Genere: Introspettivo, Romantico.
Pairing: Zlatan/José.
Rating: R
AVVISI: Slash, Angst.
- "Questo non posso promettertelo."
Note: Prima di tutto, questa breve shot è stata scritta il 25 febbraio. Ci tengo a dirlo perché il mio computer in questi due giorni è stato un disastro e non mi ha permesso di postare praticamente nulla, ma questa storia avrebbe dovuto essere postata in quella data, per "festeggiare" i due anni dal postaggio di God, And After God, Me. Non per festeggiare la fic in sé, naturalmente, ma perché in modo del tutto inaspettato ha dato il via ad una cosa grande che continua a crescere e mi commuove ogni volta che ci penso.
Per il resto, la fic è ispirata alla recente intervista che Zlatan ha rilasciato appositamente per parlare male del suo ex allenatore al Barcellona e lanciare randomiche dichiarazioni d'amore all'uomo che, invece, lo allenava all'Inter. Negli ultimi due anni Zlatan ha cambiato due squadre ed anche José è andato via, e dell'Inter del 2008 che, per molti versi, è stata l'Inter più "mia" di tutte, non è rimasto granché, ma una cosa non è mai cambiata: lo shipping Jobra =P
Pairing: Zlatan/José.
Rating: R
AVVISI: Slash, Angst.
- "Questo non posso promettertelo."
Note: Prima di tutto, questa breve shot è stata scritta il 25 febbraio. Ci tengo a dirlo perché il mio computer in questi due giorni è stato un disastro e non mi ha permesso di postare praticamente nulla, ma questa storia avrebbe dovuto essere postata in quella data, per "festeggiare" i due anni dal postaggio di God, And After God, Me. Non per festeggiare la fic in sé, naturalmente, ma perché in modo del tutto inaspettato ha dato il via ad una cosa grande che continua a crescere e mi commuove ogni volta che ci penso.
Per il resto, la fic è ispirata alla recente intervista che Zlatan ha rilasciato appositamente per parlare male del suo ex allenatore al Barcellona e lanciare randomiche dichiarazioni d'amore all'uomo che, invece, lo allenava all'Inter. Negli ultimi due anni Zlatan ha cambiato due squadre ed anche José è andato via, e dell'Inter del 2008 che, per molti versi, è stata l'Inter più "mia" di tutte, non è rimasto granché, ma una cosa non è mai cambiata: lo shipping Jobra =P
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BE CAREFUL HOW THE SMALL THINGS GROW
Steso sul letto accanto a lui, sollevato sui gomiti, Zlatan lo guarda come fosse un oggetto prezioso. Non si azzarda a toccarlo, ma José sente – lo sente dal modo in cui gli bruciano addosso i suoi occhi scuri e piccoli – che vorrebbe.
- Non scompaio, sai? – butta lì con un mezzo sorriso, - Non sono mica un sogno.
Zlatan annuisce, ma sembra che abbia bisogno di un po’ di tempo per rendersene effettivamente conto.
- Questa cosa… - dice quindi, vago, - …è stata straordinaria.
José inarca un sopracciglio, il sorriso che si allarga in una smorfia compiaciuta.
- Be’… - comincia, ma Zlatan lo interrompe subito con uno sbuffo contrariato.
- Non parlo solo del sesso. – sbotta, - In generale, - spiega, i lineamenti del viso che si tendono in un’espressione pensosa e un po’ corrucciata, tremendamente buffa, - il senso di potere che provo… - mormora, guardandosi le mani, - è straordinario.
- Potere? – chiede José, dubbioso, - Non hai nessun potere su di me, zingaro.
Zlatan si volta a guardarlo e nei suoi occhi non c’è un’ombra di offesa. Solo tanta consapevolezza.
- Parlo di quello che potrei fare io. – risponde. Lo sta guardando, ma in un certo senso i suoi occhi sembrano persi molto oltre lui, molto oltre loro, verso obiettivi che fino a quel momento non si era neanche mai pensato di poter chiamare coi loro nomi, tanto sembravano distanti e inavvicinabili. – Parlo di quello che potresti farmi fare con una sola parola. – continua in un sussurro roco, avvicinandosi appena. Continua a non toccarlo, ma questa volta, quando i suoi occhi guardano fissi in quelli di José, José sa che sta guardando proprio lui. – Ucciderei, per te.
José solleva una mano, lasciandola scivolare lungo i lineamenti del suo viso. Visto così da vicino, Zlatan è ancora più sgraziato di quanto non sembri ad una distanza normale. C’è una tale sproporzione, fra la rozzezza generica espressa dai suoi occhi troppo vicini, dal viso troppo allungato, dagli zigomi troppo alti e da quel naso, Dio, quel naso così esagerato, e la perfezione così platealmente evidente di ogni singolo muscolo del suo corpo, dal petto alle braccia alle cosce alla schiena, che al solo pensarci José si sente bruciare di voglia sottopelle. Zlatan è la creatura più imperfetta che abbia mai visto, e questo la rende anche la più perfetta in assoluto. Per lui. Per essere sua.
- Ti chiedo solo di vincere la Champions. – dice piano, allungandosi a baciarlo appena sulle labbra.
Zlatan però vacilla, la luce nei suoi occhi trema con violenza, come una fiammella controvento, e questo dovrebbe essere un primo segnale, qualcosa che gli suggerisca di diffidare. Ma José non diffida. Se la luce danza negli occhi di Zlatan, pensa, è solo a causa della penombra, del piacere che sta ancora scemando e gli ottenebra i sensi. Qualsiasi cosa, ma non certo paura.
- Questo non posso promettertelo. – risponde con un mezzo sorriso. José sorride a propria volta, improvvisamente Zlatan gli sembra un bambino, molto, molto più piccolo di quanto non sia e molto, molto più piccolo di quanto non l’abbia mai visto. Sul momento, lo trova tenero. Non riesce a pensare che dovrebbe temerlo.
Zlatan non lo guarda. È stretto al suo fianco, il viso nascosto nell’incavo del suo collo. Il suo corpo così grande copre quello di José per più di metà. Le loro gambe sono intrecciate così strettamente da fare quasi male, ma non è un dolore per il quale José provi fastidio. No, il dolore non spaventa José. Non è che la traccia fisica della presenza di Zlatan, e se questo potesse servire a trattenerlo al suo fianco per sempre, sarebbe disposto a sopportarlo fino alla morte.
Zlatan ansima ancora, il corpo scosso dai fremiti dell’orgasmo. Si calma pian piano, e man mano che va calmandosi lo stringe con forza sempre maggiore, come fosse preoccupato dall’eventualità di poterlo lasciare andare. José sorride, un sorriso minuscolo, nel pensare che solo un anno prima non si azzardava a toccarlo per paura di perderlo. Adesso, invece, è quella stessa paura ad obbligarlo a toccarlo quanto più possibile.
Lo sente singhiozzare all’improvviso, e solleva una mano per accarezzargli pigramente i capelli.
- Non dirmi che stai piangendo. – lo prende in giro.
- No. – risponde Zlatan, e la sua voce in effetti non vacilla, - Fa solo male.
José abbassa lo sguardo per cercare di cogliere il suo, ma il viso di Zlatan è ancora ben nascosto contro la sua pelle.
- Quanto sei sciocco. – borbotta, - Stai facendo tutto da solo.
Zlatan si concede una risata amara, inspirando ed espirando profondamente.
- Già. – concede, prima di sollevarsi abbastanza da poterlo guardare in viso. José lo lascia fare, così come accetta la carezza carica di devozione che poco dopo lui gli lascia scivolare lungo una tempia, una guancia, il mento, fino al collo, per poi morire sul suo petto. Zlatan sta guardando lui, ma sta anche guardando oltre. Esattamente come un anno fa. – Ucciderei, per te. – gli ripete, trasognato. José sa che non gli sta mentendo, ma sa anche quanto poco possa valere una verità tutta di sentimenti in una situazione come questa, che coi sentimenti ha a che fare ben poco.
Si sforza di sorridere, baciandolo lentamente.
- Ti chiedo solo di restare. – dice. Ma non c’è aspettativa, nella sua voce. E forse è questa consapevolezza che porta tutti i lineamenti del volto di Zlatan a contrarsi in uno spasmo di dolore, quando se ne accorge.
Stavolta, quando Zlatan gli risponde che questo non può prometterglielo, José sorride, stringendolo a sé, e sa perfettamente cosa questa frase significhi.