Genere: Romantico, Introspettivo, Commedia.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Het.
- Kristen ha un'amica di nome Annika. Un'amica con un problema. Un'amica con un problema che va risolto. A far ciò, penserà Daniel, anche se non nel modo in cui si era prefissato di riuscire ad aiutare la gente.
Note: Omg. X'DDD Sì, boh, era destinato ad accadere, suppongo. Daniel ed Annika, i due pg che io e Tab abbiamo creato per il Reality Challenge @ maridichallenge, sono deliziosi, e io li amo e li shippo e non ho potuto fare a meno di creare per loro un mondo e degli amyketti e robe similari, e poi è naturale che quando mi metto a ricamare così a caso vengono fuori storiacce da ottordici milioni di parole. *sospira piangendo* Io soffro più di voi, credetemi.
Comunque, parlandone con la Tab ho definito questa storia "un episodio di Glee senza musica". A voi trarre le dovute conclusioni.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Het.
- Kristen ha un'amica di nome Annika. Un'amica con un problema. Un'amica con un problema che va risolto. A far ciò, penserà Daniel, anche se non nel modo in cui si era prefissato di riuscire ad aiutare la gente.
Note: Omg. X'DDD Sì, boh, era destinato ad accadere, suppongo. Daniel ed Annika, i due pg che io e Tab abbiamo creato per il Reality Challenge @ maridichallenge, sono deliziosi, e io li amo e li shippo e non ho potuto fare a meno di creare per loro un mondo e degli amyketti e robe similari, e poi è naturale che quando mi metto a ricamare così a caso vengono fuori storiacce da ottordici milioni di parole. *sospira piangendo* Io soffro più di voi, credetemi.
Comunque, parlandone con la Tab ho definito questa storia "un episodio di Glee senza musica". A voi trarre le dovute conclusioni.
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
YOU GIVE ME THE FEVER 'N' A COLD SWEAT
- Annika, ma ce la fai?! – strilla Kristen, precedendola lungo i corridoi semivuoti della Van Buren High School, il ticchettio dei tacchi vertiginosi sui quali è issata che si perde in un’eco che rimbalza da una parete all’altra confondendo Annika sempre più man mano che, intralciata dalla sciarpa lunghissima e dall’ampio cappotto che indossa, cerca di starle dietro senza farsi cadere di mano gli album da disegno e i numerosi bloc notes che ha recuperato in fretta e furia dal banco quando la sua migliore amica è passata a prenderla dalla classe, - Devo metterti il guinzaglio per essere sicura che mi stai dietro? Andiamo, non abbiamo mica tutto il pomeriggio!
- Ma veramente io non ho niente da fare… - prova a protestare la ragazza, allungando il passo per affiancare l’amica e guardandola con aria intimorita e anche vagamente preoccupata, - E poi comunque non sono sicura di voler venire, non so se mi va di svolgere attività extracurriculari quest’anno, dovremo già studiare così tanto in vista del diploma…
- Annika, ma ti prego! – quasi inorridisce Kristen, sconcertata, - Non puoi dire sul serio! Non fare parte di nessun club è da sfigati, non posso permettere che la mia migliore amica subisca una sorte simile! – esclama, fermandosi nel mezzo del corridoio solo per gettare le proprie braccia attorno al collo di Annika e stringerla in un abbraccio materno e protettivo, che dura la bellezza di cinque secondi, terminati i quali la ragazza torna a solcare i corridoi con passo marziale, stavolta trascinandosi dietro l’amica per un polso. – E poi ci ho riflettuto, - annuisce compunta, - ed ho capito che questo club è perfetto per te. È nuovo, così non avrai nessuna difficoltà ad inserirti, dal momento che non ci saranno gruppi già formati. E il presidente è una matricola, per cui non dovrebbe metterti in soggezione. Visto? – cinguetta trionfante, - Ho pensato a tutto, qualsiasi paranoia tu possa costringere il tuo povero cervello a rimuginare sarà perfettamente inutile in questo club, non avrà motivo di esistere! La scelta era fra questo e il club di scacchi, ma ho pensato che, vista la tua situazione, questo fosse più appropriato.
- A me piacciono gli scacchi… - prova ad interloquire Annika, abbassando lo sguardo ed arrossendo vaga.
- Annika, che possa morire fulminata il giorno in cui lascerò che la mia migliore amica si iscriva al club di scacchi. – taglia corto Kristen con una smorfia disgustata, - No, no, credimi, questa soluzione è perfetta. Il club degli asessuali! È esattamente quello che fa per te.
- Che cosa?! – non può fare a meno di strillare Annika, bloccandosi in mezzo al corridoio. Kristen si ferma a propria volta, ed Annika è convinta che l’abbia fatto per darle delle spiegazioni, cosa che sarebbe quantomeno dovuta visto quello che le è appena uscito di bocca, ma così naturalmente non è. Il volto di Kristen si illumina all’improvviso nell’individuare l’aula trentaquattro, ed Annika la osserva con sconcerto battere le mani e saltellare sul posto, prima di voltarsi a guardarla.
- Eccola! È qui! – annuncia estatica.
- Kristen, cos’è questo club a cui mi hai iscritto, esattamente? – domanda Annika, cercando di affrontarla a muso duro perché la conosce e sa che, in certe situazioni, l’unico modo per affrontare un treno in arrivo ad alta velocità è lanciarsi sui binari a peso morto e sperare che il conducente freni in tempo per non travolgerti.
- Il club degli asessuali! – insiste Kristen, perfettamente serena e soddisfatta di sé, - E ci ho iscritte entrambe, anche se principalmente l’ho fatto per te, per non lasciarti sola, dato che io non ho problemi, in quel senso. È appropriato, vero? Visto che dopo Evan non hai battuto chiodo per niente…
- Kristen! – strilla Annika, allargando le braccia ai lati del corpo e lasciandosi sfuggire dalle mani un paio di bloc notes, che si china immediatamente a raccogliere, - Prima di tutto, ti sarei grata se non parlassimo di lui! Te l’ho già detto mille volte!
- Vedi, questa cosa del non volerne parlare, - riflette Kristen, naturalmente senza neanche sognarsi di mettersi in ginocchio ed aiutarla, - tu probabilmente credi che sia un modo molto maturo di affrontare la questione, ma in realtà dimostra solo che non l’hai ancora superata, il che spiega la tua tristissima condizione attuale, tesoro.
- Piantala! – sbotta Annika, terminando di recuperare il tutto e saltando nuovamente in piedi, - La mia condizione attuale, qualunque essa sia, non è tristissima e soprattutto non ha niente a che fare con l’asessualità! Sono solo—
- Siete qui per il club? – chiede un ragazzo, affacciandosi dalla porta dell’aula.
- Esattamente! Proprio così! – strilla immediatamente Kristen, sollevando entrambe le braccia.
- Kris! – cerca di richiamarla Annika, ma il ragazzo, seminascosto dietro la porta, sorride con un’allegria talmente genuina che la ragazza non se la sente di spiegargli che in realtà sono lì soltanto perché la sua migliore amica è un cliché ed, in quanto bella ragazza bionda e di ottima famiglia, doveva per forza venire fuori anche con un solo neurone, in letargo per la maggior parte del tempo e specie a gennaio.
- Bene, appena in tempo, stavamo per cominciare. Sbrigatevi. – annuncia il ragazzo con aria trionfante. Ha i capelli lunghi e scompigliati che ricadono scompostamente sulla fronte e ai lati del viso in lucide ciocche nere, ed il suo viso resta inquadrato nella cornice della porta solo per un paio di secondi, prima di scomparire all’interno dell’aula. Annika riesce appena a notare la forma dei suoi zigomi, o il taglio dei suoi occhi, o la linea delle sue labbra, ma l’armoniosa piacevolezza dei suoi lineamenti la colpisce subito. Si sente prudere le mani come ogni volta che trova un soggetto interessante che le piacerebbe ritrarre, e la cosa la porta ad arrossire. Sulla sua pelle chiara, la tinta rosata delle guance si nota con particolare chiarezza, e Kristen, adocchiandola, sorride sorniona.
- Oh… - comincia, ma Annika le scocca un’occhiataccia intimidatoria.
- Non cominciare. – la avverte, ben consapevole della tonalità di colore raggiunta dal proprio viso. Kristen alza entrambe le mani, ridacchiando divertita.
- Hai fatto tutto da sola. – le fa notare, e dopodiché la prende nuovamente per una mano, - Coraggio, andiamo! – dice con entusiasmo palesemente fuori luogo, - Non vorremo perderci le presentazioni!
- La vedo dura, - commenta il ragazzo di prima, con una risatina, sedendosi con un mezzo saltello sulla cattedra ed indicando due seggioline disposte ordinatamente di fronte a sé, - siamo solo noi tre, senza di voi non ci sarebbe stata nessuna presentazione. Prego, accomodatevi, e benvenute alla prima riunione del club degli studenti asessuali riuniti.
L’entusiasmo di Kristen si spegne all’improvviso quando la ragazza si guarda intorno e prende tristemente atto della totale assenza di altri studenti oltre a loro due e, naturalmente, allo strano ragazzo che sorride placidamente, ancora issato sulla cattedra, le gambe che dondolano nel vuoto di tanto in tanto. Annika ne approfitta per lanciargli una seconda occhiata, stavolta, fortunatamente, priva di spiacevoli conseguenze sulla sua temperatura corporea: il tipo sembra simpatico, assolutamente a proprio agio col mondo che lo circonda – anche troppo, si dice Annika; quale ragazzo di quindici anni senza dei palesi problemi di rapporti interpersonali con l’ambiente circostante si metterebbe a sedere su una cattedra come un bambino di cinque farebbe su un’altalena? – ed incrollabilmente felice e sereno, nonostante la smorfia colma di disappunto di Kristen prometta tutto meno che piacevolezze.
- Scusami, - comincia con aria petulante, - ma prima che arrivassimo noi stavate per cominciare cosa tu e quale esercito di amici invisibili?
- Kristen! – bisbiglia Annika, agitandosi, mentre il ragazzo, ancora appollaiato sulla cattedra, aggrotta le sopracciglia.
- Prego? – borbotta sulla difensiva. Kristen sbuffa platealmente, scrollandosi dietro le spalle una ciocca di capelli biondi che le infastidisce il collo.
- Non ho parole per descrivere la tristezza di questo posto. – sentenzia, - Tu chi saresti?
- Non sarei, sono. – sbotta lui, incrociando le braccia sul petto, - Daniel Bennett, ho fondato il club.
- Ah, giustamente, quindi tu sei la famosa matricola. – considera la ragazza, lanciandogli un’occhiata tremendamente indiscreta che lo scannerizza dalla testa ai piedi. – Bene, allora, prima di tutto, questo è il club più sfigato del mondo, giusto perché tu lo sappia. Punto secondo, prima di sederci è necessario che io ti chieda se stai seguendo una terapia, perché se la stai seguendo allora va bene. È guaribile, questa cosa?
Daniel la fissa con sgomento per un paio di secondi, e la stessa cosa fa Annika, totalmente allucinata.
- Non capisco di cosa tu stia parlando. – ammette alla fine il ragazzo, ancora sconcertato. Annika, invece, lo comprende fin troppo bene per non provare a porre un freno a ciò che sta per accadere.
Purtroppo, però, arriva in ritardo. Nel momento in cui apre la bocca per intimare a Kristen di tacere e poi andare via immediatamente, Kristen ha già cominciato a parlare.
- Intendo, questo è tipo un gruppo di supporto, no? Condividiamo le nostre esperienze, “bu-huuu, non vado a letto con nessuno da sei mesi, sono così depressa!” e poi cerchiamo di trovare una soluzione, no? Terapia di gruppo, psicofarmaci, roba simile. Ci siamo?
- Non ci siamo affatto! – sbotta Daniel, gli occhi talmente spalancati che sembrano grandi il doppio.
- Kristen… - esala Annika, sulla soglia delle lacrime per l’imbarazzo, - Io ti prego di tacere…
- Perché? – domanda lei, lanciandole un’occhiata da innocente cerbiatta, e poi tornando a guardare il ragazzo, - Ho fatto delle domande perfettamente legittime, no?
- No! – insiste lui, saltando giù dalla cattedra e gesticolando come un ossesso, - Mio Dio, ma cosa c’entra la terapia di gruppo?! Questo non è un consultorio! È un club all’interno del quale discuteremo della condizione degli adolescenti asessuali nella società moderna, di tutti i problemi che sono costretti ad affrontare ogni giorno a causa dell’ignoranza di gente stupida e meschina come te e cercheremo di organizzare incontri con altri studenti di qualsiasi orientamento sessuale per favorire la comprensione e l’integrazione! – spiega, gli occhi che brillano, pervasi dal fuoco della giustizia.
- Mio Dio! – strilla Kristen, indietreggiando di un passo e coprendosi la bocca con entrambe le mani, - Stai cercando di dirmi che tu non fai sesso e, invece di correre ai ripari e cercare qualcuno che ti si fili, vai in giro senza infilarti un sacchetto sulla testa e ne sei orgoglioso?!
- Kristen! - strilla anche Annika, afferrandola per una spalla e cercando di tirarla indietro, - Dio, sta’ zitta! Zitta!
Daniel rimane immobile per una serie quasi spaventosamente lunga di secondi, le labbra dischiuse e le mani che tremano lungo i fianchi. Dopodiché, una delle sue braccia si solleva, e l’attimo dopo lui ha un dito puntato contro la porta.
- Fuori di qui. – dice cupo, - Fuori! Tutte e due!
- Non devi certo insistere! – ritorce Kristen, sollevando il naso e girando i tacchi, oltraggiata. – Vieni via, Annika, - sbotta, afferrandola per una manica e cominciando a tirarla furiosamente verso l’uscita, - Domani ci andiamo a iscrivere al club degli scacchi. Sarà composto solo da sfigati che indossano camice a quadri, bretelle e farfallino, ma sarà in ogni caso meglio di questa solenne, clamorosa cazzata!
Annika la segue perché non può fare altrimenti. Uno dei suoi quaderni per gli appunti cade sul pavimento dell’aula un attimo prima che Daniel sbatta la porta per chiuderla nel momento in cui loro ne escono, ma dal momento che tornare lì dentro per recuperarlo non è un’opzione la ragazza si rassegna a dichiarare il quadernetto perduto per sempre, e continua a lasciarsi trascinare lungo il corridoio, senza più neanche provare a porre un freno alla rabbia furiosa di Kristen. Le parlerà più tardi, quando si sarà calmata. Nel mentre, occuperà il tempo che le resta per cercare di inventare una scusa plausibile da fornire ai suoi genitori perché le permettano di cambiare scuola e trasferirsi in Italia a vivere sotto un ponte – in ogni caso, sarebbe comunque meglio che dover tornare qui domani mattina, e rischiare di incontrare Daniel un’altra volta.
In ogni caso, non avrebbe saputo spiegare loro quanto la generica ignoranza di Kristen nei confronti dell’asessualità l’avesse messa in imbarazzo, almeno, non senza che poi i suoi genitori si sentissero in dovere di cominciare ad inquisire su argomenti che Annika non aveva alcuna intenzione di dibattere con loro mai nella propria vita, perciò ha preferito mantenere un profilo basso e lamentarsi a caso, sperando che fingere di stare male fosse sufficiente per istigare della pietà nei cuori dei suoi genitori, ma così – ovviamente – non è stato, dal momento che adesso si ritrova seduta in sala mensa a piluccare un’insalata dal gusto amarognolo tutta da sola. Kristen ha provato ad approcciarla stamattina, quando è arrivata a scuola, ma lei le ha lanciato un’occhiata talmente furiosa che il terrore deve essersi fatto strada all’interno della sua bionda testolina nonostante la generica penuria di sinapsi atte a diffondere il messaggio all’interno del suo cervello, motivo per il quale ha ritenuto più opportuno indietreggiare con un “ci vediamo più tardi!” di circostanza che naturalmente non si è tramutato in realtà e non lo farà prima che siano passate almeno ventiquattro ore dall’incidente diplomatico che le ha viste coinvolte.
Annika sta metodicamente sezionando la propria insalata per separare il radicchio da tutto il resto e metterlo via, ammucchiato in un angolo del piatto, quando uno dei suoi quaderni per gli appunti plana sul tavolo a due centimetri dal suo gomito. Annika si volta a guardarlo e per un secondo accarezza la possibilità di credere nell’impossibile e raccontarsi che quel quaderno deve per forza essere caduto dal cielo, magari in sostituzione di quello che ha perduto ieri nell’aula trentaquattro, ma non ci mette molto a capire che non si tratta semplicemente di un quaderno con la stessa copertina, no, è proprio lo stesso quaderno, c’è il quadrifoglio che ha disegnato in un angolo la mattina in cui si sentiva fortunata e poi è stata interrogata in matematica, e c’è l’angolino consunto che ha stropicciato per ore mentre si annoiava oltre il limite del possibile durante l’ultima lezione di storia.
Solleva lo sguardo, e Daniel è lì.
- L’hai dimenticato, ieri. – le dice, prima di piombare a sedersi di fronte a lei, fissandola con aria intensa. Annika indietreggia di qualche centimetro, sentendosi arrossire più violentemente di quanto non le sia mai capitato pur in una lunga carriera di arrossitrice seriale.
- Ehm… grazie? – prova, recuperando il quaderno in una serie di movimenti brevi e circospetti, e stringendoselo al petto a mo’ di scudo.
- Volevo scusarmi per come mi sono comportato ieri. – continua il ragazzo, annuendo a se stesso, - Ho esagerato.
- Oh… no, posso capire. – ridacchia appena Annika, abbassando lo sguardo, - Kristen ogni tanto è irritante.
- Tu però sei stata zitta tutto il tempo. – prosegue lui, puntandole un dito contro con una certa disinvoltura, come se neanche riuscisse a realizzare quanto una cosa del genere possa essere maleducata o mettere a disagio l’interlocutore. Annika fissa la punta del suo indice, ma lo sguardo negli occhi di Daniel è così genuinamente limpido che non riesce né ad arrabbiarsi, né a sentirsi minacciata quanto vorrebbe.
- Non parlo molto, di solito. – ribatte con una scrollatina di spalle, e Daniel annuisce, come considerando il fatto per prenderne diligentemente nota.
- E com’è che eravate lì, ieri pomeriggio? – domanda, - Cioè, con tutto il rispetto, la tua amica non mi è sembrato che abbia capito esattamente dove si trovava.
Annika sospira, abbassando lo sguardo.
- No, guarda… - comincia, cercando faticosamente le parole più appropriate per esprimersi, - Kristen non voleva mancarti di rispetto, ti assicuro che non è una ragazza cattiva, solo che non aveva la minima idea di cosa stava facendo, quando ci ha iscritte al tuo club. Non l’ha fatto con cattiveria, stava solo cercando di aiutarmi.
Lo sguardo di Daniel si fa immediatamente più interessato, mentre sposta tutto il proprio peso in avanti, poggiando i gomiti sul tavolo per sporgersi verso di lei.
- Quindi l’ha fatto per te perché tu… - lascia la frase in sospeso, accennando ad Annika col capo, e lei immediatamente si agita.
- Ho— Ho avuto un po’ di problemi, ultimamente, - cerca di spiegarsi senza per questo dover dare via tutta la storia della propria vita a questo ragazzino al loro secondo incontro, - e lei ha pensato che questo fosse il modo giusto per aiutarmi a uscirne, ma te lo ripeto, ha solo frainteso tutta la situazione, senza malizia. Ti prometto che non si ripeterà.
Daniel sembra considerare la questione – specie la sua ultima promessa – con molta serietà. Le sue labbra si piegano in una smorfia pensierosa e vagamente infantile, simile a un broncio, ma meno platealmente civettuola, e c’è, in lui, una sorta di equilibrio sempre in bilico fra fanciullezza ed età adulta che lo fa somigliare ad un giovinetto caravaggesco, e nel momento in cui Annika si accorge di ciò che ha pensato, e comprende di averlo pensato davvero, sa già che è ormai troppo tardi per tornare indietro.
Con Evan è successa esattamente la stessa cosa, e lei ancora ne piange le conseguenze.
- Senti, come la prenderesti se invece ti dicessi che sarebbe bello se si ripetesse? – domanda lui con aria un po’ divertita. Annika spalanca gli occhi e schiude le labbra, incerta.
- Intendi… vuoi che riporti Kristen alla prossima riunione del tuo club? – domanda, ancora troppo stupita anche solo per corrugare la fronte.
- Be’, se deve per forza venire anche lei… - ridacchia lui, stringendosi nelle spalle, - Ma in realtà parlavo più che altro di te. Cioè, dopo che voi ve ne siete andate, - spiega, - non è esattamente venuto qualcun altro.
- …no? – domanda Annika, giusto per invitarlo a proseguire. Daniel scuote il capo con aria fra l’afflitto e il rassegnato.
- No. – sospira, - Sembra che nessuno sia interessato a discutere la questione. Ma io penso che in molti abbiano semplicemente paura. Sai cosa, è che tutta la questione dell’adolescenza, no?, per molti gira attorno al sesso. La maggior parte della gente, quando parla con un ragazzo della mia età, si aspetta di sentire girare quasi la totalità della sua vita attorno al sesso, attorno al desiderio di farlo e via così. Rimangono tutti stupiti, quasi sconcertati, quando tu prendi e rispondi che non sei interessato. Si convincono che ci sia qualcosa che non va nella tua testa, capisci, e cercano di parlarti, di dirti “ma guarda che è una cosa naturale, non devi vergognarti dei tuoi desideri”, perché per loro è così assurdo che uno semplicemente non ne abbia voglia, che si convincono che tu stia mentendo per imbarazzo, quando magari non ti interessa davvero. – Daniel si interrompe per scrollare le spalle e riprendere fiato dopo l’arringa, ed Annika si accorge solo in quel momento che sta trattenendo il respiro da una quantità di tempo spropositata, probabilmente illegale e sicuramente pericolosa, solo per cercare di evitare la possibilità di perdersi anche una sola delle sue parole. O del suono della sua voce quando le pronuncia. – Quello che intendo, - riprende Daniel, per riassumere il proprio pensiero, - è che probabilmente ci sono altri ragazzi in questa scuola che semplicemente non vogliono farlo, come me e come te, ma probabilmente sono spaventati perché pensano che non voler fare sesso sia da sfigati, o non sia normale. È per questo che ho creato il club, perché così magari potevo aiutare qualcuno di questi ragazzi a venire fuori da una qualche brutta situazione, sai?
Annika annuisce lentamente, cercando di staccargli gli occhi di dosso per guardare altrove, e stabilendo che continuare a sezionare la propria insalata potrebbe essere un’attività molto produttiva, in questo momento, specie se non vuole tornare a fissare Daniel nel tempo record di tre secondi netti dopo l’ultima volta in cui l’ha fatto.
- Capisco… - dice a bassa voce, - Ma… non fraintendermi, credo che quello che vuoi fare sia molto… uh, utile, sicuramente, ma io non sono tipo da condivisione, in realtà, non mi piace parlare di me stessa, per cui… non vedo proprio come potrei aiutarti. – si stringe nelle spalle, arrossendo imbarazzata.
- Il punto è proprio questo! – spiega Daniel, infervorandosi immediatamente, - Ieri, la tua amica, quella Kristen, è andata dal preside a ritirare la vostra iscrizione al club. A quel punto, il preside mi ha convocato, e mi ha detto che lo statuto scolastico non prevede il riconoscimento ufficiale di club con nessun iscritto a parte il fondatore, motivo per il quale mi ha detto che se non trovo un altro iscritto entro oggi, ed altri quattro entro la fine del mese per un totale di cinque escluso me, sarà costretto a farmi chiudere. Capisci? Se non trovo qualcuno entro oggi, non riuscirò mai a scoprire se ci siano altri ragazzi che abbiano davvero bisogno di aiuto in questa scuola! Se tu accettassi di tornare nel club, potresti potenzialmente essere il veicolo per la salvezza di molte vite!
- Cosa?! – Annika solleva lo sguardo dal proprio piatto, fissando Daniel con aria un po’ persa e decisamente confusa, - Adesso non credi di stare correndo un po’ troppo, o magari di stare scivolando un attimino lungo la china del fanatismo, o qualcosa del genere? – domanda incerta, ma Daniel scuote il capo con convinzione.
- Assolutamente! – insiste, - Non sai quanti adolescenti si suicidano ogni anno per motivi del genere?
- Perché sono asessuali? – domanda Annika, spalancando gli occhi.
- Be’, no, - borbotta Daniel, stringendosi nelle spalle, - non specificatamente, almeno. Ma perché hanno problemi con la loro sessualità, non la capiscono, non sanno interpretarla, e ciò li rende depressi, confusi e disperati! Con questo club noi potremmo aiutarli a comprendersi meglio, e questo potrebbe fare di loro persone migliori. Non capisci? È una cosa importante!
- Sì, ma… - Annika sospira, scuotendo il capo, - Daniel, io non—
- Oh, andiamo! – quasi la implora lui, pestando infantilmente i piedi a terra, - Potrei andartene, se vorrai, quando troverò qualcuno che voglia davvero condividere la propria storia, ma in questo momento ho tremendamente bisogno di te. Per favore? – domanda, le sopracciglia inarcate verso il basso e una generica aria da cucciolo bastonato che fa in modo di dare ad Annika parecchie ragioni per darsi dell’imbecille mentre, dopo un ennesimo sospiro rassegnato, cede, ed annuisce condiscendente.
- Solo fino a quando non trovi qualcun altro, ok? – mette in chiaro con un sospiro pesantissimo, mentre Daniel si lascia andare ad uno scoppio d’entusiasmo e batte le mani, felice.
- Si capisce. – annuisce freneticamente, alzandosi in piedi, - Allora ti aspetto questo pomeriggio appena terminano le lezioni! – si raccomanda, abbandonando la mensa di gran corsa, probabilmente per precipitarsi a comunicare al preside la lieta novella. Annika riprende a fissare la propria insalata con aria sconsolata e un po’ depressa, e continua a farlo finché la campanella non annuncia il termine dell’ora di pranzo, e la ripresa delle lezioni.
- Non so cosa te lo faccia pensare, - risponde, stringendosi nelle spalle, - ma qualsiasi cosa sia, probabilmente te la sei immaginata.
- Annika, io ti prego. – sbuffa Kristen, gettandosi i capelli dietro le spalle in una mossa teatralmente infastidita, - Ti conosco da quando ti ho trovata chiusa nello sgabuzzino delle scope al primo anno delle medie con una macchia enorme sui pantaloni, mentre piangevi disperatamente delirando di emorragie interne e blaterando che saresti sicuramente morta in un paio d’ore.
- Kristen! – strilla la ragazza, spiaccicandole una manata sulla faccia e ritraendosi quasi istantaneamente nel sentire la patina appiccicosa del lucidalabbra stamparlesi contro il palmo, - Dio mio, ma pensi mai alla possibilità di porre un filtro fra quello che pensi e quello che dici? Forse ti serve una lobotomia, sono più che sicura che tuo padre sarebbe più che felice di pagare anche per questo, se riuscissi a fargli credere di volerla proprio tanto tanto, come nel caso della Ferrari rosa per i tuoi sweet sixteen.
- Annika, ho smesso di ascoltarti minuti fa. – sbotta la ragazza, gesticolando vagamente con una delicata manina dalle unghie perfettamente smaltate, - Il punto è che ti conosco troppo bene per bermi una cazzata simile. Il ragazzo ti piace, o non ti saresti presa tanto a cuore le sorti del suo sfigatissimo club per sfigati cronici e orgogliosi di esserlo.
- Si dà il caso, - comincia Annika con uno sbuffo spazientito, - che io creda molto in quello che Daniel vuole fare. Intende aiutare dei ragazzi che ne hanno bisogno, che è molto più di quanto tu possa dire di aver fatto in tutti i tuoi quasi diciotto anni di vacua vita, ed io penso che possa riuscirci, se gliene si dà la possibilità.
- Allora, punto primo: vacua? Oh, Dio, l’ultima volta che ho sentito questa parola… non l’ho sentita, perché molto probabilmente era la lezione di letteratura inglese della professoressa Ferris, e come ben sai non la ascolto mai. – ribatte Kristen, scrollando le spalle, - Punto secondo, che è quello che mi sta più a cuore: questo ragazzino ti sta facendo il lavaggio del cervello, tesoro. Aiutare le persone? Per non ottenere nulla in cambio, poi? Che assurdità. – commenta, agitando una mano come a voler scacciare via l’insulso pensiero, - Stai passando troppo tempo da sola con lui, ed è solo per questo, e non per tenere in vita questo stupido club, che ho deciso di venire con te.
Annika sospira, scuotendo il capo.
- Sarà sufficiente, Kris. – cede con un mezzo sorriso, - Grazie.
Kristen scrolla le spalle con uno sbuffo da principessina annoiata, ma Annika non si lascia sfuggire il sorriso soddisfatto che le piega le labbra in una smorfia quasi tenera, per appartenere a lei, ed è pertanto con aria di gran lunga più sollevata che arriva all’aula trentaquattro, e ne apre la porta, trovandosi davanti ad una scena mai vista: Daniel sta parlando con delle persone; due persone, a voler essere precisi, due studenti che Annika non conosce personalmente ma che sa di aver visto vagare in giro per la scuola una volta o l’altra, per cui può affidarsi alla ragionevole certezza che non si tratti di due esterni che Daniel ha reclutato pagandoli perché facciano numero in vista del controllo del preside alla fine del mese.
- Ehi… - saluta, entrando in classe e guardandosi intorno con aria un po’ confusa, - Mi sono persa qualcosa?
Daniel si volta a guardarla con gli occhi che si illuminano di gioia.
- Sì! – esclama entusiasta, - Ti presento i due nuovi membri del nostro club! – continua, indicando i due studenti con un ampio cenno del braccio.
- Oh, Mio Dio… - esala Kristen, stampandosi una manata sulla fronte e sollevando gli occhi al cielo in un gesto da diva del cinema muto, - Oh, mio Dio, non posso credere che stia accadendo sul serio. Tu devi essere proprio un idiota, o sbaglio? – domanda a Daniel, con aria quasi genuinamente curiosa. Lui aggrotta le sopracciglia, offeso.
- Prego? – borbotta inacidito, e Kristen sospira ancora, mormorando un “santa pazienza” che, fortunatamente, solo Annika riesce a sentire.
- Questo è un club per asessuati, no? – domanda in uno sbuffo supponente. A Daniel e ad Annika viene la pelle d’oca.
- Asessuali, Kris… - piagnucola la ragazza, pinzandosi la radice del naso, - Asessuali.
- Sì, d’accordo, quel che è. – taglia corto lei, agitando nuovamente la mano a mezz’aria, - La sostanza è uguale, no? Persone che non fanno sesso.
- La sostanza non resta uguale, stupida gallina ignorante! – ringhia Daniel, stringendo i pugni lungo i fianchi, - Gli esseri asessuati non posseggono organi riproduttivi! Gli asessuali li posseggono, ma semplicemente non sono interessati ad utilizzarli! È profondamente diverso, ci arrivi o no?!
- Ma tu sei veramente vuoto dentro! – strilla Kristen, gesticolando animatamente, - C’è un baratro scuro e nero dentro il tuo cranio, al posto del cervello di cui Madre Natura avrebbe dovuto fornirti quando sei uscito dalla catena di montaggio! Se ti guardo dentro un orecchio e urlo, sento l’eco!
- Kristen! – strilla Annika, cercando di porre un freno all’isteria galoppante dell’amica, - Dio mio! Abbi pazienza, zitta!
- Il punto della questione! – insiste Kristen, di fronte agli sguardi sconcertanti di Daniel e dei due studenti, - È che ti ho detto che il nocciolo era il fare sesso o meno, no? In ogni caso, sia tu asessuale, asessuato, frigido o un eunuco, per entrare in questo club il requisito di base è che non devi scopare, no? Ho ragione o torto?
Daniel guarda altrove, stringendo i pugni.
- Hai ragione. – ammette. Il solo pronunciare queste parole lo fa sentire nauseato. Per come la vede lui, dare ragione a una ragazza come questa è qualcosa che nessun essere umano dovrebbe mai essere costretto a fare.
- Ebbene. – prosegue Kristen, con aria più rilassata, - Quello lì è Morgan Delaway, - dice, puntando l’indice contro uno dei due studenti, un ragazzo bassino, smilzo, con una zazzera di scomposti capelli castani, vestito tutto di nero e con un paio di pantaloni dentro i quali potrebbe entrare comodamente due volte, - ed è gay. Sta con un tizio più grande, un tale Mark, va al college. Dio, ma non sapete proprio niente! – strilla esasperata, - Non so perché sia qui, ma di sicuro non è asessuato. O asessuale. O quel che è. E quell’altra! – continua, puntando l’indice verso l’altra studentessa, una ragazza piccolina, con un grazioso caschetto di capelli biondi e limpidi occhi azzurri grandi il doppio rispetto a quanto una normale testa umana possa sopportare senza correre il rischio di rubare spazio al cervello, - è Dee-Dee Parton! Ed è pazza, è la piromane della scuola! Due giorni fa ha appiccato un incendio nei bagni delle ragazze al secondo piano! Potrà anche non aver mai visto un uccello nella sua intera vita, ma suppongo che se anche l’avesse visto gli avrebbe dato fuoco, e comunque non è certo una presenza rassicurante che inviterà altra gente ad iscriversi a questo club di sfigati!
- Avevo solo cinque anni, quando è successo… - pigola Dee-Dee, abbassando lo sguardo a mo’ di scusa, - Sono cresciuta molto, da allora. Ammetto di avere avuto qualche problema, in passato—
- Dove per passato, lo ricordiamo a tutti, si intende due giorni fa. – puntualizza per lei Kristen, interrompendola.
- …ma sto cercando di risolvere i miei problemi. La mia terapista dice che condividere le mie esperienze in un gruppo potrebbe essermi utile. – conclude lei, stringendosi nelle spalle e giocando con l’orlo dell’enorme fiocco bianco che le stringe in vita il vestitino azzurro, - Ho cercato un club più adatto, ma sembra che non esistano gruppi di supporto per giovani piromani, e dal momento che lo slogan sul manifesto diceva che qui si poteva venire per parlare liberamente ed essere ascoltati senza essere giudicati…
- …be’, suppongo che abbia senso, dopotutto. – sospira Annika, avvicinandosi con un mezzo sorriso e poggiandole delicatamente una mano sulla spalla, - Benvenuta nel club, Dee-Dee.
- Non posso neanche credere a quello che sto vedendo. – esala Kristen, sbigottita, spalancando gli occhi, - E tu? – chiede, voltandosi verso Morgan, - Lei è pazza, Annika è un’impedita, io sono la sua migliore amica e devo sacrificarmi e il nostro presidente, qui, è un idiota integrale. Ma qual è la tua scusa?
Il ragazzo si stringe nelle spalle, lanciando un’occhiata interessata fuori dalla finestra mentre un piccolo sorriso furbo gli si disegna sulle labbra.
- Ho una madre molto apprensiva che vuole sempre sapere dove mi trovo. – spiega, spalancando la suddetta finestra e recuperando la propria tracolla dalla spalliera di una sedia, - Una madre che, oltretutto, non sa che sono gay. Avevo bisogno di una copertura, - scrolla le spalle, mettendosi a cavalcioni sul davanzale e scavalcandolo prima con una gamba e poi con l’altra, - e ho pensato che il club degli asessuali fosse la migliore in assoluto. – ridacchia, salutando entusiasta qualcuno che lo attende a cavallo di una motocicletta gigantesca, proprio oltre i cancelli della scuola. – Ah, per tua informazione, - aggiunge, voltandosi verso Kristen mentre punta entrambe le mani sul davanzale della finestra e si prepara a saltare di sotto, - Mark faceva tanto fine della settimana scorsa. – scrolla le spalle, annoiato, mentre Daniel aggrotta le sopracciglia e borbotta “ma oggi è lunedì!”, - Il mio nuovo ragazzo, - prosegue Morgan, senza nemmeno ascoltarlo, - si chiama Malcolm. È il suo migliore amico.
Kristen spalanca la bocca e sbatte le ciglia un paio di volte.
- Ne prendo nota. – annuisce, fingendo di scrivere per aria con una penna immaginaria. Morgan salta di sotto e sparisce saltellando oltre il cancello, e gli occhi di tutti i presenti si voltano simultaneamente a guardare Daniel, il quale, arrossendo blandamente, si stringe nelle spalle.
- Be’, - abbozza, - vista la situazione nella quale ci troviamo, non possiamo certo permetterci di fare troppo gli schizzinosi. D’altronde, se una come lei può restare, - dice, indicando Kristen con un cenno del capo, - non vedo perché dovremmo negare l’ingresso a Dee-Dee e Morgan. Per cui, benvenuti a entrambi, anche se uno non può più sentirmi. – sospira rassegnato.
- Questo club è una buffonata. – commenta Kristen, afferrando una seggiolina e prendendo posto in un punto casuale dell’aula, accavallando le lunghe gambe tornite e abbronzate da capo delle cheerleader-wannabe Miss America. – Qual è il punto di un gruppo d’ascolto per gli asessuali se poi la gente può venire a parlare di come appicca incendi dolosi ai rotoli di carta igienica nei bagni, o di come cambia ragazzo più velocemente di quanto cambi le mutande? Tanto vale che mi metta qui a parlare di tutti i problemi che ho avuto l’altro giorno quando, entrando da L’Oréal, ho scoperto che non vendono più il mio smalto rosa shocking preferito.
Daniel sospira, lasciandosi ricadere con un tonfo sulla sedia dietro la cattedra.
- Comincia pure, Kristen, - dice sprezzante, - siamo tutti ansiosi di ascoltare la tua storia.
Kristen non capisce che si tratta di una battuta, e comincia a raccontare.
- Alle volte mi chiedo perché lo sto facendo. – mugola, massaggiandosi stancamente le tempie. Il racconto di due ore di Dee-Dee, circa le motivazioni che l’hanno spinta ad appiccare il fuoco al granaio nella fattoria dei suoi nonni quando aveva sette anni, l’ha molto provato.
Annika ridacchia, battendogli una lieve pacca contro una spalla. Adesso che l’aula è vuota, che Kristen ha smesso di urlare e che non c’è più bisogno di litigare per mezz’ora prima di poter riuscire a dire mezza parola su un qualsiasi argomento interessante, entrambi si sentono meglio, più liberi di aprirsi e chiacchierare. Daniel trova quasi più conforto nei pochi minuti che passa a conversare con Annika alla fine di ogni incontro, che non nelle lunghe ore che compongono gli incontri stessi, e che – fra Morgan che sta sempre attaccato al cellulare finché il ragazzo del giorno non passa a prenderlo, Dee-Dee che racconta cose raccapriccianti e Kristen che ha sempre da ridire su qualsiasi opinione lui possa avere – sembrano sempre passare allo stesso tempo troppo in fretta e troppo lentamente per poter essere di un qualsiasi aiuto.
- Non volevi salvare il mondo? – gli chiede lei con una risatina ironica.
- Se potessi evitare di prendermi in giro, grazie… - borbotta lui, pur ridendo a propria volta, - Comunque mi pare evidente che è il mondo a non voler essere salvato. – sospira, stringendosi nelle spalle.
- Oh, andiamo, Daniel… - lo incoraggia Annika, - Stai facendo tutto il possibile.
- Sì, ma oggettivamente, a parte me e te, chi è che sta in questo club e c’entra anche qualcosa? – sospira il ragazzo, lanciando un’occhiata rassegnata al soffitto, - Sono passate due settimane e mezzo, fra poco il preside mi chiederà dov’è il quinto iscritto e io non saprò indicarglielo perché non l’avrò trovato, lui mi costringerà a chiudere il club e forse sarà meglio, perché onestamente, questa cosa non sta aiutando nessuno. Tu non vuoi parlarne, e d’accordo, non sei pronta, rispetto la tua scelta, ma gli altri? Né Kristen, né Morgan, né Dee-Dee sono qui perché hanno bisogno d’aiuto. Cioè, sì, secondo me ne avrebbero anche, ma non riguardo la loro sessualità. Io pensavo di poter aiutare qualcuno perché mi ci sento a mio agio, no?, col mio essere asessuale e tutto il resto, ma forse se non riesco ad aiutare nessuno è perché non c’è nessuno da aiutare, sai? – sospira ancora, la schiena che torna ad incurvarsi mentre lui appoggia i gomiti sulle ginocchia e prende a fissare il pavimento con aria triste. – A volte… intendo, me lo chiedevo spesso, in passato. – comincia in un borbottio incerto. Annika gli si avvicina appena, sentendosi arrossire pericolosamente nel solo movimento.
- Ti chiedevi cosa?
- Alle medie, dico. – spiega lui, con un mezzo sorriso, - Quando tutti i miei compagni di classe hanno cominciato ad uscire con le loro ragazze al pomeriggio, quando si nascondevano nel cortile per baciarsi e così via… e io ero l’unico al quale queste cose non sembravano interessare per niente, mi chiedevo “ma sarò io che ho qualcosa che non va? Sarò malato, sarò anormale?”.
- Daniel, no… - cerca di interromperlo lei, sentendosi il cuore stretto in una morsa. Lui però scuote il capo.
- Poi ho fatto qualche ricerca, ho visto che come me ce n’erano tanti altri, nel mondo. Tanti ragazzi che non capivano, tanti ragazzi che si sentivano sbagliati e fuori posto, ed è stato allora che mi sono detto “cazzo, no, non sono sbagliato, sono solo diverso, ma non sono solo”. E… - la sua voce si fa incerta, - E ho pensato, sai, che se mi fossi trasferito in una scuola più grande, per il liceo, una come questa, forse sarebbe stato meglio. Avrei trovato qualcuno come me, e mi sarei sentito meno… - gesticola a mezz’aria, come se nessuna di tutte le parole che gli vengono in mente gli sembrasse adatta a descrivere il suo stato d’animo.
Non riesce proprio a trovarne una che vada bene, tant’è che lascia in sospeso la frase, con un ultimo sospiro abbattuto.
Annika stringe la presa della propria mano sulla sua spalla, e si inumidisce le labbra. Riflette bene sulle possibilità che ha e sceglie coscientemente di mentire. Lo fa perché anche se Daniel le è entrato in testa proprio com’è successo la prima volta che ha guardato un dipinto di Botticelli e ha capito che era quello il mondo che voleva intorno una volta che fosse diventata adulta, ed anche se molto spesso, quando gli sta accanto, l’unica cosa che riesce a pensare è che vorrebbe averlo più vicino, e sentirsi le sue labbra addosso, sa perfettamente che niente del genere accadrà mai, perché al contrario di lei, che è solo una stupida ragazzina scottata da una relazione che le ha lasciato addosso più ferite di quante non riesca a contarne, a Daniel questa parte delle relazioni interpersonali non interessa davvero. Ed è così che è, ed a lei piace anche questo.
Perciò sceglie di mentire. Perché niente di quello che vorrebbe fare sarebbe sufficiente per farlo stare meglio adesso. Ma può fare qualcosa che non vuole, e alleggerire le sue spalle del carico di solitudine che si porta dietro da anni.
- Non sei solo, Daniel. – lo rassicura sorridendo, appoggiando la propria fronte alla sua tempia e sentendosi sciogliere qualcosa nel centro del petto quando lo percepisce rilassarsi contro di lei in un sospiro sollevato, - Io sono proprio uguale a te, e ti capisco. Con me potrai sempre confidarti, te lo prometto.
Daniel sorride a propria volta, cercando la sua mano con la propria ed intrecciando le dita con le sue.
- Grazie. – le sussurra. Si volta a guardarla, i loro sguardi si incrociano ed Annika si sente stringere il cuore come mai prima per ciò che ha così vicino e che in ogni caso non potrà mai avere, ma è una sensazione così labile, così svelta a dissolversi nell’aria come non fosse mai esistita, che presto non ne resta che una traccia leggerissima nell’occhiata triste che gli lancia, un attimo prima che una voce sconosciuta spezzi il silenzio confortevole che si era venuto a creare fra loro.
- Scusate… disturbo? – domanda una ragazza, entrando nell’aula e rimanendo sulla soglia, le spalle schiacciate contro la porta. Indossa la divisa delle cheerleader, ma Annika non l’ha mai vista in compagnia di Kristen, quindi dev’essere una matricola.
- No, affatto. – le sorride sereno Daniel, alzandosi in piedi e sciogliendo la stretta delle loro mani per avvicinarsi, - Ti serve qualcosa?
- No… - comincia lei, ma poi si mordicchia il labbro inferiore, e gli solleva addosso gli occhi, - …sì, in realtà sì. Mi chiamo Betty, e… insomma, mi hanno detto che questo potrebbe essere il posto giusto per me. – confessa con un certo imbarazzo.
- Ah, sì. – ironizza Daniel, stringendosi nelle spalle, - Se sono finite le pagine del tuo diario segreto e non sai più con chi parlare di ogni singolo particolare della tua vita, questo club fa proprio al caso tuo. – ridacchia.
La ragazza sembra confusa, arrossisce all’improvviso, i suoi occhi saettano da un lato all’altro della stanza. Annika deglutisce, incerta.
- Daniel… - richiama la sua attenzione a bassa voce, - Credo che lei… sia qui perché è qui che deve stare. – dice, sforzandosi di parlare senza dire le cose troppo chiaramente, dal momento che la ragazza non sembra per niente a proprio agio.
Daniel spalanca gli occhi, tornando a guardare Betty con stupore evidente.
- Vuoi dire che tu…? – comincia incerto. Betty deglutisce e si stringe nelle spalle, guardando altrove.
- Io credo di essere asessuale. – dice in un fiato, - Ma sono confusa e non so bene… non so davvero che cosa dovrei pensare, in questo momento, è tutto così strano… - mugola. La sua voce si fa sempre più flebile, sottile e addolorata con ogni parola che dice. Annika si alza in piedi e la raggiunge, appoggiandole una mano sulla spalla.
- Ehi… - la rassicura, mentre negli occhi di Daniel si fa strada un minuscolo barlume di speranza, - Non ti preoccupare. Sei nel posto giusto. Ne parleremo, e vedrai che dopo che ti sarai sfogata andrà meglio.
La ragazza forza un piccolo sorriso ed annuisce, ringraziandola per le sue parole.
Daniel ridacchia, sollevato.
- Sembra che questo club non chiuderà, dopotutto. – commenta allegro, - E forse riuscirà perfino ad essere d’aiuto a qualcuno.
Annika lo guarda, sentendosi pervasa dalla più sciocca sensazione d’orgoglio mai provata in vita propria. Ed anche se le viene voglia di piangere, cerca di non pensarci, ed annuisce incoraggiante.
- Kris, sono sicura che nella vita farai un sacco di strada. – borbotta Annika in risposta, lanciandole un’occhiata infastidita mentre ripensa a tutta la questione del tollerarsi a vicenda e stabilisce che a lei, comunque, tocca sempre di tollerare un po’ più di quanto non faccia Kristen, e che forse gettare tutto alle ortiche non sarebbe una scelta così inaccettabile, - Ma comunque non sono stata io ad iscrivermi a quel club perché mi piaceva il presidente, sei stata tu ad iscrivermi contro la mia volontà e senza neanche dirmelo, e il presidente ha cominciato a piacermi solo dopo che l’ho conosciuto a causa tua, per cui non credo proprio di avere delle colpe, nella situazione contingente.
- Ma allora non mi ascolti, quando parlo! – sbotta Kristen, voltandosi a guardarla facendo tanto d’occhi, - Ribadisco che stare tanto tempo con quel tizio ti fa male. Ti attacchi ad ogni minimo dettaglio per rifiutarti di prendere coscienza del succo di quello che dico, e cioè che quando ti sei presa questa stupida cotta sapevi già che Daniel era asessuale e quindi non avresti avuto neanche una speranza. Ho forse torto?
Annika distoglie lo sguardo, borbottando fra sé. Non sa come Kristen riesca sempre in ogni modo a rigirare la frittata in modo che sia praticamente impossibile darle torto, anche quando ce l’ha. È così frustrante.
- Allora? – insiste la ragazza, fermandosi in mezzo alla strada solo per poterla scrutare da una distanza ancora più fastidiosamente ridotta, - Ho forse torto?
- No, non ce l’hai! – strilla Annika, agitando le mani, esasperata, - Non ce l’hai, ok? – sbotta, lasciandosi ricadere sulla prima panchina vuota disponibile ed abbassando il capo, mentre alcune ciocche di capelli le sfuggono da dietro le orecchie e dal fermaglio che li tiene appuntati sulla nuca, scivolando a coprirle il viso, - Sono una deficiente totale, l’unica che dopo essere uscita da una relazione di merda può andarsi ad imbarcare in una situazione perfino peggiore. Sono un’impedita, proprio come pensavi tu. Contenta?
- Annika, ma non dire sciocchezze. – sbuffa Kristen, sedendosi al suo fianco ed accavallando le gambe in un gesto colmo di misurata quanto affettata grazia, - Come potrei mai essere felice di una cosa simile? soffro se non sei felice, mi sembra ovvio, sei la mia migliore amica! Ma ormai sono abituata a vederti soffrire per amore, con Evan non è stato granché diverso.
- Con Evan è stato completamente diverso, Kristen. – sospira Annika, continuando a guardare in basso alla punta delle proprie scarpe. Anche solo paragonare le due situazioni è impossibile, ma è quasi sicura che, se lo dicesse a Kristen, si sentirebbe rispondere “tesoro, ti sfugge il succo della questione: sono entrambi due uomini che hai lasciato liberi di prendere a calci il tuo cuore; in modi diversi, magari, ma il risultato non cambia”. Dal momento che non vuole dare a Kristen l’occasione di farla sentire una stupida ancora una volta, e dal momento che ci è arrivata da sola a capirlo perché anche due situazioni così apparentemente diverse come quella con Evan e quella con Daniel possono risultare simili, preferisce tacere.
- Tesoro, questo non è il punto. – sospira Kristen, come se dovesse attingere a chissà che enorme dose di pazienza per starle dietro, - Il punto è che non capisco proprio cosa sia cambiato. Sono ormai quasi tre mesi che va avanti questa storia del club, e prima di un paio di settimane fa non ti eri mai lamentata della tua situazione con Daniel. Negli ultimi giorni invece sei diventata una piaga, eppure non mi risulta che tra voi siano cambiate le cose.
Annika si lascia sfuggire un lamento sofferente, appoggiandosi con la schiena alla spalliera della panchina e guardando il cielo bigio sopra le loro teste.
- Kristen, ma tu dove l’hai lasciata la sensibilità quando sei venuta al mondo? – piagnucola, - È tutta colpa della ragazza nuova, comunque.
- Chi? – domanda Kristen, finalmente interessata all’argomento, - Cosa? Che nuova ragazza?
- Non la conosci… - borbotta Annika, - Cioè, sicuramente la conosci, perché è una cheerleader, ma non l’hai mai vista al club perché è arrivata più o meno quando tu hai deciso che ti eri rotta di continuare a seguire le riunioni.
- Una cheerleader? – Kristen la guarda con stupore neanche parzialmente celato, - E quale sarebbe la sua scusa per trovarsi lì?
- Apparentemente, è il primo vero asessuale che si iscrive al club dopo Daniel. – risponde Annika, stringendosi nelle spalle.
- Ma dai? – ridacchia lei, - Non ho mai conosciuto una cheerleader asessuale. In genere siamo tutte piuttosto attive. E il problema sarebbe…?
- Be’, proprio che è asessuale per davvero. – sospira la ragazza, guardando altrove, - Visto che sembra avere davvero un problema, e che ha bisogno di parlarne e lo fa con una certa energia, Daniel l’ha presa molto a cuore. E… - sospira ancora, perché sa che ciò che sta per dire le toglierà in un colpo tutto il resto della poca dignità che le è rimasta dopo questi mesi di pene d’amore ingiustificate, - E insomma, passa molto più tempo con lei che con me, ormai.
- Oh, quindi sei gelosa. – ride Kristen, scuotendo il capo, - Tesoro, potresti essere più stupida così? Neanche fossi bionda. Non hai niente da temere dal fatto che quei due si vedano così spesso. Sono entrambi asessuali, Annika, non combineranno mai niente.
- Ma non è questo il problema! – sbotta lei, pestando un piede per terra, - Dio, ma non capisci? Lo so che con Daniel non avrò mai niente di quello che vorrei davvero da lui, ma almeno prima riuscivamo a passare insieme un sacco di tempo! Adesso non ho più nemmeno questo, ed è tutta colpa di quella Betty!
Kristen spalanca gli occhi, schiudendo le labbra rosa e lucide e poi portando una mano a coprirsi la bocca, mentre sul suo viso prende forma un’espressione sconcertata che non lascia presagire nulla di buono.
- Tesoro, - dice con aria grave, - conosco una sola Betty nella squadra delle cheerleader, è una matricola e posso assicurarti che è tutto meno che asessuale.
Annika spalanca gli occhi a propria volta, tendendo tutti i muscoli del proprio corpo in uno spasmo di nervosismo involontario.
- Cosa…? – biascica a corto di fiato, e Kristen annuisce freneticamente, afferrandole entrambe le mani come per portarle un po’ di conforto mentre le racconta.
- Gemma, la cugina della migliore amica della sorella dell’ex compagna di classe del fidanzato della cugina di secondo grado della tipa che dà ripetizioni alla sorellina minore di Virginia, mi ha detto che questa Betty, dopo essere entrata nelle cheerleader, ha cominciato a ripassarsi tutta la squadra di football! – svela. Annika aggrotta le sopracciglia, e comincia a ritrarsi, - E pare che questo sia solo il primo passo di un piano ben più grande! Il suo prossimo obiettivo dovrebbero essere i ragazzi della squadra di basket, poi quelli della squadra di hockey, e poi chissà, il mondo!
- Kristen, ma piantala! – sbuffa, districandosi dal groviglio delle sue mani ancora strette attorno alle proprie, - Ma cosa vuoi che me ne freghi di questi stupidi pettegolezzi!
- Ma ha senso! – insiste Kristen, scivolando sulla seduta della panchina verso di lei, - Se davvero il suo scopo finale è mettere una bella spunta a tutti i nomi degli studenti maschi del nostro liceo, non può davvero farsi sfuggire il presidente del club degli asessuali! Cioè, capisci che credenziale sarebbe? Un po’ come per la Lewinsky averlo succhiato a Bill Clinton, non so se mi spiego!
- Kristen! – la interrompe Annika, saltando in piedi. Ha le sopracciglia aggrottate e i pugni talmente stretti lungo i fianchi che quasi tremano convulsamente, - Adesso basta, stai passando il segno. Lo sai queste cosa sono? Te lo dico io cosa sono: stronzate! Scommetto che quella ragazza non è mai stata a letto con nessuno, e che tutte voi non fate che malignare come galline dietro le sue spalle perché siete tutte così grette e meschine da non capire un accidenti di quanto dolorosa sia la sua condizione! Siete… sei, Kristen, perché lo sei anche tu, sei solo una stupida ragazzina ignorante. Sei tu quella con l’eco nella testa, non Daniel!
Kristen resta in silenzio per tutto il tempo, le labbra lievemente dischiuse, un’espressione visibilmente stupita ad indurire i tratti del volto. Si alza in piedi solo quando Annika ha finito, e la guarda con severità, restando dritta come un fuso davanti a lei.
- Volevo solo avvertirti. – le dice, molto più fredda di quanto Annika non l’abbia mai sentita, - Potrebbero essere solo pettegolezzi, ma io se fossi in te mi guarderei le spalle. Se sono veri, non ci metterai molto a perdere il tuo ragazzino, e anche il vostro stupido club, visto che, se lei se lo porta a letto, lui non ne avrà più alcun bisogno.
Non la saluta nemmeno, prima di voltarle le spalle e correre via. Annika ascolta il ticchettio velocissimo dei suoi tacchi contro il ciottolato della piazza, e non riesce neanche a sollevare lo sguardo da terra.
Non aveva mai visto un ragazzo tanto bello, specie fra i giocatori di football. A Kristen – che aveva frequentato solo quelli fin da quando aveva capito che far ondeggiare il sederino poteva aprirle le porte a parecchie opportunità per il futuro – erano sempre piaciuti i tipi robusti, con spalle larghe e capacità di espressione ridotte al grugnito ancestrale, ma Evan era diverso. Così snello e slanciato, coi capelli corti e neri scomposti sulla testa, con quel sorriso bianchissimo sempre pronto ad illuminare lo spazio attorno a sé, l’aveva stregata fin da subito.
Annika l’aveva capito perché subito, fin dal primo momento, aveva provato il desiderio di ritrarlo. Era stato tanto forte da farle prudere le mani, e dal momento che si trovava in una posizione tale da poter dar sfogo a quell’istinto senza dover dare spiegazioni a nessuno, si era fatta minuscola sulla panchina metallica sulla quale era seduta, aveva messo via il libro di testo ed aveva aperto l’album sulle ginocchia, riempiendo il foglio di cartoncino bianco di schizzi di ogni dimensione. Dettagli del viso, movimenti del corpo, posizioni plastiche, nel giro di venti minuti poteva dire di averlo ritratto da ogni angolazione che fosse umanamente possibile e, a causa di un paio di errori prospettici dovuti alla fretta e alla frenesia di riportare la sua immagine su carta, anche da un paio di angolazioni che invece, umanamente possibili, non lo erano affatto.
Kristen aveva trovato il foglio qualche giorno dopo – per allora, Annika era stata in grado di riempirne altri sei, fra sessioni di ritratto dal vivo inconsapevole e serate intere che passava sul letto in camera propria a cercare di riportare alla memoria quanti più dettagli possibile per disegnarlo anche senza avere il modello in carne e ossa davanti – e da lì era stato tutto molto semplice, perché Annika si era semplicemente affidata con trasporto alle sue mani – non c’era niente che Kristen sapesse fare meglio di combinare incontri e appuntamenti apparentemente casuali – e lei ed Evan avevano cominciato ad uscire insieme nel giro di una settimana.
Era stato bello fino a quando lei era riuscita a sforzarsi di ignorare i suoi innumerevoli ed evidenti difetti. Evan non era una persona cattiva, era solo uno stronzo, uno come se ne possono incontrare tanti nella vita, uno come al liceo è semplicissimo trovarne, specie nella squadra di football, specie se della sua estrazione sociale. Evan era figlio di avvocati, era uno pieno di soldi, uno di quelli che del proprio futuro non si preoccupa perché sa di averlo già assicurato, chiuso in cassaforte a doppia mandata e solo in attesa di ritrovarsi fra le sue mani quando sarà pronto; non era propriamente viziato, semplicemente era abituato ad avere sempre tutto quello che chiedeva, e pertanto non si faceva scrupolo a chiederlo come se gli fosse dovuto, come se dover porre la domanda e chiedere per favore fosse una fatica, un atto di gentilezza che lui le usava, ma che non era per niente obbligato ad elargire.
Così, quando le chiedeva di non uscire con altre persone che non fossero lui, lo faceva in modo che sembrasse assurdo ad Annika dire di no. Allo stesso modo, quando aveva preteso che lei lo seguisse nel suo chalet di montagna per ogni weekend, nonostante la sola idea annoiasse Annika oltre ogni limite consentito, lei l’aveva seguito. Quando i suoi tocchi si erano fatti più audaci, le sue mani più intraprendenti, le sue labbra più affamate, Annika gli aveva concesso tutto quello che voleva, semplicemente perché Evan, senza nessuna crudeltà ma con irritante supponenza, ci aveva messo le mani sopra e se l’era preso.
Doveva essere stata più o meno la stessa cosa quando Evan aveva posato gli occhi addosso a Jane Merryweather, una delle altre matricole fra le cheerleader, ed aveva deciso che voleva e si sarebbe preso anche lei. Quando, dopo aver scoperto il tradimento – Kristen era stata molto solerte nel fornirle le foto scattate con la fotocamera ad otto megapixel del suo iPhone – ne aveva parlato con lui, ad irritarla in modo talmente esagerato da obbligarla quasi moralmente a lasciarlo non era stato tanto il tradimento in sé, quanto il fatto che per lui non sembrasse niente di così incomprensibilmente assurdo. “Sei felice con me, io ti piaccio?” gli aveva chiesto, e quando lui aveva risposto di sì, lei aveva chiesto ancora “E allora perché?”, ed Evan aveva scrollato le spalle. Aveva scrollato le spalle come se non fosse un gran problema, come se fosse assurdo da parte sua stupirsi per una cosa simile.
La storia con Evan non l’ha convinta del fatto che tutti i maschi sono maiali, inaffidabili e traditori, non è per quello che non ne ha avute altre. Il problema è stato molto più profondo, perché capire di aver sbagliato tutto con lui l’ha portata a pensare di non potersi in alcun modo fidare dei propri sentimenti. Si era innamorata all’improvviso, con un vero e proprio colpo di fulmine, e il modo in cui era successo, quella sorta di misticismo con cui aveva approcciato quel nuovo sentimento, le aveva fatto pensare che per tutto il resto della sua vita, se mai si sarebbe innamorata di qualcun altro, sarebbe stato comunque allo stesso modo. E come poteva fidarsi di qualcosa del genere, come poteva provare ancora del trasporto per qualcun altro sapendo su che basi un’attrazione del genere poteva fondarsi – niente più di un sorriso, il taglio degli occhi, la forma delle mani, il modo in cui si muovono le gambe o i fianchi nel camminare?
Nell’anno che è passato da quando lei ed Evan si sono lasciati, non si è sforzata di non farsi piacere più nessuno, semplicemente non è più accaduto che qualcuno le interessasse perché, ogni qualvolta che qualcuno attirava la sua attenzione per un dettaglio durante educazione fisica o una normale lezione o anche solo per strada o camminando per i corridoi della scuola, lei non poteva fare a meno di distogliere lo sguardo e ignorare quella forza magnetica che l’avrebbe voluta spingere a guardare più attentamente. Solo per non ricascarci un’altra volta.
Con Daniel è successo solo per una serie di coincidenze. Perché Kristen ha agito come una dissennata di sua spontanea iniziativa mettendola in difficoltà e rendendola incapace di ragionare lucidamente, perché quando gli ha posato gli occhi addosso le sue difese, a causa dell’imbarazzo dato dalla situazione generale, erano abbassate, perché il suo cervello ha registrato automaticamente la questione dell’asessualità e, ritenendolo innocuo, non ha ritenuto opportuno erigere i soliti muri di difesa sorretti da indifferenza e disinteresse. Ed ora lei sta trovando più comodo arrabbiarsi con Betty perché è riuscita a fare quello che lei ha provato a fare per settimane senza riuscirci – interessare Daniel abbastanza da convincerlo a passare con lei più tempo di quanto non ne passasse con gli altri – ma la verità è che l’unica persona con la quale dovrebbe essere arrabbiata è lei stessa, per esserci ricaduta come una scema nonostante tutto.
- Scommetto che coi pensieri che hai in testa ci si potrebbe scrivere un libro. – dice Daniel. Annika solleva gli occhi dall’album sul quale stava disegnando, e lo chiude di scatto, stringendoselo contro il petto e indietreggiando di un paio di centimetri. Ha il cuore che le batte così forte da fare quasi male.
- E-Ehi… - dice quando riesce a riprendersi, appoggiandosi di spalle al tronco dell’albero contro il quale era seduta, - Non sapevo che fossi ancora qui, non abbiamo una riunione questo pomeriggio, no?
- No. – scuote il capo Daniel, sedendosi più comodamente accanto a lei, - Ma non abbiamo parlato molto, di recente, vero?
Annika si stringe nelle spalle, cercando di fargli credere di non essersene neanche accorta.
- Siamo stati presi da altro. – commenta con falso disinteresse. Daniel ridacchia, grattandosi la nuca.
- Betty è un po’ faticosa. – ammette, - Ma stiamo facendo grandi progressi, sai? Per questo… - aggiunge, un po’ imbarazzato, - voglio dire, per questo è un po’ triste che tu invece te ne stia molto sulle tue. Intendo, stai sempre lì a disegnare, anche durante le riunioni, e non dai molto l’impressione di ascoltare. E invece penso che potrebbe essere utile anche a te ascoltare quello che diciamo. Lo sai che non intendo forzarti a parlare di cose di cui non ti senti ancora pronta a parlare, ma almeno ascoltarle… lo dico per te.
Annika abbassa lo sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore e stringendo le mani attorno all’album da disegno.
- Lo so. – annuisce, - Sono solo stata un po’ distratta, ultimamente. Sono sicura che con Betty stai facendo un gran lavoro.
- Sì, ma… - insiste lui, stringendosi nelle spalle, - Tu facevi un gran lavoro con me. Ultimamente, però, non tanto. Cioè, non voglio farti sentire in colpa, è solo che ci siamo allontanati e non ne capisco bene il motivo. Ho fatto qualcosa di sbagliato?
- No! – Annika scuote il capo vigorosamente, - No, davvero, è solo… non è colpa tua, ok? Sono solo pensierosa. Ma mi passerà, dev’essere l’inverno. – sorride, a mo’ di scuse.
Daniel annuisce lentamente. Non sembra molto convinto dalle sue parole, ma allo stesso tempo sembra intenzionato a farsele bastare. È una caratteristica della sua personalità che ad Annika piace molto, perché la fa sentire a proprio agio. Dev’essere il risultato di tutti gli anni che ha passato a sentire la gente porgli le domande più strane per poi non essere soddisfatti dalle risposte, mentre dentro di sé pensava che sarebbe stato più facile se tutti avessero semplicemente preso ciò che diceva per ciò che era, senza voler cercare per forza significati o segni di malessere psicologico nascosti fra le righe.
- D’accordo. – dice infatti, sorridendole sereno, - Cos’è che stavi disegnando, comunque?
Annika si sente arrossire, ma prova a tenerlo a bada guardando altrove.
- Schizzi. – risponde, scrollando le spalle, - Niente di importante.
Il sorriso di Daniel si allarga.
- Un giorno me li farai vedere? – domanda, una punta di malizia nella voce, così innocente che su tutta la superficie del corpo di Annika scorrono brividi tali da costringerla a tremare.
- Forse. – concede, fingendo disinvoltura mentre vorrebbe solamente scavare un buco nel quale sotterrarsi per non uscire mai più. Daniel ridacchia e si alza in piedi.
- D’accordo, allora. A domani. – la saluta, scompigliandole i capelli sulla testa. Lei scuote il capo per rimetterli a posto, e poi torna a rilassarsi contro il tronco dell’albero, sospirando pesantemente. Piega le gambe e riapre l’album sulle ginocchia, guardando il foglio un tempo bianco ed ora coperto di schizzi del volto di Daniel riportato a memoria sul cartoncino, sentendosi talmente stupida da sentire quasi il bisogno di prendersi a insulti da sola.
- Oh. – dice qualcuno alle sue spalle, ed Annika chiude nuovamente l’album in uno scatto isterico. Non riconosce la voce, peraltro, perché non l’ha sentita tanto spesso e, quando l’ha sentita, non ci ha fatto abbastanza caso da poterla memorizzare, per cui si volta a guardare a chi appartenga l’ombra minuta che si allunga sul prato accanto a lei, e le salta il cuore in gola quando riconosce Betty, fasciata come al solito nella divisa da cheerleader, le mani sui fianchi e la coda alta e bionda arricciata in punta che le dondola su una spalla, - Ok, questa è una sorpresa.
- Betty. – prova a sorriderle, nonostante l’imbarazzo e l’agitazione la mettano in uno stato d’ansia che le impedisce di stare ferma, o anche solo di reggere il suo sguardo, - Ciao. Come mai ancora qui?
- In realtà, stavo cercando te. – sorride la ragazza, inginocchiandosi al suo fianco, - Avevo bisogno di chiederti una cosa, ma non so se è più il caso. – ridacchia, coprendosi la bocca con una mano.
- Be’, se posso aiutarti in qualche modo… - comincia Annika, ma si interrompe appena Betty ridacchia ancora. – Cosa c’è di così divertente? – domanda, aggrottando le sopracciglia.
Betty si stringe nelle spalle con fare civettuolo, concedendosi un’altra risatina.
- Volevo chiederti, visto che tu sembri quella che lo conosce meglio, se potevi darmi qualche consiglio. Sai, tipo, cosa gli piace, quali sono le cose che odia, e via così. – spiega con aria vagamente sognante, - È così carino, vorrei chiedergli di uscire insieme.
Annika sente tutti i muscoli del proprio corpo tendersi dolorosamente.
- Se stiamo parlando di Daniel, - risponde, - sono quasi sicura che fra le cose che non gli piacciono ci siano le ragazze che gli chiedono di uscire. Non è interessato, e lo sai!
- Be’, è sempre un ragazzo, dopotutto. – scrolla le spalle Betty, sorridendo soddisfatta.
- Un ragazzo per niente interessato, Betty! – insiste lei, - Credevo che anche tu fossi come lui, anche lui ne è convinto!
- Oh, be’… - sorride un po’ malignamente Betty, piegando il capino di lato, mentre la coda dondola dietro la sua nuca, solleticandole il collo, - con le cose sbagliate di cui Daniel è convinto, si potrebbe riempire una fossa. Se non sbaglio, è convinto anche che sia asessuale pure tu. Ma noi sappiamo bene che non è così, vero Annika? – domanda divertita.
- Cosa… che stai dicendo? – chiede Annika, ma la sua voce trema, incerta. Sa benissimo cosa Betty sta per dire.
- Gli hai detto di essere asessuale, ma stavi con Evan Price, vero? – ridacchia ancora, - Conosco sua sorella, è una delle mie migliori amiche.
- Betty, ti prego, - quasi scatta in ginocchio lei, afferrandole un braccio per impedirle di allontanarsi quando la vede alzarsi in piedi, - non dirglielo, farò qualunque cosa!
- Ma non voglio affatto dirglielo! – ride Betty, liberandosi con grazia delle sue dita strette attorno al polso, una dopo l’altra, - Non mi interessa fare la spia, finché tu non la fai sul mio conto. E poi non ho niente da temere, da te, tu non gli piaci. – aggiunge con aria disinteressata, - Te l’ho detto solo perché stavi per cominciare a farmi la morale e non ho davvero tempo da perdere con queste sciocchezze, visto che io, una possibilità con lui, ce l’ho. – conclude con un sorriso sereno. – Ci vediamo alla prossima riunione! – la saluta in un gorgheggio allegro, agitando una mano e correndo via lungo il viale che conduce al cancello della scuola.
Annika resta in ginocchio a cercare di ritrovare il modo per respirare normalmente. Quando ci riesce, non ha neanche un dubbio su ciò che deve fare.
- Kris, sono stata un’idiota! – si lamenta Annika, strofinando il viso contro il suo collo mentre Kristen la maneggia senza difficoltà, chiudendole la porta alle spalle e trascinandola verso il divano.
- Tesoro, ti capita continuamente! – cerca di consolarla, ravviandole una ciocca di capelli dietro un orecchio, - Dovresti averci fatto l’abitudine, ormai. Cos’è successo, Betty era esattamente la zoccola che ti dicevo, giusto?
- Sì! – annuisce Annika, scoppiando a piangere un’altra volta, - Ma c’è anche di peggio! Conosce Evan, sa che sto mentendo a Daniel, e quindi non posso neanche andare da lui a dirle che lei lo sta prendendo in giro, o lei farà lo stesso con me!
- Tesoro, tesoro, calmati. – le sorride Kristen, stringendola in un altro abbraccio consolatorio, e poi tornando a guardarla con un sorriso, - Sono proprio contenta che tu me l’abbia detto.
- Be’, io no! – la interrompe Annika, agitandosi sul posto, - Avrei preferito non avere niente da dirti!
- Tesoro, non costringermi a darti della scema un’altra volta, abbi pazienza. – sospira Kristen, sollevando uno sguardo supplice al soffitto affrescato del salotto di rappresentanza della casa meravigliosa in cui avere due genitori stra-ricchi le consente di vivere. – Uno ci prova, ad essere educato, ma tu me le tiri fuori di bocca. In ogni caso, sono contenta che tu me l’abbia detto non perché sono felice se ti presenti a casa mia devastata in modi disonorevoli per qualunque ragazza della nostra età, ma perché ho proprio la soluzione che fa al caso nostro.
- …nostro? – domanda Annika, asciugandosi gli occhi e tirando su col naso. Kristen annuisce, piena d’entusiasmo.
- Questa Betty, no? – spiega pazientemente, - S’è messa in testa cose. Ora, alla fine di quest’anno io mi diplomerò, e dopo lascerò che le ragazze si scannino fra loro per stabilire la successione al mio trono, ma fino ad allora la regina delle cheerleader sono io, e nessuna Betty con un traforo montano fra le gambe riuscirà a farmi le scarpe.
- Che…? – balbetta confusamente Annika, confusa. Kristen sospira, scuotendo il capo.
- Perché pensi che si stia impegnando tanto a darla via a mezza scuola? – chiarifica, - Vuole risalire la piramide alimentare, mi sembra ovvio. Ma noi glielo impediremo, oh, sì. Ho la soluzione.
- Kristen… - sospira Annika, massaggiandosi le tempie in previsione dell’orrendo mal di testa che sente già avanzare dalle profondità della sua scatola cranica, - so che mi pentirò di avertelo chiesto, ma questa soluzione quale sarebbe?
Kristen ghigna soddisfatta, stringendosi graziosamente nelle spalle.
- Abbiamo bisogno di una festa. – dice quindi.
Mezz’ora dopo, è già al telefono per organizzare tutto.
- Ma veramente, - la interrompe Dee-Dee, stringendosi nel vaporoso copri spalle color panna che indossa sul vestitino smanicato rosa che ha indossato oggi, - tu a me piaci. Ti trovo divertente.
- …ah. Davvero? – domanda la ragazza con un sorriso, poco prima che sulla sua espressione torni a farsi strada l’ombra di severità che la incupiva prima, - Ne parleremo meglio dopo. Prima, ho un favore da chiederti.
Dee-Dee annuisce, invitandola a proseguire.
- Dimmi pure. – pigola con una certa aria di sottomissione che gonfia l’ego di Kristen più di quanto non sia contenibile in un normale corpo umano, anche se dotato di quinta di seno naturale.
- Come saprai, questo sabato do una festa in onore del vostro club di sfigati. – spiega, annuendo a se stessa, - Non avrai mica intenzione di non presentarti, vero?
Dee-Dee abbassa lo sguardo, sentendosi improvvisamente molto colpevole.
- Veramente… - mugola, - pensavo proprio di non venire. Le feste hanno uno strano effetto, su di me. Mi fanno venire voglia di dare fuoco alle cose.
Kristen sorride sotto i baffi, assottigliando gli occhi come un gatto.
- Allora sei proprio la persona che fa al caso mio.
- Sì! – annuisce Kristen, ridacchiando a propria volta, - È una festa fantastica, vero?
- Sono quasi sicura che in una situazione normale ti risponderei di no. – ride ancora Annika, dondolando senza senso da un lato all’altro, - Ma oggi mi sento buona, e ti dirò di sì. Ma sei sicura che quello che mi hai dato da bere fosse analcolico? Mi sento strana.
- Ma ceeeerto che era analcolico, tesoro. – la rassicura lei, agitando una mano a mezz’aria, - Pensi che potrei mai ubriacarti contro la tua volontà solo per costringerti a mettere da parte i tuoi freni inibitori e lanciarti fra le braccia del tuo futuro ragazzo inutile perché ha il paranco che gli serve per tirare su l’uccello venduto separatamente come il camper delle Barbie? – si ferma un attimo, ponderando ciò che ha appena detto, - Ops.
- Kristen, tu mi hai iscritta ad un club contro la mia volontà, - comincia Annika, senza afferrare né il senso del suo discorso né quello del suo “ops”, - pensi che mi stupirei se scoprissi che mi hai… - si interrompe anche lei, fissando il vuoto con aria un po’ inebetita per qualche secondo. – Aspetta, hai appena confessato?
- Ho da fare qualcosa che non ricordo ma che sicuramente è molto importante in un luogo di cui non so l’ubicazione ma che sono certa troverò se mi metto a cercarlo con cura! – strilla Kristen, gettando le braccia al cielo ed agitandole senza un senso, prima di lanciarsi felicemente nel corridoio scuro, oltre la porta del salotto all’interno del quale sta avendo luogo la prima festa ufficiale del club degli asessuali. Gli invitati, naturalmente, per il novanta percento sono gente che Annika non conosce neanche, che sicuramente non è asessuale e altrettanto sicuramente non si comporta come tale, se il coro di incitazioni e “olè!” che si alza dalla folla raggruppata attorno a Morgan che pratica un’endoscopia al ragazzo che sta baciando è di una qualche indicazione.
- Kristen! – strilla anche Annika, lanciandosi a propria volta al suo inseguimento, - Vieni qui, stronza, se ti prendo ti apro in due come un melone! – minaccia, ma lo fa a vuoto, perché la sua corsa si interrompe molto presto, quando carambola contro un corpo apparentemente esanime abbandonato in un angolo, al buio. – Ahi… - pigola Annika, mettendosi a sedere sul pavimento e massaggiandosi il fondoschiena dolorante, - Ma che diavolo…? – domanda al vuoto. Ed è allora che il corpo mugola. E il corpo è Daniel. – Oddio! – grida Annika, cercandolo a tentoni nel buio, - Daniel! Ti sei fatto male?
- Perché stai urlando…? – domanda Daniel in un gemito confuso, - E perché mi sento come se qualcuno mi avesse camminato addosso?
- Perché è successo! – risponde lei, la voce ancora troppo alta, abbassandola di un tono quando scorge la smorfia di dolore sul volto di Daniel, - Scusami, eri qui per terra e non ti ho visto… ma come ti sei ridotto in queste condizioni? – domanda, cercando di farsi passare una delle sue braccia sopra le spalle per aiutarlo ad alzarsi.
- Non lo so, ho bevuto solo un succo di frutta… - borbotta lui. Annika spalanca gli occhi e, pur confusamente, realizza il nocciolo del problema.
- Oh, Dio… quella donna è pazza. – sospira, - Vieni, Daniel, ti porto di sopra… stare qui da solo e incosciente con Morgan in stagione di caccia in giro potrebbe essere pericoloso. – borbotta, cominciando a trascinare Daniel lungo il corridoio e per le scale.
- Non capisco… - sbuffa Daniel, trascinando i piedi, - Non sono ubriaco.
- Sì, lo sei. – annuisce Annika, lanciando un breve sguardo al corridoio del piano di sopra e individuando immediatamente una delle numerose stanze per gli ospiti nelle quali lei stessa è stata ospitata nel corso delle numerose volte in cui si è fermata a dormire a casa di Kristen, - Ma non è stata colpa tua, è stata solo una sciocchezza… non pensarci, tanto sicuramente non ricorderai niente, domani. Vieni con me, dai. – cerca di rassicurarlo, spalancando la porta con un calcio e con un calcio identico richiudendosela dietro le spalle.
- Annika, come sei gentile. – ridacchia lui, aggrappandosi alle sue spalle per non cadere, - Com’è che sei così gentile all’improvviso?
- Daniel, ma cosa dici… - sbuffa lei, arrossendo vistosamente, mente arranca a fatica verso il letto.
- No, no, sul serio! – insiste lui, annuendo con tanto vigore da risultare quantomeno comodo, mentre i capelli gli si arruffano tutti sulla testa, - Dico, per settimane a stento mi guardi negli occhi, poi all’improvviso prendi e mi trascini fino a qui per salvarmi da Morgan in calore… - ridacchia, - Mi confondi.
- Daniel, non parlarmi di confusione, è meglio. – sospira Annika, cercando di portare pazienza. Daniel ride ancora, senza motivo, e finalmente Annika ricorda perché detesta tanto l’alcool: odia le risatine stupide, la fanno sentire come se fossero rivolte a lei, perché ha fatto o detto qualcosa di sciocco o ridicolo; anche quando è ubriaca anche lei. – Adesso fai il bravo, mettiti a letto e dormi. Domani mattina ti sveglierai, ti vergognerai come un cane e potremo tutti fare finta che questa serata orribile non abbia mai avuto luogo. – cerca di sorridergli, aiutandolo a salire sul letto.
Daniel non la guarda, non perché non voglia, ma perché non ci riesce: il copriletto al quale si aggrappa scivola, impigliandogli le caviglie e portandolo ad inciampare; non può fare altro che lanciare una mano nel vuoto sperando di riuscire ad afferrare qualcosa per non capitombolare per terra, e il qualcosa che afferra è Annika, la quale riesce con fatica a mantenere l’equilibrio, ma non riesce altrettanto bene ad evitare di cadergli addosso, costringendo entrambi a fare una piroetta sul materasso fino a ritrovarsi distesi l’uno sull’altra. Daniel ha gli occhi scuri e confusi, ed Annika si sente tremare fin nelle ossa, il cuore che le batte così forte da assordarla.
- Mi sei mancata, in questi ultimi giorni. – dice lui, - Dici che non ti ho fatto niente, ma da come ti comporti non sembra. Da quando abbiamo smesso di parlare… - continua a fatica, la lingua che si ingarbuglia ogni tre parole, - mi sono sentito un po’ così, come se non me ne fregasse più tanto nemmeno del club. È stato grazie a te che l’ho avuto, e pensavo di… pensavo che saremmo stati insieme a tenerlo in piedi.
- Daniel… - uggiola lei, vergognandosi profondamente del rantolo che le esce dalla bocca quando prova a chiamarlo.
- No, no, fammi finire. – biascica lui, scuotendo il capo, - Quello che intendo è che io non lo so, okay? Non mi è mai piaciuto nessuno, e da quello che mi hanno sempre detto gli altri quando ti piace qualcuno non dovrebbe essere così, no? Cioè, non so neanche com’è… però forse non dovrebbe essere così, no? Cioè, boh. – sospira, scuotendo il capo, - Sono un impiastro. Però vabbe’, senti, c’è questa cosa che ho deciso che voglio fare, e mi dispiace farla mentre sto così, ma tant’è. – conclude, stringendosi nelle spalle. Due secondi dopo, si è chinato su di lei. Annika sente le sue labbra sfregare lievissime contro le proprie, e poi ritrarsi leggermente. Daniel ha gli occhi chiusi, ma lei no. Li tiene aperti tutto il tempo. Lo osserva avvicinarsi, e poi allontanarsi, e trattiene il respiro. Poi Daniel apre gli occhi, e la sua espressione è talmente triste da stringerle il cuore. – Cos’è…? – domanda in un pigolio confuso, - Non andava bene?
Annika lo afferra per la nuca il secondo successivo. A nessuno dei due importa quando, qualche secondo più tardi, sentono urlare una ragazza.
Kristen sorride soddisfatta.
- Sei stata brava, Dee-Dee. – si complimenta. Dee-Dee le risponde con un piccolo sorriso, e nasconde l’accendino.
È a casa di Kristen, in una delle camere degli ospiti. Riesce a vedere il giardino sul retro e l’enorme piscina dallo spiraglio di finestra lasciato libero dalle tende dischiuse.
Realizzare dove si trova la porta a realizzare anche tutto il resto. Si volta di scatto alla propria sinistra, facendo un saltello all’indietro quando trova Daniel, perfettamente sveglio, in ginocchio al suo fianco, che la fissa con un tale terrore da farle venire voglia di piangere. Lo sguardo le scivola senza che lei possa riuscire a fermarlo lungo la linea del suo collo. Ha la camicia semiaperta e tutta stropicciata, ma Annika non riesce a trovare abbastanza coraggio da guardargli i pantaloni, per vedere se sono sbottonati anche loro.
Guarda se stessa, invece, e si copre di scatto. La sua, di camicia, è completamente aperta, e il suo reggiseno è stato strattonato talmente forte da essersi spostato abbastanza da lasciarle entrambi i seni scoperti. Arrossisce violentemente, sentendosi quasi fisicamente male. Le gira la testa e non ricorda niente a parte di averlo baciato, per quello che sa potrebbero essere andati fino in fondo e non sa se la faccia sentire peggio il pensiero di avere in qualche modo costretto Daniel a fare qualcosa per cui molto probabilmente non si sentiva ancora pronto, o che in ogni caso non avrebbe voluto fare, oppure il pensiero che, qualsiasi cosa sia successa fra loro questa notte, lei non la ricorderà mai.
- Io… - comincia Daniel, la voce arrochita dal sonno e dallo scarso utilizzo, - Io non… non ricordo niente.
Annika si stringe la camicia al petto, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.
- Nemmeno io. – ammette in un singhiozzo. Daniel si lascia sfuggire dalle labbra un gemito quasi addolorato.
- Dio… - esala, scivolando giù dal letto e indietreggiando, - Annika, io— scusa.
- No. – Annika solleva lo sguardo, spaventata dal suo tono e dai suoi movimenti, - No, Daniel, ti prego, aspetta, non—
- No, non posso. – scuote il capo lui, gli occhi persi, le mani che tremano, - Non posso restare qui, devo andare.
- Daniel. – prova a chiamarlo ancora una volta lei, - Daniel, per favore, ti scongiuro, ho bisogno— abbiamo bisogno di parlare, non—
- No, Annika, davvero. – insiste lui, scuotendo un’altra volta il capo e indietreggiando di un paio di passi. È così confuso e spaventato che quasi inciampa sui propri stessi piedi. – Perdonami, io— io devo andare.
Annika abbassa lo sguardo, e si rifiuta di osservarlo mentre, di corsa, abbandona la stanza.
È quello che si ripete, cercando di convincersene, anche quando torna a scuola, lunedì. Kristen è lì, al suo fianco, alla fine delle lezioni.
- Forza, ragazza. – le dice con un sorriso, - Non è la fine del mondo.
- Ci assomiglia spaventosamente. – sospira lei, le spalle curve, lo sguardo basso. – Devo andarci per forza? – piagnucola pietosamente. Kristen rotea gli occhi.
- No, certo, puoi tornartene a casa e fingere che gli ultimi mesi della tua vita non siano mai esistiti. – propone, - Mi sembra una soluzione interessante.
- Ma va’ a quel paese… - sospira ancora Annika. Kristen si lascia sfuggire una risatina divertita.
- Coraggio, - dice, battendole una pacca amichevole su una spalla, - va’ da lui e parlagli. Io devo passare dal fioraio e comprare un mazzo di fiori da portare in ospedale a Betty per rigirare il coltello nelle pustole da ustione di secondo grado che ha sulle cosce.
Annika le lancia un’occhiataccia, piegando le labbra in una smorfia disgustata.
- Fai schifo. – le comunica pacatamente. Kristen non fa altro che ridere, e poi va via, lasciandola lì nel mezzo del corridoio.
Annika cammina lentamente, perché non vuole davvero arrivare all’aula trentaquattro. Non sa cosa la aspetta, e tutto quello che riesce a immaginare è tremendamente imbarazzante, o tremendamente doloroso, o entrambe le cose. Non è sicura di poterlo sopportare, non è neanche sicura di volerlo sopportare, ed è quasi certa che non ne valga la pena perché comunque Daniel non vorrà più vederla in ogni caso, per cui quale dovrebbe essere il motivo di sottoporsi a un dialogo triste e tirato e nervoso come quello che li vedrà protagonisti fra poco, se non—
- Sei venuta. – dice Daniel. Quando Annika gli solleva gli occhi addosso, lo trova in piedi in mezzo all’aula. Non c’è nessuno, assieme a lui, le sedie sono tutte ai loro posti e lui non dà l’impressione di essere rimasto fino a quel momento in attesa di qualcuno che varcasse la soglia. Sembra davvero sorpreso di vederla.
Annika si stringe nelle spalle, tornando ad abbassare lo sguardo.
- Avevamo una riunione programmata… - si giustifica con un filo di voce.
Daniel sospira, annuendo distrattamente.
- Ho sciolto il club. – dice quindi, - Ci ho pensato tutto il weekend. A tutto quello che è successo, dico, fin dall’inizio. Ed ho deciso di sciogliere il club. Da questo momento in poi non ci sarà più nessuna riunione.
Annika si ritrova per la seconda volta costretta a guardarlo. Gli lancia un’occhiata timida, incerta, e si tortura le mani per darsi qualcosa da fare.
- Perché? – domanda.
- Perché, perché… - sbuffa Daniel, spazientito, - Lo sai benissimo anche tu il perché, Annika. Nessuno degli iscritti a parte te e me era davvero interessato all’asessualità. E dopo quello che è successo…
- Daniel, io non sono asessuale! – sputa fuori d’un fiato lei. Quando lui si volta a guardarla, lei trattiene il respiro, le guance che si imporporano all’istante. – Scusami se non te l’ho detto. – si sforza a confessare, faticando dolorosamente per sostenere il suo sguardo smarrito, - Ho avuto dei problemi col mio ex ragazzo e dopo di lui non ho più avuto nessuna relazione. Kristen pensava che questo gruppo potesse aiutarmi, perciò mi ha iscritto. Quando ti ho visto mi sei piaciuto subito, e non ce l’ho fatta a dirti la verità, perché avrebbe significato non avere più nessun motivo reale per starti accanto, sarei diventata proprio come Morgan o Dee-Dee, soltanto un nome per fare numero, e quando è arrivata Betty ho avuto ancora più paura che di me non ti importasse più niente, ed allora ho cominciato a comportarmi come se fossi io quella a cui non interessava più niente, e mi dispiace, perché questo ti ha esasperato e ti ha portato a fare cose che forse non volevi. E io non so cosa sia successo sabato notte a casa di Kristen, ma qualsiasi cosa sia stata, per favore, possiamo fare finta che non sia mai successa? Perché se per te va bene, va bene anche per me, però non voglio perderti. – si interrompe col fiatone e la gola secca. Deglutisce a fatica, e poi si stringe nelle spalle ancora una volta, al punto che ormai s’è fatta così minuscola che potrebbe anche sparire, - Per favore, mi piaci tanto, ma non voglio che questo rovini tutto. – conclude, tornando ad abbassare lo sguardo.
Nel silenzio che segue le sue parole, non ci si trova a suo agio proprio per niente. Sposta il peso del corpo da un piede all’altro e aspetta un segno, un qualsiasi segno che possa mostrarle di essere stata ascoltata, capita, magari anche perdonata, pure se non saprebbe elencare con esattezza qualche colpa specifica per la quale si senta in dovere di chiedere perdono.
- Annika… - comincia Daniel, avvicinandosi di un passo, - non mi ricordo neanch’io cos’è successo sabato sera, ma non voglio fingere che non sia accaduto. – Annika lo sente quasi deglutire, mentre solleva lo sguardo a cercare i suoi occhi. È così vicino che se lo sente quasi respirare addosso. – È… è anche per questo che sto chiudendo il club. Non dico di non essere più quello che ero, perché non è così, ma tu sei… - si prende qualche secondo, inspira, espira, Annika lo vede cercare le parole, gliele vede vorticare negli occhi e le viene voglia di sorridere, - Ok, non so se sei tu che sei speciale o sono io che mi sono preso una cotta, ma comunque sia. – conclude, ridendo a bassa voce. Annika non può fare altro che seguirlo, abbassando lo sguardo imbarazzata ma tornando a sollevarlo subito dopo, come non riuscisse a fare a meno di puntargli gli occhi addosso ogni tanto. Vorrebbe così tanto avere un album per le mani. Magari il proprio. In modo da poter mostrare a Daniel i suoi schizzi.
- Allora, ce l’abbiamo fatta? – domanda Kristen, apparendo tranquillamente sulla soglia della porta. Annika e Daniel si allontanano l’una dall’altro con un saltello isterico. – Oh, buon Dio, ma trovatevi un secondo… - sospira la ragazza, scuotendo il capo.
- Kris! – la rimbrotta Annika, aggrottando le sopracciglia, - Ma non dovevi essere in ospedale a fare di te stessa una persona peggiore?
- Sì, ma poi ho pensato che potevo fare di me stessa una persona ancora più peggiore restando qui a spiarvi. – risponde lei con semplicità.
- No, ma dico, ti senti quando parli? – borbotta Daniel, annoiato, - Ancora più peggiore non si dice, capra ignorante.
- Gente che ignora il punto della questione, io ne ho piene le tasche! – sospira Kristen, - Ed io che sono venuta fin qui per rassicurarvi sul fatto che non avete fatto sesso.
- Che?! – strilla Annika, arrossendo come un pomodoro.
- Ho una videocamera in ogni stanza! – sbotta Kristen, spalancando gli occhi come sconvolta dal dover spiegare cose tanto ovvie, - Dico, ogni centimetro della mia mobilia vale più delle vostre due vite messe assieme, pensate che potrei dormire tranquilla, la notte, senza delle telecamere di sorveglianza? Vi siete baciati come due impediti e poi siete crollati addormentati, tutto qua. – conclude, scrollando le spalle ed imboccando il corridoio, soddisfatta di se stessa.
- Kristen! – strilla ancora Annika, correndole dietro, - Torna subito qui!
Daniel resta indietro, ancora un po’ confuso, grattandosi la testa con aria perplessa. È abbastanza certo di potersi abituare all’idea di avere una ragazza, ma non è altrettanto sicuro di potersi abituare anche all’idea di avere intorno una come la sua migliore amica.