Fandom: Originali
Genere: Erotico
Rating: NC-17
AVVISI: Femslash, PWP.
- Sotto l'effetto di un allucinogeno e di una bella nevicata notturna.
Commento dell'autrice: Uhm… credo sia in assoluto la cosa più spinta che abbia mai scritto XD Yuri, perché così era più figa è.é Sono decisamente soddisfatta. Credo di non avere mai scritto in questo modo. Sperimentazione è___é! Assolutamente allucinata e senza un senso, non cercate di trovarlo perché non c’è °_° Oddio, un’altra PWP? XD Ma no, la storia c’è è.é E’ il perché che manca XD E, sinceramente, non lo rimpiango è.é
Note: Ho scritto questa storia appositamente per un concorso del forum dell'EFP ^_^ L'ho vinto ^____^
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Bianco Fantasma


Chissà com’è baciare labbra inesistenti?

Mi sveglio, con questa domanda a rotazione nella testa, da un sogno confuso ed indefinito che mi fa male al cervello. La macchinina dei miei pensieri pulsa e pulsa con terribile impeto.
Mi alzo dal letto e quasi corro verso il bagno, afferrando un pacchettino blu dal primo cassetto del mobile ad angolo e tirandone fuori una di quelle pilloline bianche adorabilmente dolci che mi hanno salvato più volte dai miei attacchi d’emicrania.
L’emicrania a vent’anni. Schifo di donna, sono un rottame.
Mando giù un bicchiere d’acqua, direttamente dal rubinetto, non per la pillola, neanche perché ho sete, ma perché l’acqua fresca lenisce sempre il dolore, quando bevo abbastanza lentamente. Chiudo gli occhi, sorseggiando piano per prolungare il sollievo fino a quando la moment non avrà fatto effetto.
Dopo poco, però, comincio a sentire lo stomaco gonfiarsi, ed è una sensazione che detesto, perciò stacco le labbra dalla superficie di vetro liscio del mio bicchierino personale e, dopo aver gettato il liquido che ancora contiene, lo ripongo accanto al rubinetto, sul lavandino.
Noto che mi sono bagnata la magliettina con dell’acqua sfuggita inavvertitamente alle mie labbra, e la sfilo con agilità, ormai senza sonno. La finestra del corridoio dev’essere aperta, perché l’aria che mi cammina attorno per uscire da quella del bagno, alle mie spalle, è fresca e simile a venticello primaverile.
Fai un po’ di corrente con due aperture in due stanze diverse ed ecco che nasce un sistema di autoventilazione. Chi ha bisogno del condizionatore?
Anche perché, io di certo non me lo posso permettere.
Torno nella mia stanza, sul mio letto. Si muore di caldo, in questa stagione. Sono tutta sudata, ed ho fatto appena quattro passi. Il calore del letto è tale da sembrare artificiale.

Ok, facciamo mente locale.
Cosa cazzo ho sognato?
Forse era una persona.
Forse era vestita di bianco.
Forse aveva i capelli platinati – io odio i capelli platinati.
…magari era un albino. Avrei dovuto fare caso ai suoi occhi.
…questo sempre se fossi stata sicura fosse una persona.
Magari era solo un lenzuolo.
Fresco di bucato, perché di una purezza abbagliante.
Da pubblicità.

Non ho risolto molto, temo. Continuo ad essere indecisa fra la figura umana ed il tessuto, sono due estremi troppo distanti perché possa essere le due cose messe assieme, giustificando così la mia confusione.
Ecco, sì, sono confusa. Forse, però, è solo colpa di quella cazzo di pillola che mi ha dato Fabiana in discoteca. Mah, non riesco a ricordare molto. Però quel momento lo ricordo ben distinto, ci sono io in un angolino, lei che mi avvicina e mi fa “sei depressa?”, io che dico “no, mi annoio e basta”, lei che replica “oh, tieni questa”, io che domando “che è?”, lei che risponde “me l’ha data Toti, tranquilla”.
Ah, bè. Allora, se te l’ha data Toti.
…stracazzo, io questo neanche lo conosco! Il fatto che lo conosca tu per me non è un’assicurazione!
Ma siccome sono cogliona, va bè, la prendo.
Poi boh. L’ultima canzone che ho sentito è stata “Rhythm is a dancer”, che onestamente mi fa davvero impazzire, e credo di non essere arrivata a sentirla tutta. Questo spiegherebbe il terribile malumore da cui sono presa.

…oh, ma che ha sta stanza, perché luccica? Ah, sì. La luna. Cazzo, però, forte sta luna stasera. Nah, dev’esserci qualcosa che la riflette e la fa entrare qui dentro tanto chiaramente – c’è la finestra aperta pure qui, ma non passa venticello… mah – sennò non si spiega.
Mh, ho sonno.
Mi distendo sul letto, sprimacciando il cuscino. Cambio posizione un paio di volte.
Riapro gli occhi e vedo. Di nuovo quella strana roba del mio sogno.
Ok, adesso mi concentro e la riconosco. Non è che un sogno può continuare a prendermi per il culo come preferisce, e che palle.
Dunque, è una persona. Ed anche un lenzuolo. Nel senso che è una donna avvolta in una specie di tela lunghissima tutta drappeggiata intorno a lei. La regge con una mano proprio sopra il seno, credo che se la lasciasse cadrebbe.
La signorina ha un che di puro ed incontaminato, forse è tutto questo bianco assurdo che la rende così. È vero che ha i capelli platinati, incredibile. Sembrano perfino naturali. Ma una con degli occhi così scuri non può essere albina, quindi non saprei.
Mi alzo dal letto e mi avvicino. È appollaiata proprio sulla finestra. Ah, adesso vedo bene i suoi occhi, sono di un bel blu profondo, come il cielo un attimo prima che il sole svanisca. Figata. Li voglio anche io così. Domani vado a cercare le lentine, chissà se hanno questo colore.
Sorride amabilmente, come se fosse normale introdursi nelle case altrui a quest’ora della notte.
- Chi sei? – le chiedo con voce un po’ impastata.
Lei non risponde, si sistema meglio sul davanzale, tirando su il drappo sulle gambe, per coprirle.
Ha una pelle luminosissima. Sembra cristallo.
È anche un po’ trasparente.
Cazzo, un fantasma!
- Di chi sei il fantasma?
Niente, non risponde.
Oh, dev’essere sicuramente morta qui.
- Magari tu e il tuo ragazzo stavate in questa stanza, e tu eri tutta avvolta nel lenzuolo, e stavi sul letto, ma dev’essere successo qualcosa, e adesso sei morta. Sei caduta dalla finestra?
Nega lentamente, in uno scuotersi di capelli morbidi.
È la prima volta che pare darmi retta, in un certo qual modo.
- Ed allora che ti è successo? Com’è che sei morta?
Ridacchia, coprendosi la bocca con il dorso di una manina.
Sembra una fata. Mancano solo le ali. Sono bianche perfino le sue labbra.
Chissà com’è…
Ah, ecco.
Ho ricordato.
Sì. Ero a questo punto del sogno, quando mi sono risvegliata. Ma adesso non sembro intenzionata a fare nello stesso modo. Piuttosto, mi sembra di tendermi sempre di più verso di lei. Devo stare attenta, lì c’è la finestra, è pericoloso.
Si ritrae leggermente.
- Sei una sirena? Ho studiato, tempo fa, che le sirene attiravano i marinai per ucciderli e divorarli. Se ti tiri indietro così io cado e muoio, e tu poi mi mangi. Sei una sirena, vero?
Mi sembra di parlare confusamente.
Che fastidio.
Sorride, e si spinge un po’ in avanti. A un centimetro da me.
Lascia andare il telo, che cade. Lo sento scivolare. Lo sento, lo sento… è una sensazione quasi fisica.
Faccio un passo indietro, sono spaventata.
Pessima situazione, lì, in mezzo alle gambe.
Lei è nuda ed io sono fradicia.
Scende dal davanzale e muove due passi in avanti, verso di me.
È alta, ed ha un bel fisico. Snella, gambe tornite, seno alto e sodo, collo sottile. Mi sembra di poter guardare tutto, in dettaglio, nello stesso momento, ed invece so che è impossibile.
Che passi leggeri, ha.
Indietreggio ancora, ed inciampo su un lenzuolo che pende giù dal materasso del mio letto, su cui cado a peso morto.
Lei si avvicina ancora. Io la guardo dal basso.
Credo di avere gli occhi spalancati.
Credo di stare sudando.
Credo di stare morendo di voglia.
Credo di avere un po’ di paura.
Per un attimo, il suo sorriso si fa davvero diabolico, ed io tremo, ma poi torna tranquilla ed appoggia le mani sulle mie ginocchia, risalendo veloce lungo le cosce, fino agli slip. Li sfila, io l’aiuto. Nel senso che sollevo il bacino per farli passare più velocemente. Non oso muovere le braccia. Adesso sono nuda anche io. Sale sul letto accanto a me, appoggiandosi con una mano al materasso morbido.
Solleva una gamba e mi sale addosso, a cavalcioni.
Non riesco a staccare gli occhi dal suo viso, ed è solo per imbarazzo.
Rimane immobile. Cosa diavolo vuole fare?
Piega indietro la testa, chiudendo gli occhi e schiudendo le labbra. Mi passa gli indici sulla pancia, aggirando l’ombelico, in un tocco lieve che mi fa rabbrividire. È ancora sopra di me, è ancora a gambe larghe, cazzo, la sento.
Mi afferra alla vita con entrambe le mani, come non volesse farmi fuggire, e prende a muoversi piano.
Avanti, indietro… e di nuovo… e ancora…
Si passa la lingua sulle labbra, mentre mi scivola addosso, si lascia dietro bagnato, pare perdersi nel piacere puro.
Anche io, anche io!
Non ce la faccio più, anche io!
La afferro per i fianchi, la ribalto sul letto, apro le gambe a mia volta e ci incastriamo tanto saldamente che mi sembra i nostri sessi siano guidati da forze magiche, o calamite.
Mi muovo anche io, adesso, ed ogni centimetro di me è a contatto con lei, ogni sporgenza, ogni morbidezza si sfrega, si agita, si bagna, freme, gode, si intorpidisce.
È come se me la stessi scopando, esattamente come se lo stessi facendo, mi sento impazzire. Il suo seno balla morbido, sposta il peso verso l’alto, poi lo riporta verso il basso, a ritmo del suo corpo, a ritmo del mio, a ritmo del nostro respiro che si fa veloce, veloce, e poi si blocca d’improvviso.

Mi lascio andare tra le lenzuola distribuite alla rinfusa, esausta. Ansimo ancora. Ho gli occhi chiusi.
Voglio recuperare in fretta le mie facoltà mentali, più in fretta possibile, voglio chiederle chi è, voglio chiederle da dove viene, voglio chiederle se tornerà, voglio chiederle perché sia venuta ed anche perché io abbia voluto fare tutto questo con lei. Voglio chiederglielo, perché dubito di poter trovare la risposta da sola.

Quando recupero padronanza di me stessa, sbatto un po’ le ciglia, ritornando a vedere, e mi sollevo seduta. Lei è piegata in avanti, recupera il suo lenzuolo da terra e ci si avvolge con noncuranza, così come la prima volta che l’ho vista. Sul suo viso non c’è traccia di niente, io invece – getto uno sguardo allo specchio sopra il comò – sono ancora stravolta.
- Dove vai? – dico con un singhiozzo strozzato vedendo che si dirige verso la finestra.
Lei si volta a guardarmi, sorride. Poi continua per la sua strada. Ma è lentissima, posso ancora raggiungerla.
Mi alzo di fretta, incespico sulle pantofole, rischio di rompermi una gamba, mi risollevo, le corro incontro.
- Aspetta, ti prego!
Si siede sul davanzale e fa come se volesse gettarsi indietro nel vuoto.
La raggiungo, la bacio.
Gelida e bagnata.

Apro gli occhi.
Davanti a me, una specie di distesa bianca. Sotto la coltre di neve si intuiscono i contorni dei palazzi colorati, il grigio dell’asfalto della strada e del cemento dei marciapiedi, e le sagome affaticate degli alberi che reggono il peso di quel freddo. Ecco cosa rifletteva tanto la luna, la neve.
Lecco via dalle mie labbra ciò che resta del fiocco ormai sciolto che poco prima mi è caduto addosso, svegliandomi dalla trance.
L’effetto di qualsiasi cosa abbia preso, sembra svanito.
Le mie mani sono saldamente appoggiate sul davanzale, ma la finestra è spalancata ed io sono tutta protesa verso l’esterno. Ho rischiato parecchio. Stranamente, non mi preoccupo molto, ho una specie di felicità mista a soddisfazione che mi riempie il cuore e mi isola dall’esterno in maniera tremendamente efficace.
Mi volto indietro. Il letto è un disastro. Mi sembra difficile aver combinato tutto questo da sola.
Sorrido.
**

- Minchia quella roba ieri è stata allucinante, eh Robi?
Faccio spallucce.
- Ho dormito tutta la sera.
- Ma dai? Peccato! È stato una figata.
- Allucinazioni?
- E di che qualità!
Finisco di pulire il bancone del bar senza darle più retta.
- Vista la nevicata stanotte? Ah no, già, hai dormito…
- L’ho vista all’alba, mi sono svegliata presto. – rispondo. Penso a qualcosa. Di non ben definito, però. Ma mi porta a chiedere, - Visto se prevedono neve anche stanotte?
Fabiana annuisce, sbuffando e commentando che detesta il freddo.
Le condizioni sono perfette, in fin dei conti.
- Non ne avrai mica un’altra, di quelle pillole?
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