Genere: Introspettivo, Commedia.
Pairing: Bushido/Bill.
Rating: PG-13.
AVVERTIMENTI: Language, Slash.
- L'elaborazione del lutto passa per varie fasi. Durante quarantotto tragiche ore, Tom Kaulitz non solo sarà costretto ad affrontarle tutte, ma costringerà anche i propri innocenti coinquilini a passare attraverso il suo stesso calvario. Il problema? Be', che ovviamente non è morto nessuno :D
Note: La storia di questa fanfiction è interessante XD No, davvero: di solito non lo penso, dei vari iter che descrivo nelle post-fazioni – mi limito a sproloquiare senza senso perché io amo sproloquiare senza senso – ma stavolta è stato come se il mondo intero stesse da un lato cospirando perché io scrivessi questa fanfiction e dall’altro lato perché invece non lo facessi XD
Mi spiego meglio: era il ventisei marzo di quest’anno. Nonostante i concerti del 1000 Hotels Tour fossero stati tutti annullati e rimandati a data da destinarsi, io arrivavo a casa della mia neechan, a Padova, e lei mi mostrava tutti i poster che, nei mesi, aveva accumulato per me. Fra di essi, ce n’era pure uno di Bushido, vi giuro, enorme e bellissimo <3 In realtà, la mia ossessione per Bushido – un’ossessione tutta fangirlante, perché la musica che fa non mi piace affatto – era già cominciata qualche mese prima, sempre a causa della neechan. Potete averne un assaggio nelle note finali di The Point Is, che è stata, in effetti, la prima BushiBill che ho scritto, anche se in realtà è una twincest sotto mentite spoglie.
Comunque sia, è stato in quel momento che ho cominciato a pensare di utilizzare nuovamente Bushido in una storia. Anche se allora non lo dissi a nessuno – e sì che ero circondata di fangirl che magari avrebbero preferito lo facessi: così avrebbero potuto uccidermi lì ed il problema si sarebbe risolto XD
Qualche settimana dopo, da casa di mia zia (era il primo aprile, e la data non è casuale XD) vidi su un fansite sui TH una falsa news che parlava di come Bill, risvegliatosi dopo l’intervento, avesse deciso di dichiarare al mondo il proprio amore per Bushido, e di come i due avessero deciso di lasciare entrambi lo showbiz per trasferirsi alle Maldive e vivere in pace la loro nuova vita da sposini.
La mia reazione poteva essere una sola: prima tormentare tutte le fangirl spacciando il link ovunque per vantarmi di come la “mia coppia” fosse diventata canon XD e dopo scriverci su.
C’è da dire che qui sono pure cominciati i problemi, perché non appena ho cominciato a rivelare in giro il mio piano malefico le fangirl hanno cominciato sistematicamente ad odiarmi (soprattutto la mia neechan, che ha fatto di tutto per, alternativamente, impedirmi di scrivere questa storia o impedirmi di mettere le mani su qualsiasi cosa stessimo scrivendo insieme per evitare potessi far degenerare anche quelle XD).
È così, comunque, che la trama di questa storia comincia a prendere forma.
Per poi degenerare completamente.
Avevo tenuto conto di tutti i fattori: dell’innamoramento di Bill, di un Bushido credibile e lontano dagli eccessi cui il proprio ruolo nel business musicale lo obbliga (non per altro, è solo che ci sono degli elementi, nella storia di vita di Anis, che portano tranquillamente a credere lui sia molto diverso da come appare in video), di una sorta di bonaria collaborazione fra i vari membri della band per preservare la felicità che il frontman sta provando…
Avevo pure provato a tenere conto di Tom (nel senso che sapevo che il suo ruolo in questa storia sarebbe stato quello del fratello geloso), ma davvero, non immaginavo neanche lontanamente che poi la sua gelosia potesse sfociare in questo XD E “questo”, per inciso, non è un affetto di tipo incestuoso – almeno, non nella mia visione del Kaulitzest – ma di sicuro non è qualcosa di molto normale, ecco XD
Maneggiare Tom mi ha divertita tanto, ma in realtà non posso dire di essermi divertita meno con gli altri. Ho messo in atto una situazione totalmente inedita, cercando di rivedere le “solite” caratterizzazioni che di solito impongo a questi personaggi, senza stravolgerle (perché se le uso spesso un motivo ci sarà! XD) ma anche rinnovandole, e concedendomi anche qualche caduta melensa di tanto in tanto – e chi conosce la mia produzione sa che comunque non succede tanto spesso XD
Credo che, al di là del mero fangirling, siano questi i motivi per i quali questa storia mi piace tanto. Questi, ed anche il fatto che è comunque una fanfiction piuttosto comica, già a partire dal titolo: quella dello “spring, spring!” è una formula lollosa che io e la neechan usiamo spesso, parodiando la strafamosa Spring Nicht originale, e so che lei mi odierà per questo, perché aveva giurato che non avrebbe mai letto questa fanfiction, ma questo è esattamente il tipo di titolo che suppongo potrebbe farle cambiare idea XD
Comunque sia, spero che, cadute melense e momenti emoangst gratuiti a parte, questa fic piaccia anche a voi :)
In conclusione (e sarebbe pure ora), questa storia non può che essere dedicata a quattro persone: alla mia neechan, perché non la leggerà mai XD, a Meg, perché il mio Bushido le piace <3, a Yul, perché mi ha offerto appoggio incondizionato ed è una mia fangirl *_* ed a Sara, perché ha cominciato a odiarmi dal primo momento in cui le ho detto che l’avrei scritta, visto che sapeva pure che alla fine le sarebbe toccato leggerla X3
Ovviamente, un ringraziamento speciale va fatto alla splendida Misako, perché se l’è sorbita in anteprima e l’ha pure betata <3 E ci tengo a specificarle che, se questo ringraziamento non era ancora nel documento quando gliel’ho mandato, era perché non ero ancora sicura che le andasse davvero di betare una BushiBill XDDDD :*
Grazie per aver letto fin qui (se davvero l’avete fatto! XD) ed alla prossima <3
PS: La canzone che Bill cita quando dice “questa non è casa mia, è casa loro” è veramente una canzone degli Smiths XD E si intitola There Is A Light That Never Goes Out. Ovviamente è una delle cose più emo che esistano, ma è anche molto bella <3
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BITTE, SPRING, SPRING!

- …e quindi stiamo insieme.
Bill amava dare di sé l’idea di essere un tipo tremendamente egoista. Il classico carro armato che si prende le proprie soddisfazioni a tutti i costi, facendo valere la propria influenza sulle persone su cui ha una certa presa ed asfaltando senza riguardi tutti gli altri, pur di ottenere ciò che vuole.
In realtà, Bill aveva fatto propri con incredibile diligenza tutti gli insegnamenti che Jost gli aveva propinato da quando avevano cominciato a lavorare insieme.
Nello specifico, aveva trovato particolarmente gratificante – ed aveva perciò preso alla lettera ed imparato a memoria – il primo dei suoi personalissimi comandamenti: sei la colonna portante del gruppo. Ciò che farai si rifletterà inevitabilmente sulla reputazione della band. Perciò, qualsiasi cosa tu decida di fare, è alla band che devi renderne conto per prima.
Già. Mentre per Georg e Gustav non esistevano leggi – cosa che sembrava, per certi versi, gratificarli parecchio – e per Tom ne esisteva solo una ma orribile – niente al mondo ti salverà mai da chitarra e solfeggio almeno due volte a settimana – le leggi di Bill sembravano scritte apposta per nutrire il suo già spropositatamente pasciuto ego.
Per questo motivo, Bill non avrebbe mai imbastito una relazione con qualcuno senza prima darne notizia al gruppo.
Il caso di specie non faceva eccezione.
La notizia di quella che a tutti gli effetti era la prima “relazione seria” di Bill dai gloriosissimi tempi in cui era inequivocabilmente eterosessuale e sognava di sposare Linda e riempire la propria madre di nipoti, fu accolta nel loft di Amburgo con sgomento ed incredulità.
Com’era semplicemente ovvio accadesse.
- Bushido…? – articolò confusamente Tom, scrutando il proprio gemello con aria scioccata dal divano in cui era affondato quando lui, entrando in casa, aveva chiesto a tutti di sedersi – e ora gli sembrava di capire profondamente perché – dal momento che aveva da dare loro una grande notizia.
- Anis. – precisò Bill, aggrottando le sopracciglia, - È così che si chiama. Te lo ripeto da settimane.
- Ma è Bushido! – rimarcò Tom, con aria sempre più sconvolta, prendendo a gesticolare animatamente.
Bill sospirò come se avere a che fare con lui fosse la prova più straziante che gli fosse mai capitato di affrontare, e poi scosse lievemente il capo, voltandosi a guardare David, che rimaneva impassibile sul proprio sgabello, il portatile aperto ed acceso sulle ginocchia ed una sigaretta a pendere mollemente dalle labbra.
Il manager si prese il tempo di aspirare ed espirare il fumo un paio di volte, prima di dire qualcosa.
- Potrebbe essere tuo padre. – commentò quindi con un sorriso sarcastico.
- Ha solo trent’anni! – protestò Bill offeso, - Un padre piuttosto precoce, non credi?
Gustav ridacchiò a bassa voce, mentre nella mente di Tom le parole “solo”, “trent’anni” e “padre” assumevano consistenza fisica e si mettevano a palleggiare felici coi suoi neuroni.
- Be’. – riprese il manager, scrollando le spalle, - Sarete sicuramente la coppia più strana si sia vista dai tempi di Beyoncé e Jay-Z…
- Paragone più che azzeccato! – aggiunse Georg divertito, dando finalmente a Gustav la scusa per accasciarsi sul divano e ridere fin quasi a soffocarsi.
- …ma congratulazioni comunque. – concluse Jost, prima di accodarsi allegramente alle risate degli altri due.
Bill li fissò tutti e tre con malcelato disgusto, prima di scuotere teatralmente la setosa massa di capelli che gli scivolavano lungo le spalle e ritirarsi in camera propria.
Accucciato sul divano, con stampata addosso un’espressione di puro smarrimento che mal si intonava al clima ilare che pervadeva l’appartamento, Tom rimase immobile a scrutare il vuoto con aria assente, come fosse in trance ed anche bene intenzionato a restarci il più a lungo possibile.
- Dio mio, Bushido! – riprese David, asciugando una lacrima di divertimento puro dall’angolo di un occhio, - Niente male come prima storia pubblica! Prevedo grossi scossoni in casa!
- Io sono turbato! – ritorse Gustav, deciso a proseguire il gioco fin quando fosse stato possibile, - Conosciamo tutti quanto ambiguo sia il rapporto di Bill con suo fratello… non trovate quantomeno sospetto che sia andato a mettersi proprio con un rapper?!
- Per carità! – rispose David, ormai sul punto di rotolare giù dallo sgabello, stringendo fra le braccia il pc per impedirsi di lasciarlo rovinare a terra, - È il contrario, è Bill che fa presa solo su quel determinato tipo di persona! Bushido non è neanche il peggiore potesse capitargli, in realtà!
Georg si accasciò moribondo sul divano, rotolando contro Gustav e coinvolgendolo in una danza dell’ilarità che aveva dell’inquietante.
Tutto ciò che Tom riuscì a fare fu continuare a fissare il vuoto ed esalare uno sgomento “Ma è Bushido” che, oltre a rimarcare quanto aveva già fatto notare ad un fratello che, di fronte al suo shock, s’era rivelato del tutto insensibile, costrinse i suoi coinquilini a voltarsi verso di lui e prendere coscienza del fatto in quella catatonia risiedesse evidentemente un problema di una certa consistenza.
- Tom… - mugugnò David, riponendo il pc al sicuro sul tavolo, - provaci, almeno, a prenderla bene.
- Ma… è Bushido! – ripeté lui, ricominciando a gesticolare come un bambino di tre anni.
Georg roteò gli occhi.
- Eccolo che comincia…
- È Bushido! – rimarcò nuovamente Tom, - Bu-shi-do!
- Tooom… - riprese il manager, spegnendo il portatile, - Niente paranoie, su! Doveva pur succedere, prima o poi, che tuo fratello si mettesse con qualcuno!
- Ma Bushido non è qualcuno, è Bushido!
Evidentemente non c’era molto altro da dire. O da spiegare. David, Gustav e Georg emisero un sospiro simultaneo che tanto diceva su quanto fossero abituati a scene di simile follia, e poi il batterista commentò che era quasi certo il nome del rapper non fosse mai stato ripetuto tante volte come quel pomeriggio, e che quindi, probabilmente, al fianco di Anis al momento c’era il Kaulitz sbagliato.
Gustav decisamente non poteva capire. Lui non correva il rischio che, tipo, sua sorella andasse a mettersi con Axl Rose! Nessuno di loro poteva capire, perché in effetti nessuno di loro aveva una sorella in pericolo!
Tecnicamente, neanche lui, ma era una questione di insignificanti dettagli.
Si sollevò dal divano, mentre ancora Georg rantolava gli ultimi strascichi della risata che la precedente battuta di Gustav gli aveva indotto, e si diresse cautamente verso la camera di Bill.
- Lascia perdere… - lo ammonì Jost, inarcando le sopracciglia, - Non ne ricaverai niente di utile.
Tom non gli concesse risposta di alcun tipo e sparì lungo il corridoio.
Ristette più di un paio di secondi di fronte alla porta, prima di decidersi finalmente a bussare.
- Bill… - chiamò a bassa voce, scollando le lettere con manifesta difficoltà, - Posso entrare?
I passi di suo fratello si mossero veloci sul parquet, e poco dopo Tom si ritrovò di fronte il suo viso, mestamente sorridente.
- Certo che puoi entrare… - mormorò Bill, scostandosi dall’uscio per farlo passare e richiudendosi la porta alle spalle quando lui fu in camera, - Non ce l’ho con te, mi dà solo fastidio che l’abbiate presa per una barzelletta, perché proprio non lo è.
- Io… - deglutì faticosamente, - non l’ho presa per una barzelletta.
Oh, no. Non avrei proprio potuto prenderla più seriamente di così.
Bill si espresse in un sorriso minuscolo e poi lo invitò a sedersi sul letto, facendolo a propria volta.
- Avanti. – disse infine, strizzando maliziosamente le palpebre, - Chiedimelo.
Tom abbassò lo sguardo e boccheggiò confusamente per qualche secondo.
- …l’avete fatto…? – chiese infine, con aria dubbiosa.
Bill scoppiò a ridere divertito, dondolandosi giocosamente sul materasso.
- Non dovresti porre domande di cui non vuoi veramente sapere la risposta! – gli fece notare, e Tom non poté che annuire di fronte all’incontestabile veridicità di quell’assunto. – Fammi le domande giuste, Tomi. – sorrise suo fratello, sporgendosi lievemente verso di lui, - Quelle importanti.
Tom annuì ancora. Si sentiva incredibilmente stupido: a vagare per la testa, c’erano solo domande idiote. Da quanto tempo? Perché così in fretta? Perché proprio lui?
Perché non potevi restare per sempre il mio adorato fratellino perfetto in eterna attesa del vero amore? Quello che fa battere il cuore e piangere e ridere come mai prima? L’amore perfetto, il più importante di tutti?
In quel modo sarebbe stato più semplice. Uno più importante di me non sarebbe mai arrivato, e…

Scosse il capo, mentre Bill ridacchiava debolmente.
- Non essere vigliacco, Tomi. Prometto che la risposta non ti ucciderà.
Io al posto tuo non ne sarei così sicuro.
Sospirò profondamente e socchiuse gli occhi.
C’era solo da buttarsi.
Spring, spring, Tomi.
- Lo ami? – chiese tutto d’un fiato, anche se non era proprio sicuro di voler sapere la risposta.
Sul volto di Bill si aprì finalmente il primo sorriso davvero felice della giornata.
- Sì. – rispose tranquillamente, arrossendo pure un po’.
Tom digerì l’informazione ed annuì.
Superata questa…
Posso sopravvivere davvero a tutto.
- E lui ti ama? – continuò quindi.
- Dice di sì. – cinguettò Bill, stringendosi nelle spalle.
- E lo dimostra, anche?
Bill non rispose. E non ce ne fu neppure bisogno, perché il suo sorriso era già, da solo, abbastanza eloquente.
- Io proprio non capisco. – esalò infine Tom, scuotendo il capo e grattandosi la fronte, - Come cavolo fa a piacerti un tipo che ha detto in diretta nazionale che gli sarebbe piaciuto farsi fare un pompino da te?!
Bill ridacchiò a bassa voce.
- Anis è un tipo un po’ rude… - giustificò con aria sognante, - Non mi fa passare nessun capriccio, sai? Mi contesta apertamente quando crede che sbagli e non mi tratta come un moccioso cretino incapace di prendersi le proprie responsabilità. E poi non si fa scrupoli a prendermi in giro. A volte prende e mi chiama “bella figa”, per dire. Ammazzerei chiunque altro ci provasse, ma lui…
- Ti piace che ti maltratti, riassumendo? – cercò di chiarire Tom, interrompendolo con una smorfia schifata.
- Mi piace che si sia schietti e sinceri con me, Tom. – precisò Bill, guardandolo dritto negli occhi. Sorrideva ancora. – E questo dovresti saperlo anche tu.
Il biondo sospirò, abbassando lievemente le palpebre.
- Ok. – annuì alla fine, - La domanda è cretina ma devo fartela lo stesso: c’è qualcosa che io possa fare per cambiare questa situazione?
Bill rise divertito, gettando indietro il capo.
- Tomi… - lo richiamò appena, trascinando la risata.
- Sì, sì, ok. – lo fermò lui, agitando una mano, - Almeno non mi sfottere. È difficile, per me…
- Tom, avanti! – mugolò lui, abbattendosi contro una sua spalla e strusciandoglisi addosso come un gattino impaziente, - Non c’è proprio motivo di essere geloso! Eri e rimani mio fratello. – lo rassicurò, - Eri e rimani la persona più importante per me. – Tom sorrise ed annuì lievemente, lasciandogli un buffetto sulla guancia in risposta del quale Bill rise piano. – Ti vedo un po’ troppo scosso, però. – continuò il moro, dubbioso, - Forse è meglio se vai a farti una tisana, no? Vuoi che te la prepari io?
Tom scosse mestamente il capo, cercando di sorridere con più sicurezza.
- Magari vado a bere qualcosa con Georg. – rispose, - A te va di uscire?
Bill inclinò lateralmente il capo, con una smorfia pensosa.
- Penso che passerò la nottata al telefono. – confessò infine, lasciandosi andare disteso sul letto mentre Tom si alzava.
Il rasta ridacchiò a bassa voce, poggiando due dita sulla maniglia della porta.
- Povero Andreas! – ironizzò, lasciando la camera fra le risatine di Bill.
In corridoio, appoggiato in posa plastica alla porta della propria camera, antistante a quella di Bill, Georg – le braccia incrociate sul petto ed una coreografica cascata di liscissimi capelli castani a ricadere sul viso – sembrava stesse aspettando proprio lui e non avesse fatto altro da che era venuto al mondo.
- Georg! – lo richiamò Tom, simulando spavento con un saltello indietro, - Che, siamo finiti in un vecchio western? Ti mancano solo stivali e stellina da sceriffo…
Il bassista lo omaggiò con un ghigno di puro scherno e si separò dalla parete, andandogli incontro.
- Evita di fare il grand’uomo con me, signor “ma-è-Bushido”, che fino a poco fa stavo ridendo di te mentre davi di matto. – lo prese in giro, afferrandolo poi con un braccio attorno al collo e trascinandolo impietosamente verso un posto più sicuro in cui parlare.
La cucina, scelta appositamente in quanto uno dei pochissimi luoghi protetti da quattro mura in quella casa completamente priva di spazi chiusi, era effettivamente deserta. Due bottiglie di birra attendevano ansiose sul tavolo che loro le afferrassero, le stappassero e ci dessero dentro con le confessioni da Veri Uomini.
Anche se, in quel caso, le confessioni dei Veri Uomini sembravano più le lamentele di un fidanzatino tredicenne tradito.
Tom era sempre stato consapevole del fatto il suo rapporto con Bill in quel senso non fosse normale. Erano sempre stati troppo attaccati, troppo gelosi, troppo possessivi, sì, perfino troppo morbosi per potere anche solo pensare di vivere quanto li legava – che in fondo non era che un affetto puro al punto da fare paura – in modo sereno e rilassato.
Non s’erano neppure mai veramente innamorati di qualcuno, però.
Ed ecco che sorgeva il problema.
- Allora? Com’è andata?
A Georg non piaceva prestarsi a quel gioco di insistenze e domande infantili. Più che altro, era della parrocchia “esponi il problema e datti da fare per trovare una soluzione”. Indugiare sul dramma fine a se stesso lo infastidiva. Ma si piegava: in fondo, è questo quello che fai quando vuoi bene a una persona, no? Ti pieghi alle sue regole. Giochi per farla felice.
Avrebbe dovuto farlo anche lui con Bill. E farlo sul serio. Non dire “d’accordo” e poi rifugiarsi in una bottiglia di birra per esprimere tutto il proprio disappunto.
- Dice di amarlo. – borbottò guardando malinconicamente la superficie in fòrmica del tavolo.
Georg sghignazzò.
- Sarà vero. Lo conosci tuo fratello.
Tom annuì distrattamente, appoggiando il mento sul palmo della mano e lasciandosi poi andare con uno sbuffo contro il tavolo.
- Non so che fare. – ammise in un sospiro, socchiudendo gli occhi.
- Perché dovresti fare qualcosa? Non mi pare ci sia nessuna donzella in difficoltà… ed anche quando, tu in genere sei quello che le mette in pericolo, le donzelle, non quello che le salva.
Tom si concesse uno sbuffo ed una risatina divertita, e Georg si sollevò dalla sedia sorridendo vittorioso come faceva sempre quando aveva l’impressione di avere arginato un disastro che altrimenti si sarebbe dimostrato ingestibile. Circumnavigò il tavolo e in due passi gli fu accanto, schiacciandogli con forza una mano sulla spalla.
- Avanti. La mia parcella è una birra. Andiamo?
*
Passando attraverso il salotto e dirigendosi a passo spedito verso la porta, tintinnando neanche fosse stato un campanellino sotto vento a causa dell’incredibile quantità di orridi accessori argentati che indossava, Bill si premurò di informare il mondo – ovvero suo fratello, il suo manager ed i suoi due compagni di band – che stava uscendo con Anis.
Seguendo il proprio fratello con lo sguardo, tutto ciò che Tom riuscì a fare fu scattare in piedi e, sfoggiando un’aria talmente innocente da risultare perfino fastidiosa, chiedere se poteva uscire con loro.
Mentre Georg e Gustav scoppiavano prevedibilmente a ridere, David e Bill si voltarono a guardarlo, sollevando un sopracciglio e sfoggiando peraltro incredibile simultaneità.
Fu il manager a parlare per primo, incrociando le braccia sul petto e sbuffando pesantemente.
- Cos’è, Tom? – si informò acido, - Stai passando al contrattacco?
Tom lo investì con un’altra occhiata carica di studiatissima innocenza, e scrollò le spalle.
- Conoscendo il tipo, mi pare il minimo preoccuparmi per Bill. – rispose con noncuranza.
- Bill starà benissimo. – lo apostrofò duramente suo fratello, arricciando le labbra in una smorfia infastidita, - E starà ancora meglio quando Tomi la smetterà di preoccuparsi.
- Non cominciate a parlare in terza persona, è straniante. – li fermò David, frapponendo simbolicamente le mani lungo l’immaginaria scia di elettricità purissima che collegava i loro occhi, - Tom, lascia andare tuo fratello. E, per inciso, Bill: il fatto io non stia osteggiando la relazione fra te e Bushido-
- Si chiama Anis. – lo interruppe acido il moro, - Ed io ho diciott’anni! Non potresti comunque osteggiare un bel niente!
- Oh! Punti di vista. – scoccò Jost con un sorrisino spaventoso, - Dicevo, il fatto io ti permetta di uscire con Bushido – rincarò, - non deve farti pensare di poter andare impunemente in giro come non fossi tu. Cercate di essere discreti.
Bill scrollò le spalle e, con un ultimo sbuffo da diva insoddisfatta, si trascinò all’esterno dell’appartamento, premurandosi anche di sbattere ogni sfortunata porta incontrasse lungo il proprio cammino.
- Non eravamo d’accordo che non avresti fatto niente per salvare la damigella in pericolo? – scollò laconico Georg, grattandosi la pancia dal divano sul quale era sprofondato, senza staccare gli occhi dal video di LaFee che passava su Viva.
- Non eravamo d’accordo affatto. – grugnì Tom, dirigendosi speditamente verso la propria camera, - È una delle situazioni più del cazzo che abbia mai vissuto.
David lanciò un’occhiata eloquente a Georg, che rispose con un terrorizzato “Ah, no! Io ho già dato ieri!”. La stessa cosa fece con Gustav, il quale neanche lo degnò di una risposta verbale: si limitò a sollevare un sopracciglio in seguito al quale David non poté che sollevare entrambe le mani e mugolare “Ok, ok, ho capito!”, riponendo le armi.
- Pare che dovremo semplicemente aspettare che gli passi. – rifletté a bassa voce. – Perché ho come la vaga impressione che non sarà così semplice?
Georg e Gustav si lanciarono uno sguardo complice ed ugualmente rassegnato, di fronte al quale David eruppe in un sospiro di resa che sarebbe suonato deprimente pure se la situazione non fosse stata tragica come in effetti era.
Tom uscì dalla propria camera, vestito di tutto punto, non più di due minuti dopo.
- Io esco. – annunciò bellicoso, e non aggiunse altro.
Quando fu andato via, David impiegò più di un paio di minuti della propria esistenza semplicemente a rimirare il vuoto, come se questo riponesse nelle pieghe del proprio silenzio il segreto per risolvere tutti i guai che Bill aveva portato con sé riscoprendosi capace d’amare qualcos’altro oltre alla propria messa in piega per la prima volta dopo eoni.
- Contare sul vostro appoggio sarebbe ridicolo, vero? – mugolò infine alla volta del proprio batterista e del proprio bassista, i quali, nel frattempo, avevano approfittato del suo momento di silenzio per darsi ad un’entusiasmante partita di Mario Kart.
I due scoccarono un laconico no simultaneo e tornarono a perdersi nelle sbuffanti nuvolette bianche che uscivano dagli improponibili veicoli dei protagonisti del videogioco, senza più calcolarlo. David sospirò ancora, si alzò in piedi, afferrò una giacca a caso e si preparò a salvare la reputazione di Tom da un disastro pubblico.
*
Più che altro, gli sembrava strano non essere ancora stato riconosciuto.
Insomma: quel posto era ben frequentato. C’erano perfino un paio di ragazze, giovani “promesse” della Universal, con le quali avrebbe potuto giurare d’essere stato a letto – più o meno: in genere non è che ricordasse proprio i lineamenti, già dopo qualche minuto, ecco.
Tutta l’attenzione del locale, comunque, sembrava essersi focalizzata sul piccolo e relativamente appartato tavolinetto al quale avevano preso posto suo fratello e Bushido non appena erano arrivati – dopo di lui. Nonostante fossero partiti prima. Ignorare l’irrazionale rabbia gelosa che da questa consapevolezza derivava sembrava a dir poco impossibile.
D’altronde, non è che potesse proprio lamentarsi del fatto nessuno lo calcolasse: anche la sua, di attenzione, era puntata su quel tavolinetto. Anche se non per la stessa curiosità morbosa che pervadeva gli altri avventori del locale.
…be’, forse un po’ sì.
Ma era preoccupato! Ecco. Era solo preoccupato!
Una cameriera bionda gli si avvicinò e gli chiese con fare amichevole se fosse pronto per ordinare, domanda alla quale lui rispose con sincerità, se non altro perché la sua testa era talmente impegnata a registrare ogni singola azione di Bill e Bushido che non aveva proprio altri neuroni liberi da utilizzare nell’ideazione di una menzogna. E perciò: no, non sono pronto. E in realtà non voglio niente, sono qui solo perché ero preoccupato per mio fratello.
La ragazza lo squadrò come fosse stato un alieno. Lui non vide i suoi occhi, ma se li sentì scorrere addosso, così stupiti e perplessi com’erano. La cosa lo infastidì, ma be’, supponeva potesse essere una reazione normale.
- Ci porti due birre, per favore. – ordinò quindi la lamentosa voce di Jost, che Tom non stentò a riconoscere malgrado non riuscisse a staccare gli occhi dall’idillico quadretto amoroso del tavolino nell’angolo.
- Sì, signor Jost. – rispose la ragazza, con aria sommessa, dileguandosi in un secondo.
David si lasciò cadere pesantemente sulla sedia di fronte alla sua e si passò una mano sugli occhi.
- Portarlo nel locale che frequentiamo di solito, che mossa geniale! – scollò con palese fastidio, - Non sono ancora riuscito a capire se tuo fratello stia cercando di scaraventarci di peso sull’Olimpo del gossip o se stia semplicemente provando a gettarci tutti in una fossa dalla quale sarebbe troppa fatica anche solo provare ad uscire.
- Mh. – borbottò lui.
- Ovviamente, non hai sentito una parola. – notificò piatto David, inarcando le sopracciglia.
- Mh. – ripeté lui atono.
La cameriera tornò indietro, posando due boccali di birra nel centro del tavolo, e poi scomparve così com’era riapparsa, lasciandoli nuovamente da soli.
- Tom… - lo chiamò David, vagamente infastidito. – Tom, Cristo santo! – sbottò quindi, visto che lui continuava ad ignorarlo, afferrandolo per una spalla e costringendolo fisicamente a notarlo, - Non stanno facendo un cazzo! – lo informò sbigottito, - Vuoi piantarla di guardarli e starmi a sentire? Ti sei almeno accorto che sono arrivato?!
- Ma sì… - mugugnò Tom, attaccandosi alla propria bottiglia con aria offesa, - Certo che me ne sono accorto… solo che Bushido stava-
- Cosa? – chiese acido David, - Stava porgendo a tuo fratello la ciotola dei salatini? No, perché questa è l’unica cosa che gli ho visto fare da quando sono qui, e decisamente non è qualcosa che possa mettere Bill in pericolo di vita. A meno che tuo fratello non sia così idiota da strozzarsi con un’arachide, cosa della quale in effetti mi preoccuperei anche io, se solo non fossi così dannatamente infastidito da-… Tom, hai di nuovo smesso di ascoltarmi?!
Il rasta si limitò a roteare gli occhi, staccandoli nuovamente da Bill e Bushido e decidendo di voltarsi radicalmente dall’altro lato, dando la schiena ai due e tornando a concentrarsi solo sulla birra.
- Parli troppo. – fece quindi notare al proprio manager, - Non ho bisogno che tu mi dica tutte queste cose. Lo so perfettamente anche io che quello che sto facendo è assurdo.
- Ed allora, Dio mio, vuoi spiegarmi per quale accidenti di motivo lo stai facendo?! – si lamentò David, esasperato, - Passi pure il fatto che lo pedini quando esce di casa, ma dire alla cameriera quelle cose… che poi, col cazzo: in realtà, il fatto che pedini tuo fratello non passa affatto. – rifletté, aggrottando le sopracciglia, - Perché diavolo lo pedini?!
- Ma che vuoi che ne sappia… - borbottò Tom annoiato, scuotendo il capo.
- Oh, no. – lo fermò David, deciso, - Con me non funziona quest’atteggiamento. Non sei più un dodicenne.
- E questo significa che non posso più fare cose irrazionali? No, perché se stai dicendo questo, ti assicuro che il mio cervello non è d’accordo. – rimbrottò acido il ragazzo.
- Infatti non stavo dicendo questo. – sospirò rassegnato David, - Puoi pure comportarti in maniera irrazionale quanto vuoi, caro mio, ma a diciott’anni nessuno può salvarti dalla responsabilità delle tue azioni. Tutto qua.
Tom rispose con uno sbuffo infantile, poggiando il mento sul palmo della mano.
- Che vuoi che ti dica? – sbottò, - Posso dirti una qualunque cosa ti faccia stare tranquillo, tanto non cambia la realtà dei fatti. – lo sferzò con un’occhiataccia impietosa, mordendosi un labbro. – Vuoi che ti dica che non sono geloso? Che approvo questa relazione? Che non m’interessa ciò che Bill fa e può andare con chi vuole? Scegli tu. Io ripeto.
David lo fissò sbigottito, restando per qualche secondo con le labbra dischiuse, senza sapere che dire. Tom occupò quei momenti continuando a sorseggiare la birra, forzandosi violentemente a non voltarsi e tornare a guardare suo fratello che flirtava col suo uomo come se la cosa non dovesse avere conseguenze enormi sulla propria sanità mentale.
- Tom, parliamone seriamente. – cominciò David, conciliante, intrecciando le dita sul tavolo con aria professionale, - Quanto ti ha turbato questa cosa?
- Un casino, mi sembra ovvio! – strepitò Tom, posando un po’ troppo rumorosamente la bottiglia, - Altrimenti non starei qui a spiarli, ti pare?
- Perché ti rifiuti ostinatamente di capire ciò che ti dico? – mugolò disperatamente David, - Sto cercando di capire se davvero non ti aspettavi che succedesse.
Il ragazzo lo guardò dall’alto in basso, dubbioso.
- Non ne avevo idea, altro che “non aspettarselo”.
David raddrizzò le spalle, lasciandosi ricadere le mani, ancora intrecciate, in grembo.
- Secondo te com’è che Georg e Gustav l’hanno presa con tanta ironia? – chiese, adesso sinceramente stupito, - E com’è che io non ho afferrato tuo fratello per le spalle per inchiodarlo al muro e punirlo corporalmente per il guaio in cui si stava cacciando?
- Che ne so?! – quasi strillò Tom, improvvisamente più agitato di quanto già non fosse, - Perché siete di mentalità molto aperta?!
- …perché, Tom… - spiegò il manager, visibilmente confuso, - Bill e Bushido si frequentano da mesi, e tuo fratello non ha fatto che parlarne con aria adorante da quando lo conosce…
- Appunto! E questo mi ha dato già abbastanza fastidio da permettermi di… David? Perché mi guardi così?
- Tu sei ridicolo. – asserì l’uomo, incrociando le braccia sul petto, - Non so a che gioco stai giocando, ma non me la fai. Oh, no. Stai cercando di dirmi che tutto il preavviso che tuo fratello ti ha dato non è stato comunque sufficiente per elaborare questo lutto?!
- Bill non mi ha dato nessun preavviso! – corresse lui, stringendo convulsamente fra le dita il collo della bottiglia, - Preavvisarmi sarebbe stato dirmi quando l’ha conosciuto che pensava fra di loro potesse succedere qualcosa! Così io avrei preso le dovute precauzioni e-
- E cosa? L’avresti chiuso in casa? L’avresti costretto a farsi suora? O avresti cominciato a pedinarlo fin dal primo giorno?
- Non lo so, cazzo! – grugnì Tom fra i denti, battendo un pugno sul tavolo, - Non lo so.
- Probabilmente sì, mi avresti seguito fin dal primo giorno. Apposta per mettermi in imbarazzo, suppongo.
Tom sollevò lo sguardo. Bill si stagliava, in tutta la sua altezza, contro le luci al neon azzurrognole che venavano le pareti del locale. La scenografia gli dava un’aria spaventosa, quasi da fantasma vendicatore. I suoi occhi brillanti di rabbia e le gote arrossate di vergogna non lenivano in alcun modo quell’aspetto terrificante.
- Bill, ascolta… - cercò di rabbonirlo David, sollevandosi in piedi ed andandogli incontro, mentre Bushido, dal tavolino poco distante, osservava il tutto con una mano sulla fronte ed un’espressione incredibilmente preoccupata a deformare i tratti del viso.
- Portatelo via, David. – sibilò il moro, irritato, - Forse dovresti crocifiggere lui al muro. – scoccò seccamente, lanciandogli un’occhiata che avrebbe fatto sentire colpevole pure un santo.
- S… - balbettò il manager, - Ehi, adesso calmati…
Bill, però, già non lo ascoltava più. Gli aveva dato le spalle e si stava dirigendo verso il proprio tavolo con noncuranza.
- Cazzo. – mugugnò David, afferrando Tom per un braccio dopo aver frettolosamente lasciato una banconota da dieci sul tavolo, - Avanti, muoviti! – lo incitò brutalmente, trascinandolo verso l’uscita, - Non posso neanche dargli torto, stavolta! Bel casino hai combinato! Sarà un miracolo se su Bravo finiranno loro col loro idillio e non noi con le nostre cazzate!
Tom si lasciò trascinare senza opporre neanche un minimo di resistenza.
- Non volevo… - borbottò a mezza voce, fissando la strada buia mentre il vento gelido dell’Amburgo invernale gli sferzava il viso, ghiacciandolo, - Davvero…
- Certo, certo. – sbottò David con una smorfia, - Raccontalo ad uno che non ti ha sentito vaneggiare per le ultime due… che dico, ventiquattro ore, Tom!
Il rasta non aggiunse neanche una parola. Se non altro perché, in effetti, quelle scuse improvvisate così, propinate a David perché non avrebbe mai davvero avuto il coraggio di rivolgerle a Bill, sembravano false pure a lui che le aveva partorite – e che, diavolo, le pensava davvero, in un certo senso.
Continuò a farsi trascinare. Fino in macchina, fino in casa, fino in camera.
Alle tre del mattino, rinunciando del tutto al proposito di dormire, con Bill ancora disperso da qualche parte con Bushido e quell’orrendo miscuglio di gelosia, preoccupazione e senso di colpa a gravargli sul petto, fu lui stesso a trascinarsi fino al divano del soggiorno, sul quale si lasciò cadere di colpo, pesantemente, e dal quale prese a fissare la parete vuota di fronte a sé, quasi senza neanche battere ciglio.
*
Il campanello squillò alle quattro.
Tom lo benedisse.
E poi scattò in piedi, perché se avesse aspettato che squillasse ancora, probabilmente, avrebbe pure lasciato che si svegliassero tutti. E sentirsi addosso pure gli sguardi colmi di disapprovazione di Georg, Gustav e David, oltre quello che sicuramente avrebbe imbrattato gli occhi di suo fratello, non era affatto una prospettiva piacevole da affrontare.
Quando aprì la porta, però, si accorse che suo fratello non lo stava disapprovando affatto.
In effetti, totalmente ubriaco com’era, suo fratello doveva essersi a malapena accorto di lui.
- Bill… - bisbigliò incerto, mentre lo osservava rotolare mugugnante addosso a Bushido, che lo tratteneva sicuro con un braccio sotto le spalle e l’altro attorno alla vita.
Già. Perché suo fratello non era neanche solo.
- Ehi. – ridacchiò divertito Bushido, - Te lo sei perso per strada.
No, è lui che ha perso me.
O forse hai ragione tu ed io sono solo un enorme cretino.

- …grazie per averlo riportato… - esalò, rendendosi conto da solo di quanto suonasse ridicolo da dire, e ringraziando anche interiormente per la sbronza di suo fratello, che, almeno, gli avrebbe impedito di ricordare che stavano parlando di lui come fosse stato un cucciolo smarrito.
- Nnhooo… - borbottò Bill, nascondendo il viso sul collo dell’uomo che lo reggeva, - Ti ho detto che volevo andare a casa tua… questa non è casa mia, è casa loro
Bushido roteò gli occhi, cercando di rimetterlo in piedi, visto che, mentre parlava, aveva pure preso a scivolare inesorabilmente verso il pavimento.
- Scusalo. – disse a Tom, - Non è stato attento a quello che mandava giù. È veramente una fogna, quando ci si mette. – borbottò, - E, ovviamente, - aggiunse, con una nota di esasperazione nella voce che a Tom suonò incredibilmente familiare, - in macchina ha preteso di ascoltare gli Smiths. Senza offesa, eh, ma tuo fratello ha dei gusti musicali veramente di merda.
- …già… - deglutì lui con difficoltà, - glielo… glielo dico sempre anch’io…
Bushido rise apertamente e poi gli consegnò suo fratello fra le braccia.
Prevedibilmente, Bill già dormiva.
- Grazie… - ripeté Tom, abbassando lo sguardo su di lui. Aveva i capelli arruffati, russava e gli stava rotolando un rivolino di saliva giù per il mento.
- Piantala di ringraziare. – scrollò le spalle Bushido, - Non potevo mica portarmelo a casa in queste condizioni, dai. Lo affido a te, so che è in buone mani. Salutamelo, quando si sveglia. – concluse con un sorriso conciliante, prima di sollevare una mano in segno di saluto e ripartire alla volta delle scale quasi di corsa.
*
- Tomi…
Quando Bill mugugnò il suo nome, alle prime luci dell’alba del giorno successivo, Tom aveva appena cominciato a prendere sonno. Non gli ci volle molto per riscuotersi e sollevare il capo dal cuscino sul quale l’aveva posato, piantando un gomito nel materasso e poggiando il mento sulla mano, per osservare suo fratello dall’alto.
- Mio Dio, sto una merda… - si lamentò il moro, disincastrando con difficoltà un braccio dalle lenzuola e portandoselo sulla fronte, dove lo lasciò ricadere a coprire gli occhi, miagolando sofferenza, - Ma che diavolo è successo…?
- Ti sei ubriacato, ieri… - lo informò lui, deglutendo a fatica, - Perché…
- Sì. – lo fermò Bill, annuendo lentamente senza poter fermare una smorfia di dolore a increspargli le labbra, - Ok, ho ricordato. Cristo, ho un mal di testa atroce…
- Vuoi che vada a prenderti un bicchiere d’acqua?
Bill sollevò la mano dagli occhi, lanciandogli uno sguardo dubbioso.
- Lascia perdere… - borbottò alla fine, voltandosi su un fianco ed arrotolandoglisi addosso, - Tomi, perché ti sei comportato in quel modo, ieri?
Tom si mordicchiò un labbro, scivolando lentamente con un dito lungo il profilo pallido ed ossuto del viso e del collo di suo fratello.
- Sei un po’ caldo… - sussurrò, guardando altrove.
- Non cambiare argomento… - lo rimproverò Bill, afferrandogli un fianco fra le dita e minacciando di pizzicarlo a morte. – Rispondi. Non capisco proprio come tu possa essere così vigliacco, avendo un fratello coraggioso come me.
- Che vuoi che ti dica? – rimuginò Tom, scrollando le spalle, - Devi esserti preso tu tutti i geni buoni.
- Il coraggio non è genetico, cretino. – ritorse lui, pizzicandolo davvero, anche se molto più leggermente di quanto la sua minaccia non avesse lasciato intendere, - Vuoi rispondere o no?
Tom si lasciò andare ad un sospiro rassegnato, sbuffando un mezzo sorriso.
- Ero preoccupato per te. – concesse brevemente.
- Ah-ha. Guarda che qui ci sono solo io, eh. Puoi parlare liberamente. – lo rassicurò Bill, ridacchiando piano.
- Forse è proprio a te che non voglio dirlo. Non ci hai pensato? – scoccò, stringendo la presa sulla sua guancia ed evitando il suo sguardo.
Bill si separò lievemente da lui, inarcando le sopracciglia.
- Mi stai facendo un male cane, Tom.
- Oh. – si riscosse lui, lasciandogli il viso, - Scusa.
- Non quello. – rispose suo fratello, afferrandogli la mano con la propria e riportandosela sulla guancia, - Parlami.
Parlargli. Come se quello che aveva da dire fosse così semplice da sputare fuori. Come se quello che aveva da dire fosse giusto, tanto per cominciare. Come se avesse davvero qualche diritto di sentirsi così…
…preoccupato triste solo ansioso e tutto il resto…
- Ho paura che mi mancherai. – sussurrò, abbandonandosi contro di lui, nascondendo il viso sul suo collo, - Anzi, in realtà ho solo paura di perderti del tutto. Perché, per mancarmi, mi manchi già.
Bill sbuffò una risatina intenerita, stringendolo forte per le spalle.
- Guarda che io sono qui e non intendo muovermi.
- Certo, per ora. – sibilò lui, affondando il capo più in profondità, spingendosi contro la sua pelle, - Ma pensa se questa storia con Bushido dovesse andare avanti. Magari fra qualche mese davvero sentirai casa sua come se fosse più casa tua di questa, e vorrai andartene. – sospirò, scuotendo lentamente il capo come a farsi più spazio fra la sua spalla e il suo mento. – Che poi il problema non è neanche davvero Bushido. Probabilmente non sarà lui, ma prima o poi andrai via davvero. Con lui o con qualcun altro.
- Tomi…
- Io no. – lo interruppe ansioso, tornando a sollevare lo sguardo su di lui, - Io non andrò mai via con nessuno. Tu lo sai questo. È come se avessi addosso… uno di quei dannati collari con il guinzaglio che si allunga. Mi allontano, mi allontano, faccio pure il giro del quartiere, se voglio, ma è qui che torno. Sempre. Perché sei tu che lo reggi, quel guinzaglio. – si fermò un secondo, cercando di decifrare una risposta nei suoi occhi confusi e ancora lievemente velati di sonno. – Capisci cosa sto cercando di dirti?
- …a grandi linee. – rispose Bill, passandogli dolcemente una mano fra i capelli. – Però, sinceramente, al momento quello ubriaco sembri tu.
Tom sospirò profondamente, lasciandosi andare di nuovo contro di lui.
- Lo sapevo. Non hai capito.
- Ehi… - sussurrò suo fratello, sollevandogli lievemente il mento con due dita, - Guarda che ho capito. Davvero.
- Sì, certo… - si limitò a biascicare lui, scuotendo piano il capo e sospirando ancora. – Sono stanco. Ti spiace se dormo un po’?
Bill tornò a distendersi sul materasso, facendogli posto, e Tom gli si arricciò addosso esattamente come aveva fatto lui stesso pochi minuti prima.
- Tomi… - lo richiamò poco dopo, accarezzandogli lentamente una spalla, - Sai che io mi sento così ogni volta?
Lui sollevò lo sguardo, incontrando quello vagamente triste di suo fratello.
- Come?
- Ogni sera che incontri qualcuno, prendi e te ne vai… - spiegò Bill, stringendosi imbarazzato nelle spalle, - Io penso che potrebbe essere quel momento. Che “lei” potrebbe essere la ragazza giusta, che tu possa innamorarti e andartene. Davvero, lo penso ogni volta.
- Ma che stai dicendo…? – ritorse Tom, con una smorfia, - Sai che questo è impossibile, io non mi innamoro mai.
- Tu… - sbuffò lui, contrariato, - ti ostini a parlare sempre come se potessi prevedere il futuro, quando in realtà non puoi farlo! Guarda me: avevo tutto un programma, la ragazza dei sogni, quella che mi avrebbe amato per com’ero e non per ciò che mostravo in pubblico, una ragazza dolce e carina con la quale potessi condividere tutto, con cui potessi giocare a Monopoli fino allo sfinimento ogni notte, e mi sono ritrovato con… con Bushido! A lui il Monopoli neanche piace! – borbottò, gesticolando convulsamente, mentre Tom ridacchiava divertito. – Del piano originale è rimasto solo l’amore. – aggiunse poi, teneramente. – Tu non hai neanche idea delle migliaia di forme sotto le quali l’amore ti si può presentare. Una mattina ti sveglierai e ce l’avrai accanto. E magari non sarà neanche una di quelle bombe supersexy che ti ostini ad immaginare tu. – lo redarguì, con un cipiglio serio piuttosto comico, - Magari sarà Georg, chessò! – sbottò, ridacchiando a propria volta, - O comunque l’ultima persona che ti saresti aspettato, ecco.
Tom rise più apertamente, arruffandogli dolcemente i capelli.
- Con questo vuoi dire che…?
- Che non sei il solo ad avere paura. – rispose Bill, sorridendo lievemente, - Tom, noi siamo nati insieme, abbiamo sempre vissuto insieme, e quando penso alla nostra morte, lo sai, penso che anche in quel momento saremo insieme, come sempre. Tu sei in assoluto la persona più importante, per me. Senza di te, io non avrei senso.
Il rasta sorrise, chinandosi su di lui e lasciandogli un lieve bacio sulla fronte.
- Questo non cambierà mai. – continuò Bill, stringendoglisi addosso, - Perciò, io potrò pure vivere in un’altra casa, amare altre persone ed avere dei figli o chessò io, ma noi non ci lasceremo mai.
Nel sospiro stremato che Tom gli rilasciò sulla pelle, accompagnato da un sorriso sereno e disteso che era il primo degli ultimi due giorni, sembrò svanire tutta la tensione e l’angoscia delle ultime ore. Svanire davvero: come non fosse mai esistita.
- Certo che è buffo. – borbottò il biondo, accomodandosi meglio sul materasso ed accogliendo Bill sul proprio petto.
- Cosa? – rise l’altro, sistemandoglisi addosso, - Che sia bastato così poco per tranquillizzarti?
- No. – ritorse lui, ridacchiando ironico, - Che tu abbia parlato di figli. Sto cercando di immaginare alternativamente te e Bushido incinti, ma è uno spettacolo disgustoso! – rispose, ridendo sguaiatamente.
Bill lo fissò, orripilato.
- Ma tu fai veramente schifo! – strillò, salendogli a cavalcioni e cercando di soffocarlo con un cuscino.
- Probabilmente, comunque… - sospirò Tom fra le risate, liberandosi del cuscino e trattenendo Bill per i polsi, - sarebbe un buon padre. – concluse, sorridendo serenamente.
Bill sorrise di rimando, scendendogli di dosso ed adagiandosi nuovamente fra le coperte.
- Tomi? – lo chiamò poco dopo, incerto.
- Sì? – lo incitò a continuare lui, recuperando il lenzuolo e coprendo entrambi.
- Questo significa che domani posso invitarlo a cena? – chiese a mezza voce, dubbioso.
Tom si prese un secondo per riflettere.
- Adesso non esageriamo. – borbottò alla fine, scuotendo il capo con decisione. – Buonanotte.
- Ma sono le-
- Buonanotte, Bill.
- Uffa. Sei sempre il solito codardo guastafeste. – sbuffò il moro, incrociando le braccia sul petto prima di scalciare come un puledro imbizzarrito e voltarsi su un fianco, rubandogli tutta la coperta.
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