.
- Che se tu mi dicessi che te la senti, ti rapirei e ti porterei lontano. In un posto dove possiamo essere solo noi due. Perché quando sto con te sono felice come il primo giorno.
Lei si voltò a guardarlo.
- Dici davvero?
Gli chiese mettendosi in ginocchio. Lui annuì, seguendola nel cambio di posizione.
- Credo di essere anche innamorato di te. Questo è quello che ti direi, aprendoti il mio cuore al massimo.
Monica abbassò lo sguardo. Ma lo rialzò subito, quando lo sentì parlare di nuovo.
- Adesso tocca a te, però.
Sentì una fastidiosa sensazione agli occhi. Strinse i pugni e poi lo carezzò sulla guancia, lasciando andare con sofferenza una lacrima simbolica.
- No. Ti direi cose… tantissime cose… che è meglio non dire. Perché… le bolle di vetro… sono troppo fragili…
Lui non disse niente, per un po’. Poi le strinse una mano, asciugando la lacrima con l’altra libera.
- Va bene lo stesso. Mi importa che tu sappia quello che provo io, mi basta.
Dopo un po’, Monica si alzò dal letto.
- Adesso devo andare.
- Ok. A domani?
- Si…
Disse annuendo.
Lui le regalò un sorriso talmente tranquillo e talmente tranquillizzante che non potè fare a meno di ricambiarlo. E sempre sorridendo uscì dalla stanza e dall’albergo, entrò in macchina e mise in moto per andare a prendere suo figlio a scuola, pensando che riusciva a sentire chiaramente sul cuore la rassicurante sensazione che probabilmente non sarebbe mai finita.