Genere: Commedia, Erotico.
Pairing: Dani Alves/Douglas Maicon.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon.
- Durante l'amichevole con la Tanzania, Dani subisce un fallo piuttosto duro. Subito dopo, Douglas va ad informarsi sulle sue condizioni.
Note: Allora, ieri stavo guardando l'amichevole Brasile-Tanzania, e sul finale un giocatore della Tanzania prende e mi entra a gamba pericolosamente tesa sulla caviglia del povero Dani. Questo, da solo, non avrebbe portato a niente, immagino; peccato che subito dopo il fallo Douglas sia andato dal giocatore della Tanzania e si sia messo a prenderlo a schiaffetti sulle spalle per "rimproverarlo" per quel fallo X'D Ciò, unito al bell'abbraccio che i due si sono scambiati (e poi hanno condiviso anche con Kakà, ma questo ci interessa meno nell'atto del fangirling contingente) quando Douglas ha assistito il gol dello stesso Kakà per il 4-0, ed unito soprattutto alla Jan ed al nostro comune sclero su Twitter, ha portato a dello shipping furioso che non s'è ancora estinto XD E, come tutti voi sapete, lo shipping porta alle fic. Perciò le fic sono ciò che avrete.
Il titolo, ad imperitura testimonianza della mia indubbia fantasia (?), non è altro che la denominazione inglese di ciò che Dani e Douggie fanno all'interno della fic "XD
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Dry Humping


- Ohi, stai bene? – chiede Douglas, avvicinandoglisi nello spogliatoio dopo la doccia. Daniel sta seduto sulla panca, una gamba tirata su fino a poter poggiare il piede sulla seduta, e guarda con attenzione la propria caviglia. Non sembra gonfia, ma fa un po’ male, e l’entrata è stata dura. Non è proprio sicuro che ci sia da preoccuparsi, quindi per pronto accomodo evita di farlo, ma l’idea di poter subire delle complicazioni dopo una stupida botta in una stupida amichevole contro la stupida Tanzania lo mette di malumore, e questo non va bene.
- Mmmh. – risponde vago, scrollando le spalle ed abbassando la gamba, - Cazzo, mi sono preso una paura fottuta. – confessa a bassa voce, - Questo Mondiale maledetto ne ha già rimandati in patria un pacco, ti pare?
Douglas ride, sinceramente divertito, battendogli una pacca sulla spalla.
- Ma va’, tu sei fatto di ferro. – lo rassicura, - Non corri mica quel rischio lì.
- Ma uno non può mai sapere quando la sfiga gli si abbatterà contro. – riflette Daniel, ridendo a propria volta, - Prendi per dire voi che riuscite a passare le semifinali con noi al Camp Nou, ti pare che potessimo prevederla una sfiga simile?
- Una sfiga! – ribatte Douglas, senza perdere il sorriso ma tirandogli uno schiaffo giocosamente offeso sulla nuca, - È così che chiamate la bravura dell’avversario, in Catalogna?
- La brav— oh, credimi, - ride Daniel, inarcando un sopracciglio, - non vuoi veramente parlare con me di questo.
- Non voglio e non posso, - annuisce Douglas, ancora divertito dallo scambio di battute, - se Dunga sapesse che stiamo qui a rinfacciarci i nostri crimini di guerra mettendo a repentaglio la serenità del ritiro, - dice con una mezza risatina ironica, - ci sbatterebbe fuori a vita. L’unità della squadra prima di tutto.
- Esattamente. – annuisce compitamente Daniel in risposta, allungandosi a recuperare la propria maglietta ed indossandola. – Quindi, pietra sopra? – chiede, porgendogli la mano. Douglas però sorride malizioso, scuotendo lentamente il capo.
- Io non sono uno che si lascia offendere e poi dimentica tanto facilmente, Alves. – dice con tono fintamente serio, mentre Daniel, ridendo, rotea gli occhi, mimando un’esasperazione che è quanto di più distante esista dal suo reale stato d’animo, - Facciamo che stasera si esce. Ci si prende una birra. Ed offri tu. – conclude Douglas, stringendogli la mano prima che Daniel possa ritrarla. A lui non resta che accettare, ma d’altronde non ha mai pensato di fare il contrario, per cui va bene.
*
Le birre diventano due, poi tre, poi quattro, e così finisce che entrambi perdono il conto, e riescono solo distrattamente a pensare a quanto Dunga li terrà inchiodati alla parete per una delle sue sessioni di prediche infinite sulla responsabilità e sulla serietà e sulla professionalità e su tutta una serie di parole pesanti che finisco in –tà ed alle quali né Daniel né Douglas hanno voglia di pensare al momento, perché ce ne sono di molto migliori – risate, solletico, battute, spintarelle, tocchi casuali sopra e sotto il tavolo nell’oscurità del locale senza nome in cui si sono rifugiati alla prima occasione, per evitare di essere beccati da soli per strada dopo essere riusciti chissà come a sfuggire alle generose attenzioni delle guardie del corpo – che sono tanto più leggere, tanto più belle da provare a pronunciare fallendo miseramente ad ogni tentativo, perché è già tanto riuscire a concludere una semplice frase di senso compiuto, figurarsi impostare periodi, virgole, punti, concetti.
- E quindi mi fa – ride Douglas, asciugandosi una lacrima dall’angolo di un occhio, - mi fa “tanto la Champions mica la vincete, manco quest’anno”. – e anche Daniel ride, piegandosi in due sul tavolino e dicendosi che in realtà dovrebbe rovesciargli il boccale di birra sulla testa, visto che s’era detto di non parlarne, ma non avrebbe nemmeno la forza di sollevare il braccio, per cui lascia perdere, - E io gli faccio: “Dinho”, gli faccio, “quando sarò a Madrid e prenderò la coppa in mano, assicurati di stare a guardarmi perché le darò un bel bacio grosso e appiccicoso e sarà tutto dedicato a te”! – conclude con l’ennesima risata e Daniel cerca di ritirarsi su, respirando a fatica.
- Un bel bacio grosso e appiccicoso… - gli fa eco, - Cazzo, devono fare schifo i tuoi baci, scusami, eh.
Checcosa?! – sbotta Douglas, oltraggiato, battendo il boccale sul tavolo dopo essere riuscito a sollevarlo di ben cinque millimetri, - Come osi! I miei baci sono assolutamente spettacolari, ti fanno vedere le stelle. Sono meglio di un’ubriacatura.
- Sì, è un peccato che non funzionino all’inverso, allora. – ride Daniel, grattandosi la testa, - Al momento mi servirebbe qualcosa per schiarirmi le idee.
Douglas ridacchia divertito.
- Be’, si può sempre provare. – butta lì, e Daniel non capisce quanto sia serio o quanto invece stia giocando, almeno fino a quando Douglas non si sporge verso di lui, coprendo col suo corpo i centimetri che li separano e baciandolo lievemente sulle labbra.
Quando si allontana, sta ancora sorridendo sereno, e Daniel non si muove, cercando di capire se il bacio sia servito allo scopo. Non è servito, e infatti scuote il capo.
- Sono più confuso di prima. – ammette, fissandolo con aria un po’ vaga, - Non vai bene come rimedio dopo sbornia.
Douglas ride, divertito dalla battuta. Dimentica che dovrebbe essere Daniel ad offrire e lascia un paio di banconote sul tavolo, poi lo prende per mano, lo aiuta ad alzarsi e comincia a trascinarlo fuori dal locale.
- Magari vado bene durante, però. – mormora a mezza voce, ma è abbastanza perché Daniel possa sentirlo e rabbrividire, chiedendosi cosa stia facendo, o cosa stia accettando di farsi fare, mentre Douglas, per strada, si guarda intorno per un paio di secondi e poi lo conduce sul retro del locale, in uno spiazzo vuoto, poco illuminato, silenzioso al punto che Daniel può sentire solo il suo stesso respiro faticoso e concitato.
Daniel non protesta quando Douglas lo spinge verso la parete. È ruvida e gli punge le spalle, lasciate scoperte dalla canottiera senza maniche, ma quel fastidio perde importanza quando le labbra di Douglas tornano a coprire le sue, più affamate di prima e decisamente meno incerte. Daniel risponde con la stessa foga, con la stessa voglia, con lo stesso bisogno assoluto che ha di sentirselo addosso, e per questo lo afferra per la maglietta, tirandoselo contro con un grugnito animalesco che sfugge dalle sue labbra solo per finire intrappolato in quelle dell’altro.
Douglas gli poggia le mani sui fianchi, anche troppo delicatamente. Daniel interrompe il bacio e si allontana da lui solo di qualche centimetro, ridisegna con la lingua il contorno della sua bocca e poi torna ad affondare dentro di lui, mentre Douglas stringe la presa e si muove contro di lui in uno strusciare dapprima probabilmente accidentale che poi si fa sistematico quando si accorge della sua erezione prepotente premuta contro la propria.
Daniel smette ancora di baciarlo, allarga le gambe per lasciargli più spazio e libertà di movimenti e si aggrappa alle sue spalle, scendendo a baciargli e mordergli il collo quasi con furia, seguendo il più possibile i movimenti del suo bacino. Douglas appoggia la fronte nell’incavo del suo collo, lambisce la sua pelle accaldata e sudata con le labbra umide, e il suo respiro bollente gli dà la pelle d’oca su tutto il corpo. Non ha senso chiedersi cosa stia succedendo, Daniel non lo sa e se anche lo sapesse probabilmente non farebbe la minima differenza. I gemiti di Douglas si diffondono nell’aria tiepida e secca che accarezza distrattamente le loro pelli dove i vestiti le lasciano scoperte, e Daniel si ritrova quasi inconsapevolmente a sollevare la propria maglietta assieme a quella di Douglas, perché vuole sentirlo di più, vuole sentirlo ovunque, e così però è troppo difficile, troppo confuso, troppo sbagliato – nonostante sia così terribilmente piacevole – e Daniel pensa che forse è normale che sia così, essendo quello che è, e quindi alla fine è meglio non dirselo troppo chiaramente, perché se solo provasse ad esprimere il concetto con un minimo di lucidità in più poi gli toccherebbe fuggire a gambe levate, e non vuole, perché la frizione confusa e furiosa del corpo di Douglas contro il suo, del suo cazzo contro il proprio, nonostante i vestiti rendano il tutto più ovattato e distante di quanto Daniel non preferirebbe, è troppo bella per potervi rinunciare.
Daniel si sente esplodere, quando viene, ed accoglie fra le labbra l’ultimo gemito di Douglas, il più rumoroso di tutti, quello nel quale sfugge il suo nome in un sussurro così caldo e intimo da farlo impazzire. Lo bacia a lungo, freneticamente all’inizio, poi con più calma. Trovano un ritmo che si adatta ad entrambi, trovano probabilmente anche serenità sufficiente per gestire la cosa senza doversi necessariamente divorare a vicenda per la voglia, ed il bacio si trasforma in un gioco incerto di baci più piccoli e morsi più maliziosi, mentre il lampione lontano che illumina il piazzale si spegne e si riaccende come la lampadina fosse lì lì per fulminarsi, e le voci che giungono dal locale e dalla strada poco distante tornano ad invadere le loro orecchie come ospiti attesi ma non per questo meno fastidiosi.
Quando il bacio s’interrompe, loro respirano già normalmente. Non riescono ad interrompere il contatto fisico, però, e l’abbraccio in cui sono ancora stretti da solo non basta, per cui rimangono lì, gli occhi chiusi, fronte contro fronte a respirarsi addosso mentre il mondo torna ad avere senso.
- …non credo di essere ancora ubriaco. – ride piano Daniel poco dopo, allontanandosi ed aprendo gli occhi. Douglas sorride al niente, all’inizio, perché ha gli occhi ancora chiusi. Poi, però, li apre, ed a quel punto Daniel capisce che sta sorridendo a lui, e lo stava facendo anche prima.
- Visto? – lo prende in giro, - Funziona.
Daniel rotea gli occhi e lo spintona, scuotendo il capo e dandosi una sistemata mentre gli intima di darsi una mossa, che sono già abbastanza in ritardo e non è proprio il caso di peggiorare la situazione perdendo ulteriormente tempo. Douglas annuisce, sistema la maglietta e poi gli lancia un’occhiata incerta, per quanto ancora divertita.
- Domani offri tu davvero. – borbotta, puntandogli un dito nel mezzo del petto. Daniel lo scosta con uno schiaffo anche troppo forte.
- Sì, ma in camera. – ride, - Il muro di merda mi avrà scorticato la schiena, e se devo tornarmene in Spagna preferisco che sia perché uno mi spacca la caviglia sul campo che non perché non riesco a muovermi dopo una scopata del cazzo.
Douglas ride a propria volta, ma annuisce e non protesta. Non dice nient’altro, in realtà, ma Daniel è abbastanza convinto che non ce ne sia davvero bisogno, per cui segue il suo esempio e, in silenzio, lo affianca.
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