Fandom: Originali
Genere: Introspettivo
Rating: R
- Confessione di una vita mai finita, dell'eroe che ha bisogno di un successore, per la continuazione della sua opera immensa...
AVVISI: Language.
Commento dell'autrice: Ispirazione lampante XD Scritta in un’ora e mezzo, mi piace da morire è.é Finalmente un mio protagonista maschio che non sia uno sfigato e/o un cretino. Questo sarà pure stronzo e testa di cazzo, ma ha una sua dignità XD A me piace molto, comunque ù.ù
Nota: Questa fic ha partecipato ad un concorso sul forum dell'EFP, ove è arrivata terza su sei è_é
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A Mio Figlio


Caro figlio,
ho la strana impressione che sarai maschio – un eroe ha sempre diritto ad avere un successore maschio che possa continuare la sua opera – e se invece sarai femmina mi scuso per lo stupido presentimento di un padre snaturato che ti ha escluso a priori dai propri pensieri per un’assurda mania di grandezza.
Ho motivo di credere – per la legge dei grandi numeri – che tu sia già in cantiere, ed è per questo che mi rivolgo a te, adesso, non con l’esperienza di un ottantenne al crepuscolo della sua vita, ma con quella di un trentenne che la sua vita l’ha cominciata da un pezzo, sì, ma è ancora ben lungi dal finirla.
Se sei il degno figlio di tuo padre, anche tu passerai per questo bordello dove mi trovo adesso, ed infatti è qui che lascerò questa lettera. Per la verità, però, questo non è esattamente un bordello; è un albergo a ore, ma è proprio nel quartiere peggiore di questa città del cazzo in cui sono capitato e che non mancherò di abbandonare domattina, quindi capirai che il numero di puttane presenti qui è quasi paragonabile al numero di turisti giapponesi a Roma in una bella giornata di luglio, ed è comunque abbastanza alto da fare di questo albergo una casa chiusa.
Parlo con te con tanta franchezza perché quando e se troverai questa lettera sarai sicuramente abbastanza grande per capire, forse anche inorridire ma almeno non sconvolgerti più di tanto per il mio linguaggio sboccato.
Perché scriverti? Perché tu non mi conoscerai mai, e se da un lato per te è veramente una gran fortuna, dall’altro lato non conoscere la propria progenie è alquanto seccante, quindi vorrei almeno lasciarti qualcosa di me. E poi c’è qualcosa che ho nel fondo del petto, e che preme per uscire, dunque perché limitarmi?
Figlio, tuo padre è un ineducato. Non che i tuoi nonni non abbiano provato a renderlo un bravo ragazzo, solo che hanno sbagliato il metodo. Ero, e sono ancora, litigioso, cocciuto ed orgoglioso, esattamente come tuo nonno. Per questo, i momenti in cui lui cercava di educarmi come credeva sarebbe stato meglio (e come, in fondo, sarebbe stato accettato come “meglio” da tutti, ossia onesto, rispettoso, umile, mite e colto) degeneravano sempre in litigi, infiniti perché entrambi cercavamo l’ultima parola, che nella continua ricerca andava perduta, e della quale non arrivava mai il momento. Tua nonna, invece, era un’anima pia. Peccato che nei miei confronti fosse per il 90% del tempo remissiva e propensa al permissivismo – e dunque io mi sentivo autorizzato a fare ciò che volevo – e per il restante 10% tentasse di imporsi come madre limitante – ed io non capivo il motivo, né l’utilità, di tale cambiamento e, infuriandomi anche con lei, le urlavo addosso.
Vedi che parlo dei miei genitori al passato, ma ecco, sto per svelarti un particolare raccapricciante dell’animo di tuo padre: non ho la minima idea riguardo al loro destino. Da quando ho lasciato casa non li ho mai sentiti, ne ho mai sentito il bisogno di chiamarli.
Ebbene sì, forse per questa sua educazione mancante, forse semplicemente per indole, tuo padre non ha legami. Né con chi l’ha messo al mondo né con nessun altro. È stato bene attento anche a non lasciarsi debiti alle spalle, in nessuna delle numerose città in cui è stato, perché si sa, i debiti sono la peggiore forma di legame che si possa subire, e nel mio campo sono anche abbastanza pericolosi.
Perché tuo padre, figlio, è un criminale. È questo il mio lavoro, e non lo faccio per piacere. Nessuno spacciatore lo fa per soddisfare un qualche piacere sadico, chi ti dice una cosa simile è un cazzone, e tu non credergli; è solo che, quando non hai nessuno che provvede al tuo sostentamento, per vivere servono soldi. Non credere neanche quando ti dicono che se non ti laurei e non ti impieghi alla Banca Nazionale non sarai mai in grado di mantenerti. Io non ho finito neanche il primo anno all’università, e posso assicurarti che trovare un “lavoro” non è difficile. La difficoltà arriva quando cerchi, invece, un “lavoro onesto”, però a ben pensarci con un lavoro onesto non potrei assolutamente permettermi il tenore di vita che mi è congeniale, dunque tanto meglio così.
Tanto meglio, figlio, perché infatti tuo padre non ha rimpianti. Ed è solo una fortuna che non ne abbia, così come in lui latita qualsiasi senso di colpa, perché altrimenti non riuscirebbe a sopravvivere al rimorso della sua coscienza. Rimorso che sarebbe, invece, normale avere, dato che nel corso della sua ormai quasi decennale carriera chissà quante persone ha ucciso con la sua droga. Di quanti ha visto la foto fu un trafiletto a fondo pagina, nella sezione della cronaca nera del quotidiano locale; ed in quelle foto i volti di ragazzini visti e serviti appena la sera prima, e ritrovati la mattina nel cesso della casa in cui si è svolta la festa da sballo cui erano stati invitati dagli amici degli amici.
Figliolo, neanche immaginando le espressioni dei genitori, contratte dallo strazio, riesco a provare dolore per le mie azioni. Non mi è stato insegnato, ed è un sentimento meno ovvio di quanto non possa sembrare.
L’educazione è, assieme al carattere, ciò che stabilisce chi sarai da adulto. Fin quando sei ancora piccolo, non hai alcuna responsabilità, perché sei ancora in rodaggio, per così dire. Ma impara presto ad essere sicuro di ciò che fai, perché quando sarai grande tu sarai anche l’unico responsabile. E l’unico colpevole. E quindi, per ogni cosa, se non vuoi che ad essere minata sia la tua sicurezza personale, impara la determinazione, impara a non mostrare falle nei tuoi ragionamenti, tappa le orecchie a critiche e consigli e segui solo ciò che tu stesso ti imponi. Non dovrai niente a nessuno, e nessuno avrà il diritto di chiedere niente a te.
Figlio, tuo padre è stato libero, ed intende continuare ad esserlo, ecco perché non lo vedrai mai. Si è goduto la vita, ed ha provato ogni cosa, ecco perché non morirà da vecchio, nel sonno, in un letto che puzza di urina e medicinali, accudito dalle amorevoli mani della tua sfortunata madre. È venuto con piacere su ogni donna sulla quale abbia posato lo sguardo, a pagamento o in usufrutto gratuito, le ha sempre avute tutte. Anche adesso che ti scrive, ha appena congedato una puttana nigeriana poco costosa, eccessiva, volgare, grassa, neanche tanto bella ma gran dispensatrice di pompini, e giace su un letto maleodorante e disfatto, tuo padre. Che, in definitiva, è stato un gran bello stronzo, non se ne vanta, ma neanche se ne pente.
Figlio, ho fatto una faticaccia a scrivere questa lettera, ho sempre detestato le composizioni. Ma per qualche strana ragione, il pensiero di te, piccolo e già orfano nel ventre di tua madre, che chissà chi è, mi mette addosso una tristezza incredibile. Una tristezza che è simile alla malinconia, perché un egoista come me, anche quando ha tutto, non può mai smettere di chiedersi come sarebbe avere di più, ed è quello che continua a desiderare sempre. Forse anche tu sei una proiezione di questo desiderio, ed in realtà non esisti nemmeno. A me pare d’aver usato sempre correttamente il preservativo (questo, sì, te lo consiglio spassionatamente), ma chissà, un buchino…
Papà
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