Genere: Erotico.
Pairing: Rin/Haruka.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Incest, AU.
- "Quand’era piccolo e aveva sete, sua madre gli diceva che prima o poi gli sarebbe passata."
Note: Scritta per la Notte Bianca #10 su prompt Free!, Arabian!AU, Rin è il sultano di un oasi, Haruka l'ultimo arrivato nel suo harem. Arabian!AU, signore e signori.
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THIRST

Quand’era piccolo e aveva sete, sua madre gli diceva che prima o poi gli sarebbe passata. Si sarebbe abituato, la scarsità d’acqua gli sarebbe entrata dentro, sarebbe diventata parte integrante della sua vita, e lui avrebbe smesso di pensarci. Si sarebbe accorto all’improvviso di avere sete solo quando vedeva dell’acqua o ne percepiva l’odore o la presenza nell’umidità dell’aria, e per tutto il resto del tempo sarebbe riuscito ad andare avanti senza problemi, dapprima ignorando il bisogno di bere e poi dimenticandolo del tutto.
La maggior parte dei bambini smetteva di chiedere acqua intorno ai sei anni. A dodici, Haruka ancora chiedeva di bere dalle sei alle dieci volte al giorno.
Quando il carro dell’acqua passava per il villaggio, fermandosi in piazza per riempire i secchi e le borracce di chi poteva pagare, sua madre parlava con le altre donne del posto e scuoteva il capo, sconsolata. “Haruka sarà la nostra rovina,” diceva a bassa voce, consegnando tutti i propri risparmi all’uomo sul carretto e porgendogli i due secchi perché li riempisse, “Beve in continuazione. Dobbiamo nascondere i secchi d’acqua in alto, così che lui non li possa raggiungere. E quando ci rifiutiamo di dargli da bere almeno tre volte al giorno, piange. Piange, piange tutta la notte,” concludeva con un singhiozzo stremato, coprendosi il viso al ricordo delle lunghe ore notturne silenziose spezzate solo dal pianto disperato di Haruka, dall’urlo devastante della sua sete perenne.
Haruka avrebbe fatto di tutto per un po’ d’acqua. Ogni tanto, dopo una notte particolarmente dura da affrontare, si alzava presto, di buon mattino, si avvolgeva nel proprio mantello e copriva il capo con un turbante e partiva alla ricerca di una fonte d’acqua, nonostante sapesse benissimo che non ce n’erano per chilometri intorno al villaggio. Il caldo secco del deserto gli si attaccava alla gola, rendendo il suo respiro quasi un rantolo, ma lui continuava a camminare, determinato, convinto che prima o poi avrebbe trovato un fiume, o un piccolo lago, o anche solo un pozzo o un abbeveratoio. Quando l’avesse trovato, aveva deciso, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata spogliarsi e immergersi nell’acqua fin sopra la testa, e restare lì, sospeso, finché il suo corpo non ne avesse assorbita abbastanza da ritenersi soddisfatto, anche se avessero dovuto servigli delle ore per raggiungere quel risultato.
Quando, a sedici anni, aveva capito che non avrebbe mai trovato dell’acqua a meno di andare via di casa, posto di fronte al bivio fra restare ed andarsene, Haruka aveva scelto di andarsene. Tutti sapevano che c’erano solo due modi per trovare l’acqua, da quelle parti: partire, lasciare il deserto, affrontare un lungo viaggio per mare rischiando la vita alla ricerca di terre più fertili, oppure restare, e trasferirsi in un’oasi. E tutti sapevano qual era l’unico modo per entrare in un’oasi.
Ritto in piedi in mezzo alla stanza, Haruka si lasciava osservare da Matsuoka-san senza ricambiarle lo sguardo. La ragazza gli girava intorno senza pudore, scrutandolo da ogni lato, ogni tanto toccandolo senza particolari imbarazzi per saggiare la consistenza dei muscoli sotto la pelle, navigata come un’esperta. Non era difficile capire quale fosse il suo ruolo a palazzo, evidentemente si occupava dell’esame dei ragazzi prima che venissero ammessi nell’harem.
Dopo avergli accarezzato le spalle e le braccia, ed aver osservato da vicino fianchi e gambe, Gou, ritenendosi soddisfatta, si allontanò da lui e lo fronteggiò, le braccia incrociate sul seno stretto in una fascia che la copriva appena, la gonna cortissima che le lasciava scoperta la curva abbondante dei fianchi.
- Sei un po’ magro, ma non c’è male. – aveva sentenziato, annuendo, - A Rin non sono mai piaciuti troppo grossi, dopotutto.
Rin Matsuoka era il sovrano dell’oasi più grande della zona, la stessa oasi dalla quale proveniva l’acqua che veniva settimanalmente venduta anche al villaggio di Haruka. Lo aspettava già steso sul proprio letto, nell’ombra della propria camera, quando Gou gli permise di passare.
Rigido sulla soglia della porta, Haruka non mosse un passo, limitandosi a guardare dritto davanti a sé senza dire una parola.
- Avvicinati. – disse Rin, sollevandosi appena a sedere ed appoggiando la schiena contro i numerosi cuscini che aveva alle spalle. Nella penombra così profonda gettata sulla stanza dalle pesanti tende in velluto che coprivano le finestre, non era possibile distinguere con precisione i lineamenti del suo viso. Su Rin Matsuoka circolavano molte leggende, si diceva che avesse gli occhi di fuoco, che i suoi denti fossero appuntiti come quelli dei pescecani, la sua lingua velenosa come quella di un serpente. – Hai sete? – chiese, allungando una mano a recuperare una brocca sul comodino e versandosi un bicchiere d’acqua, che sorseggiò svogliatamente, le labbra dischiuse in un ghigno sardonico che lasciava intravedere il bagliore bianchissimo dei denti affilati sotto le labbra.
Haruka lo osservò bere lentamente, con appagamento ma senza sete, e nel riflesso della lucentezza pericolosa di quel sorriso comprese che tutte le leggende erano vere, e Rin Matsuoka era un uomo pericoloso.
- Non ti sei ancora avvicinato. – disse Rin, posando il bicchiere sul mobiletto a fianco al letto con un rumore sordo e netto, quasi severo, - E non hai risposto alla domanda.
Haruka si schiarì la gola, accennando a muovere un paio di passi più vicino al letto.
- Sì, signore. Ho sete.
Il ghigno di Rin si fece più ampio. Haruka lo osservò leccarsi le labbra e si sentì stringere lo stomaco in una morsa. Poteva sentire l’odore dell’acqua nell’aria, poteva sentirgli l’odore dell’acqua addosso.
Ho sete ho sete ho sete da morire.
- Naturalmente ce l’hai. – Rin scivolò lentamente giù dal letto, avvicinandosi piano. Indossava una lunga casacca nera lievemente sdrucita, e pantaloni dello stesso colore. Era pieno di gioielli – una collana sul petto lasciato nudo dalla scollatura ampia, bracciali attorcigliati lungo gli avambracci dal polso al gomito, pesanti anelli su quasi tutte le dita. Sulla testa, un po’ pendente su una spalla, portava avvolto un turbante rosso che non serviva a contenere la massa scompigliata dei suoi capelli, che scendevano in ciocche disordinate sulla sua fronte e ai lati del suo viso, sfiorando le guance fino al mento. – Tutti quelli che vengono qui hanno sete. – continuò a parlare a bassa voce, girandogli attorno come un predatore, gli occhi famelici che lo sfioravano in carezze senza vergogna, - Sai quanta acqua mi rimarrebbe se dessi da bere a chiunque sia mai venuto a bussare alla mia porta chiedendone un po’?
Haruka sollevò gli occhi nei suoi. Non c’era simpatia, negli occhi di Rin Matsuoka. Non c’era empatia, non c’era comprensione. Non c’era nemmeno divertimento, però. C’era una maschera ironica e crudele su un volto spento, del tutto disinteressato. Quell’uomo non era crudele perché voleva, era crudele solo perché poteva permetterselo. Haruka lo guardava e non si sentiva odiato, né compatito, né disprezzato, s’è per questo.
Non sentiva niente. Proprio un bel niente.
- Perciò, - riprese Rin, tornando a sedersi sulla sponda del letto, le mani ben piantate sul materasso e le gambe lievemente divaricate, - Se vuoi bere, meritatelo.
Haruka gli si avvicinò ancora di un passo. Le sue ginocchia sfioravano quelle di Rin, e per parecchi secondi nessuno dei due sembrò intenzionato a muoversi. L’odore dell’acqua nell’aria era così forte che Haruka poteva quasi sentirlo appoggiarsi in goccioline umide sulla propria stessa pelle. Era una sensazione troppo invitante per rifiutare la tentazione.
Senza dire una parola, appoggiò entrambe le mani sulle spalle di Rin, sollevandosi abbastanza per poi ricadere senza un suono seduto a cavalcioni sul suo grembo. Rin ghignò soddisfatto, un braccio già avvolto attorno alla sua vita sottile. Haruka rabbrividì al contatto della propria pelle accaldata coi gioielli gelidi che ricoprivano il braccio di Rin, ma la sensazione di sollievo fresco e improvviso sulla sua pelle riarsa dal sole non fece che acuire il desiderio di bere. Si morse un labbro, incapace di comprendere se si sentisse più assetato o affamato. Alle volte, la parola sete non era sufficiente a descrivere il trasporto col quale desiderava l’acqua. Non era sete, era fame, cieca e devastante. Avrebbe voluto poterla mordere, l’acqua, sentirla cedere come carne sotto i denti. Non era sete, era fame, e c’era fame anche negli occhi di Rin, in quel suo inquietante sorriso sghembo. Era una fame di tipo diverso, ma Haruka poteva comprenderla, poteva condividerla.
Strinse la presa attorno alle sue spalle, sentendole tese sotto i vestiti. Rin lasciò scivolare la mano giù lungo la sua schiena, scendendo a stringergli una natica fra le dita e sogghignando divertito quando Haruka non reagì in alcun modo a quel tocco.
- Non riesco a capire se sei abituato a lasciare che gli altri ti tocchino, o se sei solamente frigido. – commentò, lasciandolo andare solo per portare la mano all’altezza del viso. Haruka lo osservò inespressivo mentre si leccava il palmo della mano fino alla punta delle dita. – Vediamo quanto dura.
Haruka chiuse gli occhi, espirando piano. Il tocco umido delle dita di Rin lungo la sua schiena e poi oltre l’orlo dei pantaloni era piacevole. Avrebbe voluto che fosse ancora più bagnato. Si leccò le labbra e poi se le morse con forza, il pensiero dell’acqua svelto a risvegliargli dentro quella fame senza confini, come sempre. Istintivamente, si sollevò appena sulle ginocchia, ondeggiando il bacino per seguire i movimenti delle dita di Rin mentre lo accarezzavano ruvidamente fra le natiche.
Rin sorrise soddisfatto, sporgendosi in avanti e chiudendo le labbra attorno alla curva del collo di Haruka, che presto lo sentì succhiare affamato, quasi violento. Gli sfuggì un gemito che divenne un lamento quando sentì le punte dei suoi denti affilati pungergli e graffiargli la pelle, ed istintivamente portò una mano alla testa di Rin, afferrandolo per i capelli e strattonando un po’ per costringerlo a mollare la presa, ottenendo però in risposta solo che lui affondasse ancora di più nella sua carne. Haruka gemette ancora, stupito di trovare la sensazione più piacevole di quanto non avrebbe mai potuto pensare. Forse dipendeva dalla pressione delle dita di Rin, dalla sensazione sempre più bagnata che percepiva fra le natiche, che lo costringeva a contrarsi e rilassarsi nel tentativo di attirarlo dentro di sé, di risucchiarlo come in un vortice.
- Sei durato poco. – commentò Rin in una risata soddisfatta. Haruka si concesse di aprirgli gli occhi addosso solo per un attimo, e nel momento esatto in cui lo fece il sorriso sulle labbra di Rin sfumò e scomparve, lasciandoli entrambi per un secondo immobili ed inespressivi a fissarsi.
Poi Haruka si sentì afferrare per i capelli e per i fianchi nello stesso istante, ed il secondo dopo era disteso sul letto, le gambe spalancate, il collo teso all’indietro in uno spasmo di dolore acuto e penetrante mentre sentiva Rin farsi strada dentro di sé, aprirlo fino in fondo in un colpo unico, preciso, violento, quasi un marchio, simile a quello che i suoi denti gli avevano lasciato sul collo, ma ancora più profondo.
Ansimando affannosamente, richiuse con forza le gambe attorno ai fianchi di Rin, spingendolo ancora più profondamente dentro di sé. Rin gemette, stringendo le dita attorno alle lenzuola e tirando appena, e si lasciò sfuggire un’imprecazione fra i denti, che tornarono a brillare, appuntiti, letali, quando la smorfia in cui le sue labbra erano piegate si distese in un altro di quei suoi ghigni da predatore.
- Vuoi l’acqua così tanto o ti piace solo da impazzire? – domandò a bassa voce, scivolando con le dita lungo una coscia di Haruka, graffiandolo con le unghie solo per costringerlo a mollare un po’ la presa, in modo da lasciarlo libero di muoversi dentro di lui.
Haruka dischiuse gli occhi, la sua espressione identica a prima, le labbra dischiuse, rosse e gonfie e appena umide e quegli occhi azzurri così freddi. Rin ringhiò di gola, chinandosi su di lui fino a parlargli addosso.
- La tua espressione mi irrita. – disse, mordendogli il labbro inferiore, - Te la strapperò di dosso, fosse l’ultima cosa che faccio. – concluse, baciandolo profondamente, senza riguardi, in un collidere di lingua labbra e denti che toglieva il fiato.
Haruka gemette nella sua bocca, allungando le braccia ad afferrarlo per i risvolti della casacca, non per spingerlo lontano da sé, ma per attirarlo più vicino. Schiuse le labbra lasciando libero accesso alla fame di Rin, lo stomaco contratto in uno spasmo, il dolore che si diffondeva dappertutto, e poi quelle scariche violente, quegli accessi di piacere fulminanti che lo lasciavano stordito, gli annebbiavano la vista, lo riempivano di bianco nel cervello a intervalli irregolari, senza che lui riuscisse mai a prevederle, ad aspettarsele, a prepararsi adeguatamente per il loro arrivo.
Rin si muoveva selvaggio dentro di lui, concentrato solo ed unicamente sulla forza che imprimeva alle proprie spinte. Haruka gettò indietro il capo, si morse un labbro per non urlare, poi Rin lo toccò fra le gambe, strinse la sua erezione fra le dita e la fece scivolare velocemente all’interno del suo pugno chiuso, ed Haruka spalancò la bocca, ed anche se dalla sua gola non sfuggì che un rantolo le sue labbra tremarono, e i suoi occhi diventarono più lucidi, e tutta la superficie del suo corpo, ogni singolo muscolo perfettamente definito e guizzante sotto la pelle si tese fino allo stremo.
Rin si spinse dentro di lui un’ultima volta, più profondamente, ed Haruka gemette, aggrappandosi disperatamente alle coperte e trattenendo il respiro per un secondo che si estese nel tempo e poi esplose, e d’improvviso il suo corpo divenne pesante e intorpidito, e lui si ritrovò a ricadere sul materasso senza neanche avere avuto il tempo di accorgersi di essersi sollevato, prima.
Rin venne dentro di lui senza lasciarsi sfuggire neanche un’esclamazione di piacere, ed Haruka ebbe come l’impressione che avrebbe dovuto sentirsi irritato dal dettaglio, come se Rin gli avesse lanciato una sfida, e lui l’avesse persa. E l’impressione divenne una certezza quando scorse il profilo del solito sorriso soddisfatto farsi strada sulle sue labbra, ed aggrottò le sopracciglia, lasciandosi sfuggire uno sbuffo contrariato mentre incrociava le braccia sul petto e guardava ostinatamente altrove.
Per qualche motivo, invece di infuriarsi, Rin scoppiò a ridere.
- A-ha! – esclamò divertito, - Ho vinto.
Haruka si voltò a guardarlo in uno scatto furioso, bene intenzionato a mandarlo a quel paese, acqua o non acqua, ma il sorriso che trovò quando incontrò il suo viso era diverso dai ghigni a cui Rin l’aveva già abituato. Era un sorriso differente, più morbido. Suo malgrado, Haruka non trovò la voce per parlargli, però lo osservò attentamente mentre Rin allungava un braccio sopra di lui, raggiungendo la caraffa sul comodino e versando un altro bicchiere d’acqua, che stavolta passò a lui.
- Tieni. – disse con un piccolo cenno del capo. Poi il sorriso tornò un ghigno, stavolta quasi giocoso. – La prossima volta, se sei bravo abbastanza, ti faccio fare il bagno.
Haruka mandò giù l’intero contenuto del bicchiere in un sorso, ed in un attimo fu già pronto a riprovare.
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